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Autore: delilaah    10/05/2012    21 recensioni
Prima vera e autentica storia scritta da me che pubblico su EFP. E coincide anche con la mia prima ff sugli One Direction.
Ognuno di loro sarà protagonista all'interno della storia anche se in maniera molto diversa l'uno dall'altro. Non ci saranno favoritismi per un personaggio in particolare, o almeno è quello che cercherò di evitare, e spero che possiate immedesimarvi il più possibile nella storia, nei dialoghi e soprattutto nei sentimenti descritti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter eighteen: 
Undiscovered truths.

 

«Comincio a sentirmi lusingata se continuiamo così, Liam Payne. Cinque visite in pochi giorni, sbalorditivo.»
Liam sorrise spavaldo e poi si sedette al solito sgabello al bancone, come aveva fatto tutte le altre volte precedenti. Ormai era un cliente abituale. Lui, la sua acqua tonica e quello sgabello erano una sicurezza.
«Si, comincia a piacermi questo posto.» Rispose lui, cercando di improvvisare una poco credibile aria da sostenuto.
Alice prese uno di quei bicchieroni da birra e ci svuotò dentro della cola e della Swheppes al limone, in parti quasi uguali. Liam la fissò perplesso, convinto che non si sarebbe mai azzardato a bere quella cosa e a farle da cavia.
«Prova!» Esclamò la ragazza, euforica ed incoraggiandolo.
«Nah, questo giro passo. Troppo dolce per me.»
«Dai, prova!» Lo incalzò di nuovo Alice, avvicinando di un altro po’ il bicchiere a lui. Liam guardò dritto dentro quegli occhi da cerbiatta e non seppe dire di no di nuovo. Non era mai stato uno di polso, lui.
Prese il bicchiere con fare titubante e si bagnò leggermente le labbra, giusto per sentirne il gusto. La sua espressione era schifata a prescindere, ma dopo aver deglutito quel minuscolo sorso, dovette ricredersi. Non faceva schifo per niente.
«Allora, allora? Com’è?»
«Buono, devo ammetterlo. Non credevo fosse possibile ma è buono.»
La ragazza esultò applaudendo rumorosamente le mani e sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Fissò Liam che sorseggiava un altro po’ di quel beverone, pensando che sarebbe stato troppo crudele non rivelargli il segreto. Infondo era una stupidaggine.
«Perché mi guardi così?» Chiese il ragazzo sospettoso, con occhi storti.
«No, niente! Mi fa piacere che ti piaccia quella.. Cosa.»
«Che c’hai messo dentro?» Ribatté di nuovo Liam, cominciando a capire quanto in realtà quella ragazza fosse una burlona. Per certi versi gli ricordava Louis, lo stile era lo stesso.
«Mi hai vista! Niente di sconvolgente. Tranquillizzati, Liam Payne.»
Liam allontanò delicatamente il bicchiere ancora colmo per tre quarti, posizionandolo in un posto sicuro del bancone, e poi fece scivolare una gamba a terra, quasi a volersi preparare per qualcosa.
«Che c’hai messo, Alice?»
«Niente, lo giuro! Niente!» Rispose la ragazza, in preda ad una risata isterica. Liam si alzò d’improvviso dallo sgabello e si gettò sul bancone, arrivando a prendere i fianchi della ragazza e cominciando a torturarla con il solletico. Alice iniziò a ridere di gusto, con le lacrime agli occhi, mentre annaspava nel tentativo di liberarsi dalla sua presa ma senza riuscirci. Ogni tanto cercava di formulare qualche parola, ma le mancava il fiato da quanto stava ridendo. Così Liam si fermò per un istante per lasciarla parlare, sorridendo compiaciuto.
«Basta, ti supplico! Chiedo pietà, sto morendo!» Gli disse lei, mentre prendeva dei respiri lunghi e profondi e sistemandosi la matita leggermente sbavata da sotto gli occhi.
«Allora?»
«Era solo acqua, Liam. Ci ho messo la Pepsi quella che sa di limone, così da sembrare vero ma in realtà o solo aggiunto acqua per sgasare tutto. Non pensavo potesse piacerti, giuro!»
«Si, me n’ero accorto in effetti.»
Alice si voltò con sguardo scettico, cogliendo il ragazzo con l’espressione più buffa che avesse mai visto in tutta la sua vita: era un misto tra convinzione, arroganza e perplessità allo stesso tempo.
«Seh, come no!» Rispose poi, riprendendo a ridere e allontanandosi.
