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Autore: StrongerG    12/05/2012    2 recensioni
New York City, Manhattan, Novembre 1901.
Una serie di omicidi in un'area ristretta della contea, per poi allargarsi fino a Staten Island.
Jack lo Squartatore è tornato?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sam Evans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un’altra giornata di lavoro per Samuel Evans. Si svegliò di mattina presto, e dopo aver dato un’accurata occhiata al suo aspetto, si lavò il viso. Acqua fredda che bagnava gli occhi verdi delineati da un ciuffo biondo di capelli. Il documento di laurea in giornalismo ottenuto dopo sei anni di studio all’università di New York era appeso sul muro del salotto, sopra la base di legno del camino spento di quel 16 novembre 1901. Giacca di stoffa marrone con bordini verdi e scarpe anch’esse marroni con suole nere che al contatto con il pavimento di legno causavano un rumore quasi stridulo.

Ventiquattrore con dentro i suoi biglietti di visita, il portafoto con la foto della sua famiglia rimasta nel Kentucky, e il suo taccuino con la stilografica. Casa sua era all’angolo rispetto alla sede della testata giornalista del New York Today dove aveva trovato lavoro nel 1899.

Entrato nell’edificio, salutò George, il portiere con il quale ormai aveva preso confidenza fra un caffè e l’altro, e salì le scale fino ad arrivare nel suo ufficio collegato a quello del nuovo direttore Raymond Bur del terzo piano.

Il suo amico Finn Hudson era impegnato nel dare una recensione allo spettacolo tenutosi nel nuovo teatro inaugurato nel cuore del quartiere che andava da Broadway, strada che tagliava in parte Manhattan orizzontalmente, a Times Square.

Si erano conosciuti al liceo, avevano inseguito i loro sogni ed ora si trovavano nella Grande Mela, quella che negli anni a seguire sarebbe stata la città più fiorente sia a livello economico che culturale degli Stati Uniti d’America. Sam aveva avuto la fortuna di conoscerlo, o avrebbe dovuto darsi alla prostituzione per mantenere a distanza la sua famiglia. Grazie a Finn e alla sua famiglia era stato mantenuto e portato su quella scrivania che occupava, affiancato sempre da quel suo amico inseparabile.

Il fratellastro di Finn, Kurt Hummel si era realizzato come attore per i nuovi film che venivano sperimentati con l’avvento della macchina cinematografica grazie agli ottimi voti ottenuti alla New York Academy of Dramatic Arts.

Il succedersi di scoperte e invenzioni aveva fatto acquistare agli Stati Uniti, nel corso degli anni, milioni di capitali e aveva fatto risalire l’economia dando una certa importanza al paese su livello mondiale.

Samuel era seduto sulla sua sedia in legno di mogano e stava aprendo la sua ventiquattrore quando una voce interruppe quel ticchettio provocato dal premere sui tasti divenuti gialli con il tempo, delle macchine da scrivere.
- Dov’è Evans? Qualcuno l’ha visto? – Sam si allarmò a quel richiamo: era la voce del direttore Bur.
- Arrivo Signor Direttore! – Disse con calma e in modo anche un po’ freddo. Il direttore precedente al Signor Bur era andato ormai in pensione, e aveva occupato quel ruolo con passione, a differenza dell’attuale che sembrava desideroso solo dei soldi e del successo del suo giornale, e non certo della correttezza con la quale svolgevano il lavoro i suoi impiegati.

Ma il ragazzo ormai trentenne sapeva che assumendo il ruolo di giornalista doveva acquisire precise qualità. L’essere paziente, l’essere fermo sulle decisioni, ed anche saper gestire il suo stipendio e ricambiare l’aiuto di Finn ogni momento nel quale lui ne avrebbe sentito l’immediata necessità.

Pochi passi sul pavimento in legno scuro e bussò sulla porta di R. Bur 
- Potrei entrare, Signor Direttore? – Chiese in tono molto cordiale il biondo.
- Sì, prego Signor Evans. – Rimbombava la voce nell’ufficio che si affacciava, con una vista fantastica sui grattacieli e palazzi che rendevano New York City, una città sempre più bella.

Sam fece qualche passo avanti aprendo la porta socchiusa, per poi chiuderla alla sue spalle facendo attenzione a non fare molto rumore, in quella giornata nella quale il sole pareva non voler risplendere nella sua totale bellezza che generalmente faceva aprire i petali dei fiori rosa tropicali importati assieme ad un forte bagaglio culturale dai cittadini del paese di ceppo ispanico.
Rimase in piedi di fronte alla figura di Raymond, seduto sulla sedia girevole. L’uomo ormai ultra cinquantenne alzò lo sguardo, facendolo incontrare con quello caratterizzato dagli occhi verdi pieni di ambizioni dell’altro. Rigirava fra le mani l’articolo del NY Illustrated.
- Leggi! – Gli lanciò il giornale, colpendolo sul petto. Le sue mani andarono a coprire i bordi della carta del giornale stampato la mattina stessa, e dopo un sospiro per scacciare la tensione, iniziò a leggere.

