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Autore: MmeBovary    12/05/2012    9 recensioni
“Sei ingiusta Mezzosangue. Io ero qui per proporti uno scambio.”
“Scambio di cosa?”
Il Serpeverde espirò una lunga boccata di fumo.
“Di favori. Io ti faccio prendere il massimo in pozioni e tu in cambio mi dai qualcosa che voglio.”
Hermione rimase un attimo in silenzio, pensierosa.
"Cosa vuoi in cambio?”
“Prima di saperlo devi accettare…”
C’era una nota di sfida nella sua voce. ...

E se Hermione si lasciasse tentare dalla sfida di una Serpe... In che trame potrebbe trovarsi coinvolta?
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da V libro alternativo, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Piccolo avviso: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a quel genio di J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!

 

 

 

 

CAP. 17

CLOSER

 

La notte ruba i colori alle cose.

La notte si infila negli angoli delle stanze, colando nero sugli oggetti che fanno da sfondo alle nostre vite. Confonde i contorni, muta le forme, sfuma i dettagli.

E ogni tanto la notte si infiltra anche nei nostri cuori, impedendoci di vedere i veri colori di quei sentimenti che ci rifiutiamo di accettare.

Era notte attorno ad Hogwarts, ma il buio più profondo era quello che si scioglieva sull’animo esausto di Hermione. Buio che ovattava il dolore della perdita, buio che fondeva il suo dolore in una sensazione di nausea incessante.

“Herm, non vuoi accendere qualche altra candela?”

Hermione scosse il capo alla parole che si aspettava Harry le avrebbe rivolto. Quando era entrata in camera del suo migliore amico poche ore prima, tornando dall’infermeria, tutte le luci erano accese e rivaleggiavano ancora con i raggi del tramonto per dare colori alla stanza. Ma lei di colori non voleva vederne. Voleva tenebra, voleva oblio, voleva la sensazione rasserenante di non potersi affidare agli occhi per afferrare la realtà delle cose – una realtà che faceva ben troppo male. Aveva spento tutte le candele con un colpo di bacchetta e si era rannicchiata sul petto del suo migliore amico come fosse l’ultimo porto sicuro in quella tenebrosa notte di tempesta.

E poi… non aveva pianto. Non ci era riuscita, per quanto avrebbe voluto. Era troppo stanca anche per piangere, troppo vuota per pensare. Si ripeteva di essere forte, voleva sentirsi fragile, si malediva per non essere superiore a certi sentimenti, si crogiolava nel biasimo della propria testardaggine. E, inevitabilmente, un tale miscuglio portentoso di sentimenti non poteva non premerle contro le tempie come se qualcuno avesse scagliato un incantesimo di tempesta alla sua materia grigia.

Ora Ron si era unito a loro, ripassando incantesimi di trasfigurazione, ed era contro la sua spalla nodosa che Hermione stava borbottando le sue infinite proteste sulla mancanza di anima della Serpe Malfoy.

“E come lo ha detto… Si sposa, lui… come se mi facesse un favore. A realizzare i suoi piccoli piani di grandezza…”

Harry si stava preparando per andare a letto e, contro ogni sua voglia, le aveva fatto revocare l’incantesimo da un paio di candele, riaccendendole perché a suo dire “Non era una cattiva idea… Tanto per non rimetterci l’alluce su ogni singolo spigolo della stanza…”.

Hermione, in attesa del suo turno per il bagno, estrasse la bottiglietta ricevuta da Mme Chips e riempì un bicchiere dalla brocca che gli elfi domestici riempivano premurosamente di acqua fresca e posavano sulla cassettiera di ogni giovane mago.

Harry uscì dal bagno in quel momento.

“Ti conviene andare a cambiarti ora, Herm, prima che Neville si senta pronto per il suo lungo incontro serale con la toilette… Credo abbia mangiato fagioli e broccoli al bacon stasera…”

Hermione scattò in piedi per andare a cambiarsi prima che l’intera stanza fosse dichiarata arma chimica e mise la bottiglietta di valeriana in mano a Ron prima di sparire dietro la porta chiusa.