Liam scosse la testa, come se non potesse credere a quello che era appena successo. Lui non si era mai lanciato su un bancone di un bar, non era il tipo. Gli sembrava davvero impossibile e tutto quello a cui riusciva a pensare era a come si sentisse completamente senza freni quando era con lei. E non gli era mai capitato prima.
Prese il cellulare dalla tasca e si accertò dell’ora tarda, convenendo che era meglio tornare a casa per dare una controllata agli altri quattro polli degli amici suoi, ma in un secondo si trovò Alice davanti a lui, senza quel grembiule sponsorizzato dalla Heineken e con il golfino in mano, pronta ad uscire.
«Che stai facendo?» Le chiese, un po’ perplesso.
«Dai, ti porto in un posto.» Gli rispose Alice, prendendolo per mano e salutando a gran voce le altre due cameriere del bar.
«Ma scusa non sei di turno?»
«Tranquillo, mio padre mi paga a ore. Ho già segnato tutto, possiamo anche andare!»
«Scusa, ma andare dove?» Incalzò di nuovo Liam, mentre fissava incredulo le loro mani intrecciate. Alice si voltò, fermandosi di colpo e facendolo indietreggiare di qualche passo, e poi incrociò le braccia.
«Non dirmelo.» Gli disse, con sguardo un po’ dispiaciuto.
«Dirti cosa?»
«Tu non ti fidi di me. Non è vero?»
Liam rimase in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Si fidava, cioè forse no, però non si era mai posto il problema finché si limitavano a fare due chiacchiere in compagnia bevendo un the freddo. E ora cosa avrebbe dovuto risponderle? Cercava di prendere tempo, muovendo nervosamente le dita della mano appoggiate al suo fianco.
«Cosa ti ho detto quando ci siamo conosciuti, Liam?»
«Che o mi fidavo o non mi fidavo, a pelle
«E tu te ne sei rimasto li, non sei andato via. Beh, sappi che per me vale ancora così. Io di te mi fido, parlando sempre a pelle, ovvio.»
Liam si morse il labbro in maniera quasi impercettibile e poi le riprese la mano, poco convinto ma comunque deciso. Si ripeteva che lui non era mai stato quello irrazionale e istintivo ma se per una volta nella vita faceva lo spavaldo e se ne fregava di certo non sarebbe successo niente di male.
«Ok, vai! Portami dove ti pare, signorina ‘Mi-fido-a-pelle-degli-sconosciuti’!»
Lei sorrise compiaciuta e strinse forte la sua mano, riprendendo a fargli strada in quel marciapiede poco illuminato del centro di Londra.
«Tu non sei uno sconosciuto. Tu sei Liam Payne. Io so chi sei
 
Leah si sedette sul dondolo della veranda, appoggiando la coperta sulle sue gambe e soffiando sulla sua tazza di the fumante. Gli ultimi giorni trascorsi a Mullingar erano andati bene, ma qualcosa non era ben inserito nel quadro generale. C’era qualcosa che non tornava.
Era stata lontana da Greg per numerose settimane, gli era mancato, ma la prima notte, mentre facevano l’amore, lui non era per niente nei suoi pensieri. C’era qualcun altro nella sua testa.
«Tutto bene, cara?»
Leah alzò lo sguardo e scacciò via i pensieri che la stavano assillando mentre sorrideva alla madre che le si era seduta accanto.
«Si certo, volevo solo prendere un po’ d’aria.»
«Ne sei sicura?»
«Sì. Come mai me lo chiedi?»
La donna si accomodò bene nel dondolo, facendo attenzione a non farlo spostare, e allungò la coperta anche sulle sue gambe, percependo un principio di frigidità.
«Non lo so, Leah. Sei sempre così allegra e vivace quando torni a casa, c’è qualcosa che non va? Mi sembri spenta, preoccupata.»
«No mamma, ti giuro che sto bene. Ho solo qualche pensiero ma niente di che. Deve essere per forza così.»
«Con Greg, tutto bene? In fondo sei tornata a casa per lui, no?»
«Si mamma, ma non resterò per sempre, domani riparto e lo sai.»
«Non hai risposto alla mia domanda, Leah.»
La ragazza irrigidì e prese un sorso di the, ormai piuttosto raffreddato. Si voltò e con la coda dell’occhio guardò sua madre, di soppiatto, quasi avesse paura del suo sguardo.
«Io..» Incominciò un po’ turbata, «Non lo so più, ecco. Stiamo insieme da così tanto tempo che non mi ero mai chiesta se al mondo ci fosse qualcun altro adatto a me, oltre a lui. Diciamo che ora me lo sto chiedendo, e il fatto che io sia qui non migliora le cose.»
