Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: Evazick    11/05/2012    1 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XII. C’è una tempesta in arrivo, la senti l’elettricità?
 

 


I colpi alla porta la riportarono bruscamente alla realtà, facendola sobbalzare e alzare la testa di scatto.
“Lena, sei qui dentro?” La ragazza trattenne il respiro quando sentì la voce di Alois e fece un passo indietro, ma con il braccio sfiorò per sbaglio una bottiglia di vetro che si trovava sul lavandino, rischiando di farla cadere. La afferrò al volo prima che si schiantasse sul pavimento, mandando a monte il suo tentativo di fare silenzio. Il ragazzo sentì quel baccano e continuò: “Ti senti bene? Dev’essere più di mezz’ora che sei richiusa qua dentro.”
Soltanto mezz’ora? pensò lei stupefatta. Le sembrava di essere rimasta a testa bassa per ore, mentre la scena di poco prima continuava a vorticarle nel cervello come una trottola impazzita. Ormai era stata scoperta e non c’era più alcun motivo di rimanere in silenzio, tanto valeva rispondergli. Deglutì e disse: “Non mi sono sentita molto bene stanotte.”
La voce attutita al di là della porta mormorò qualcosa come ‘Oh, capisco’, poi il pomello iniziò a muoversi, scosso da una mano dall’altra parte. Lena fece ancora un passo indietro, spaventata: non voleva vedere Alois in quel momento, non dopo aver assistito a quella scena. Il ricordo di tutto quel sangue le fece salire in gola un nuovo conato, ma riuscì a trattenerlo e a ributtarlo giù con un grande sforzo mentre il biondo continuava: “Stai così male da esserti chiusa a chiave dentro?” Rise senza alcuna traccia di cattiveria. “Avanti, apri, abbiamo un sacco di cose da fare!”
Lei esitò per un attimo, poi decise di assecondarlo e di affrontarlo una volta per tutte: non poteva continuare a nascondersi dietro un pezzo di legno per tutto il giorno, prima o poi sarebbe dovuta uscire e guardarlo di nuovo negli occhi. Si avvicinò alla porta con passi tremanti e fece girare la chiave un paio di volte nella serratura. Prima di afferrare il pomello fece un respiro profondo e poi spalancò la porta, ritrovandosi davanti la solita espressione felice di Alois e il suo sorriso di sempre sulle labbra. Non c’era più alcuna traccia di pazzia nei suoi occhi, solo splendente luce azzurra. La ragazza abbassò lo sguardo sulle sue dita e fu sollevata quando non vide più alcuna traccia di sangue sulla sua pelle, ma rimase ancora una volta scioccata davanti ai suoi repentini cambi d’umore.
“Sicura di sentirti bene? Sei pallida come un fantasma!” esclamò il ragazzo, continuando a sorridere.
Annuì, non più del tutto sicura che assecondarlo fosse la cosa giusta da fare. Ma non ebbe tempo per ripensarci, perché lui la afferrò per il polso e si diresse in direzione verso la fine del corridoio senza mai smettere di parlare. Raccontava cose e aneddoti così velocemente che lei riuscì a capirne a malapena la metà e, non trovandovi alcun nesso logico, lo interruppe chiedendogli: “Non dovresti avere da fare a quest’ora?”
Lui le rispose senza nemmeno voltarsi. “Non oggi. Abbiamo ospiti a pranzo, non posso perdere tempo con le lezioni o cose del genere.”
“Aspetta un attimo!” Si fermarono entrambi e il ragazzo si voltò verso un’alquanto scioccata Lena. “Hai appena detto ‘ospiti’?” gli chiese lei, incapace di credere alle proprie parole.
L’espressione di Alois rimase impassibile, poi un sorriso gli si dipinse sulle labbra. “Niente di cui tu ti debba preoccupare. Devo solo finire di sistemare quella faccenda per cui siamo andati alla cattedrale, ricordi?”
