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Autore: Vitriolic Sheol    10/05/2012    2 recensioni
Tutti conoscono Edgar Allan Poe e le sue opere... Horror, Noir, Thriller e Mistero si intrecciano nelle sue storie... ma cosa accadrebbe se questi racconti venissero vissuti e raccontati dai protagonisti di Kingdom Hearts?
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naminè, Organizzazione XIII, Riku, Sora
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto
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Il cuore rivelatore


Io lo odiavo.

L’ho sempre odiato, sin dal primo momento che mi ha sorriso, con quei suoi occhioni da cucciolo sempre ingenui, sempre sognanti, persi chissà dove in un mondo onirico tutto loro e precluso ad ogni pragmatica creatura.

Odiavo il suo modo di parlare, di ridere, di muoversi e respirare. Detestavo come pronunciava il mio nome, dandogli quella sfumatura di gioia (onnipresente in ogni cosa lo riguardasse) che associata a me strideva in maniera quasi fastidiosa.

E se ancora non vi basta ciò che vi ho appena espletato come motivazioni, aggiungerò che lo odiavo perché possedeva qualcosa che a me mancava da molto, troppo tempo; qualcosa di latente ma vivo, nascosto ma perfettamente riconoscibile. Qualcosa a cui avevo rinunciato (seppur per “mia volontà”) tempo addietro e per cui avrei venduto l’anima anche all’essere più infimo dell’inferno, pur di riaverla.

Perché? Perché volete insistere sul fatto che io sia folle? Io non sono pazzo, ho soltanto sensi più acuti, non distrutti da una genetica sbagliata o dalla vecchiaia, non ottenebrati dall’idiozia o dall’ottusità. Più acuto di tutti, era il senso dell’udito. Udivo tutte le cose in cielo ed in terra. Udivo molte cose dell’inferno. E solo per questo osate dire che io sia pazzo? Ascoltate! E constatate con le vostre stesse orecchie con quanta calma, con quanta lucidità io possa narrarvi l’intera storia.

Mi è impossibile dire come l’idea si profilò per la prima volta nella mia mente, ma una volta radicatavi non mi diede più tregua né giorno né notte. In realtà all’inizio non vi era nessun odio nei suoi confronti. Potrei osare quasi dire che gli volevo bene. Non mi aveva mai ingiuriato. Mai una parola sgarbata od un’offesa mi era stata rivolta da lui.

Penso che fosse per “quello”. Si! Avevamo appena concluso l’ennesima corsa sulla spiaggia e l’avevo sconfitto, per l’ennesima volta; si avvicinò  a me ansante, tenendosi la milza con la mano e leggermente ricurvo in avanti, come se il braccio piegato gli servisse da puntello.

Fu un lampo, una percezione infinitesimale.

Cominciai a sentirlo. Rimbombava come un tamburo da grancassa, riecheggiava nella mia mente, indolenzendo le mie tempie, sfiancando i miei circuiti cerebrali. Sapevo che un chiunque non l’avrebbe percepito o, al massimo, avrebbe inteso solo una minima alterazione del suono circostante, come un’impercettibile variazione del marcatempo.

Si. Fu allora che cominciai ad odiarlo.

Principiai a detestarlo in un climax ascendente d’ira e di insofferenza, che mi portò al punto di non tollerare nemmeno che il suo sguardo si posasse su di me. Ogni volta che i suoi grandi occhi zaffiro osservavano la mia figura, faceva salire in me la voglia di percuoterlo a sangue. In più, quel suono non aveva ancora abbandonato la mia testa: e così, per gradi, molto lentamente, mi misi in testa di ucciderlo per potermi sbarazzare, finalmente, di quel terribile tormento.

E così, per l’intera settimana che precedette la sua uccisione, ogni notte al dodicesimo rintocco dell’orologio, io giravo dolcemente la serratura della sua porta e l’aprivo, introducendo poi la testa. Oh, avreste dovuto vedere con quanta delicatezza e con quanta astuzia mi muovevo! Ero parte integrante dell’oscurità che permeava nella stanza!