 

JACK LO SQUARTATORE A NEW YORK?
Un’altra notte di orrore nella contea di Manhattan.
Ritrovato da un agente di pattuglia il cadavere insanguinato
di una giovane cantante. L’assassino non contento, la mutila
esportandole organi quali il fegato e il cuore. Rachel Berry,
una delle stelle ascendenti di Broadway perde la vita in
barbaro modo. Quest’omicidio ricorda quello avvenute poche
settimane fa, sempre in circostanze analoghe, dell’attrice di
origini afroamericane, Mercedes Jones (31 ottobre 1901).
Tutto ciò ricordano i “Delitti di White Chapel” di Jack
lo Squartatore a Londra. Uccise allo stesso modo sei prostitute
londinesi nella città stessa, agendo sempre di notte.
La popolazione dei quartieri è caduta nel panico totale,
ma – come sempre – il capo della Contea di Manhattan
rassicura affermando che il killer non agirà più
con molta probabilità, poiché l’area nella quale
sono avvenuti gli omicidi è ristretta. La polizia continuerà
ad indagare sul caso.

 

Sam deglutì a vuoto, osservando e rileggendo ogni riga di inchiostro di quella prima pagina del newspaper newyorkese. Lo poggiò delicatamente sulla scrivania del direttore, guardandolo.
- Deve indagare. Le loro vendite sono state le più alte! Siamo stati battuti 10 a 1 oggi! Voglio un articolo pieno di informazioni. Loro hanno le illustrazioni a loro vantaggio, io non voglio stupidi disegnini, ma parole. Parole. Testimonianze. Fatti, concreti! Forza! Domani voglio entrare in questo palazzo sentendo il solito odore di caffè e ritrovarmi su questa scomoda scrivania l’articolo battuto su macchina da scrivere e firmato da lei, Signor Samuel Evans. La sua nuova casa sarà il distretto di polizia della contea di Manhattan. – Esclamò in modo scortese, indicando e puntando il dito un po’ sul giornale della concorrenza e un po’ sul corpo alto del ragazzo del Tennessee. 
- Sì, Signor Direttore. Entro domani avrà quell’articolo. – Rispose, abbassando il capo e chiudendo gli occhi, cercando di calmarsi dalle provocazioni e dal modo arrogante di fare del direttore. – Posso andare? – Chiese stupidamente e timidamente, rialzando lo sguardo.
- Certo che può Evans! – Gli rispose, e mentre Sam si dirigeva verso la porta dell’ufficio, lo fermò esclamando nuovamente il suo cognome.
- Evans! Un’ultima cosa! .. Lei crede a questa storia di Jack lo Squartatore? – Voleva sapere il Signor Bur. “Già, bella domanda” pensò dentro di sé il ragazzo. La verità era che non si era posto nulla del genere, e non sapeva cosa rispondere, ma notando lo sguardo di disprezzo alla notizia del suo datore lavorativo, rispose prontamente:
- No, Signore! Certamente è un’altra falsa che utilizzano le altre testate per attirare la povera gente in false informazioni.
- Bene, così mi piaci, Samuel. – Il viso del plurilaureato Raymond si illuminò con un sorriso, quasi a forzarlo di farsi piacere quel ragazzo biondo.

Sam avrebbe ottenuto una promozione, se tutto sarebbe andato in buon fine.

Ma doveva darsi da fare, erano le 09.18 antimeridiane e George, il portinaio, avrebbe chiuso il palazzo alle 08.00 precise della sera.
Uscì da lì e presa la ventiquattrore che stava aprendo prima di essere interrotto dalla voce tonante del direttore, salutò Finn con una stretta di mano come da buon colleghi, e scese le scale, per arrivare al piano terra.

Il distretto di polizia distava un mezzo chilometro dalla sede del NY Today e di certo un po’ di camminare a quelle gambe lunghe e sviluppate del giovane di origini scandinave, come dimostravano i tratti del suo viso, non avrebbe di certo fatto male.

Era arrivato. Non era stato difficile, prima a destra, sempre dritto e poi due volte a sinistra ed ecco la scritta “Distretto di Polizia Principale - Contea di Manhattan, New York City.”
All’entrata vicino alle due grandi porte vi erano due vetrate, appannate dal freddo causato dal vento che si era alzato e che rendeva quella giornata di Novembre, ancora più strana ed inquietante.

