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Autore: eloise de winter    09/05/2012    2 recensioni
Ombre dense come miele ed altrettanto dolci si ammassavano sui bordi del piccolo alone di luce creato dalla fiammella tenue della candela, e abbracciavano e si strusciavano, amorevoli, sulla veste e sulla pelle candida della loro amante notturna, di quella creatura eterea dagli occhi dai riflessi violetti.
Avanzava lungo il corridoio di buoi morbido ed accogliente, pieno di ombre, i piedi nudi lievi non facevano altro rumore che non un leggero scricchiolio delle assi di legno lucido e antico.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Insomniae Noctes

 
 
Ombre dense come miele ed altrettanto dolci si ammassavano sui bordi del piccolo alone di luce creato dalla fiammella tenue della candela, e abbracciavano e si strusciavano, amorevoli, sulla veste e sulla pelle candida della loro amante notturna, di quella creatura eterea dagli occhi dai riflessi violetti.
 
Avanzava lungo il corridoio di buio morbido ed accogliente, pieno di ombre, i piedi nudi lievi non facevano altro rumore che non un leggero scricchiolio delle assi di legno lucido e antico.
 
Si fermò davanti all’ultima porta a sinistra di quel corridoio pressoché infinito, posò la mano candida sul pomello di ottone e girò il polso, che schioccò, ed aprì la porta.
 
Ferma sulla soglia osservava e cercava il motivo e la causa della sua insonnia. Poi, sotto le coltri scure e dense di ombre, vide il riflesso catturato dai suoi riflessi dorati, ed allora si mosse, impaziente.
 
E subito fu lì, accanto al baldacchino.
 
Poggiò la candela sul comò accanto al letto, e diede ordine alle ombre a lei care che non lasciassero il suo viso per tutta la notte.  Sfilò allora, piano, la prima manica della veste chiara, poi l’altra, e la fece scivolare a terra.
 
Spense la candela.
 
Indossava ora solo un paio di guanti, candidi, chiari e lisci, della seta più sottile e leggera, che le cingevano le braccia fin sopra il gomito. Erano l’ultima cosa che le rimaneva di quella serata.
 
Con la mano guantata sfiorò lieve le palpebre chiuse della figura stesa prona nel letto di fronte a lei, scostò le coperte scure e soffici ed entrò in quell’antro caldo ed intimo, profumato dell’odore della sua pelle, neve e vento del Nord.
 
Si strinse a quel corpo vicino a lei come ad un’ancora di salvezza, unico appiglio e speranza per salvare la sua anima dannata.
 
Ignaro di tutto, lui dormiva.
 
Se non che, ad un tratto, forse turbato da un sogno, egli strinse inconsapevolmente l’esile figura rannicchiata accanto al suo corpo. Nel limbo tra la veglia ed il sonno, non comprese subito a cosa egli fosse così abbracciato.
 
Un lampo di ragione gli balenò nella mente, nell’atto di accarezzare la pelle tiepida e liscia della schiena di quella dolce e debole amante.
 
Le palpebre si aprirono, le ciglia dorate fremettero, rivelando alle ombre nascoste ovunque in quella camera, due gemme zaffiro dure come pietra, del colore delle squame dei draghi delle leggende di Aldenor, magnifici e nobili, e freddi come il ghiaccio.
 
Ghiaccio che però si sciolse appena esse si fermarono sui lievi contorni appena distinguibili della fanciulla che teneva stretta a se. Si girò e cercò il suo volto, la chioma riccioluta e dorata si mosse in morbide onde che lei osservò rapita. Ma il suo viso era celato dalle ombre e lui non lo vide. Fece per allungare la mano per accendere la candela, che lei lo bloccò subito, prendendogli la mano, premendosi e stringendosi ancora di più al corpo possente di lui.
 
Solo allora egli percepì chiaramente i loro corpi stretti ed una fitta di dolce desiderio lo strinse. Ma non si mosse, temendo che se avesse provato anche solo a sbattere le palpebre, l’irrazionalità ed il desiderio lo avrebbero reso folle. Più del solito almeno.
 
Irrigidendo i muscoli e stringendo i denti fino a farli stridere resistette, ma quando il suo sussurro roco e velato li giunse alle orecchie, stupore e comprensione lo colsero. E capì.
 
Seppe che era sua, e che lo sarebbe stata per sempre, chiunque ella fosse.
 
«Tornerò ogni notte»
 
E così fu.
 
Tutte le notti le ombre calavano sul di lei volto e si assiepavano dentro quella stanza dal suo odore, ed ogni notte era sua, ma mai completamente.  Rimaneva ancora senza volto e senza nome.
 
E lui la cercava, disperatamente.
 
Senza mai trovarla, vagava per i corridoi del Collegio di Aldenor, come un’anima in pena, in cerca di perdono, in cerca dell’unica sua fonte di perdono e misericordia.
 
Lei.
 
E non la trovava, ma si ripeteva sempre, nella mente, come una cantilena, l’unico nome che lei pronunciava ogni notte, più e più volte:
 
«Bryce.»
 
 
 
 

E una ragazza, in un angolo, scriveva.

 
 

§§§

 
Ciao,
sono di nuovo io: Eloise, Helen, Hells, ho molti nomi, ma nessuno è quello vero.
Ho scritto questa storia perché mi è venuta così, forse la continuerò o forse no.
Bryce è il mio personaggio preferito, lo adoro e ringrazio Virginia De Winter alias Savannah per aver creato lui ed il suo mondo.
Grazie di cuore, anche se non leggerai mai queste righe.
Grazie inoltre alle mie muse Joan, Leave Me Alone, Piperita Patty e la nuova arrivata, Cicely.
Baci
 
eloise
e.d.w.


§§§

   
 
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