Sì, aveva dei vaghi ricordi di quella tremenda giornata, soprattutto della parte in cui erano scappati nel bosco per nascondersi da un pazzo armato. Ironia a parte, ricordava perfettamente la rabbia e le parole che il ragazzo aveva pronunciato mentre uscivano dalla cattedrale, e la sua curiosità era rimasta vivida come quel giorno. Fu sul punto di chiedergli chiarimenti, ma l’istinto la fermò e le suggerì di aspettare che fosse lui a vuotare il sacco; forse avrebbe dovuto aspettare a lungo, ma era sempre meglio di affrontare il suo comportamento imprevedibile. Fece un cenno d’assenso con la testa e lasciò che il biondo la trascinasse verso la stanza in cui si trovava il suo armadio. Quando entrarono dentro sul letto era già disteso un vestito dello stesso blu della sua collana con corte maniche a sbuffo. Il gioiello, forse sentendosi chiamato in causa, lanciò un bagliore da sotto la camicia da notte, ma fu talmente rapido che nessuno dei due ragazzi se ne accorse. “I nostri ospiti non arriveranno prima di mezzogiorno, abbiamo tutto il tempo per prepararti,” disse Alois mentre si dirigeva a passo sicuro verso il letto e sollevava il vestito in alto, facendo rilucere la stoffa lucida alla luce che proveniva dalla finestra.
Prepararmi? “Cosa vorresti dire?” gli chiese, temendo in parte la risposta.
Lui si voltò sorridente verso di lei. “Dai, spogliati, ti do una mano a mettertelo.”
Un campanello d’allarme le risuonò nella sua testa e le guance le si colorarono di un rosso acceso in contrasto con la pelle pallida. Fece un passo indietro verso la porta ancora aperta e disse la prima scusa che le venne in mente al momento dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio sulla mensola del caminetto. “M-Ma sono solo le nove e mezza, è prestissimo!”
“Perfetto, così avremo tutto il tempo di rimediare se qualcosa andrà storto.” Si diresse verso la porta col vestito su una spalla e la chiuse, tirando poi un lembo della manica della camicia da notte della ragazza. “Forza, prima iniziamo e prima finiamo.”
Avrebbe potuto dirgli di no. Avrebbe potuto rifiutarsi con tutte le sue forze, mettersi a urlare, cercare di scappare dalla stanza. Avrebbe potuto fare mille cose, se solo ne avesse avuto il coraggio. Invece l’unica cosa che riuscì a fare fu mormorare come ultima timida difesa: “Di solito mi dà una mano Hannah con i vestiti.”
Nel sentire quel nome gli occhi di Alois non risplendettero di alcuna luce particolare, come se lui si fosse già dimenticato quello che era successo nel salottino. “Al momento ha altre cose da fare, non ce la farebbe ad occuparsi anche di te. Non ti fidi di me?” concluse ridendo.
Non avrebbe potuto farle una domanda più difficile. Era la stessa che lei si era fatta più di una volta, quando si chiedeva se valeva davvero la pena dare fiducia a quello strano ragazzo lunatico a cui doveva la vita, e ogni volta la risposta era sempre la stessa, nonostante tutto. Annuì lentamente e poi, velocemente per farlo essere meno indolore, si tolse la camicia da notte, rimanendo solo in mutande. Si sentiva indifesa e senza alcuna protezione, tuttavia rimase a testa alta e con l’espressione più naturale che aveva, come se per lei non fosse alcun problema essere quasi completamente nuda davanti ad Alois. Lui non fece una piega, lasciandosi sfuggire solo un’occhiata e un sorriso più maliziosi del solito, poi i due si avvicinarono allo specchio e iniziarono a darsi da fare.
All’inizio tutto procedette abbastanza bene – per quanto le cose potessero andare bene con un maschio impegnato in un lavoro femminile – ma i problemi vennero fuori solo al momento di allacciare il corsetto. Il ragazzo era un totale imbranato con i fili per chiuderlo, e ogni volta che li tirava per stringerlo rimaneva stupito quando Lena gli diceva di stringerlo ancora di più. Glielo disse quattro o cinque volte, poi lui si fermò ed esclamò: “Sei sicura che debba essere ancora più stretto? Sembra che tu stia per soffocare!”
“Sto bene,” mormorò lei, mentendo solo in parte. L’aria non era un problema, ormai aveva imparato a respirare con i polmoni strizzati come due spugne, ma i conati non le erano passati ancora del tutto, e quel maledetto corsetto non l’aiutava certo a sentirsi meglio. Gemette senza farsi sentire da Alois e continuò: “Ancora un poco.”