«In effetti lui è molto più grande di te, amore..»
«Ma non è questo il punto, mamma. So che a te e papà ha sempre dato fastidio che uscissi con lui visto la grande differenza d’età, ma mi piaceva e io piacevo a lui. E’ sempre stato così. Mi ha fatta crescere, mi ha aperto gli occhi, gli devo molto. Ma..»
«Ma ora hai bisogno d’altro, non è vero?»
Leah annuì, con sguardo assente. Non poteva certo negare il fatto che sua madre quasi sprizzava felicità nel sentire quelle parole, ma non poteva nemmeno negare che sua madre sarebbe rimasta sconvolta se solo le avesse detto da chi erano catturate le sue attenzioni in quel momento. Forse era meglio non dire altro. Forse era meglio tenere il segreto, di nuovo.
«Posso sapere chi è questo “altro” oppure me lo terrai segreto per sempre?» Incalzò la madre, con sguardo complice. Per lei parlare con Leah era sempre un’impresa epica visto quanto fosse chiusa e riservata la figlia nei confronti di pressappoco chiunque.
«Non è nessuno, mamma.»
«Se fosse nessuno, come dici tu, questi dubbi non ti sarebbero nemmeno passati per la testa. Credimi.»
«Scusami, ma non sono sicura di volerne parlare.» Rispose Leah, finendo la sua tazza di the e appoggiandola poco più in la. Non era nemmeno sicura ci quello che stava dicendo, sbilanciarsi sarebbe stato un errore. Soprattutto con sua madre che prende ogni sua parola per oro colato.
«E tornerai a Londra comunque?» Continuò la madre, un po’ intristita.
«Sono a metà semestre, non posso mollare tutto adesso. Tornerò la per schiarirmi le idee e finire i corsi. Non preoccuparti mamma, sistemerò tutto.»
La madre scostò la coperta dalle sue gambe e si alzò, poco prima di accarezzare una guancia della figlia. A volte dimenticava quanto giovane fosse in realtà, anche se viveva da sola e in una metropoli lontana da casa.
«Hai ventuno anni, tesoro. Hai tutta la vita davanti, e questa vita è tua e di nessun’altro. Non sarò di certo io a dirti chi amare e chi no, non ne ho il potere. Vorrei soltanto che tu ragionassi meno con la testa e più col cuore. Si è giovani una volta sola, Leah. Quello che tu definisci sbagliato potrebbe rivelarsi una delle cose più belle della tua vita. Non rinunciare in partenza, datti una possibilità.»
Leah annuì e si alzò di scatto per abbracciare la madre, mentre tratteneva qualche lacrima distratta. Aveva pensato molte volte di lasciare tutto e tornare a casa dalla sua famiglia, ma non era quello che voleva. Lei sognava il mondo con gli occhi di una bambina, non un piccolo paesino.
Accompagnò la madre in casa e poi salì di corsa le scale, arrivando in camera sua in fretta e furia. Prese il telefono e fece partire la chiamata. Si ripeteva che doveva darsi una possibilità, lo doveva a se stessa.
Quando dall’altra parte sentì la sua voce rispondere al telefono, prese un respiro e parlò con tutta l’onesta che aveva in corpo, come mai in vita sua.
 «Aspettami, ti prego. Non lasciarmi indietro e dammi una possibilità, ora ho capito.»
Ci fu un silenzio pesante, importante, nonostante durasse solo pochi secondi. Il suo cuore batteva forte, in attesa della risposta. Non voleva pensare che fosse troppo tardi.
«Ok, va bene.»
 
Alice lasciò la mano di Liam e frugò nella piccola tasca del golfino, in cerca delle chiavi. Gli sorrise spavalda mentre entravano nella lavanderia nel retro della casa.
«Perché siamo entrati dal retro?» Chiese Liam, guardandosi attorno ed esaminando il piccolo appartamento che stavano attraversando.
«Oh, questa non è casa mia. E’ casa di Florence.» Gli rispose lei spalancando un enorme porta in stile antico, «Ecco, stavamo parlando proprio di lei ed eccola.. Ciao Florence!»
Una donna si avvicinò a loro con fare complice e sorrise prima ad Alice e poi a Liam, in maniera discreta. Indossava un grazioso maglione con maniche a tre quarti di un color rosa pallido e un paio di jeans piuttosto scuri modello capri. Liam si soffermò per un secondo a guardare quei mocassini beige che completavano il completo, trovandoli estremamente carini.
