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Autore: Iwuvyoubearymuch    11/05/2012    12 recensioni
Ho provato a mettere nero su bianco ciò che può essere accaduto dopo gli eventi dell'ultimo libro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo Secondo
Fisso l'arco con riluttanza per qualche istante. E' l'arco di mio padre. Cosa ci fa lì? Dovrebbe essere nel bosco, ben nascosto. A parte Gale e me, non c'è nessuno che sappia dove sia. Che Gale sia tornato? No, lui è nel Distretto 2 secondo quello che dice Sae la Zozza. Quindi, l'arco come ci è arrivato in casa mia? L'idea che sia stato Haymitch mi sfiora. Forse, è soltanto un pallido tentativo di riportarmi alle vecchie abitudini, di farmi andare a caccia. Se è così, sono stati tempo e fatica sprecati. Non ritornerò a cacciare. Non nell'immediato futuro. Semplicemente, non mi sento pronta. Forse, non lo sarò mai.
Mentre cammino per il Giacimento, continuo a volgere gli occhi verso il filo spinato. Cerco di trattenere l'immagine di Gale che mi passa davanti. Lo sguardo si perde tra gli alberi, che attirano la mia attenzione e non solo. Mi accorgo di essermi avvicinata, soltanto quando mancano un paio di centimetri al filo spinato. Inconsciamente, tendo l'orecchio. Non c'è elettricità, ma lo sapevo anche prima. Lo attraverso. Da quel punto in poi, ogni timore scompare. Cammino velocemente, al limite della corsa. Sorpasso alla svelta il punto in cui il mio arco era nascosto. Il trotto aumenta di intensità e finisco col correre sul serio. Intravedo il lago qualche minuto dopo. A quel punto, rallento fino a fermarmi di colpo. Entro in casa. E' così piena di ricordi che ci rimango lo stretto indispensabile, ovvero due minuti. Soltanto la necessità di controllare che, almeno lì, tutto sia com'era una volta. E lo è. Quella a essere cambiata sono io.
Mi chiamo Katniss Everdeen. Ho diciotto anni. Ne avevo sedici quando mi sono offerta volontaria per la settantaquattresima edizione degli Hunger Games. L'ho fatto per risparmiare mia sorella Prim. E, nonostante tutto, lei non c'è più. La colpa è esclusivamente mia.
Da quando lei è morta, il senso di colpa mi ha paralizzato. Più di una volta mi sono detta che se non avessi inavvertitamente sfidato le regole di Capitol City, lei sarebbe qui con me. Avrei ancora la possibilità di abbracciarla, di pettinarle i capelli biondi e dirle che prima o poi affogherò Ranuncolo. Avrei ancora la mia famiglia al mio fianco. Però, poi, mi rendo conto che così facendo, gli Hunger Games si sarebbero conclusi con un solo vincitore. Molto probabilmente sarei stata io a essere incoronata dal Presidente Snow. Non soltanto perché Peeta era messo male con la gamba. Soprattutto per la bandiera bianca che lui stesso aveva deciso di sventolare pur di farmi rimanere in vita. Pur di proteggere me, era disposto a sacrificare la sua. Lo stesso ho fatto io e una serie di scelte seguenti mi hanno condotto dove sono adesso. Una scelta tra Prim e Peeta. Allora, non lo sapevo, ovviamente. Se l'avessi saputo? Non voglio chiedermelo, perché non ho una risposta. E soprattutto non ha senso.
Solo una volta mi sono concessa il permesso di pensare come sarebbe potuta andare se non mi fossi offerta volontaria. Superato il senso di vergogna per aver condannato mia sorella senza fare nulla, ho immaginato Prim nella foresta. Conoscendola, se fossi stata uno sponsor non avrei scommesso una misera parte dei miei soldi. "Prim" e "boschi" non possono nemmeno stare nella stessa frase. Figurarsi lo stesso contesto. Avrebbe dovuto cacciare, dormire sugli alberi, patire il freddo, uccidere. Non era brava in nessuna di queste cose. Lei era una guaritrice, irrimediabilmente nata per salvare e non il contrario. Forse, si sarebbe soltanto aggiunta ai morti durante lo scontro iniziale alla Cornucopia. E io l'avrei persa comunque. Il rimorso di non aver fatto abbastanza per lei, mi avrebbe divorato alla stessa maniera. Doveva finire in questo modo, mi sono detta parecchie volte. Ma anche questo pensiero non ha nulla di consolatorio.