“Il bicchiere è sul tavolo, segui le istruzioni sulla boccetta.”

Il Grifondoro avvicinò a una candela l’etichetta sbiadita dal tempo e dalla poca dimestichezza con lo spolverare di Mme Chips, ma la luce fioca non era sufficiente per distinguere bene i caratteri vergati a mano con un inchiostro rossastro su carta marrone.

“Uhm… fers…, no versare in acqua… esattamente… oddio, che numero e’ questo? Uhm… 20 meno gocce… per ottenere colore evat…che? E che cavolo vuol dire?”

Tentò di riaccendere un’altra candela, ma non sapeva come annullare l’incantesimo del buio di Hermione.

“Herm? Come si annulla questo coso?”

“Come? Non ti sento?”

“Lascia perdere… Harry, tu lo sai?”

“Nah…” ammise il giovane. Quando si trattava di annullare qualcosa fatto da Hermione ci voleva Hermione, ormai lo sapeva.

“Beh, io intanto metto le 20 gocce, poi cerco di decifrare il resto.”

Una dopo l’altra ogni piccolo orbe purpureo si schiantò sulla pellicola d’acqua per poi diffondersi in ramificazioni sempre più densamente rossastre.

Quando Hermione uscì dal bagno e ingoiò la propria medicina, l’intero contenuto aveva ormai venature sinistramente sanguigne.

“Wow…” commentò la ragazza, “questo intruglio sa decisamente molto di valeriana per essere 2 gocce in un bicchiere.”

Alle sue parole i suoi amici gelarono. Tuffatisi entrambi vicino alla luce flebile della candela, si resero allora conto che l’etichetta non recitava affatto “20 meno”, ma “2 o meno gocce, per ottenere un colore rosato.”

Ops.

“Che succede?” si allarmò Hermione, davanti alle loro facce colpevoli.

“Ecco…” balbettò Ron, “potrebbe esserci stato un leggero errore nelle dosi. Un errore un tantino per eccesso.”

La Grifondoro sospirò. Non aveva né la forza né la volontà di arrabbiarsi.

“Al massimo dormirò un po’ di più. Tanto ci siete voi per svegliarmi, no?” 

Di tutte le ansie che le assalivano il cuore in quel momento la paura di dormire un po’ troppo non era tra le più nere…

 

 

 

Una luce tremola carezzava le ombre sul viso di Draco. Il ragazzo sedeva sul divano della sua Sala Comune e osservava le ultime fiamme spengersi nel vano tentativo di spargere un minimo di luce sulla sua scura espressione di fallimento.

Un fallito, ecco cosa si sentiva l’erede Malfoy in quel momento. Per una volta in vita sua che aveva veramente voluto qualcosa, l’amore di qualcuno, e per una volta che era stato pronto a lottare per averlo, si era fatto sfuggire di mano fino all’ultima occasione di ottenerlo.

Draco sorseggiò un goccio di Apricot Brandy da un panciuto calice di cristallo. Osservò le onde dorate del liquido patinare la superficie del bicchiere mentre il movimento della sua mano creava piccole onde concentriche. Per un istante il Lago Nero gli tornò alla mente e con esso l’immagine di Hermione addormentata sulla riva quella sera piovosa…

Basta pensarci.

Dio, se era una tortura.

Tornò a concentrarsi sul brandy.

Non aveva mai desiderato tanto poter affogare in un centimetro di liquido.

Beh, magari non poteva affogarcisi, ma affogare i propri dolori sì.

Un’altra sorsata di ambrato alcool scese giù per la sua gola fino ad infiammargli lo stomaco. Draco aveva sempre amato quella leggera sensazione di dolore che accompagna il piacere dell’alcool. L’idea di gettare nel proprio corpo qualcosa così meravigliosamente forte da risvegliare i suoi sensi fino alle viscere gli faceva dimenticare altri dolori.

