“Mi è tornata in mente una cosa, stamani” disse Rea.
Stava
facendo i compiti con Rin, come ormai era abitudine, al vecchio dormitorio.
Lui
alzò lo sguardo dai libri e la fissò.
“Cioè?”
“Il primo giorno di scuola, mentre ero sulla torre che
guardavo terrorizzata sotto di me, ho visto un lampo blu illuminare il
cortile.
Eri tu?” gli
chiese.
Dalla
scoperta di Satana era passato quasi un altro mese e l’estate era alle porte. Si
sentiva già il caldo afoso entrare dalle finestre.
“Non mi ricordo, ma direi che è
probabile.
Sono l’unico che esplode in fiamme celesti quando attacca” le rispose grattandosi una
tempia. Poi
buttò la penna sul tavolo e sbuffò.
“Senti, possiamo smettere?
Siamo qui da un’ora, non ce la faccio più! È troppo caldo per
studiare!” si lamentò. Rea
lo squadrò.
“Guarda che lo sto facendo per evitare di farti passare
l’estate studiando inglese!” ribatté.
“Lo so, ma non riesco a concentrarmi con quest’afa e non c’è
nemmeno un gelato per smorzare un po’ la calura.
Ho il cervello fuso” disse,
accasciandosi sulla sedia.
“Tu sei tutto fuso, mi pare, ma non per il caldo!” lo
sgridò.
Si
sentì aprire la porta al piano di sotto e sobbalzarono
entrambi.
“Nascondi la coda!” sussurrò Rea.
Rin
aveva iniziato a lasciarla libera quando lei era con lui, tanto sapeva che era
un demone, almeno così stava più comodo.
“Rin?
Yuki-chan? C’è nessuno?”
chiese una vocina. La
ragazza gemette, riconoscendo subito chi era appena arrivato: con tanto di
kimono rosa e Ni-chan in testa, apparve Shiemi dalla porta, tutta
sorridente.
“Oh, siete qui” esclamò.
C’erano
poche cose che non sopportava, ma la troppa zuccherosità di una persona era tra
quelle più in alto nella lista. Quella ragazza non era normale: non che fosse
antipatica o cattiva, no, però era talmente mielosa che le veniva il diabete
solo a vederla. E poi piaceva a
Rin!
“Ciao Shiemi!
Come stai?” la salutò,
infatti, il ragazzo alzandosi subito dalla sedia.
“E tanti cari saluti a inglese” pensò
lei.
“Sto bene, grazie.
Ciao Rea!” le disse rendendosi
conto della sua presenza.
“Ehilà” rispose senza enfasi.
“Oh, mi dispiace, stavate studiando?” domandò la
biondina, vedendo i libri aperti sul tavolo.
“No, avevamo finito e io stavo per andarmene” le
assicurò l’altra, radunando veloce le sue cose.
“Siete sicuri che non disturbi?” il suo tono di
voce era altamente irritante.
“Stai tranquilla!” le sorrise. Alzando una mano in
segno di saluto, Rea s’incamminò per il corridoio.
“Ah, fermati!” le gridò dietro Rin. Lei si
voltò.
“Sì?” chiese
speranzosa.
“Prima Ukobachmi ha detto di darti
questo.
È una torta al cioccolato” le
disse passandole un pacchettino. Lo
prese con la mano libera.
“Ringrazialo da parte mia.
Adesso è proprio tempo che scappi, o Laura mi darà per dispersa. Ci vediamo domani” lo
salutò.
Un po’
deluso, il ragazzo rientrò in mensa.
Mentre
andava via continuò a sorridere e sorridere, come se non ci fosse niente di
sbagliato nel lasciare soli Rin e Shiemi.
“Non è niente, non
è niente, non è niente” si ripeteva, ma sapeva di mentire: era
gelosa marcia di quella ragazza. Quando fu entrata nell’edificio principale e i
due non potevano più vederla, si appoggiò a un muro e
sospirò.
“Non devo fare così, lui è mio amico e se è felice sono
felice” si rimproverò. Eppure sentiva dentro di sé una
vocina che diceva “Amico? Ma se la notte sogni ancora quando ti ha
quasi baciata!”. Arrossì a quel ricordo. Perché non era più
successo niente? Eppure le era parso che lui lo volesse tanto quanto
lei.