Esco velocemente di casa, prima che riaffiorino i ricordi dell'ultima volta che sono stata lì con Gale. Faccio per andarmene, ma l'acqua sembra invitante. Sembra che chiami il mio nome. Come nel sogno di questa notte. Mi spoglio della maglia e dei pantaloni, fino a rimanere soltanto in biancheria intima. Poi, entro in acqua e ci rimango per delle ore. O almeno, io ho l'impressione che siano passate delle ore. Nuoto, fisso il cielo primaverile. Le mani sono ricoperte da tante pieghe superficiali. Sembrano le mani di Sae.
Quando finalmente decido che è ora di ritornare a casa, è pieno pomeriggio. Ripercorro a ritroso la strada della mattina, con molta più calma. Intravedo qualche scoiattolo. L'avrei preso senz'altro se avessi portato con me l'arco e le frecce. Ora che al Distretto 12 abitiamo in pochissimi, regna il silenzio ovunque. Per questo motivo, sono sorpresa di sentire qualcuno ridere. Viene dalla casa di Haymitch. Immediatamente penso a Peeta, ma non posso esserne certa. Non l'ho mai sentito ridere. Qualche sorriso di tanto in tanto, ma mai una risata divertita e spensierata come quella che sento adesso. Eppure, può essere soltanto lui. Accelerò il passo, ben attenta a non fare rumore. Non voglio che mi sentano, non voglio incontrare Peeta.
Mi chiudo in casa. Scivolo sul pavimento e rimango lì seduta fino a quando dei colpi alla porta mi costringono ad alzarmi. In un certo senso sapevo che sarebbero giunti. Spero non sia Peeta. Tiro un sospiro di sollievo quando vedo Haymitch.
"Non dirmi che ti aspettavi qualcun altro" dice lui, entrando in casa senza fare complimenti. Ignoro del tutto la malizia con cui l'ha detto e chiudo la porta. "Sae vuole che ceniamo tutti insieme questa sera" va dritto al sodo, accomodandosi in una sedia.
"Lo vuole lei o tu?" chiedo. Qualcosa mi dice che c'è dell'altro sotto.
Haymitch scocca un mezzo sorriso nella mia direzione. "Lei, dolcezza. E Peeta" aggiunge. Fa una piccola pausa, ancora una volta per osservare la mia reazione. Anche questa volta, non assiste a nulla di interessante. Non mi sforzo nemmeno di alzare un sopracciglio. "Mi ha detto di dirti che ci è rimasto male per la tua assenza alla stazione questa mattina, ma non vede l'ora di vederti"
Il sopracciglio adesso si solleva di sua spontanea volontà. "Bugiardo". Non credo nemmeno a una parola di ciò che ha detto.
"E va bene, non l'ha detto" ammette, immediatamente. "Ma che importa? Lui vuole vedere te e tu vuoi vedere lui"
Scuoto la testa. Sembra molto convinto delle sue parole.  Non so se valgono per Peeta. Ma per me non sono neanche lontanamente vicine alla verità. "L'unica cosa che voglio è restare sola" confesso, addio ai preamboli. "Sai dov'è la porta" concludo, con un gesto distratto della mano. Gli do le spalle e faccio per allontanarmi. La discussione è andata avanti anche troppo.
Haymitch mi richiama. "Katniss!" Sembra più un rimprovero. "Cosa direbbe Effie se ti sentisse?"
Sbuffo. "Dico sul serio, Haymitch. Sono stanca"
"Non cacciavi da molto" dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Indica l'arco e le frecce.
Quindi, avevo ragione. E' stato lui a riprendere il mio arco. Come e perché sono un mistero. Ma, al momento, non mi interessano nessuno dei due. "Non sono andata a caccia" lo informo. "E di certo non ricomincerò perché sei tu a chiedermelo" ci tengo a precisare. Semmai dovessi andare di nuovo a caccia, lo farei perché me lo sento. Non intendo sottostare ancora ad altre regole. Non dopo tutto quello che è successo. Farò esclusivamente ciò che mi va di fare.
Haymitch sembra confuso. "Sai come lusingare le persone, non c'è che dire". Alzo gli occhi al cielo. "Ma non so di cosa stai parlando"
Questa volta sono io a osservare bene lui. Sembra abbastanza sincero. E, comunque, Haymitch mi avrebbe detto chiaramente di darmi una mossa. Non sono più nell'arena e lui non è il mio mentore. Può parlare tranquillamente qui. "Non sei stato tu a lasciarli?" chiedo ugualmente, puntando il dito indice contro le armi di mio padre.
Haymitch mi guarda come se fossi impazzita. "Quante bottiglie di liquore hai conservato?" O ubriaca.