Come quello causato dalla perdita di Hermione.

Eccolo che ci ripensava.

Via un altro sorso di Brandy. Ma ormai la sua gola si stava abituando e ingoiare bruciava sempre meno. Un po’ come con suo padre: più si trovava a vivergli accanto e meno dolore provava ogni volta che veniva ferito e la sua vita era ridotta a brandelli dai piani del suo insensibile progenitore. Di questo passo entro i trent’anni non avrebbe più avuto un’emozione neanche a prenderlo a calci.

Un altro sorso di brandy.

E probabilmente non avrebbe avuto neanche più un fegato.

 

 

 

 

Hermione volava.

In alto, tra il vento pungente e lo stridore dei corvi, volava a cavallo di una scopa verso il nero dell’orizzonte, oltre i cancelli di Hogwarts, oltre la Foresta Proibita, oltre Hogsmeade e i binari dove ogni anno l’Espresso di Hogwarts depositava il suo carico di alunni, alunne, sogni e speranze.

Era l’alba e le dita rosate delle nuvole stavano prendendo il sopravvento sul nero della notte, strappando il cielo scuro il larghe strisce, come fosse fatto di carta.

Con un gesto morbido Hermione curvò il proprio manico verso il basso, i suoi piedi nudi si posarono sull’erba verdissima e umida. Davanti a lei c’era la solita fontana. Abbandonata la scopa, la Grifondoro mosse i suoi passi verso lo specchio d’acqua, dove l’attendeva Draco accanto, deciso come sempre a mormorare nel suo orecchio.

Hermione tentava di capire cosa le stesse dicendo, e finalmente sentiva.

Non voltarmi le spalle Hermione, non ora, lo sai cosa potrei fare a me stesso senza di te, non andartene via… torna da me…”

E il ragazzo usciva dall’acqua e le faceva gesto di seguirla. Hermione si lasciò condurre, docile come un’ombra, fino a sparire con lui nell’orizzonte…

 

 

 

 

Toc-toc

Draco sobbalzò leggermente, nascondendo il brandy dietro lo schienale del divano. Chi diamine aveva bussato? Un professore? Assurdo, se volevano beccarlo con alcolici di contrabbando bussare non era la migliore idea. Probabilmente era Goyle che si era scordato per la duecentesima volta la parola d’ordine.

Si alzò per andare ad aprire.

 

 

 

 

Hermione aprì gli occhi. O almeno così sarebbe parso a qualcuno che l’avesse vista spalancare le palpebre nell’oscurità della camera di Harry. Perché chi avesse guardato da più vicino si sarebbe reso conto che gli occhi vitrei e immobili di Hermione erano tutt’altro che aperti e lei era tutt’altro che sveglia. Eppure la ragazza si alzò da letto, scansò le lenzuola con un gesto stanco e mise piede sul pavimento senza fare un suono.

Harry dormiva ancora come un bambino e l’orologio sul muro era vicino allo scoccare delle tre.

Hermione mosse un passo verso la porta e le sue membra si mossero in perfetto accordo, ma con una grazia fragile e molle che ricordava quella di un burattino in mano ad un burattinaio esperto, capace di tirare tutti i fili giusti, di creare l’illusone della vita. Qualunque magia fosse il burattinaio di Hermione, in quel momento aveva deciso di farla camminare verso la porta. I suoi piedi si fecero strada tra le riviste di Quidditch accartocciate e i calzini appallottolati che decoravano l’intero pavimento dei ragazzi come le foglie cadute sui prati d’autunno. I suoi occhi erano sempre vitrei e spenti come quelli di un cadavere.

La sua mano aprì la porta senza che il suo cervello avesse la minima idea di cosa stesse facendo.