Mi muovevo lentamente, per non turbare il suo sonno e mi occorreva poco meno di un’ora per poter insinuare tutto il mio corpo nella stanza e potermi avvicinare al letto, in modo da riuscire a vedere la sua intera, mingherlina figura coricata. Ero vicino a lui, la distanza era talmente risiva che potevo essere riscaldato dal suo fiato tranquillo e rilassato dal sonno; ormai la mia mano era quasi completamente calata sul suo collo, avvertivo il tepore della sua pelle ed il pulsare delle vene sotto le dita, tese come gli artigli di un rapace….
Poco… mancava pochissimo al compimento della mia missione, se non l’avessi visto muoversi convulsamente per poi balzare a sedere sul letto gridando:

“Chi è?! Chi è là?!”

Restai assolutamente immobile, appiattendomi contro la parete, trattenendo addirittura il respiro per fare il meno rumore possibile. Per un’ora intera non mossi un solo muscolo, ed in quei momenti non l’udii mettersi giù; era sempre seduto sul letto, in ascolto come avevo fatto io, una notte dopo l’altra, ascoltando attorno a me il ticchettio degli orologi della morte.
Poco dopo udii un lieve gemito, che compresi essere di mortale terrore; non era un gemito di pena o di dolore, ma il suono sommesso e soffocato che emerge dall’angolo più recondito di un’anima oppressa dalla paura.
Poi, per mia fortuna, si coricò nuovamente consentendomi di uscire dalla stanza.

L’ottava notte ebbi il coronamento dei miei sforzi. La sua ora era giunta! Non avevo più intenzione di aspettare, più voglia di indugiare! Con un urlo altissimo, simile a quello di una bestia, balzai all’interno della sua stanza, gettandomi come una furia sul suo collo, che cominciai a stringere convulsamente con entrambe le mani.

Egli, preso alla sprovvista, poté solo spalancare i grandi occhi cobalto dalla sorpresa terrorizzata, per poi artigliare le mie mani con le sue, graffiandomi e scorticandomi nel tentativo inutile di liberarsi.

“Ri… Riku… che stai… facen… nggh…”

Quale sinfonia di angeli era la sua voce strozzata, per me! Le sue gambe si dimenavano nel ritmo di una danza di morte, la più bella che avessi mai visto! Musica celestiale era quella, per me!

E rimasi lì finché non giunse a conclusione, finché le mani smisero di muoversi spasmodiche e le gambe di contorcersi violentemente, ricadendo molli ed inerti sul materasso. Mi staccai da lui, arretrando qualche passo per osservarlo.

Immobile. Posai la mano sul suo petto e ve la tenni per alcuni minuti. Nessuna pulsazione. Privo di vita.

Era morto.

Se ancora non mi giudicate pazzo, lasciate che vi descriva le precauzioni che presi per l’occultamento del corpo.

Prima di tutto smembrai il cadavere: staccai il capo, le braccia e le gambe; dopodichè divelsi tre tavole del pavimento e posai ogni moncherino nelle intercapedini, per poi ricollocare le assi con abilità tale che nessun occhio, per quanto attento ed acuto osservatore potesse essere, avrebbe potuto scorgervi qualcosa di sospetto.  

Nessuna traccia. Nessuna macchia di sangue. Ero stato attento perfino al più piccolo schizzo di sangue o alla più infinitesimale goccia vermiglia, un capiente secchio aveva raccolto ogni umore.

Il raccapricciante suono nella mia testa, finalmente, si era chetato.

Quando finii l’opera erano le quattro del mattino, come intesi dal rintocco delle campane e dalla flebile, tenue luce che l’albeggiare portava con sé; intesi all’improvviso bussare alla porta di strada, ed una volta aperto mi ritrovai davanti tre figure incappucciate, ammantate in cappotti corvini.

Sapevo perfettamente chi fossero, anche prima che mi mostrassero i loro volti; da un po’ di tempo a quella parte, l’Organizzazione XIII aveva assunto il ruolo di “supervisore della legge”… e per le faccende più serie, inviava sempre Saix, Axel e Marluxia, come potei confermare una volta che i loro visi furono rischiarati dalla tenue luce del giorno nascente.

