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Autore: Scar_    11/05/2012    1 recensioni
La mia vita ha cominciato a cambiare quando il ragazzo che frequentavo da qualche mese, ma di cui ero profondamente innamorata, mi fece l’elenco delle ragazze con cui mi aveva tradita. Non era un elenco molto corto, proprio no. E comprendeva alcune delle mie più… fidate amiche.
La storia delle corna che mi pendevano sulla testa fece il giro del mondo in poche ore, e così mi appiccicarono, metaforicamente parlando, sulla fronte un adesivo che recitava “scaricata da un cesso”. Sì, lui era brutto da far paura, io invece avevo perso tutta la mia autostima, visto che non riuscivo più ad entrare in una stanza senza scatenare un coro sommesso di risatine.
Poi un giorno incontrai Karl Lagerfeld.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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No, non sono morta, sono solo stata sommersa dal lavoro ed impegni vari :D chiedo perdono con questo nuovo capitolo, sperando vi piaccia!
Alla prossima, e grazie a tutti
Scar (L)

Capitolo 3


- adesso io e te recuperiamo un po’ del tempo perduto… che ne dici? – mi sussurra tirandomi verso di sé, fisso preoccupata le porte dell’ufficio, qualcuno potrebbe entrare da un momento all’altro
- Matt, io non… -
Blocca le mie parole prima che riesca a pronunciarle, mi fa sedere sul bordo della scrivania e apre piano le mie gambe, sistemandocisi in mezzo – non dirmi che non vuoi – mi dice dopo aver separato le nostre bocche
- ma certo che voglio – gli dico slacciandogli la cintura e accarezzandogli l’addome
- e allora il problema dov’è? – si abbassa a baciarmi il seno, mi sento sempre più eccitata
- che potrebbe entrare qualcuno -
- smettila di preoccuparti e vedrai che non succederà nulla – mi rassicura prima di mordermi un orecchio
- ma sì, forse hai ragione… -