Quindi se non è stato lui, chi? Sae la Zozza è da escludere senza nemmeno pensarci. E' troppo vecchia per andarsene in giro nei boschi alla ricerca di armi. La nipote, pur essendo giovane, non sembra in grado di farlo lo stesso. Peeta è arrivato soltanto oggi e comunque lui non sa nemmeno che l'attrezzatura per la caccia la tengo nascosta tra gli alberi. L'unico che sarebbe in grado di farlo è a dieci distretti di distanza. Perché Gale è ancora nel Distretto 2, no? A questo punto, non mi stupirebbe se anche lui avesse deciso di ritornare. Tuttavia, lasciare regalini non è esattamente lo stile di Gale. Se fosse tornato realmente, mi avrebbe cercato e detto chiaramente di andare a caccia.
La voce di Haymitch mi fa ritornare alla realtà. "Ci vediamo dopo" dice, quando è già alla porta d'ingresso.
"Non verrò" urlo, ma lui è già fuori.
Probabilmente, Haymitch spera che all'ultimo minuto cambi idea. Perché verso l'ora di cena, non vedo arrivare Sae la Zozza e la nipote a farmi da mangiare. E' lei che si occupa della maggior parte dei miei pasti adesso. Non che avessi bisogno di qualcuno per farlo. Anzi, appena ritornata al Distretto non sentivo nemmeno l'esigenza di mangiare. Haymitch se ne è accorto immediatamente, e ha insistito perché Sae mi facesse da balia. Lei ne è stata contenta. Credo. Non ha mai mostrato segni di noia o pentimento. Non è difficile da credere, comunque. Quando gli abitanti di un posto si possono contare sulle dita di una sola mano, penso che ci si accontenti di qualsiasi cosa pur di passare il tempo. Eppure, questa sera Sae non si vede da nessuna parte. Sarà sicuramente perché pensa che andrò a casa di Haymitch per la cena collettiva. Che bisogno c'è di venire a casa mia, quando dobbiamo cenare tutti lì?
Non dispero. Mi accontenterò del poco che ho in casa. Poco, tuttavia, è la parola esatta per descrivere la quantità esatta che mi è rimasta. Rasenta il niente, a essere sincera. Una misera porzione di bacon, che avevo messo da parte questa mattina per Ranuncolo. Quando porto il piatto in tavola, lui mi guarda famelico. "Possibile che hai sempre fame?" gli chiedo, con una lieve nota di nervosismo. Non riesco a mettere in bocca nemmeno un pezzo. Non con quel gatto malefico che scruta ogni mio movimento, quasi come se stesse aspettando il momento adatto per balzare e strapparmelo di mano. Alla fine, gli cedo il piatto. Lo metto su una credenza bella alta, però.
Faccio per andare in camera, quando bussano alla porta. Non può essere Sae. Le ho detto entrare direttamente, senza bussare, e lei ha messo in atto le mie parole fin da subito. Anche Haymitch spesso non annuncia la sua presenza, sebbene a lui non gli abbia concesso niente del genere. Prima, nel pomeriggio, ha bussato però. Vado ad aprire. Non mi sorprende affatto ritrovarmi davanti a una bottiglia di vino rosso e al proprietario della mano che la stringe possessivamente. Ciò che invece mi lascia di sasso è la persona alle sue spalle. Peeta. Le cure del Dr. Aurelius gli hanno fatto davvero bene. Almeno fisicamente, sembra lo stesso ragazzo che ho conosciuto due anni fa. Un po' magro, forse. Ovviamente, porta addosso i segni incancellabili di ciò che ha dovuto subire durante entrambi gli Hunger Games e il periodo di prigionia. L'ennesima ondata di senso di colpevolezza mi assale. E' a causa delle mie azioni se si ritrova senza famiglia. E' a causa mia se è stato torturato per ordine di Snow. Se non avessero portato via me dall'arena, lui sarebbe stato al sicuro nel Distretto 13. Ma io ero la Ghiandaia Imitatrice. Quella da salvare per continuare la rivoluzione. Un'assassina. Quella che non si è fatta scrupoli ad uccidere all'interno dell'arena. Mi ritornano in mente le parole di Haymitch. Potresti vivere cento vite e ancora non lo meriteresti, lo sai? Inutile dire che aveva ragione.
Evito con cura di alzare lo sguardo in direzione di Peeta. Mi concentro su Haymitch.
"Penso di essere stata chiara prima" dico, il tono duro. Per una strana ragione, non ripeto le parole che usato nel pomeriggio.
"Sono abbastanza sicuro tu abbia detto che non saresti venuta". Lo fa gentilmente Haymitch al posto mio. "Ecco perché siamo venuti noi" dice lui, compiaciuto.