Trovò un uomo un po’ grassoccio e calvo, con degli occhiali dalla montatura stretta e in ottone scesa fino alla gobba formatasi con il passare degli anni sullo stretto naso.
- Buongiorno Buonuomo. Sono Sam Evans, giornalista del New York Today. Sono stato incaricato nell’acquisire informazioni sul delitto avvenuto ieri notte a Broadway. Il capo della polizia è presente?
- Buongiorno a lei, Signor Evans. Sì, il Signor Anderson è nel suo ufficio. Seconda entrata a destra, prego.. le faccio spazio. – Gli rispose cordialmente l’addetto all’entrata, spostandosi ed aprendo un’altra porta con delle chiavi racchiuse in un grande mazzo di altre tutto in ferro, che portava legato alla cintura di cuoio spesso sotto la pancia, a stringergli la vita.
Sam camminò verso il lungo corridoio dopo aver saluto con un cenno del capo il gentile signore. “Quanto vorrei che anche il Signor Bur fosse così” pensò e borbottò fra sé e sé. Arrivò di fronte ad una porta sulla quale era scritto in maiuscolo il cognome del direttore della polizia di Manhattan. Bussò e quando ottenne una risposta, entrò chiedendo permesso.
- Salve Signor Anderson, sono Sam Evans, un giornalista del New York Today. – Ormai nel corso di quei due anni aveva imparato la procedura di presentazione a memoria, come un salmo.
- Ah! Anche lei vuole informazioni sul delitto di Berry? Prego legga pure il rapporto preliminare. – Chiese immaginando di già, poggiando il pollice su di un foglio scritto e firmato sia da lui che dall’agente Cartwright che era di pattuglia quella sera.


Rapporto di: 
Abraham Cartwright (agente di pattuglia)
16 novembre 1901.
Approvato da: Blaine Anderson (capo della polizia)

Il corpo della cantante giaceva a terra, con il viso rivolto verso
la parete. Era sotto il porticato che conduceva all’entrata laterale
di casa propria, vicino al nuovo teatro inaugurato a Broadway.
Testa completamente staccata dal collo e tenuta unita da un piccolo
lembo di pelle. Tagli ovunque e maggiormente presenti su addome,
seno e piedi, dai quali sono state tolte le scarpe e poste accanto
al corpo. Anulare della mano destra tolto dal resto delle dita,
e tagliato con un coltello è stato portato via dalla scena del
crimine. La vittima indossava un vestito giallo pallido.

Vittima: Rachel Berry.
Età: 26 anni.
Professione: Cantante.
Sede lavorativa: Teatro McKinley.
Descrizione: Alta 159 cm, capelli ed occhi castani.
Residenza: Numero 26, Broadway, NY.

 

Bastò questo rapporto scritto per fare rigirare lo stomaco a Sam e fargli venire la pelle d’oca. Com’era possibile una tale crudeltà?

Prese il taccuino dalla sua valigia e iniziò a scrivere le informazioni lette dal documento e una volta riposto tutto quanto, rimise lo scritto sulla scrivania di Anderson e sorrise, come ringraziamento. Dopo un saluto cordiale fra i due, prese di nuovo la strada per il corridoio e dopo aver risalutato l’addetto all’entrata, uscì dalla centrale.

Doveva avere sempre più informazioni su Rachel, doveva sapere della sua vita per scrivere un articolo che avrebbe soddisfatto a pieno Bur.

La prossima destinazione sarebbe stata quella del teatro, e così fece. Erano le 10.18, esattamente un’ora da quando si stava subendo tutte le urla del proprio datore nel suo ufficio. 
Salì i dieci e grandi gradini che portavano all’entrata del nuovo Teatro McKinley e bussò alla porta laterale che aveva diretto accesso al corridoio dei camerini degli attori. Un uomo dall’aria strana gli aprì il portone, dopo avergli chiesto chi era, lo fece entrare.
Sam si guardò attorno, sentendosi basso di fronte a quelle mura così imponenti che sostenevano la struttura del nuovo edificio culturale cittadino. Camminando nel lungo corridoio si soffermò di fronte alla porta sulla quale era inciso il nome Rachel Berry, con accanto una piccola stella colorata da un giallo dorato. Entrò per trovare indizi e materiale che poteva essere utile per l’articolo e vide, a sua sorpresa, una donna chinata a stringere abiti di scena, molto probabilmente quelli che indossava Rachel durante i suoi spettacoli.