La tirata successiva le tolse definitivamente la poca aria che le era rimasta nei polmoni. Annaspò in cerca di ossigeno e tossì un paio di volte, sentendosi rinchiusa in un busto di ferro troppo stretto per lei. Crollò in ginocchio cercando di respirare, e il ragazzo si affrettò ad inginocchiarsi accanto a lei e ad allentare il corsetto. Tanto bastò a farla sentire un poco meglio, e riuscì di nuovo a respirare senza sentire dei pugnali che le si conficcavano nel petto. Ringraziò a bassa voce il suo salvatore e fece per alzarsi di nuovo in piedi, ma lui le sfiorò con un dito uno dei lividi sul suo braccio destro, facendole provare un brivido di dolore. “Dovresti fare qualcosa per questi lividi, potrebbero peggiorare se non li curi,” le sussurrò all’orecchio, e nella sua voce c’era il ricordo di quella sera nella stanza da bagno. La ragazza rabbrividì e fece per dirgli qualcosa, qualunque cosa, ma in quel momento la porta si spalancò e Hannah entrò, chiamata dai rumori e dalle voci che provenivano dalla stanza o forse avvertita dal suo sesto senso. Osservò i due ragazzi inginocchiati sul pavimento senza fare una piega, ma ebbe un lieve sussulto quando vide Alois. Lena si voltò verso di lei in quel momento e notò con un brivido la fascia che le copriva l’occhio sinistro e scompariva sotto le ciocche argentate, così simile a quella che lei aveva sulla sua guancia. Il conte si voltò e lanciò uno sguardo pieno d’odio e rabbia alla donna, e le sue labbra si contrassero in una smorfia. Si alzò in piedi di scatto, la sua allegria già scomparsa nel nulla, e si diresse verso la porta, dando una spinta alla cameriera per uscire dalla stanza. I suoi passi risuonarono con un’eco pesante nel corridoio deserto, e solo quando furono scomparsi nel nulla Hannah si diresse verso la ragazza ancora inginocchiata sul pavimento. Le diede una mano ad alzarsi in piedi e la mise di nuovo davanti allo specchio, finendo poi di stringerle il corsetto con gesti abili che non avevano niente a che vedere con quelli più imbranati e meno delicati del biondo. Lena approfittò dello sguardo basso della donna per lanciare un’altra occhiata senza farsi vedere alla benda sul suo volto, e rabbrividì al ricordo delle dita di Alois e del pavimento macchiati di sangue. Si chiese come facesse lei a rimanere sempre così nonostante tutto quello che le succedeva, sempre in silenzio, sempre a testa bassa, senza mai esprimere all’esterno un’emozione differente da quella tristezza perenne. Non la conosceva per niente, ma non poteva fare a meno di provare qualcosa per lei, l’unica altra persona con cui riusciva a trovarsi a suo agio. Forse fu quella specie di affetto – se così si poteva chiamare – a farle dire in un sussurro quasi inudibile rivolto verso i loro riflessi: “Mi dispiace.”
Hannah si stupì nel sentire quelle parole e si fermò, e nei suoi occhi si accese una scintilla di sorpresa. Si costrinse a riprendersi in fretta e tornò a sistemare il corsetto, ma le sue mani erano scosse da lievi tremiti. Era passato molto tempo da quando un altro essere umano le aveva rivolto una frase così gentile e innocente; ricordava ancora l’espressione serena di quei due occhi castani e il ‘Grazie’ che Luka Macken le aveva mormorato con le ultime forze in punto di morte. Lui e Lena non si conoscevano e non si sarebbero mai potuti incontrare, ma negli occhi verdi di lei il demone vedeva la stessa scintilla che un tempo aveva brillato negli occhi del bambino, una luce di pura innocenza e sincerità. Non sapeva se dipendesse dalla sua perdita di memoria o dalla sua vera natura, ma era qualcosa che avrebbe portato sempre con sé, perfino nell’ora più buia, e che neppure quello che stava per iniziare avrebbe cancellato. L’espressione del suo viso rimase imperturbabile, ma dentro di sé Hannah abbozzò un sorriso amaro. Non dovete preoccuparvi per me, signorina, ci sono cose ben più peggiori di un occhio e del sangue.
 

***

 
Contrariamente a quanto si aspettava da sé stessa, Lena riuscì a resistere per tutto il pomeriggio, sorridendo quando doveva e rispondendo debitamente alle domande che le venivano fatte, anche se non vedeva l’ora che tutto tornasse alla normalità. Gli ospiti, i primi altri esseri umani che arrivavano alla villa dopo di lei, arrivarono in carrozza a mezzogiorno spaccato, e insieme al prete della cattedrale c’erano altri due uomini: uno di loro, il più robusto, si presentò come lo zio di Alois e l’altro, con due occhi azzurri e lunghi capelli biondi, disse di essere il visconte Druitt, un tipo persino più schizofrenico del padrone di casa, cosa che la ragazza riteneva impossibile. Tuttavia tenne eventuali commenti per sé, sicura che prima o poi Alois le avrebbe chiesto qualcosa, e fece del suo meglio per cercare di sopravvivere a quella giornata. Perfino il pranzo filò liscio, con suo grande sollievo, e l’unico momento in cui temette il peggio fu quando le chiesero come mai si trovasse ospite in quella villa. Venne assalita dai sudori freddi, ma Alois la salvò dicendo semplicemente: “Ha perso i suoi genitori una settimana fa e ha chiesto se poteva rimanere qui qualche tempo, niente di più.” Le diede un calcio leggero da sotto il tavolo, e lei si affrettò ad annuire sotto lo sguardo estasiato del visconte.
