Vent’anni
o poco più!
Suona
la sveglia. Allungo la mano, la spengo. Guardo l’ora:
le sei e mezza. No troppo presto tra mezz’ora mi
alzo. Amo poltrire, stare a letto per più di un’ora anche se sono sveglia. La sveglia
alle sei è per abitudine, in realtà non mi sono mai
svegliata prima delle sette o sette e mezza. Mia madre dice
che sono un caso disperato, che non cambierò neanche tra un milione di anni. Ha
ragione!
Mi
lascio cullare dal dolce suono dei sogni e anche se la mente m’impone di non
addormentarmi, io oggi ( e sempre) sono un po’ sorda e mi addormento di nuovo.
“ALICEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!”
un urlo dall’oltre tomba, mi desta dal mio soave sonno.
“Che è, che è successo?” mi siedo sul letto e mi guado intorno
ancora addormentata.
Dal corridoi
fa capolino la testa ricciuta Lea: “Ma lo sai che ore sono?”
“Saranno
la sette Lea, che ti agiti a fare?” le dico alzandomi.
Lea
scuote la testa e mi lancia la sveglia: “Sono le otto meno venti !”
Fisso
in credula la sveglia, non è possibile! Sbianco.
“LEA
SONO LE OTTO MENO VENTI PERCHE’ NON MI HAI CHIAMATO PRIMA!” urlo afferrando i
primi vestiti che trovo.
“Ma guarda questa!” scuote la testa “Sveglia Alice! hai venticinque anni! Non hai più bisogno della mamma che ti
svegli!”
“Lo ici tu!” ribatto con la bocca piena di dentifricio.
Lea
rinuncia e mi lascia elle prese con i capelli che oggi non vogliono stare a posto. Ma non c’è tempo.
“Be’
io scappo ci vediamo più tardi!”
Lea
mi saluta con la mano.
Scendo
gli scalini due a due, cercando di non inciampare. Ci
riesco, ci riesco, ci riesco … come non detto al primo
piano inciampo e vado a finire faccia a muro.
Fortunatamente
arrivo sana e salva al piano terra. Mi fermo davanti alla cassetta della posta:
ci sono tre lettere e una cartolina. Le prendo e continuo la mia folle corsa
verso la fermata del pullman che naturalmente è appena arrivato
e mi costringe a fare un’altra corsa! Oggi una cosa è andata bene!
Mi
siedo e mi rilasso. N’approfitto per guardare la posta. Pubblicità, pubblicità e la bolletta della luce, fantastico! Non la apro nemmeno, non voglio certo intossicarmi la giornata! C’è
anche una cartolina. E’ di Caterina.
Era
una mia compagna di liceo, una delle mie più strette.
Dopo la maturità non lo più vista. Mi ha telefonato
dalla stazione dicendomi che se ne andava in vacanza
in Francia con la cugina. Solo che dalla Francia non è
più tornata.
Da quello che mi ha scritto in una lettera ha deciso di fare il giro d’Europa , con i soldi che
guadagnava ogni giorno lavorando un po’ qui un po’ lì.
Disse che in Italia non sapeva e che fare che invece
così avrebbe trovato la sua strada. Secondo me è stata
coraggiosa: non è da tutti intraprendere questo viaggio folle. Però è anche una
grande cazzata. Sola, in
città che non conosci e di magari non sai neanche la lingua, senza nessuno. Io mi sentirei persa! Ma
lei no. Cate ha sempre avuto la testa più lì che qui. Alcune volte pensavo che
fosse pazza( in realtà lo penso ancora), ma in fondo
era una brava ragazza, se lo merita.
La
cartolina arriva da Oslo. E’ un’immagine suggestiva:
la vista di un fiordo. Mi piacerebbe andarci, magari quest’estate.
Il
pullman si ferma, è la mia fermata. Metto la cartolina
nella borsa e butto la pubblicità. Sono tentata di buttare anche la bolletta,
ma mi trattengo Lea mi ucciderebbe! Mi avvio verso
l’università, sono in un ritardo schifoso, ma ormai è inutile correre, come
ogni mattina da tre anni ho fatto tardi.