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Autore: halfbloodprincess78    09/05/2012    2 recensioni
Severus a confronto con sè stesso, un momento privato che si delinea come una favola nel chiaroscuro.
Storia scritta per il concorso ''Lotta all'ultimo inchiostro'' del forum Magie Sinister.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Come un film in bianco e nero

Le ciminiere delle fabbriche dominano maestose un cielo plumbeo sul finire dell’ estate.
Quando piove, l’aria si riempie del puzzo umido, che sale, come una nebbiolina, dal rigagnolo d’acqua scura che costeggia la strada; Spinners End non è mai stato a colori, come se quel grigiore li assorbisse e ne spegnesse ogni bagliore.
E’ un quartiere di Babbani, la maggior parte sono famiglie di operai: uomini e donne che escono di casa presto e tornano solo a tarda sera. Nessuno fa molto caso allo squallore quando la stanchezza si fa sentire e l’unico desiderio resta quello di un po’ di riposo.
Severus detesta quel luogo, quelle stradine strette e fredde, quei palazzi tutti uguali, quelle torri in pietra grigia che emettono un fumo gelido e soffocante.
Lo detesta da quando è bambino, da quando ha memoria, da quando quel luogo ha iniziato a significare solo infelicità e dolore.
Da quando ha scoperto che, poco distante, l’erba ha il colore dell’erba e il cielo può essere terso attraverso gli occhi puliti di una bambina che gioca.
Severus passa le giornate a guardarla: una piccola macchia scura persa in tutto quel verde.
Strano… sbagliato… fuori posto, come ogni giorno suo padre non smette di ricordargli.
Anche Lily è diversa, solo che porta addosso quel segno indefinibile di chi è molto amato, qualcosa che lui non conoscerà mai in prima persona.
Lily non lo scansa con repulsione, anzi si avvicina, e Severus per la prima volta scopre il calore di una mano tesa, nella luce che riscalda i lunghi capelli ramati di lei.
Severus le insegna quello che sa, delle persone ”come loro’’ del ”loro mondo’’ che presto gli spalancherà le porte, glielo spiega con l’innocenza di un bambino, che, pur portandosi dentro tanto grigiore, è fiducioso nel futuro.
Ogni sera, quando torna a Spinners End dopo essere stato con lei, riesce a sopportare più facilmente di stare in quella prigione di cemento pensando al giorno dopo, quando di nuovo avrebbe incontrato i suoi occhi.
Ma Severus non sa che non basta lasciare Spinners End perché tutto diventi perfetto.
Ha undici anni e non sa che ci sono molteplici strade da imboccare e che non tutte portano al futuro che si desidera.
E’ solo un pensiero indefinito che lo sfiora nel momento in cui il Cappello fa la sua scelta e Lily sgambetta lontano, dall’altra parte della Sala Grande lasciando Severus da solo.
Una nube gli vela lo sguardo, ma la soffia via, con l’ingenuità di un bambino che crede che il mondo sia tutto nelle sue piccole mani.
Ancora non lo sa che la vita che si desidera talvolta è tutta una questione di scelte.
E’ sera, una fredda sera sul finire dell’estate. Milioni di giorni, di sbagli, di lacrime e di solitudine sono passati da quando Severus non sapeva.
La prima pioggia bagna le strade, picchietta sui vetri delle finestre, lenta e inesorabile.
Severus è un uomo che porta dentro tutto il peso di questa consapevolezza: in piedi, di fronte al camino acceso, osserva i libri meticolosamente ordinati nella libreria che ricopre la parete di fronte.
Passa leggermente una mano sulla spalliera imbottita della poltrona e si solleva un pulviscolo grigio, intriso di umidità e rimpianto.
In quel soggiorno che odia, in quella casa che non è mai stata casa, tra le poche foto che testimoniano ancora l’esistenza dei suoi genitori, tra i libri polverosi, tra i mobili spenti.
Ha ancora addosso la giacca, come se fosse pronto ad uscire: il mantello appoggiato mollemente sul bracciolo della poltrona consunta sembra attendere, come se fosse di passaggio nella sua propria casa, un ospite, che potrebbe uscire da un momento all’altro per tornare a casa.
Un ospite tra quelle mura, dentro le quali parole a lui solo visibili aleggiano ancora nell’aria, come se fossero scolpite nella pietra e allo stesso tempo leggere, come migliaia di palloncini privi di colore.
Le parole che si scagliavano contro i suoi genitori, urla lontane.
Le parole dei suoi stessi pensieri che restano, come uno sgradevole odore attaccate alla tappezzeria rovinata dal tempo.
Tante parole che non lo lasciano mai solo, che scaturiscono dalla sua mente e non si disperdono mai nell’aria, restano lì a fargli compagnia e a tormentarlo, ogni giorno.
Ogni parola da lui pronunciata o solo pensata è sospesa immobile in quel soggiorno, vitrea come gli occhi dei morti, come gli occhi di Lily l’ultima volta che l’ha vista.
Spinners End, non è un quartiere, non è quella casa è un luogo dell’anima:
Spinners End è Severus e Severus è Spinners End.
Non basta chiudersi con forza una porta alle spalle, non si può scappare mai molto lontano da noi stessi e questo Severus lo sa da molto tempo.
Un mostro di cemento che, coi suoi lunghi tentacoli, gli attanaglia il cuore fino a farlo sanguinare.
Come un male oscuro e incurabile.
Un mostro che danza, come il vento, tra quelle strade soffocanti e umide, trascinando con l'odore sgradevole del passato, sollevandolo come foglie morte e porgendolo come un dono, con una risata di scherno che sibila tra le mura fatiscenti.
Nella solitudine che porta in se tutte le solitudini del mondo, nel ricordo di un amore che porta in sé la tragicità e l’intensità degli amori mai vissuti.
Quanto è prezioso un sogno?
No, Severus, la risposta non è nel disegno scomposto della tappezzeria.
Nel tuo sguardo che si sposta veloce tra le pagine di un libro aperto, senza comprendere realmente il senso di quei caratteri neri incisi sulla pagina ingiallita dal tempo.
Non è oltre la finestra sporca da cui si scorge solo uno scorcio di alberi secchi.
Nessuno sa quanto è prezioso un sogno finché non lo vediamo voltarsi e fuggire via col passo svelto di un’adolescente ferita e furiosa, nell’ondeggiare dei suoi capelli di rame visti da dietro, come l’inquadratura della telecamera fissa in un film.
Hai fatto la tua scelta e lei la sua, senza accorgersi che, senza volerlo, stava scegliendo anche per te, posando la pietra di quello che sarebbe diventato un muro invalicabile, in cui hai solo potuto scavare un pertugio da cui continuare ad osservarla fino alla fine.
L’hai guardata vivere la vita che avresti voluto vivere con lei.
Era reale, ma non per te.
Per te c’era solo quel sentimento immenso, troppo grande persino per comprenderlo, a cui ti sei aggrappato, a cui ancora oggi ti aggrappi, solo e stanco, mentre la vita intorno scorre come un film in bianco e nero.



 

   
 
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