«Signorina Alice, non mi aspettavo di trovarla a casa a quest’ora. C’è qualcosa che non va?»
«No, niente Florence. Ho staccato prima e sono passata per cambiarmi. Io e Liam andiamo in quel posto questa sera!»
Liam si voltò verso Alice, abbastanza confuso, e poi con lo sguardo fece una veloce panoramica di quella imponente sala padronale dominata da un altrettanto imponente rampa di scale. Gli sembrava tutto così.. Ricco.
«Scusa un secondo, ma dov’è mia madre?» Chiese Alice alla donna, bloccandosi a metà della rampa e sporgendosi dalla balaustra.
«La signora Victoria ha ricevuto un invito da alcune sue amiche ed è uscita con loro. Ha detto che tornerà presto, ad ogni modo.»
«Si, non importa, volevo solo sapere se era in casa. Grazie Florence, torno subito!» Ribadì poi, sparendo oltre la balaustra per dirigersi in camera sua.
La donna si voltò e sorrise a Liam, cercando di intrattenere una conversazione mentre aspettavano. Liam, a sua volta, si sentì per più di qualche secondo un pesce fuor d’acqua, sapendo che qualcosa gli stava sfuggendo ma non capendo cosa.
«E lei come si chiama? Posso offrirle qualcosa?» Gli chiese Florence, in tono amichevole.
«Ehm.. No grazie, sono a posto così. Mi chiamo Liam. Liam Payne.» Rispose lui, dondolando leggermente sul posto, «Non vorrei sembrare scortese, ma.. Ecco, io conosco Alice da poco e non mi ha ancora detto come si chiama. Voglio dire, il suo nome per intero.»
«Alice Elizabeth.» Gli rispose la donna, facendogli strada verso la cucina poco lontana.
«Si, grazie, ma volevo sapere il cognome. Lei lo sa, giusto?»
«Si certo. Il cognome della signorina Alice è Whinchester.» Gli disse poi allungandogli un bicchiere vuoto, «E questa è la sua acqua naturale, le riempio il bicchiere.»
Liam rimase interdetto: non aveva chiesto nessuna acqua naturale, perché gliela stava offrendo comunque? Ad ogni modo per non essere scortese ne bevve comunque un sorso riflettendo sul cognome di Alice. Gli suonava familiare, troppo familiare.
«Aspetti un secondo.. Ma Whinchester come la catena di stabilimenti che lavorano con il petrolio?» Chiese di nuovo, cominciando a mettere insieme i piccoli pezzi del puzzle.
«Si, esatto. La signorina Alice e il fratello Adam sono i figli dell’imprenditore Gregor Whinchester, che gestisce tutti quegli stabilimenti. Io sono la loro domestica, molto piacere.»
Liam deglutì rumorosamente, senza nemmeno preoccuparsi di essere notato. Stava per uscire con una delle figlie più importanti della società d’alto borgo londinese e non aveva sospettato assolutamente niente fino a quel momento. Doveva ammettere che era brava con le persone. Dannatamente brava.
«Fatto, sono pronta!» Esclamò Alice comparendo da dietro la porta, sorridente. Si avvicinò a Liam e notò la sua espressione un po’ sconvolta mentre Florence le sorrideva cordialmente come era solita fare. Ci mise poco a capire che probabilmente la donna aveva spifferato tutto quanto.
«Bene, vogliamo andare?» Incalzò decisa, senza badare alla situazione imbarazzante. Il ragazzo si alzò in piedi di scatto e annuì con la testa, evitando di aggiungere altro.
«Florence, torno alla solita ora. Se non ti dispiace lasciami le chiavi del retro dove le lasci sempre, non ho delle tasche su questo vestito!»
La donna annuì e chiuse la porta dietro di loro non appena li vide salire in macchina. Mentre Liam continuava a guardarsi intorno piuttosto stordito, Alice gli prese una mano e incominciò il discorso da capo, con tenerezza.
«Immagino che Florence ti abbia spifferato il mio cognome. Non preoccuparti, non fa niente, tanto prima o poi l’avresti saputo comunque.»
«Dove stiamo andando?» Chiese lui, sminuendo l’argomento del cognome di famiglia.
«A ballare. Ti porto in un posto speciale! Ci mettiamo pochissimo, è praticamente attaccato a casa mia.»
Liam annuì di nuovo senza rispondere. Non era una cosa brutta che Alice fosse ricca e di buona famiglia, per carità, però la cosa l’aveva lasciato completamente di stucco. Pensava che, tra loro due, fosse lei quella normale, ma si sbagliava.