- Amelia! – la voce di Karl mi fa letteralmente saltare per lo spavento – tesoro, è tutto ok? -
- ah? – lo guardo stralunata, ho ancora la matita fra le labbra
- stavi disegnando, poi ti sei incantata. Sono dieci minuti buoni che fissi il muro -
- oh – guardo i fogli sparsi sulla mia scrivania, il bicchiere vuoto di caffè – ero un po’… sovrappensiero – spiego, cercando di non arrossire e pregando, come un’idiota, in cuor mio che Karl non sia un abile Legilimens.
- senti tesoro, è da quando siamo tornati da Londra che volevo chiedertelo… - si porta dall’altro lato della scrivania e si appoggia al bracciolo della mia poltrona, guardandomi seriamente preoccupato – tu e… quel tipo, avete… sì insomma, avete usato le dovute precauzioni, vero? -
- io… oh mio Dio! Karl! Che razza di domande! – stavolta nulla m’impedisce di arrossire, mi sventolo agitata con una mano – ovvio che sì, per chi mi hai presa? -
- lo sai che non mi fido degli inglesi… senza contare che una gravidanza in questo momento della tua carriera sarebbe a dir poco una catastrofe -
- stai tranquillo… -
- ah senti, a proposito, ho saputo che quel gruppo di ragazzi con cui hai fatto amicizia a Londra è arrivato poco fa al Charles De Gaulle -
- sì? – alzo lo sguardo improvvisamente interessata, mi sembra strano che Emma non si sia fatta sentire, quando sono ripartita mi ha garantito che mi avrebbe fatto sapere l’ora d’arrivo del suo volo
- ti farebbe bene uscire un po’, tesoro, ormai sono mesi che lavori per me senza sosta, e non ti sei ancora fatta nessun amico qui a Parigi -
- a che mi servono gli amici quando ho te? – ci sorridiamo, mi da un bacio sulla fronte e mi lascia di nuovo sola.
Poco dopo, la mia segretaria mi informa che ho una visita, prima che possa autorizzare l’ingresso, Emma Watson in persona fa irruzione nel mio ufficio con dei palloncini e una mini torta ai frutti di bosco – tesooooro! Sorpresa! – si ferma davanti alla scrivania e mi porge il dolce, mi alzo e vado ad abbracciarla
- quando sei arrivata? – le chiedo, fingendo di non averlo già saputo da Karl
- poco fa, sono arrivata con tutti gli altri… solo che quei poltroni sono voluti rimanere in hotel, a quanto pare basta un volo a stenderli… comunque! – si apre in un sorriso enorme – io adesso ti rapisco e ti porto da loro, perché dobbiamo decidere cosa fare stasera! -
- stasera? – la guardo inerme mentre raccoglie le mie cose, mi mette la borsa in spalla e mi spinge fuori dalle doppie porte
- si, andiamo a folleggiare! – mi afferra saldamente per un braccio e mi porta prima nell’ascensore e poi in un taxi, l’hotel dove alloggiano non è molto lontano da casa mia – senti tesoro, posso chiederti una cosa? -
- anche due -
- cosa c’è fra te e Matt? – mi chiede con un sorriso imbarazzato, arrossiamo assieme – sai, è che ho sentito gli altri fare battute su te e lui, e mi chiedevo… -
- c’è stato qualcosa – preferirei tenermi vaga su cosa, di preciso, devo dire che è abbastanza imbarazzante parlarne con lei – nulla di troppo profondo, comunque -
- profondo fisicamente o emotivamente? -
- … emotivamente -
- e fisicamente? -
- ecco… -
- ooooh! – mi lancia uno sguardo eloquente e sorride, paga il taxi ed entriamo nella hall – vieni, i ragazzi dovrebbero ancora essere tutti quanti nella suite di Rup e Dan -
Saliamo all’ultimo piano, la porta è socchiusa, Emma entra senza nemmeno bussare, sono tutti sciancati sui divanetti a crogiolarsi nella loro totale nullafacenza, Tom e Daniel si lanciano pigramente quella che sembra essere una di quelle boccette piene d’acqua con la neve, stavolta Matt mi fa un sorriso quando mi vede entrare
- ragazzi su con la vita! Siamo alla settimana della moda di Parigi, non siete emozionati?? -
- una pasqua – borbotta Rupert andandosi a prendere una birra dal minibar
- se non v’interessa perché siete venuti? – chiedo con sincera curiosità
- perché nessuno di noi aveva impegni in questo periodo… - mi spiega Dan fregando la bottiglia di mano al suo amico – e perché quando abbiamo saputo che Matt sarebbe venuto, non ce la siamo sentita di fargli fare il viaggio da solo -
- hai visto che amici premurosi che ho? – mi chiede sarcastico quando mi siedo sulla poltrona accanto alla sua
- ehm… già – ok, è parecchio strano parlarci, alla luce del giorno, davanti ad altre persone, con tutti i vestiti al loro posto. Cerco di non pensare al fatto che neanche un’ora fa mi ero incantata a fantasticare su un nostro improbabile incontro clandestino, e cerco altrettanto fortemente di non ripensare alla sua larga e muscolosa schiena nel letto della mia suite al Ritz