Se Hermione, la maniaca del controllo che impazziva se non programmava ogni propria mossa, dal colore dei calzini da indossare all’ordine esatto dei libri da leggere, se si fosse potuta vedere in quell’istante sarebbe andata fuori di testa. Perché un po’ di controllo era letteralmente l’ultima cosa che potesse dire di possedere in quell’istante.

 

 

 

 

Draco andò ad aprire il ritratto del sotterraneo con lo stesso entusiasmo con cui si sarebbe andato ad un the con un branco di orchi. Prese mentalmente nota che era il caso di regalare a Goyle una qualche agenda in cui potesse segnarsi le parole chiave. O magari di regalargli un cervello.

Fece scorrere il dipinto con un gesto di stizza.

“Ma ti pare l’ora e il modo di rompermi le pa…”

Le parole gli morirono letteralmente in gola.

“Mezzosangue.”

Hermione, i piedi nudi incollati al pavimento di fredda pietra, solo una leggera camicia da notte addosso, le braccia intirizzite dal gelo dei corridoi e gli occhi fissi a terra, si trovava davanti a lui. Era letteralmente il destino che bussava alla sua porta.

“Cosa ti porta qui a quest’ora del mattino?”

Cercò di darsi una certa aria di calma, di mascherare il tono impastato dal brandy e di on mostrarsi troppo speranzoso.

Il suo stomaco intanto però faceva capriole alla rovescia.

La ragazza non rispose, ma sollevò su di lui due occhi da cadavere che gli fecero drizzare i peli del collo.

“Cristo santo, Granger, che hai fatto?”

Hermione gli rispose con uno sguardo stordito. I suoi occhi gli ricordavano spaventosamente quelli di un pesce lasciato troppo tempo all’asciutto.

Poi la ragazza fece un passo verso di lui, entrò nella sua Sala deserta e si fermò a due centimetri dal suo corpo.

Draco ebbe un fremito.

E anche un paio di pensieri osceni, ma quelli riuscì a nasconderli discretamente.

“Granger che ti è successo?”

Provò a prenderla per le braccia per avvicinarla a sé e capire cosa le fosse successo, ma fu come se il contatto delle sua dita sulla pelle della giovane le avesse provocato una reazione subitanea di terrore. Il suo intero piccolo corpo fu scosso da un lungo brivido che le fece piegare le ginocchia e in un istante Draco si trovò non ad attirarla ma a sorreggerla per le braccia. 

La sorresse fino al divano, dove si aspettava di vederla accasciarsi.

Mai aspettare l’ovvio dalla Granger però.

In un istante il brivido di terrore si rivelò per quello che era quando Hermione agguantò la camicia di Draco per trascinarlo su di sé, facendolo scivolare tra le sue gambe dischiuse. Altro che terrore, era lascivia che aveva scosso il giovane corpo addormentato.

Malfoy si lasciò trascinare verso il pavimento, facendo attenzione a che Hermione non si facesse male, ma scansò il suo viso quando la Grifondoro si sporse in cerca delle sue labbra.

“Mh… vieniii qui…” sospirava la ragazza con la dizione di un ubriaco.

Draco fermò nei propri pugni quelle tenere mani che cercavano il suo viso. Guardò Hermione in cerca di un indizio che gli rivelasse cosa la avesse ridotta in quello stato di sonnambulismo semicosciente. I suoi occhi vitrei lo spaventavano meno del suo comportamento inspiegabile; era come avere di nuovo Hermione ma non averla per davvero. Era una fantasia, un essere privo di controllo che si muoveva in preda a qualche incantesimo o pozione, schiavo di vecchi impulsi, di emozioni che non esistevano più. Ma almeno non sembrava niente di oscuro, di certo non era un Imperio e aveva tutta l’aria di essere semplicemente un’overdose di tranquillanti magici. I suoi respiri sembravano normali, qualunque cosa l’avesse resa uno zombie se ne sarebbe probabilmente andata con una buona dormita.

