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Autore: Pwhore    10/05/2012    2 recensioni
Lei si dipinge le unghie con precisione, lui comincia a notare delle bottiglie vuote di gin. Cosa sta succedendo alla Lisa che ama tanto, prima radiosa come il sole e ora circondata da un alone di mistero?
FF ispirata al primo significato intuibile della canzone 'The Ballad Of Mona Lisa', dei Panic! At The Disco.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Brendon Urie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A lonely speaker in a conversation, her words are swimming through his ears again.
There's nothing wrong with just a taste of what you paid for.
Ho come l'impressione che la situazione stia lentamente degenerando.
Lisa mi sembra sempre più lontana man mano che i giorni passano, e i suoi colori vivaci mi sembrano solo una scusa per nascondere quello che la tormenta. Non c'è quasi più dialogo tra noi, nonostante io mi sforzi di farle tanti regali e soddisfare ogni suo desiderio, solo che non riesco a capire se lei noti i miei tentativi di esserle amico o si limiti semplicemente ad ignorarli. Ad ogni modo stasera le parlerò e cercherò di chiarire la questione, non riesco più a sopportare questo dolore e questo sentimento di inadeguatezza che mi attanagliano lo stomaco da mesi, ormai, e voglio venire a capo della questione. In fondo, prima o poi dovrà rendersi conto che farei qualsiasi cosa per lei, no? E spero davvero che quel momento sia stasera.

Narrator's POV:
Erano le otto di sera circa, e Lisa era seduta davanti a un grande specchio a truccarsi, come ogni altro giorno della settimana. La testa di Brendon fece timidamente capolino dalla porta, poi il ragazzo entrò e socchiuse silenziosamente la porta alle sue spalle. Lisa gli lanciò uno sguardo annoiato dallo specchio e continuò a stendersi il rossetto sulle labbra, mentre lui si mordeva il labbro, si sedeva sul letto e congiungeva le mani con fare preoccupato.
"C'è qualcosa che ti turba, Bren?" domandò, posando il rossetto sul piano davanti a lei.
"In realtà sì," mormorò il ragazzo, prendendo coraggio con un respiro profondo.
"Mi piacerebbe sapere se va tutto bene," disse.
Lo sguardo della fidanzata vacillò per un istante, mentre chiudeva le dita attorno al mascara.
"Non capisco a che ti riferisci," rispose meccanicamente, sputando le parole il più velocemente possibile.
Brendon tacque per qualche secondo, alla ricerca della frase giusta, poi riprese a parlare.
"Credi che non me ne sia accorto? C'è qualcosa che ti opprime, Lisa, qualcosa d'importante che ti ruba il sorriso dalle labbra. Potrai dipingerle e bagnarle con quanto alcol vuoi, ma se non parli non potrai mai essere felice."
La ragazza digrignò i denti e irrigidì i muscoli della mano, poi li rilassò a forza.
"Non c'è niente che non vada e non c'è niente di cui debba parlare," sentenziò, cruda. "E' tutto?"
"Lisa, lo so che quelle bottiglie sono tue," ribatté il moro, cercando di sembrare sicuro di sè.
"Ti ripeto che non sono un'alcolizzata, Bren"
"E io ti ripeto che se c'è qualcosa che non va, dovresti sentirti libera di dirmelo"
"Non c'è niente che non va, Brendon. Niente".
La ragazza continuò a incurvarsi le ciglia, assorta, e non si sentì neanche addosso lo sguardo preoccupato del fidanzato, che la squadrava ripetutamente da capo a piedi alla ricerca di un qualsiasi particolare che potesse tradirla. Rimase immobile a guardarla finché lei non ebbe finito, si alzò e s'infilò la borsa sotto il braccio. Rimase ferma qualche minuto a guardarsi allo specchio e scompigliarsi i capelli, per darsi un'aria più naturale, poi si lisciò il vestito, agguantò una giacca ed uscì dalla stanza. Brendon rimase seduto, immobile, respirando a fondo e chiedendosi dove sbagliava, finché uno sbattere di porta e un "Non aspettarmi sveglio!" non gli fecero capire che anche quel giorno era da considerarsi buttato. Si alzò mogiamente dal letto e si trascinò in bagno, quindi si guardò in faccia e sospirò nuovamente. Non sarebbe mai riuscito a cavare un ragno dal buco, lo sapeva benissimo; però non riusciva a smettere di sperare che uno di quei giorni la ragazza si sarebbe decisa ad aprirsi con lui e a spiegargli cosa c'era che la faceva star male. Ma per quel momento, lui poteva solo soffrire.