Mi viene voglia di prenderlo a schiaffi pur di levargli quel sorrisetto soddisfatto dalle labbra. "Ho anche precisato che volevo restare da sola" gli ricordo, tenendo il braccio ben teso contro lo stipite della porta, mentre con una mano tengo aperta quella.
Haymitch scrolla le spalle. "Ormai siamo qui" conclude semplicemente. Con la mano libera dalla bottiglia di vino, solleva il mio braccio di quel tanto che basta per permettergli di passare.
Non oppongo resistenza. Tanto sarebbe inutile. Mi allontano dalla porta quando viene il turno di Peeta di entrare e lascio che sia lui a chiuderla. Pochi istanti dopo arrivano anche Sae la Zozza e la nipote. Con piacere scopro che hanno portato cibo già pronto. Quindi, ci sediamo tutti intorno al tavolo. Abilmente riesco a sedermi nel posto più lontano da Peeta. Alla mia sinistra ho la nipote di Sae, Emil, e a destra, al lato adiacente del tavolo, c'è Sae. Davanti ho Haymitch. Da dove sono, potrei incontrare lo sguardo di Peeta solo volendolo. E non lo voglio.
Mangiamo in silenzio per un po'. Se avessi cenato con Ranuncolo, ci sarebbe stato più dialogo. La cosa mi infastidisce. Visto che Haymitch si è preso il disturbo di abbandonare casa sua e ricoprire la distanza pari a una ventina di passi tra le nostre abitazioni solo per passare la serata insieme, un pizzico di spirito di iniziativa è richiesto. Cenare con noi o da solo, non sarebbe stato poi differente. Forse, è stata davvero un'idea di Sae. Ma anche lei non ha aperto bocca. Finora.
"Allora, Peeta" comincia, come se stesse riprendendo una discussione iniziata in precedenza. "Cosa hai fatto oggi?"
Il tintinnio del cucchiaio contro la scodella, mi lascia intendere che Peeta ha smesso di mangiare. "Ho messo le mie cose a posto e... - fa una breve pausa, in cui mi viene voglia di guardarlo in viso - ho dipinto" spiega. Sembra in difficoltà.
"Cosa?" domanda questa volta Emil. 
A quel punto, non ho bisogno di alzare lo sguardo per capire che Peeta sta guardando me. "Non è ancora finito"
Non è la risposta alla domanda. Forse, ritiene che non sia appropriato dire il soggetto del suo disegno. Ciò mi fa pensare che potrei essere io. Mi ritrovo ad arrossire, così affondo la testa nella scodella. Eppure non sarebbe la prima volta che dipinge me. Sul treno che ci avrebbe scarrozzato in giro per i vari distretti, me ne aveva mostrati alcuni. Allora, però, le cose erano differenti. Paradossalmente, più semplici.
" E tu, Katniss?" mi chiede Sae, destandomi dai miei pensieri.
Avrei preferito aspettare ancora un po' prima di alzare la testa. Non sono del tutto sicura che il rossore sia scomparso. "Sono andata nel bosco" dico con un filo di voce. Ho sentito a stento la mia stessa voce.
Sae, però, non ha avuto alcun problema di udito. "Quindi, ho fatto bene a portarti l'arco questa mattina" dice, con un sorriso compiaciuto quanto quello di Haymitch appena arrivato. Nel suo riconosco anche dolcezza e contentezza.
Il senso delle parole mi arrivano in ritardo. "Sei stata tu? Quando? Come?" Per quanto mi sforzi e cerchi di superare i limiti della mia fantasia, non riesco a proprio immaginare la vecchia Sae in giro per il bosco.
"Non penserai mica che li ho recuperati io" chiede, retorica. "Ho chiesto a Thom di prenderli per me"
"Thom non poteva sapere dove erano nascosti" le faccio notare. Mentre aspetto una risposta, avverto qualcosa allo stomaco. Non capisco subito di cosa si tratti, poi mi diventa chiaro. Speranza. Spero che Gale sia tornato. Non dovrebbe essere così perché non ho bisogno di lui. Ma è una sensazione che non riesco a placare. Temo all'idea di pensare anche a un eventuale ritorno, per non illudermi inutilmente. Mi rendo conto solo adesso che, per quanto la morte di Prim è collegata a Gale, mi manca il mio migliore amico. Terribilmente.
Dopo aver mandato giù una bella cucchiaiata di stufato, Sae si affretta a spiegare. "E' riuscito a mettersi in contatto con Gale e lui gli ha detto dove cercare". Sebbene abbia bloccato qualsiasi pensiero, sono ugualmente delusa. "Dice che ha trovato un buon lavoro al Distretto 2"
  
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