Se quello era spiegabile, meno chiaro era il perché in quel momento Hermione si fosse trovata a bussare alla sua porta.

Più Draco la guardava, e ora lei sembrava volersi addormentare pacificamente sul divano Serpeverde, più si ripeteva che se era venuta da lui in quello stato di sonnambulismo e se aveva cercato di baciarlo non era perché lo volesse davvero, ma solo in conseguenza di qualche strano riflesso condizionato.

No, di certo la Granger non avrebbe avuto lo stesso comportamento senza lo stato confusionale in cui si trovava. Forse nemmeno sapeva dov’era. Forse pensava di baciare Potter per quel che ne sapeva lui.

“Mh…Draco…” 

Il suo nome lo colpì come il vento inglese colpisce i volti allo svoltare degli angoli. Era freddo, ma bruciava sulla pelle. Era il suo nome che aveva varcato di nuovo quelle labbra. Ok, allora magari sapeva dove fosse o almeno dove aveva voluto andare.

“Draco…”

“Dimmi, Granger.”

Ma la ragazza non sembrava davvero in grado di dire nulla di concreto. Continuava semplicemente a mugolare il suo nome, come se ne gustasse il piacere sulla lingua.

“Draco.”

Malfoy non riuscì a trattenere un sorriso pieno di dolore. Era talmente surreale vederla su quel divano a chiamarlo come se fosse stato nei suoi sogni.

E quando Draco pensava che Hermione non potesse fare niente di più sconsiderato e senza senso, la ragazza si rialzò dal divano, barcollò sulle proprie gambe per un paio di passi mentre Draco cercava il modo di farla rimettere a sedere e poi… si tolse la camicia da notte. La sfilò in un unico gesto fluido e istintivo talmente veloce e talmente non anticipabile che il Serpeverde non poté che rimanere a guardarla a bocca aperta mentre la camicia da notte passava in rapida sequenza dal suo corpo alle sue mani, alla bocca del camino.

Draco ingoiò a secco. La gola gli era diventata particolarmente arida.

A quanto pareva la Granger non dormiva che con mutandine e camicia da notte, e la seconda andata alle fiamme… beh, non c’era molto lasciato all’immaginazione.

“Dannazione, Granger, ti ha dato di volta il cervello?”

Soffiò Draco, trattenendosi dall’urlare per lo shock. Ma cosa diamine le era venuto in mente?

Guardò la ragazza davanti a lui, praticamente nuda davanti alle fiamme, gli occhi fissi nel nulla e le ginocchia leggermente piegate, come se stesse per lasciarsi afflosciare a terra. Fece un passo verso di lei e Hermione si lasciò di nuovo andare in caduta libera verso il pavimento.

Il Serpeverde la riprese ancora una volta e la posò sul divano, dove gli parve di vederla finalmente addormentarsi sul serio.

Che serata assurda.

Malfoy allungò una mano verso il viso rilassato della ragazza per scostare una ciocca ribelle dalle sue labbra.

Hermione era così bella…

“Dannata Granger, dovevi proprio venire a torturami ancora un po’, eh?”

Le sue dita erano ancora tra i suoi capelli crespi e spettinati, incapaci di lasciare andare quel ricciolo ribelle, neanche fosse stato l’ultimo appiglio di un naufrago destinato ad affogare.

Era strano trovarsela di nuovo davanti ed era bello rimanere per un po’ con le mani tra i suoi capelli, solo spettatore dello spettacolo unico che era il suo viso addormentato.

Non avevano avuto che una notte insieme e un solo risveglio nello stesso letto, ma a Draco sembrava che l’idea di non averla mai più accanto fosse pari a quella di perdere un braccio o una gamba, qualcosa di cui aveva sempre avuto bisogno e che non avrebbe mai potuto rimpiazzare.