- allora… ehm… - roteo gli occhi, alla ricerca di qualcos’altro da dire, credo che sia la conversazione più imbarazzante della mia vita – sei agitata per la sfilata? Ho sentito che la vostra sarà quella con più gente presente -
- ehm… si – annuisce tesa, non riesco a capire se lo è per la mia presenza o per la sfilata imminente
- ti ricordavo più loquace – ammetto con una risata, mi risponde con un risolino vagamente isterico – forse un po’ di tequila potrebbe scioglierti… - mi allontano e torno con due bicchieri, gliene porgo uno e le dedico un muto brindisi
- forza ragazzi! La notte è giovane! Che facciamo stasera? -
- Amelia, perché non ci cucini qualcosa tu? – Rupert, come tutte le volte in cui si parla di cibo, si risveglia dalla trance in cui passa gran parte della giornata e la guarda tutto sorridente
- cosa ti fa pensare che sappia cucinare, scusa? – Tom lo guarda dubbioso
- è italiana! Tutte le italiane sanno cucinare, vero? -
- è un pregiudizio, un po’ come la storia che tutti gli irlandesi sono ubriaconi… -
- io ho conosciuto una ragazza irlandese una volta, e aveva problemi di alcol – mi metto in mezzo al discorso, in difesa degli stereotipi – te la ricordi, Tom? -
- certo, però poi li ha risolti… -
- si bè comunque – Daniel interrompe tutte le divagazioni – la domanda è: Amelia, sai cucinare? -
- certo, non per vantarmi ma sono l’Albus Silente della cucina – muove i capelli con fare da diva, ci concediamo tutti una risata
- allora è deciso, andiamo a devastare casa di Amelia – Rup si alza tutto pimpante, seguito a ruota dagli altri – dov’è che abiti di preciso? -
- tesoro, possiamo portare qualcosa? – le chiede Emma, ci avviamo tutti quanti verso l’ascensore – non so, magari da bere… -
- assolutamente no – l’ascensore è stretto, ne approfitto per appiccicare il mio corpo al suo, sento un brivido percorrerla da capo a piedi – a casa ho del vero vino italiano, fatto dalle dolci mani di una massa di buzzurri che a stento parlano l’italiano. Credetemi, è la cosa più buona che berrete mai in vita vostra… altro che quella robaccia che vendono in Inghilterra -
Poco dopo siamo nel suo attico, si libera del cardigan e s’infila un grembiule su cui troneggia la scritta “sono più dolce dello zucchero”. Non resisto alla tentazione di prenderla per il culo. Due minuti dopo è già ai fornelli, ci dice che adora cucinare, e che ci sta preparando una perfetta cena in stile italiano, completa d’aperitivo, primo, secondo e contorni. Emma sta già apparecchiando il tavolo in sala da pranzo, mentre gli altri si sono scagliati sul tavolo da ping pong non appena l’hanno visto
- ehi – sbuco alle sue spalle, come al solito si spaventa
- ehi -
- ho approfittato della distrazione generale per venire a vedere che cosa combini… - la faccio voltare verso di me e la appoggio al bancone, mi abbasso sul suo collo, abbracciandola per la vita
Abbassa la testa anche lei, intrappola le mie labbra e senza aspettare approfondisce il bacio, attirandomi a sé. Rimaniamo così per parecchio tempo, separandoci solo di tanto in tanto, mi passa le braccia attorno al collo, mentre le accarezzo piano la schiena. Però, potrei farci l’abitudine.
- devo calare la pasta… - a malincuore si separa da me e si rivolta verso la pentola
- sei sexy quando cucini – non la lascio andare, le sollevo i capelli e le bacio piano il collo, una delle mie mani scende ad accarezzarle una coscia
- metti questo a tavola, fila! – prima di fare cose di cui poi potrebbe pentirsi, mi ficca in mano la boccetta del pepe e mi spedisce fuori, tento di protestare ma mi arrendo, le do un bacio veloce e raggiungo gli altri in sala

La cena procede allegra, era da tanto che non avevo una compagnia così numerosa e così chiassosa, passo tutta la serata a ridere e a stappare bottiglie di vino, dopo un po’ perdo il conto di quante ne abbiamo consumate. Tiro fuori dal freezer un semifreddo caffè e nocciola che avevo preparato due giorni fa ma che non avevo trovato il coraggio di mangiare da sola, ben sapendo che se l’avessi “attaccato”, di sicuro l’avrei finito e poi me ne sarei amaramente pentita. Emma implora pietà, dice che potrebbe esplodere se prendesse anche solo un altro boccone, i ragazzi invece, a parte le guance rosse e lo sguardo annebbiato dal troppo vino, si leccano i baffi nonostante abbiano spazzolato praticamente tutto quello che avevo posato sulla tavola.
- bene allora… forse… è il caso di andare – Daniel cammina strisciando lungo i muri… forse non avrei dovuto tirar fuori grappe, liquori e amari
- è stata una cena… de-li-zio-sa! – Rupert scandisce la parola forse cercando di sembrare sobrio, mi prende la testa e mi schiocca un bacio sulle labbra – quella pasta mi ha cambiato la vita, davvero -
- ah, per fortuna che ci sono io che rimango sobrio per portare a casa queste due spugne… - mi dice Tom con molta nonchalance. Potrei anche crederci, se solo a metà cena non si fosse sbottonato la camicia per il caldo
- amore, domani ti chiamo, ok? – Emma, vagamente più sobria, mi da un bacio sulla guancia per poi mettersi a strepitare contro gli altri e convincerli ad andarsene
- buonanotte – Matt si para davanti a me con un sorriso alticcio, tempo due minuti e mi ritrovo la sua lingua praticamente in gola, ricambio la stretta, passando le mani fra i suoi capelli – potrei restare qui stanotte… - mugugna spingendomi contro il tavolo e chinandosi fino a baciarmi l’ombellico
- non oggi – lo tiro su per una manica e lo accompagno all’ascensore, dove gli altri lo stanno aspettando
- allora domani – sorride sornione e mi da un altro bacio, prima che le porte si chiudano 
  
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