Si era aspettata che qualcuno parlasse davanti a tutti della ‘faccenda’ da risolvere così da poter capire cosa fosse veramente, ma tutti ne accennarono poco o niente, limitandosi a sottintendere altre frasi sotto le loro parole e a lanciarsi occhiate da un capo all’altro del tavolo, lasciandola più confusa che mai. Continuò a non capire niente per il resto del pomeriggio, anche se non lo diede mai a vedere, e capì ancora meno quando, dopo aver accompagnato gli ospiti alla porta, Alois l’afferrò per un polso e la trascinò al piano di sopra, correndo lungo il corridoio a una velocità impensabile per gli stivali che indossava. Lena provò a chiedergli un paio di volte dove stessero andando, ma lui non le rispose e si limitò a portarla in camera sua. Era diversa dall’ultima volta che c’era stata: la portafinestra era spalancata, facendo entrare il vento della sera appena scesa che scuoteva le tende, e sul letto c’erano una risma di fogli scritti fittamente e timbrati. Il ragazzo rise, pregustandosi il divertimento in anticipo, poi afferrò parte della risma e la diede alla sua ospite, afferrando la parte rimasta e dirigendosi sul balcone. Lei lo seguì, si mise al suo fianco senza capire bene cosa fare e lanciò un’occhiata alla parte di giardino sterrata, dove la carrozza si stava preparando a tornare a Londra o dovunque fosse diretta; lo zio di Alois era ancora là, e stava osservando la villa con disprezzo, un sentimento che lei non gli aveva mai visto in faccia durante tutta la giornata.
“Guardalo, quello schifoso che si sente il padrone di casa mia,” le disse il ragazzo, lasciandosi scappare una risata subito dopo. “Adesso sì che ci divertiamo. Ehi, zio Arnold!” urlò, facendo alzare lo sguardo dell’uomo verso il balcone. Rise ancora e iniziò a lanciare i fogli che teneva in mano di sotto, e Lena li osservò svolazzare come foglie morte nell’aria buia.
“Avanti, prendi pure tutta questa roba, a me non serve!” Alois afferrò la risma che la ragazza teneva in mano e gettò di sotto anche quella, continuando a ridere istericamente mentre osservava l’uomo che cercava di raccoglierli avidamente. Stava continuando a ridere persino quando si voltò verso di lei e le disse: “Guardalo, Lena, sembra che balli! Non è divertente?”
Osservò meglio la scena e si lasciò sfuggire involontariamente una risata: aveva ragione, per quanto potesse sembrare crudele per certi versi era davvero divertente vederlo affaccendarsi per raccogliere pezzi di carta senza valore. Risero insieme finchè la carrozza non fu uscita dalla villa e scomparsa nel buio, poi Lena sentì qualcosa di piccolo bagnarle il naso all’improvviso. Smise di ridere e alzò lo sguardo verso il cielo, nero e grigio non più solo per la sera, ma anche per le nubi scure che si stavano ammassando all’orizzonte e avanzavano verso di loro velocemente. Nell’oscurità ci fu una luce improvvisa, poi un brontolio sommesso di tuono. “Sta arrivando una tempesta,” mormorò, affascinata dalle nuvole piene di pioggia.
Ma quella non sarebbe stata l’unica tempesta in arrivo nel suo rifugio.