Sarebbe potuto rimanere fermo per sempre in quell’istante di tenera illusione, se non avesse sentito dei passi nelle camere attigue a ricordargli che per quanto lo volesse loro due non erano affatto soli e per di più si trovavano nella Sala Comune Serpeverde, il luogo dove la Granger era tra i meno benvenuti al mondo. Riportarla dai Grifondoro nuda nel mezzo della notte in quello stato era fuori questione. Come minimo Gazza l’avrebbe beccato e la Mc Granitt l’avrebbe accusato di aver drogato la sua preziosa pupilla Grifondoro.

“Bisogna che ti nasconda per stanotte Mezzosangue, qualcosa in contrario?”

La ragazza continuava a ronfare beatamente.

“Lo prendo per un no.”

Draco la sollevò delicatamente e Hermione, indubbiamente, sorrise una volta accoccolatasi contro il suo petto, cosa che lasciò Malfoy non poco turbato. Quella ragazza non finiva di sconvolgere il suo mondo. La portò verso la propria camera, affondando il mento tra i suoi capelli profumati, cercando di ignorare il desiderio di stringere al petto quel corpo nudo e meraviglioso, e pregando Merlino e tutti i maghi che nessun Serpeverde finisse con l’essere testimone di una scena tanto inimmaginabile.

 

 

 

 

 

Il sole naturalmente non ha grande accesso ai Sotterranei, ma a Hogwarts poco importa cosa succede per natura. Al sorgere del mattino l’aria delle camere sotterranee si riempie di luce, come se filtrasse dalle pareti e il sole ha il suo modo di andare a risvegliare anche le serpi.

O i Grifoni che si ritrovino un po’ fuori posto in baldacchini verde e argento.

“Mh…”

Hermione stiracchiò le braccia. Per la prima volta da tempo immemorabile sentiva di aver fatto una bella dormita e non si era svegliata dopo aver sognato laghi di sangue.

Si rotolò su di un fianco e il lieve freddo percepito sulle spalle nude la portò meccanicamente a cercare di risollevare le spalline della camicia da notte.

Inutile dirsi che quando non si sentì addosso alcuna camicia, una scarica di adrenalina le face da sveglia molto meglio del sole sorgente.

Hermione scattò a sedere sul letto, guardandosi furiosamente intorno. Per prima cosa prese coscienza del fatto di essere effettivamente pressoché nuda, per seconda capì di non essere in camera di Harry e per terza riconobbe il camino, il letto, i libri e semplicemente l’odore di quella stanza. Si portò le mani alla bocca per impedirsi di urlare.

Per la barba di Merlino, come c’era finita in camera di Malfoy?

Poco importava, l’importante era levarsi di torno prima che Malfoy si facesse vivo?

Scattò in piedi, ma era ancora stordita dagli effetti della valeriana e il primo passo che fece le costò la perdita dell’equilibrio, mandandola a sbattere miseramente un piede contro un tavolino ornato da una serie di fialette di vetro che risuonarono per tutta la stanza come campanelli.

Hermione si immobilizzò.

Sembrava non ci fosse nessuno intorno. O almeno lo credeva lei. Un attimo dopo la fine dello scampanellio, infatti, una figura maschile si alzò da un divano rimasto in ombra in un angolo che Hermione non aveva notato. Era Draco, risvegliato dalla goffaggine mattutina di Hermione.

La ragazza ci mise un secondo a fare i conti di quello che sembrava fosse successo: si era praticamente data una dose da cavallo di sonnifero e si era svegliata nuda nella stessa stanza con Malfoy, la cosa non aveva un bell’aspetto.

“Oh, Granger, buon giorno e ben tornata tra i viv…”

“Brutto maniaco stupratore come hai osato abusare di me in una situazione in cui non ero chiaramente io che si certo non avrei accettato qualsiasi cosa tu mi abbia fatto fare oh mio dio non posso credere….”

“Granger, frena il fiume di parole, non ti seguo.”

Draco non era troppo in vena di una sfuriata.

“Sei un maniaco stupratore, Malfoy. Aggiungo la violenza sessuale al tuo curriculum.”