Fu Axel il primo a parlare, scuotendo lievemente i capelli rosso sangue e fissando gli occhi felini nei miei.
“Riku, un urlo è stato sentito da un tuo vicino, intorno a mezzanotte … è successo qualcosa?”

Risposi con un sorriso rassicurante e la voce salda. Del resto, cosa avevo da temere?

“State tranquilli, non è successo nulla. L’urlo l’ho lanciato io risvegliandomi da un orribile incubo.”

“Dov’è Sora?” si intromise Saix, scrutandomi con occhi attenti ed espressione seria.

“Sora? Oh, è assente, si è recato a Radiant Garden per andare a far visita a Yuffie, Leon ed Aerith!”

Per aggiungere credibilità alla mia versione, li feci entrare per esaminare la casa, controllare che nulla fosse sospetto. Ero tranquillo. A mio agio, sereno. Sapevo che non avrebbero mai potuto scoprire nulla di compromettente.

Quando arrivammo alla sua stanza, lasciai che ispezionassero ogni cosa, ogni ninnolo sulla mobilia, ogni documento mentre io, nella folle audacia del mio delitto perfetto, mi collocai sul punto esatto dove avevo nascosto il cadavere di Sora.

I funzionari erano soddisfatti, i miei modi li avevano convinti. D’un tratto però, mi sentii impallidire e desiderai che se ne andassero: la testa mi doleva terribilmente e nelle orecchie ricominciò a riecheggiare quel suono. Cominciai a parlare con maggior enfasi, alzando leggermente il tono della voce per cercare di coprire quel suono… finché non mi accorsi che non era solo nella mia mente.

Risuonava in ogni parete, serpeggiava attorno a noi ed aumentava gradualmente di intensità, finché divenne impossibile non sentirlo.

Feci di tutto per occultarlo: arrivai quasi a gridare nel mio parlare, spostai le sedie strusciandole sul pavimento, aprii le imposte dai cardini cigolanti, ma il suono era ancora orribilmente presente.

Oh Dio! Che potevo fare? Schiumavo, deliravo, imprecavo! Misuravo il pavimento a grandi passi, mentre i tre uomini continuavo a discorrere tranquillamente. Era mai possibile che non lo udissero? No! Essi udivano! Essi sospettavano! Essi sapevano! Si prendevano gioco del mio orrore!

Questo pensavo e, tuttora, ne sono convinto. Ma qualunque cosa era più tollerabile che quella derisione! Non potevo più sopportare la loro tranquilla ipocrisia! Sentivo che dovevo urlare o morire!

Ed ora ascoltate! Di nuovo! Più forte! Più forte! Più forte!

“SCELLERATI!” gridai “CESSATE DI SIMULARE! CONFESSO DI AVERLO FATTO! STRAPPATE QUESTE TAVOLE! QUI, QUI! QUI E’ IL BATTITO DEL SUO CUORE ORRENDO!”


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* angolino dell’autrice *


Sfornato il terzo racconto! Beh, si, forse sono caduta un po’ nel banale nella scelta dei personaggi, ma secondo me in una storia intitolata “Il cuore rivelatore” nessuno poteva essere più adatto di Sora e Riku!

E poi… lo ammetto… non vedevo l’ora di scrivere qualcosa in cui Sora viene fatto a fettine come un prosciutto San Daniele! Non me ne vogliano le sue fan, ma io quel bimbetto dallo spessore di un broccolo proprio non lo reggo. Niente da fa’, mi sta qua e non va né su né giù. Ho provato a farmelo stare simpatico, ma più tentavo più lo trovavo irritante.

Intenti omicidi a parte, spero che la storia vi piaccia come a me è piaciuto scriverla.

Prima di abbandonare la tastiera, vorrei ringraziare Kalea95, Sick e Reno_From_Turks per le splendide recensioni che hanno regalato a questa storia (oltre che ad averla messa la seconda nelle seguite e la terza nelle ricordate) e Serena016 per averla messa nelle preferite!
Grazie di cuore :D


A rivederci quindi con il quarto racconto!


Un saluto ed un inchino

Dark Rag Dancer 

  
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