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Autore: SmokingRum    12/05/2012    0 recensioni
L'ultima e diretta discendente di Sherlock Holmes, il suo assistente, uno studente di medicina, e i loro casi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter XI
Resolution
 
 
 
 
 
Scendemmo entrambi giù per la botola, scoprendola essere un vero e proprio passaggio segreto. Delle scale in legno a chiocciola portavano giù nelle fondamenta della casa e sembrava non finissero più. Preferii non proferire parola mentre l’ unica cosa che rompeva il silenzio erano gli scricchiolii degli scalini. Ma se intorno a noi era silenzio, nella mia mente era il caos più completo: Cheyenne come aveva fatto a scoprire di questa botola? E cosa aveva capito? E da cosa lo aveva capito? La curiosità mi stava uccidendo e non resistetti più.
-Cheyenne? –sussurrai.
-Dimmi. –vidi i suoi occhi turchesi posarsi su di me nella penombra di quelle scale.
-Chi è l’assassino? E come lo hai scoperto?
Mi sorrise sghemba.
-Vuoi davvero rovinarti la sorpresa? 
Ci pensai su un attimo e sospirai, arrendendomi. Continuammo a scendere le scale per quelli che mi smbrarono milleni ma che, nella razionalità di Cheyenne, saranno stati meno di dieci.
Finalmente Cheyenne si fermò. Ci trovavamo davanti ad una porta in metallo, senza maniglia e senza serratura. 
-Come facciamo ad entrare? –chiesi.
-Questa porta funziona come una cassaforte, quindi da qualche parte deve esserci la tastiera per la combinazione… ah! Eccola qui! E adesso… 6. –pigiò un tasto –3, 7, 0, 5, a, F, d.
Si sentì un rumore secco. Cheyenne spinse leggermente la porta e quella si aprì poco, giusto qualche centimetro.
-Come hai fatto? –chiesi sbigottito, sussurrando per non farmi sentire.
-Basta guardare bene i tasti: su quelli che ho pigiato il sebo si è depositato di più e i numeri sono più consumati degli altri. Era facile. Allora, sei pronto? –mi chiese quasi mormorando.
-Devo essere sincero? 
-No, devi mentire, a te stesso se necessario, e convincerti che sei pronto e che andrà tutto bene.
-Come posso esserlo?! Per quanto ne sappiamo, se l’assassino è davvero qui, sarà armato sicuramente.
-L’assassino è qui. E se anche fosse armato a noi che importa? 
-Sai com’è, siamo un po’ in svantaggio!
-Saremmo in svantaggio se noi fossimo disarmati. Ma non è così. –le sue mani si spostarono sul suo vestito, che alzò mostrando la coscia. Alla gamba aveva una pistola (sì, proprio quella pistola) tenuta ferma con una fibbia.
La slegò e la prese in mano, portandosela dietro la schiena poi mi guardò eloquente, facendomi capire che era il momento. 
Aprì completamente la porta silenziosamente, senza muoversi. L’ intera stanza era avvolta dall’ oscurità. Non si vedeva nulla, neanche ad un palmo dal naso. Aguzzando la vista, però, in lontananza vidi una piccola luce, probabilmente una candela. E accanto alla luce… una sagoma di schiena, impossibile riconoscere chi fosse, se ne stava ferma. Probabilmente non si era nemmeno accorto di noi.
-Accendi la luce o lo faccio io, signor assassino? –urlò Cheyenne. 
Quello subito si girò verso di noi, e spense la candela con un soffio, probabilmente per darsela a gambe e Cheyenne, appena la luce sparì, sparò in direzione dell’ ombra. Seguì un urlo straziante di dolore. Non ci potevo credere! Cheyenne aveva sparato a un uomo!
Lo scalpinio di tacchi di Cheyenne si diresse verso destra, poi un  sonoro CLICK risuonò nella stanza e la luce si accese. Chiusi gli occhi, ormai abituato alla penombra, e poi li riaprii. Vedevo un poco sfocato e me li stroppiaccia qualche secondo.
-Dunque, perché non ci spieghi a cosa è servita tutta questa buffonata? –chiese Cheyenne, probabilmente all’assassino –O devo spiegarlo io, Koichi Saito?
A quel nome, spalancai gli occhi e tentai di mettere a fuoco la scena. A terra, davanti a Cheyenne e poco distante da me, stava un uomo rannicchiato sulla gamba destra sanguinante, tamponando il sangue.
E quell’ uomo era proprio lui: Koichi Saito in carne ed ossa. Il suo sguardo carico d’ira era fisso su Cheyenne, che gli puntava addosso la pistola ancora calda. 
-Ma cosa diamine…? –borbottai io.
-Allora? Lo spieghi tu o io? –chiese Cheyenne.
Quello rimase zitto e tentennante qualche secondo, per poi guardare implorante Cheyenne.
-Oh, grazie al cielo! Mi… mi avete trovato! Sono stato chiuso qui per ore! Deve essere stato quello che mi vuole ammazzare che…
-Ti prego, Koichi, smettila! Sei pietoso. Perlomeno ammetti di aver compiuto un crimine, ci fai una figura più bella, te lo assicuro. –esclamò Cheyenne, quasi sbuffando.
Di nuovo, quello rimase zitto, guardando prima me e poi la mia amica. Alla fine sospirò, rassegnato.
-Lei, signorina, è davvero molto brava. –disse infine.
-Già. Ma tu mi avevi davvero sottovalutata se pensavi che ci sarei scascata.
-In realtà ci speravo. Speravo che la sua fosse tutta apparenza… a quanto pare non è così.
-Decisamente.
-Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?! –sbottai io, che non ci capivo più nulla!
Cheyenne, senza staccare gli occhi dall’ uomo, cominciò la sua spiegazione.
-E’ molto semplice: quest’ uomo ha inscenato la sua morte con una classe senza pari. Prima di tutto a chiesto ad un  uomo, un giapponese, di scrivere le varie lettere che gli sono state spedite. Lo ha chiesto ad un mancino, visto che lui è destro. E l’ uomo che ha scritto la lettera che mi hai mostrato è lo stesso che ora giace carbonizzato nella tua stanza, vero Koichi? Hai scelto un uomo povero, che aveva bisogno di soldi, mancino e che le assomigliasse almeno fisicamente. Gli avrà sicuramente offerto una prospicua quantità di denaro per scrivere le lettere e quello, bisognoso di liquidi, non ha fatto domande. Ma nello scrivere la lettera che mi hai mostrato, la penna è scoppiata, schizzando sulla mano dello scrittore. E pensa un po’, sulla mano sinistra del cadavere si vedono chiaramente delle bollicine nere: cioè l’ inchiostro che era rimasto sulla sua mano che poi ha creato le bolle quando hai bruciato vivo quel poveretto. Correggimi se sbaglio.
-No, non sbagli.
-Quindi, lo hai ucciso, probabilmente proprio in questa stanza e poi, con questo passaggio segreto, lo hai portato nella tua stanza, dopo avergli messo i tuoi vestiti e lo hai spacciato per te. Rischioso, non credi? Dal calco dentale avremmo scoperto che non si trattava di te.
-No, non lo avreste scoperto. –la interruppe Koichi –Ho falsificato i miei documenti in modo che a quell’ uomo risultasse il mio calco dentale e a me il suo.
-Mmmh. Furbo. –convenne Cheyenne.
-Previdente.
-Quindi, questo è quanto. E’ così che è accaduto il misfatto e sei stato abbastanza intelligente da non far cadere nessun sospetto su Maria, probabilmente perché le sei molto affezionato. Ho scoperto questo passaggio grazie agli schizzi iniziali della costruzione della villa. Ma ora mi devi spiegare questo: perché? Avevi i soldi, la ditta di tuo padre, per quale ragione arrivare a tanto?
-Perché quel testamento era falso.
-Come sarebbe a dire?
-All’ inizio non lo sapevo. Quando presi per la prima volta in mano quel testamento sembrava autentico ma poi mi accorsi che era finemente incollato ad un altro foglio. E quel foglio era il vero testamento. E nel vero testamento mio padre mi lasciava la gestione della ditta e il suo denaro per soli cinque anni! Allo scadere di quegli anni tutto sarebbe passato a Shinichi, il mio fratello bastardo! Proprio quel fratello bastardo a cui Maria si era affezionata in modo tale da superare, probabilmente, l’amore che provava per me! Ed io sarei riuscito a passare sopra a questo, ma sapere che nemmeno a Maria sarebbe rimasto nulla, non potevo sopportarlo! Pensai a lungo di ucciderlo, ma poi rilessi bene quel testamento. Scritto in piccolo, in un angolo del foglio, così in piccolo che mi servì la lente d’ ingrandimento per leggere, c’era una piccola clausola. Diceva: “Se prima dello scadere dei cinque anni mio figlio, Koichi Saito, dovesse morire non per cause naturali, tutti i miei possedimenti passeranno a mia figlia Maria.” Allora capii che, se mi fossi finto morto prima di cinque anni, tutto sarebbe passato a mia sorella che, sicuramente, non mi avrebbe mai negato l’asilo o il suo denaro se un giorno mi fossi rifatto vivo! 
-E allora hai pensato bene di ammazzare un poveraccio per prenderti i soldi di tua sorella. Beh, davvero brillante. –disse Cheyenne –Ed è proprio per questa tua brillante idea che finirai in prigione per omicidio. Muddy, bloccagli l’emorraggia alla gamba.
All’ ordine saettai verso il nostro ex cliente e gli esaminai la gamba: fortunatamente il proiettile non era incastrato fra le ossa, ma solo nella pelle. Mentre Cheyenne faceva per chiamare un’ambulanza e Scotland Yard, Koichi Saito mi guardò dritto negli occhi.
-Mi dispiace. –disse.
-Io non credo. –sussurrai. 
-No, davvero. Mi dispiace per quello che sto per farvi. 
Senza lasciarmi il tempo di capire cosa intendesse dire, quello mi lanciò un pugno ben assestato (che in un solo anno era il terzo) che mi fece cadere lontano da lui. Senza che Cheyenne potesse fare nulla, quello tirò fuori un piccolo telecomando e spinse un bottone. Sentimmo la porta dietro di noi chiudersi con un rumore secco e le serrature ermetiche attivarsi. Poi si sentì un leggero BIP. Infine, Koichi tirò fuori dalla giacca una pistola e, prima che io o Cheyenne potessimo muoverci, se la puntò alla testa e sparò.
-NO! –urlò Cheyenne, correndo verso Koichi –NON MORIRE, BASTARDO! CHE COSA HAI FATTO POCO FA?! DIMMELO!
Quello, mentre i suoi occhi perdevano luce, sorrise a Cheyenne.
-Boom… -sussurrò, per poi smettere di guardarla davvero. Il petto si gonfiò un’ ultima volta e la testa si piegò verso destra.
Cheyenne rimase in silenzio, mentre io mi avvicinavo a lei. 
-Cheyenne? –chiesi, quasi più a me stesso che a lei.
-Muddy, mi dispiace. Ma credo che stiamo per morire.
 
 
 
 
  
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