Il ragazzo scosse la testa. Tipico della Granger correre a certe conclusioni.

“Oh, se ti riferisci al fatto che sei nuda nel mio letto Mezzosangue, è perché ti sei presentata qui, hai dato i tuoi vestiti in pasto al camino e poi ti sei accasciata come una mandragola secca sul divano della Sala Comune, nuda come la testa di un elfo, quindi ho pensato fosse il caso di mettermi sotto delle lenzuola. Tranquilla io ho dormito sul divano.”

Hermione rimase leggermente spiazzata. Era decisamente confusa sul da farsi.

Draco pose fine ai suoi dubbi per lei.

“Ora, se non ti spiace, ti chiederei di andartene. Puoi prendere qualcosa dai miei vestiti per uscire. Non mi importa riaverli.”

Era stato abbastanza orribile vederla nel proprio letto e saperla non sua, guardarla dormire sapendo che al risveglio lo avrebbe coperto di offese, respirare il suo profumo senza poter sentire il suo sapore. Era l’ora che la Granger uscisse dalla sua vita o lo avrebbe reso folle. 

“Oh, io…” – balbettò Hermione – “ok…grazie.”

Era così umiliante pensare di aver fatto quello che Draco diceva e poi averlo pure accusato di averla violentata. Sentiva la sua dignità fasi piccola piccola.

Scivolò in un lungo maglione grigio e stava per sgattaiolare fuori silenziosamente quando una voce proruppe dal corridoio a rovinare il suo piano di fuga.

La voce di Gazza risuonò fino alla camera di Draco.

“Ispezione a sorpresa! Fuori dai letti viziati marmocchi! So che avete delle caccabombe qua sotto e state pur certi che io e la Professoressa Mc Granitt non ce le faremo sfuggire!”

Hermione e Draco si scambiarono una lunga occhiata di terrore mentre i passi del guardiano si facevano sempre più vicini.

Ora sì che la situazione poteva diventare spiacevole.

 

 

 

JULIET: Wilt thou be gone? it is not yet near day:

It was the nightingale, and not the lark,

That pierced the fearful hollow of thine ear;

Nightly she sings on yon pomegranate-tree:

Believe me, love, it was the nightingale.

 

ROMEO: It was the lark, the herald of the morn,

No nightingale: look, love, what envious streaks

Do lace the severing clouds in yonder east:

Night's candles are burnt out, and jocund day

Stands tiptoe on the misty mountain tops.

I must be gone and live, or stay and die.

 

William Shakespear, Romeo and Juliet, Act III, Scene V.    

 

 

 

…………..continua………………

 

 

 

 

 

§ Spazio autrice: §

 

Beh, che dire, erano circa due anni che non aggiornavo.

Non so quali siano i miei sentimenti verso questa ff a questo punto. L’ho iniziata che avevo 16 anni e a rileggere i primi capitoli mi viene da ridere. Ci sono talmente tante cose che cambierei ora. Ma credo che questa storia mi piaccia anche per questo, perché siamo cresciute insieme. :) Pensare che quando ho iniziato a buttare giù l’idea della storia non era nemmeno uscito il sesto libro, io ero ancora alle superiori e scrivere era la cosa più naturale del mondo.

Ah, quasi dimenticavo, il titolo Closer (più vicino, come Hermione e Draco, che sembrano essere pericolosamente vicini) è quello di un romanzo di Dennis Cooper, uno scrittore contemporaneo statunitense, rappresentante della scena punk e della drug-culture di Downtown Manhattan anni ‘80. E per saltare di palo in frasca la citazione finale era ovviamente la scena del risveglio di Romeo e Giulietta in cui i due amanti si devono separare per non essere beccati (mi pareva appropriata per la situazione di Herm e Draco).

 

Grazie per i commenti e la pazienza.

A presto.

 

Baci,

MmeBovary.

 

 

  
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