La donna che piangeva, il quale viso era delineato da una lunga chioma di capelli biondi, si girò e fulminò con lo sguardo il povero giornalista, rimasto spiazzato dalla visione.
Un tonfo prese il cuore di Sam nel vederla. “Com’è bella..” sussurrò a bassa voce; nonostante lei stesse piangendo, trovava una bellezza particolare nella ragazza.
- Scu,scusami.. sono Samuel Evans, un giornalista.. ero entrato nel teatro per cercare informazioni su Rachel e pensavo che nel suo camerino avrei trovato qualche indizio, una lettera, un oggetto che poteva rendere il mio articolo più interessante.

La ragazza si alzò di scatto gettando il vestito azzurro che stringeva fra le mani, e dal quale sentiva per un ultima volta il profumo della migliore amica ormai morta. Tutta la situazione la stava distruggendo. Si avvicinò a Sam con passo veloce, quasi nervosa della sua presenza.
- Rachel è morta! Nient’altro c’è da sapere! Nient’altro c’è da sapere! Quel demonio le ha strappato la vita in modo barbaro, e le ha portato via quel sorriso che aveva ogni volta che mi vedeva, ogni volta che ci scambiavamo uno sguardo, ogni volta che era sul palco e cantava. Non ti basta? – Esclamò, affermando e ricordando in quelle poche parole la compagna che aveva avuto sempre accanto, da quando le era morto il padre per malattia, a quando erano riuscite assieme a vincere le borse di studio e a realizzare i propri sogni arrivando a New York.

Sam abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi e sospirando. Forse era stato un po’ troppo affrettato con presentazioni del genere e non essendo rispettoso nei confronti della ragazza.
- Mi scusi, Signora.. 
- Signorina, prego! – Le rispose l’altra in modo freddo ed anche acido. Aveva smesso di piangere, ormai Sam l’aveva disturbata in quel momento di sfogo. Anche lei chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo, per calmarsi e cercando di nascondere il dolore per il lutto.
- Quinn, Quinn Fabray. – La ragazza scaricò la tensione stringendo la delicata mano in un pugno, per poi stringere quella di Sam, che aveva riacquistato sicurezza sul come instaurare il rapporto con la nuova conoscente.
- Samuel Evans, ma può chiamarmi anche Sam. – Fece un sorrisetto fuori luogo ed inappropriato in quella situazione, e per riparare sbarrò le labbra assumendo un’espressione alquanto seria. Strinse con presa non molto forte la mano di Quinn.
- La porto nel mio camerino, mi scusi per la reazione esagerata.. – La voce dell’ex migliore amica della Berry risentiva di una forte agitazione e comunque lei era rimasta dispiaciuta per il modo di fare che aveva avuto con il giornalista, ormai abituato a certi trattamenti.

Sam entrò nel camerino della neo conoscente, e vide ovunque dei fiori e le pareti tappezzate da foto di lei e Rachel sin dalla tenera età. Una foto gli risaltò all’occhio molto facilmente: Rachel e Quinn che si stringevano la mano e dietro in terzo piano, verso l’uscita lo sguardo cattivo dello stesso uomo che gli aveva permesso l’accesso nel teatro.

Qualcosa non andava..

Distolse lo sguardo dai vetri che premevano sopra la carta fotografica  e guardò Quinn, riflettendosi negli occhi – anche suoi – verdi, come quelli del ragazzo.
Lei si sedette su una comoda panchina foderata sul sedile da un tessuto rosso, sotto al quale vi era una voluminosa imbottitura. 
Sam le andò incontro, rimanendo in piedi di fronte alla sua figura che dava una particolare bellezza a quel camerino adornato da una cristalliera e da diversi divanetti e poltrone rosse, come le sue labbra.

- Volevo sapere se lei sarebbe stata disponibile a qualche domanda sull’accaduto. 
- L’ultima volta che l’ho vista era stato proprio pochi minuti prima dell’omicidio. Abbiamo riso e scherzato bevendo un po’ di champagne al bar qui affianco poi ognuna è tornata a casa propria, com’era nostra abitudine fare il giovedì sera. Niente di particolare, abbiamo ricordati i tempi del liceo e l’ho vista, l’ho vista per l’ultima volta con quel suo sorriso e quel vestito giallo pallido che tanto amava. – La Signorina Fabray sospirò, portandosi la testa fra le mani e socchiudendo gli occhi nuovamente si fece coraggio. Mentre lei parlava Sam stava già trascrivendo le informazioni sul suo taccuino, una volta finito lo chiuse con dentro la stilografica e prese un suo biglietto da visita e glielo porse.
- Tenga, se avrà bisogno.. non esiti a chiamare a casa, o al mio ufficio cercandomi. Qui sopra ci sono tutte le informazioni di cui avrà bisogno, c’è anche il mio indirizzo di casa: numero 18, Pearl Street, Manhattan. – Le sorrise, facendo sorridere anche lei e dandole un po’ di conforto e sicurezza in quel momento di tristezza.
Si alzò dall’imbottita panchina e si recò verso l’uscita, pensando di avere già abbastanza informazioni per l’articolo: Bur sarebbe stato entusiasta. Ma appena superò lo stipite della porta, Quinn urlò il suo nome, andando verso di lui e fermandolo con presa decisa sul polso.