Mona Lisa's POV:
Oh, al diavolo, lui e le sue domande! ''Mi piacerebbe sapere se va tutto bene,'' oh, andiamo, come se fossi felice di fare questa vita! Come se l'avessi scelto io, come se avessi avuto qualche altra possibilità, oltre a questa. "Qual è il tuo lavoro, Lisa, qual è il tuo lavoro?" Dimmi, Brendon, vuoi davvero saperlo? Vuoi davvero sapere i sacrifici che faccio per portare un po' di soldi in più a casa? Vuoi davvero sapere cosa sono costretta a fare, pur di permetterti di lavorare e sentirti parte integrante di questa società del cavolo? Credi davvero che dopo tutti questi mesi un posto di lavoro si sia liberato così, per magia, per pura fortuna? Andiamo, sei grande abbastanza da capire che le cose non funzionano così a questo mondo. Se non ci fossi stata io, se non mi fossi sacrificata per te, a quest'ora saresti ancora un disoccupato senza speranze, e col cavolo che ci saremmo potuti permettere una casa del genere. La verità è che sono molto più importante di quanto pensi, tesoro, e che se non ci fossi io, saremmo ancora in alto mare ad annegare sotto le montagne di debiti che abbiamo accumulato.
Sbattendo la porta alle spalle mi sono sentita meno oppressa, ma il groppo alla gola è rimasto e non credo se ne andrà molto presto. Per carità, ha ragione lui; dovrei parlargli, metterlo al corrente di quello che faccio, ma ci rimarrebbe troppo male e non si perdonerebbe mai per avermelo lasciato fare così a lungo, quindi non posso proprio. Lo faccio per lui, non solo per me; anche perché a questo punto di me m'importa molto poco. D'altra parte, quando varchi una certa soglia non puoi più tornare indietro, no? E anche se ce la fai, anche se esci dal giro, in realtà sei sempre dentro; è un male che ti porti nel cuore, che ti segna a vita e che non riuscirai mai a dimenticare, per quanto tu possa impegnarti. Non ti scorderai mai la tua prima volta, la macchina che si ferma e la tua voce che dice 'No, no, no.' Ma prima o poi devi dire sì, e a quel punto smetti di pensare, perché fa troppo male e non riesci più ad accettare cosa sei diventata, quello che la realtà che ti circonda ti ha fatto, quello che tu stessa ti sei fatta. Non riesci ad accettare più niente, impazzisci e basta; e non pensare ti aiuta, soprattutto quando sei lì in piedi, sul marciapiede, e vedi la gente passare e ridere di te, o fermarsi per guardarti più da vicino. E più sei colorata, più sei in mostra, più sei unica, più gente attiri e più soldi riesci a fare. E quando torni a casa la sera e conti quei soldi, ti viene solo da piangere ripensando al modo in cui li hai ottenuti, così affoghi tutto nell'alcool, nel fumo o piangendo; finché a un certo punto ti finiscono persino le lacrime. A quel punto diventi insensibile, accetti la tua situazione e te ne fai una ragione; pensi che in fin dei conti non stai facendo niente di male, se non aiutare la tua famiglia, e ti concentri solo sui soldi, al benessere che puoi ricavarne e che possono dare agli altri. Cominci a vederti come un semplice strumento e ti senti più leggera, come se non fossi più tu a vivere quell'incubo ma qualcun altro, qualcuno che non conosci e che non conoscerai mai, ma di cui riesci a capire perfettamente lo stato d'animo quando i vostri sguardi s'incontrano; e a quel punto ti senti come svuotata e desideri solo chiudere gli occhi per sempre, per non dover più vedere un simile orrore. Io non sono ancora arrivata a quel punto, comunque, e le bottiglie di gin lo dimostrano perfettamente. Mi dispiace solo non essere stata abbastanza brava da nasconderlo a Bren; anche se in realtà sono stata solo troppo ingenua a non pensare che avrebbe potuto scoprire benissimo il loro nascondiglio senza neanche farlo apposta. Ma ormai il danno è fatto e non c'è modo di rimediarvi, se non lo stare fuori il più possibile e trovare un nuovo passatempo con cui soffocare i problemi; e, malgrado tutto, questo è esattamente quello che ho fatto.
Lui si chiama Ryan. Guarda caso, è il capo di Bren. E' grazie a me che il ragazzo ha ottenuto un lavoro, ma mi guardo bene dal dirglielo; la cosa lo ferirebbe troppo, e poi non riuscirebbe più a guardare il suo capo in faccia. Non tanto perché ha dormito con la sua donna, ma perché ha continuato a farlo e a prenderlo a pesci in faccia chiedendogli come stessi e come andasse la nostra vita domestica di tutti i giorni. Quella era una cosa che proprio non gli perdonavo, ma non c'era verso di farlo smettere - non senza essere costretta a raccontagli la mia storia e il perché sono sulla strada. E' una cosa che ha deciso lui, questa, e mi ha costretta a fare un patto prima di assumere Brendon: avrei dovuto raccontargli il mio passato, in un modo o nell'altro; ma non avevo e non ho tuttora intenzione di farlo. Quel coglione non sa niente di me e le cose devono rimanere così, per il bene di tutti e tre. E poi lui non significa niente per me, non vedo perché dovrei espormi così tanto quando non l'ho mai neanche fatto con il ragazzo che amo e per cui darei la vita. Con questa promessa pretende decisamente un po' troppo. Però finché mi permette di mantenermi senza chiedere aiuto a Brendon, ben venga il suo 'aiuto'; anche se, detto tra noi, a letto fa alquanto schifo. Spero di riuscire a insegnargli qualcosa prima di smettere, perché devo fare davvero tutto io quando sono con lui, e credo sia per questo che non ha una ragazza da tanto, tanto tempo. Il sesso è un fattore importante in una relazione, e lui non lo consiglierei neanche alla morta di cazzo più arrapata di questo mondo, seriamente. Mi spiace per lui. Comunque ora è arrivato a prendermi, quindi non mi resta che salire su quella sua stupida auto nera e pretendere di godere come non so cosa, quando in realtà l'unico a cui penso è Bren. Grandioso.
   
 
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