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Autore: Flaren_    12/05/2012    5 recensioni
Una ragazza come tante altre, sognatrice, timida e romantica.
Un ragazzo inglese, più studente che professore, sicuro di sè, e senza un problema al mondo, ma con un segreto che si porta dietro da anni.
Cosa succederà a Ronnie quando Lucas, un misterioso ragazzo neolaureato, diventerà il suo professore di Letteratura?
L'amore per Shakespeare, per Oxford e un Liceo Classico di Roma sono le uniche cose che li legano, ma che riusciranno ad intrecciare i loro destini in un modo inimmaginabile, forse. O forse no.
Tra aforismi, tulipani olandesi e segreti mai svelati, può sbocciare l'amore tra un professore e una studentessa?
{Believe significa "credi". Credi in te stesso, credi nel Destino, credi nell'Amore. Credi in quello che vuoi, ma non smettere mai di farlo, perchè se non credi in niente... il niente è tutto quello che avrai. }
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13: Mi fido di te


 

Lucas POV

Dlin Dlon.
Una signora sulla cinquantina, un po’ attempata, mi aprì la porta.
« Sì? »
« Sono il professore di Ronnie, vorrei parlare con la signora. » annunciai, con un sorriso sapiente.
Lei, sorprendendomi, alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
« Ha sbagliato indirizzo. »
« Ma … sul campanello c’è scritto Diamante. » protestai, testardo, certo che non volesse farmi incontrare la signora.
Lei alzò nuovamente gli occhi al cielo.
« Sì, ma i Diamante che cerca lei vivono nel palazzo di fronte. » mi spiegò, acida, indicandomelo con un dito attraverso la grande finestra che avevo alle spalle.
Arrossii. « Oh, mi scusi. »
« Tanto ormai siamo abituati. » bofonchiò lei, chiudendomi la porta in faccia senza tanti complimenti.
Bella figura, bravo, Lucas.
Scesi al piano terra e mi diressi al palazzo che la signora mi aveva indicato, e notai che anche lì c’era un Diamante.
Salii fino all’ultimo piano, presi un bel respiro e suonai.
Dlin Dlon.
La scena sembrava quasi uguale, se non che mi aprì una signora più giovane, un po’ rotondetta e con un sorriso gentile, che mi ricordò la signora Hopkins, e mi mise a mio agio.
« Desidera? »
« Salve, sono il professore di Ronnie, e dovrei incontrare la signora Diamante. » la informai, con un sorriso.
Lei annuì, e mi fece strada. « Prego, entri pure. La signora la sta aspettando? »
« Le ho fatto inviare un messaggio attraverso la scuola, quindi penso di sì. »
« Benissimo. »
Mi guidò per la casa – attraverso una porta aperta intravidi il salotto dove avevo chiesto scusa a Ronnie -, e infine si fermò davanti a una porta chiusa.
Bussò tre volte, e senza attendere la risposta entrò, facendomi segno di seguirla.
Quella che presumevo fosse la madre di Ronnie era seduta a una scrivania, e stava scrivendo qualcosa al computer.
« Signora, è arrivato il professore di Ronnie. »
Lei si voltò, sistemandosi gli occhiali sul naso, e sorrise. « Certamente. Grazie, Rosa. »
L’altra sorrise e si dileguò.
« Prego, spostiamoci in salotto. » m’invitò, mentre finiva quello che stava facendo. Percorremmo un lungo corridoio, e infine mi portò in quella stanza. Con un nodo allo stomaco notai che i miei fiori, quelli che avevo regalato a Ronnie, erano in bella vista dentro un raffinato vaso di cristallo.
Riscuotendomi dai miei pensieri, mi sedetti in fretta, e poco dopo lei m’imitò.
« Allora, aveva detto che voleva vedermi. »
« Può benissimo darmi del tu, signora. »
Lei rise, affabile. « Va bene, allora. Di cosa volevi parlarmi? »
Esitai un attimo, indeciso, ma alla fine optai per la verità. « Ronnie mi ha detto che lei voleva conoscermi, che aveva …» esitai un attimo, ma poi presi un respiro e finii la frase. « …delle domande per me. »
 