- Ho qualcosa da darti! 
- Cosa? – Chiese prontamente Sam, e si ritrovò trascinato nuovamente in camerino.
- Rimani qui. – Ormai il tono fra i due era divenuto di totale confidenza, senza darsi più del lei. Quinn aveva aperto un piccolo cassetto ornato di brillantini e lapislazzuli che era situato nella parte inferiore di un carillon.
Mentre la ragazza, coetanea di Rachel, frugava con le dita, lo sguardo di Sam si andò a posare su una lettera chiusa e posata vicino ad un vaso rosso; “Miss Fabray” era quello che era scritto sulla parte visibile al suo occhio data la prospettiva.

Quinn chiuse il cassetto e gli porse due fogli sui quali vi erano due illustrazioni della vicenda.
- Li ho trovati andando questa mattina presto sulla scena del crimine, mi sono informata chiedendo alla gente delle case accanto e mi hanno detto che erano stati fatti da un illustratore di un giornale newyorkese, ma non sapevano per quale lavorasse. Tieni.
Sam prese i fogli e una volta piegati uno sull’altro, li mise nella tasca della giacca sorridendo e ringraziando Quinn. Prese di nuovo la sua strada per il corridoio, doveva ritornare nel suo ufficio a scrivere l’articolo e a chiedere a Finn informazioni sull’illustratore.
La losca e misteriosa persona che l’aveva fatto entrare lo guardò male, con la stessa espressione con la quale guardava male Rachel nella foto appesa nel camerino di Quinn.

Arrivò in ufficio quando furono le 02.54 del pomeriggio e dopo aver diviso il sacco a pranzo con il suo amico Finn:
- Finn, conosci per caso giornali che usano illustrazioni? – Gli chiese Sam, dandogli i disegni ripiegati nella tasca della giacca. Il ragazzo ricambiò la domanda con un sorriso e scosse la testa.
- Sam! Il New York Illustrated! Il giornale che questa mattina ti ha dato Raymond!
- Giusto! Come non pensarci prima? – Chiese retoricamente Sam accompagnando quella domanda ad una risatina. – Grazie, Finn. Ma aspetta, chi è l’illustratore?
- Non saprei..
- Va bene, non ti preoccupare. Vado a scrivere l’articolo o Bur mi ucciderà!

Mentre era già a metà, il direttore finiva il turno e tornava a casa da sua moglie. Anche Finn stava andando e lui era rimasto in ufficio da solo. Finito di scrivere, modificò qualche cosa con la sua stilografica presa dalla ventiquattrore e riscrisse l’articolo sulla macchina da scrivere: era pronto.

 

JACK LO SQUARTATORE È TORNATO?
Due omicidi e due organi mancanti.
Due giorni fa, a Broadway, è stato ritrovato il cadavere
di una delle stelle ascendenti: Rachel Berry. La polizia
indaga. Ultima testimone ad averla vista è stata la migliore
amica, Quinn Fabray. Come da loro abitudine sorseggiavano
un bicchiere di champagne il giovedì sera, quel giovedì che
sarebbe stato ricordato per una tragica fine. Testa completamente
divisa dal corpo. Fegato e cuore portati via assieme all’anulare della
mano destra. Come per l’omicidio precedente dell’attrice Mercedes
Jones, avvenuto la sera del 31 ottobre, l’arma del delitto è la stessa.
Coltello da macellaio assai affilato e per recidere gli organi e il dito
è stato utilizzato un bisturi. Il capo del distretto di polizia Anderson
rassicura e si affida a noi testate giornalistiche per evitare di allarmare
la gente. Ma noi ci chiediamo: questa situazione finirà?

 

Sistemò le cose nella valigia e dopo aver bevuto il terzo caffè della giornata, mise l’articolo sulla scrivania di Bur. Appena in tempo, perché George qualche minuto dopo avrebbe chiuso l’entrata al palazzo. 

Ma un dubbio e un’inquietudine pervasero Sam: l’assassino avrebbe colpito ancora?

  
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