«Senti Liam, so cosa stai pensando. Penserai che sono una stronza perché non ti ho detto tutto, che ti ho mentito e via di seguito, ma non l’ho fatto per cattiveria. Semplicemente non è mai venuto fuori e di certo io non vado a sbandierarlo in giro. La cosa fa già schifo così.»
«Perché fa schifo?»
Alice lo guardò con la coda dell’occhio, finalmente felice del fatto che fosse riuscita ad attirare la sua attenzione e l’avesse fatto uscire da quell’improvvisa apatia.
«Perché il nome e i soldi di mio padre mi precedono, sempre. E mi da fastidio perché io non sono ne mio padre e ne i suoi soldi, anche se mi fanno comodo. Io sono una persona.» Concluse seria, guardando fuori dal finestrino per accertarsi che fossero arrivati.
La macchina si fermò qualche istante più tardi e la ragazza uscì dall’abitacolo, facendo cenno a Liam di scendere dopo di lei. Quando Liam alzò gli occhi da terra, vide davanti a se un vecchio stabilimento malmesso che sembrava cadere a pezzi da un momento all’altro e rimase perplesso. Alice, al contrario, mostrò tutta la sua euforia e lo trascinò dentro.
«Benvenuto al Pleasure!» Esclamò poi, cercando di sovrastare la musica altissima e aprendo le braccia, «Questo posto l’ha tirato su mio fratello quando era una persona molto meno noiosa di adesso! Figo vero?»
«Come tuo fratello?» Rispose Liam a sua volta, urlando in maniera spropositata.
«Si, mio fratello e i suoi amici ricconi si annoiavano alla mia età, così hanno preso dei soldi e hanno sistemato questo coso per farlo diventare una discoteca! E adesso è mio praticamente!»
«Perché è tuo?»
«Perché, come ti ho detto, mio fratello è diventato noioso e ha deciso di seguire mio padre in giro per il mondo, così io e i fratelli dei suoi amici gestiamo questo posto! Siamo in sei: io, Mary, Jacob, Ivy, Seth e Janet. Ma adesso basta con le domande, seguimi!»
Liam afferrò forte la mano di Alice e si addentrò nella folla. La musica altissima e le luci stroboscopiche lo accecavano e lo obbligavano a chiudere gli occhi e fermarsi di tanto in tanto per riprendere il senso delle cose che lo circondavano. Nonostante quel posto visto da fuori sembrasse un rudere dimenticato da Dio, una volta dentro era una delle migliori discoteche che avesse mai visto ed era pieno zeppo di gente. Mentre la seguiva, Liam notava come Alice fosse perfettamente a suo agio in quel genere di ambiente, smentendo ogni possibile riferimento alla sua provenienza. Era spavalda, alla mano, sempre sorridente e ribelle. Non quel genere di ribelle combina guai, ma semplicemente ribelle nel senso più bello e puro della parola.
«Sai una cosa, caro Liam Payne?» Gli disse Alice, una volta arrivati in un posto più isolato e meno rumoroso.
«No, cosa?»
«Potrebbe, e dico potrebbe, essermi venuta una voglia improvvisa di baciarti.»
Liam irrigidì per un secondo, preso completamente alla sprovvista. Da quando in qua le ragazze erano così intraprendenti? Pensò che Danielle non era mai stata così intraprendente e si era sempre fatta desiderare, lasciando che lui le corresse dietro. Forse era proprio quello che mancava, forse era quella la molla che non era mai scattata.
«Chi ti dice che per me non sia lo stesso?» Rispose poi, sfoggiando il suo miglior sorriso compiaciuto di sempre.
Lei gli piaceva. Gli piaceva fin troppo.



“As soon as their minds connected there were something like fireworks.
Explosions. Rockets. Stars going nova.”
- Lisa J. Smith
(The Vampire Diaries, The Return: Shadow Souls)


 


Bonsoir! 
- Spostiamo l'attenzione sui due ship che non sono stati "colpiti" dal blackout in prima persona, andiamo avanti con la storia. E' un capitolo piuttosto lungo per i miei standard, perdonatemi, ma ormai le cose da raccontare cominciano ad essere molte e la mia voglia di spezzettare i capitoli in parti è indirettamente proporzionale.
Altro da aggiungere? No, mi sembra di no. Spero di ricevere tante tante recensioni positive! Siete tutte stupende e vorrei davvero che tutte lasciassero un commentino anche breve breve per farmi sapere che siete passate! Per me conta moltissimo. 
Quindi alla prossima! 
Giuls. 
  
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