Ronnie POV
 
Guardai nervosamente il mio orologio, come ormai facevo da almeno un’ora. Chissà dov’erano quei due! Cercavo di negarlo, ma ero preoccupata.
Gelato, Nutella, Palestra o Televisione?, pensai, cercando il modo migliore per rilassarmi. Definitivo, gelato, Nutella e televisione. Che la palestra andasse a quel paese.
Con in mano una vaschetta di gelato e il mio caro barattolo di Nutella, aprii la porta del salone – dove c’era la tv più grande -, ma mi ritrovai davanti … Lucas, che rideva, allegro, con … mia madre?
Sbarrai gli occhi, certa di essermi persa qualcosa.
« Oh, ciao, Ronnie. Hai visto chi c’è? » mi salutò la mamma, giuliva.
« Ehm, già. » balbettai, rossa in viso, constatando in quel momento di avere una tuta oscena da bambina di prima elementare.
« Tranquilla, non ho parlato a tua madre dei pessimi voti che prendi nella mia materia. » scherzò lui, per mettermi a mio agio.
La mamma rise forte – evidentemente, lui le piaceva.
« Benissimo, allora a presto, Lucas! »
Cos’era, si chiamavano pure per nome?!
« Certamente, Elena! » disse lui, raggiante, e poi mi chiese di accompagnarlo alla porta.
Annuendo come un automa, feci quello che mi aveva chiesto, con ancora la Nutella e il gelato in mano.
« Allora, ciao anche a te, Ronnie. » mi sussurrò, dolcemente, ammiccando.
« Ehm, sì, certo. A domani. » balbettai, di nuovo rossa in viso.
Appena fu uscito, mi chiusi la porta alle spalle con un sospiro, con ancora i battiti accelerati.
Poco dopo, marciai decisa verso il salotto, per avere spiegazioni da mia madre.
« Cosa ci faceva lui qui? » chiesi, inviperita, senza mezzi termini. Se me lo avesse detto mi sarei vestita meglio!
« Oh, niente, è solo venuto a dirmi dei tuoi progressi a scuola, e poi mi ha anche assicurato di non essere il figlio di Arthur Evans. Peccato, mi sembrava anche che si assomigliassero un po’ … ma, in fondo, tutti gli inglesi si assomigliano, no? » chiese, retorica, come per giustificarsi.
Io alzai gli occhi al cielo, in un implicito ‘Te l’avevo detto ’.
« Comunque » continuò lei. « E’ davvero un ragazzo perbene. Educato, gentile, rispettoso … un vero gentleman. »
Sbuffai, pensando che quella che adesso stava praticamente adorando in ginocchio Lucas era anche quella che lo aveva implicitamente accusato di provarci con me e di essere un maniaco sessuale. Alla faccia della coerenza.
« Sì, lo so, mamma. Te l’ho detto io per prima. » ribattei, acida, uscendo dal salotto per andare a posare quello che avevo in mano.
 Mi era passata la voglia di nutella e gelato.
 
Alex POV


Facendo segno ad Arcangeli di fare silenzio, aprii la porta di casa.
Sgattaiolammo dentro, sperando che non ci fosse nessuno in casa, e lo guidai verso la mia stanza.
Quando passammo davanti alla porta della cucina, però, una voce venne dal salotto.
« Alessia, sei tu? » chiese mia madre, La sua voce era timorosa, tremante, come se avesse appena smesso di piangere.
« Sì, mamma. » sospirai, alzando la voce per farmi sentire. Mi diressi verso il salone, e Lupo fece per seguirmi, ma lo bloccai mettendogli una mano sul petto, scuotendo la testa. Non volevo che mia madre sapesse che c’era qualcuno con me, forse si sarebbe vergognata. Le botte che avevo preso erano destinate a lei. Ovviamente, lui non mi ascoltò, anzi, mi precedette, testardo.
Sbuffa, ma non protestai: non era il momento giusto per mettersi a litigare – e lui lo sapeva.
« Ciao, mamma. » la salutai.
« Salve, signora. » disse in vece lui, rispettoso.
Il volto della mamma, tremendamente pallido, si aprì in un sorriso debole. « Oh, ciao, Lupo. Sei venuto per accompagnare Alessia? »
Lui annuì, grave.« Sissignora. » assentì, e poi si fece un po’ da parte per farmi parlare con lei con un minimo di privacy. Apprezzai.
Mi piegai sulle ginocchia, per avere il viso alla sua altezza – lei era seduta.
« Mamma, vado a stare da Ronnie per un po’. »
Mi aspettavo pianti, grida, suppliche, ma invece non ci fu nulla del genere: lei annuì semplicemente, stringendo le labbra.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma improvvisamente le si rovesciarono gli occhi all’indietro, e perse conoscenza.
Nel panico, la scossi, e poi provai a tirarle qualche schiaffo, ma non servì a nulla … era così pallida … chiamai Lupo, gridando disperata.
Lui mi raggiunse in un attimo, e chiamò immediatamente un’ambulanza.
« Cazzo, perché arrivi ci vorranno più di venti minuti! » imprecò, alzando la voce.
Tentai di pensare lucidamente, pensando a un altro modo per fare arrivare la mamma in ospedale, mentre lui le controllava i battiti cardiaci. La moto non andava bene, sarebbe servita … una macchina. La SMART della mamma!
« Cercai le chiavi nel mobiletto dell’ingresso, e le lanciai a lui, che le prese al volo.
« Ma che … ? »
« Sono le chiavi della macchina della mamma. È una SMART, e io non so guidare una macchina, devi portarla all’ospedale. Subito! »
« I-io?» chiese, incredulo.
« Sì, tu!» gridai.« Mi fido di te, Lupo.»
« Va bene.» acconsentì, e sollevò la mamma tra le braccia, senza sforzo.
« Per di qua! »
Corremmo giù per le scale fino ad arrivare al garage.
Lui aprì la macchina, e depose la mamma sul sedile del passeggero.
Si fermò a guardarmi, ma gli gridai di non pensare a me.
« Mi fido di te! » esclamai, tra le lacrime, avvicinandomi al suo finestrino.
Sperai disperatamente che fosse stata una buona scelta.

Flar's Notes ***************************************************
Lo so, lo so, lo so. Sono in ritardo di una settimana, ma ho avuto una marea di cose da fare e questo capitolo l'ho finito due secondi fa, e solo perchè non sono andata a scuola - sono dai miei nonni, domani è il loro 50° anniversario.
Quindi scusatemi, imploro perdono ç_ç
Oltretutto, non è neanche uno dei miei migliori capitoli, ma giuro che il prossimo sarà meglio. GIURO.
E poi, e poi, e poi... boh. Mi son dimenticata. Va bè, scusate ancora e buona domanica >.<
Flar

   
 
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