 

***

 
La tempesta naturale arrivò a Trancy Manor mentre Alois e Lena stavano cenando in sala da pranzo. Un fulmine entrò con prepotenza nella stanza attraverso le finestre, e la sua luce fece apparire quella delle candele una copia pallida di quel fuoco veloce. Poco dopo la pioggia iniziò a cadere, ticchettando contro i vetri con un ritmo diseguale e ipnotico che fece sbadigliare la ragazza come se non dormisse da giorni. L’altro la guardò e rise senza traccia di scherno, facendo qualche battuta sulla sua stanchezza senza volerla stuzzicare sul serio. Lei si limitò a sorridergli, accarezzando e infine accettando l’idea di andare a letto non appena fosse uscita dalla sala. Si congedò dal ragazzo e tornò al piano di sopra insieme a Hannah, che le diede una mano a svestirsi e a mettersi la camicia da notte prima di tornarsene al pianterreno. Lena aspettò che i suoi passi fossero svaniti, poi tirò fuori da sotto il materasso il suo quaderno e ci scrisse sopra qualche appunto sulla giornata appena passata e sulla festa della sera prima. Pensava di nasconderlo nuovamente sotto il materasso, ma si addormentò sul tavolino alla fine di una frase e non sentì i colpi al portone e i movimenti al piano di sotto quando, quasi nel bel mezzo della notte, arrivò uno strano visitatore che portava con sé una tempesta di ben altro tipo.
Dormì profondamente per un paio d’ore che le sembrarono una manciata di minuti, e si svegliò di colpo quando ci furono dei rumori improvvisi da qualche parte della villa. Alzò di scatto il busto e drizzò le orecchie per cercare di sentire altri rumori, e improvvisamente ci furono altri rumori, passi e la voce di Alois che urlava: “Prendilo, Claude! Prendilo, ma non ucciderlo!
Lena si alzò di scatto in piedi, allarmata da quelle parole, e spalancò la porta della camera giusto in tempo per vedere due figure nere saettarle davanti così velocemente che quasi si convinse di essersele sognate. Quando furono scomparse uscì nel corridoio e iniziò a correre verso la scalinata per cercare di capire cosa stava succedendo, e fu in quel momento che notò la figura nera in piedi sopra il lampadario e con una valigia in mano. Sto sognando? si chiese incredula, ma fu sicura di essere sveglia non appena la figura disse, rivolta a qualcuno più in basso: “Ora, lascia che affoghi l’oro… nel nero.”
Le candele nel corridoio e del lampadario si spensero tutte insieme contemporaneamente, e così fu per il resto delle luci nella villa. La ragazza si fermò a metà del corridoio e raggelò quando sentì l’urlo di Alois; avrebbe voluto raggiungerlo, ma aveva paura di cascare dalle scale con tutto quel buio. Poco dopo, per fortuna, qualcuno accese delle candele al piano di sotto, anche se la loro luce non riusciva ad illuminare anche il corridoio del piano superiore. Lena sospirò di sollievo e fece per scendere al pianterreno, ma il rumore di una finestra infranta la bloccò di nuovo in mezzo al corridoio, lasciandola confusa e con una scarica di adrenalina in corpo. Sentì Alois gridare altri ordini con la voce spaventata ma autoritaria, lo sentì invocare Claude di non abbandonarlo, di restare con lui, di non lasciarlo da solo. Aveva una voce talmente implorante e rotta che la ragazza quasi si rifiutò di credere che fosse la sua, perché mai si sarebbe immaginata di vedere Alois Trancy piangere. La voce del maggiordomo rispose a quella del suo danna-sama con parole che lei non riuscì a capire, ma comprese subito che lei non avrebbe migliorato la situazione scendendo, perché il ragazzo non aveva bisogno di lei. Tentennò per un attimo, incerta sul da farsi, poi si voltò e tornò a tentoni in camera sua, nascondendo il quaderno sotto il materasso prima di infilarsi sotto le coperte e cercare di dormire. Si rigirò dentro il letto per qualche minuto, piena di mille altre domande, poi finalmente riuscì ad addormentarsi.
Quella notte i suoi incubi la lasciarono in pace, facendole sognare soltanto stormi di corvi.

















Capitolo di passaggio più corto del solito, perdonatemi, sono le undici e mezzo e domattina ho scuola. Perchè non posso dormire? ç^ç
MadLucy: certo che ti esprimi in maniera esauriente, le tue recensioni sono quelle di cui mi fido di più ^-^ Ciel entrerà in scena tra un paio di capitoli, e ad essere sincera non vedo l'ora di scrivere quella scena. Ci sarà Sebastian. SOPRATTUTTO Sebastian.
BeaLovesOscarinobello: sono davvero contenta che questi ultimi due capitoli ti siano piaciuti :D "quella stupenda scena con cui è stato apero l'anime e che ci voleva far odiare Alois a tutti i costi..." In effetti la mia prima reazione è stata un pò disgustata, se fossi una persona di stomaco facile avrei vomitato persino io D:

xoxo
Eva
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Evazick