Dandosi
della stupida, riprese a camminare verso la sua camera.
Una
volta davanti alla porta si stampò un sorriso felice sulle labbra e la
spalancò.
“Sono tornata! Ti ho portato un po’ di dolce, spero che… ehi, che è successo
stavolta?” domandò. Laura
era a terra con le gambe strette al petto e tremava fino alla punta dei
capelli.
“Mephisto…
io e lui… e lui è… sono una stupida!” balbettò la ragazza in risposta.
Rea si mise in ginocchio accanto a lei e la fissò.
“Non ho capito una sola parola di quello che hai detto, ma se
vuoi sono a tua disposizione per sfoghi e affini.
Vieni, sediamoci sul letto” la
confortò.
Le mise
una mano dietro la schiena e la aiutò ad alzarsi, dato che le pareva molto
instabile.
Quando
furono riuscite a mettersi comode sulle coperte Laura smise di singhiozzare e
provò a respirare normalmente.
“Calmati, ho tutto il tempo del mondo per te” le
assicurò Rea.
“Mephisto…” iniziò a dire.
“Sì, avevo intuito vagamente che c’entrasse il
pagliaccio” sospirò l’altra.
Chissà
perché sentiva che c’era qualcosa di strano collegato a quell’uomo. Laura
sembrava bloccata, come se ci fosse qualcosa che non le riusciva
sputare.
“Io e lui abbiamo fatto sesso” annunciò.
A Rea
si fermò la crescita.
Ciò che
aveva capito dal racconto dell’amica (molto frammentario e intramezzato da
singhiozzi e pause) era che avevano litigato e lei era scappata in camera;
quando lui era andato a cercarla per chiarire l’aveva sedotta, senza nominare un
piccolo particolare quale il fatto che fosse un demone; infine la ragazza aveva
visto la coda e aveva ricollegato il tutto, mandandolo via da camera e crollando
a terra, dove Rea l’aveva trovata. Benché sapere che il preside della propria
scuola è un mostro fosse scioccante, lei era
schifata.
“Tu… hai fatto… sesso… con Mephisto?” le domandò
incredula. Era solo quello il punto che non concepiva.
“Non ci voglio credere.
Sei più schifata per questo che per il fatto che lui sia un
demone?” esclamò l’altra
alzandosi.
Sembrò avere un’illuminazione.
“Tu sapevi già di Rin, vero?
È stato lui a ferirti, la mashou l’hai avuta da lui!” le disse. Rea
la fissò: da quando erano entrate all’accademia Laura si era fatta più
furba.
“Sì, in effetti è così”
ammise a denti stretti. Non voleva tradirlo, ma negare era
inutile.
“E questo non ti dà noia?
Non ne sei spaventata? Come fai a rimanere così impassibile ogni santissima
volta?” chiese spazientita. Era arrivata al limite massimo di
sopportazione.
“Beh, all’inizio non ci credevo nemmeno
io.
Rin mi ha ferita per sbaglio quando eravamo sul tetto: io ero stanca, avevo
pianto molto e non avevo mangiato niente e, quando mi sono alzata per tornare in
camera, la testa ha iniziato a girarmi. Rischiavo di cadere e lui mi ha
afferrata, graffiandomi leggermente a un polso. Quando, il pomeriggio dopo, è
venuto a controllare come stavo ha capito che potevo vedere i demoni grazie al
fatto che riuscivo a distinguere la vera forma di Kuro, il suo famiglio. Mi ha
portata da Yukio e mi hanno spiegato per bene come stavano le cose, senza
nominare il fatto che era stato lui a infliggermi la mashou. Tempo dopo, per sbaglio, ho fatto sì che la sua vera natura venisse
fuori e sì, lì per lì mi sono spaventata, poi mi sono resa conto che non mi
importava, lui per me è solo Rin” le
spiegò.
Rea
vide la confusione dipingersi sul volto della ragazza e
sbuffò.
“Senti, sinceramente se il mio migliore amico è un demone, un
mostro, un gatto o una gallina non mi interessa, quello che davvero importa è
come io sto con lui, giusto?” chiese innocentemente. Laura annuì, anche
se non ne era molto convinta.
“Ho bisogno di quella torta, adesso”
ammise.