Come un film in bianco e nero
Le ciminiere delle fabbriche dominano
maestose un cielo plumbeo sul finire dell’ estate.
Quando piove, l’aria si riempie del puzzo umido, che sale, come una nebbiolina,
dal rigagnolo d’acqua scura che costeggia la strada; Spinners
End non è mai stato a colori, come se quel grigiore li assorbisse e ne
spegnesse ogni bagliore.
E’ un quartiere di Babbani, la maggior parte sono
famiglie di operai: uomini e donne che escono di casa
presto e tornano solo a tarda sera. Nessuno fa molto caso allo squallore quando
la stanchezza si fa sentire e l’unico desiderio resta quello di un po’ di
riposo.
Severus detesta quel luogo, quelle stradine strette e
fredde, quei palazzi tutti uguali, quelle torri in pietra grigia che emettono
un fumo gelido e soffocante.
Lo detesta da quando è bambino, da quando ha memoria, da quando quel luogo ha
iniziato a significare solo infelicità e dolore.
Da quando ha scoperto che, poco distante, l’erba ha il colore dell’erba e il cielo può essere terso attraverso gli occhi puliti
di una bambina che gioca.
Severus passa le giornate a guardarla: una piccola
macchia scura persa in tutto quel verde.
Strano… sbagliato… fuori posto, come ogni giorno suo padre non smette di
ricordargli.
Anche Lily è diversa, solo che porta addosso quel
segno indefinibile di chi è molto amato, qualcosa che lui non conoscerà mai in
prima persona.
Lily non lo scansa con repulsione, anzi si avvicina, e Severus
per la prima volta scopre il calore di una mano tesa, nella luce che riscalda i
lunghi capelli ramati di lei.
Severus le insegna quello che sa, delle persone ”come
loro’’ del ”loro mondo’’ che presto gli spalancherà
le porte, glielo spiega con l’innocenza di un bambino, che, pur portandosi
dentro tanto grigiore, è fiducioso nel futuro.
Ogni sera, quando torna a Spinners End dopo essere
stato con lei, riesce a sopportare più facilmente di stare in quella prigione
di cemento pensando al giorno dopo, quando di nuovo avrebbe incontrato i suoi
occhi.
Ma Severus non sa che non basta lasciare Spinners End perché tutto diventi
perfetto.
Ha undici anni e non sa che ci sono molteplici strade da imboccare e che non
tutte portano al futuro che si desidera.
E’ solo un pensiero indefinito che lo sfiora nel momento in cui il Cappello fa
la sua scelta e Lily sgambetta lontano, dall’altra parte della Sala Grande
lasciando Severus da solo.
Una nube gli vela lo sguardo, ma la soffia via, con l’ingenuità di un bambino
che crede che il mondo sia tutto nelle sue piccole mani.
Ancora non lo sa che la vita che si desidera talvolta è tutta una questione di
scelte.
E’ sera, una fredda sera sul finire dell’estate.
Milioni di giorni, di sbagli, di lacrime e di solitudine sono passati da quando
Severus non sapeva.
La prima pioggia bagna le strade, picchietta sui vetri delle finestre, lenta e
inesorabile.
Severus è un uomo che porta dentro tutto il peso di
questa consapevolezza: in piedi, di fronte al camino acceso, osserva i libri
meticolosamente ordinati nella libreria che ricopre la parete di fronte.
Passa leggermente una mano sulla spalliera imbottita della poltrona e si
solleva un pulviscolo grigio, intriso di umidità e rimpianto.
In quel soggiorno che odia, in quella casa che non è mai stata casa, tra le poche foto che testimoniano ancora l’esistenza
dei suoi genitori, tra i libri polverosi, tra i mobili spenti.
Ha ancora addosso la giacca, come se fosse pronto ad
uscire: il mantello appoggiato mollemente sul bracciolo della poltrona consunta
sembra attendere, come se fosse di passaggio nella sua propria casa, un ospite,
che potrebbe uscire da un momento all’altro per tornare a casa.
Un ospite tra quelle mura, dentro le quali parole a lui solo visibili aleggiano
ancora nell’aria, come se fossero scolpite nella pietra e allo stesso tempo
leggere, come migliaia di palloncini privi di colore.
Le parole che si scagliavano contro i suoi genitori, urla lontane.
Le parole dei suoi stessi pensieri che restano, come uno sgradevole odore
attaccate alla tappezzeria rovinata dal tempo.
Tante parole che non lo lasciano mai solo, che scaturiscono dalla sua mente e
non si disperdono mai nell’aria, restano lì a fargli compagnia e a tormentarlo,
ogni giorno.
Ogni parola da lui pronunciata o solo pensata è sospesa
immobile in quel soggiorno, vitrea come gli occhi dei morti, come gli
occhi di Lily l’ultima volta che l’ha vista.
Spinners End, non è un quartiere, non è quella casa è
un luogo dell’anima:
Spinners End è Severus e Severus è Spinners End.
Non basta chiudersi con forza una porta alle spalle, non si può scappare mai
molto lontano da noi stessi e questo Severus lo sa da
molto tempo.
Un mostro di cemento che, coi suoi lunghi tentacoli,
gli attanaglia il cuore fino a farlo sanguinare.
Come un male oscuro e incurabile.
Un mostro che danza, come il vento, tra quelle strade soffocanti e umide,
trascinando con sè l'odore sgradevole del passato,
sollevandolo come foglie morte e porgendolo come un dono, con una risata di
scherno che sibila tra le mura fatiscenti.
Nella solitudine che porta in se tutte le solitudini del mondo, nel ricordo di
un amore che porta in sé la tragicità e l’intensità degli amori mai vissuti.
Quanto è prezioso un sogno?
No, Severus, la risposta non è nel disegno scomposto
della tappezzeria.
Nel tuo sguardo che si sposta veloce tra le pagine di un libro aperto, senza
comprendere realmente il senso di quei caratteri neri incisi sulla pagina
ingiallita dal tempo.
Non è oltre la finestra sporca da cui si scorge solo uno scorcio di alberi
secchi.
Nessuno sa quanto è prezioso un sogno finché non lo vediamo voltarsi e fuggire
via col passo svelto di un’adolescente ferita e furiosa, nell’ondeggiare dei
suoi capelli di rame visti da dietro, come l’inquadratura della telecamera
fissa in un film.
Hai fatto la tua scelta e lei la sua, senza accorgersi che, senza volerlo,
stava scegliendo anche per te, posando la pietra di quello che sarebbe
diventato un muro invalicabile, in cui hai solo potuto scavare un pertugio da
cui continuare ad osservarla fino alla fine.
L’hai guardata vivere la vita che avresti voluto vivere
con lei.
Era reale, ma non per te.
Per te c’era solo quel sentimento immenso, troppo grande persino per
comprenderlo, a cui ti sei aggrappato, a cui ancora
oggi ti aggrappi, solo e stanco, mentre la vita intorno scorre come un film in
bianco e nero.