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Autore: RMSG    13/05/2012    6 recensioni
[Seconda classificata al 'You And I Contest' di Luna Ginny Jackson]
[...] München, 21 März 1925.
Quattro anni erano passati.
Il giorno in cui sarebbe tornato a casa era arrivato.
E quel giorno era oggi. [...]

Pairings: RoyEd; Alter!RoyEd; WinryEd.
NO BROTHERHOOD. E' una what if? basata sul finale della prima serie.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Grazie di cuore a tutti coloro che hanno commentato e a chi ha inserito la mia storia nelle seguite.
Vorrei dire solo una cosa: anche a me piace aprire EFP, andare nel mio fandom preferito e trovare una fanfiction nuova, appena pubblicata, magari piacevole. Se decido di leggerla, poi la commento. Per principio e perché essendo anche io un'autrice so esattamente quanti sacrifici e fatica ci sono dietro quelle tre o quattro paginette di Word. Non voglio costringervi a commentare la mia storia, né a lasciarmi commenti pieni di lodi. Però inserendo la storia tra le seguite mi dite che vi interessa ciò che scrivo e che lo trovate bello. E' così terribile e faticoso dedicare cinque minuti della propria vita a esprimere la propria opinione per qualcosa che, evidentemente, ci ha dilettati? =)
Grazie per l'attenzione, buona lettura e viva ciò che ci fa felici.

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Too Much Love Will Kill You
Capitolo 2: Come And Sit By Me





Dopo una lunga telefonata col suo adorato fratello ritrovato, Edward avrebbe voluto prendere il primo treno per East City, ma Winry insisté nel trattenerlo a pranzo. Ed sapeva d’averla ferita e che il loro rapporto, ora irrimediabilmente incrinato, sarebbe andato in rovina sempre di più, giorno dopo giorno… ma che ci poteva fare? Chi meglio di lui sapeva che cosa poteva significare desiderare un amore impossibile e irraggiungibile?

In ogni caso, dopo un delizioso ma taciturno pasto, Edward lasciò Resembool, diretto a East City, che raggiunse a pomeriggio inoltrato, quando il sole stava quasi tramontando. Sul treno aveva riflettuto su molte cose, sui cambiamenti e sulle possibilità di modifica di questo mondo. Anche sul fatto che evidentemente avrebbe dovuto trovarsi un nuovo meccanico per gli auto-mail.
Ma, a parte questo, quando arrivò lì in città si ritrovò a combattere con una temperatura più calda di quanto si ricordasse: possibile che anche il clima fosse cambiato in quattro anni? Incredibile.

Alla stazione, Edward inizialmente e per istinto non poté che cercare con lo sguardo un’armatura. D’altronde, era questo l’ultimo ricordo che aveva del suo fratellino ed era per non ricordaselo più così, pensandoci bene, che era finito a Monaco.  
Allora cominciò ad andare a caccia, col cuore che gli faceva le capriole, di un ragazzo biondo dagli occhi verde oliva, magari alto, in forma e dal cipiglio gentile, ma brillante.
“FRATELLONE!” la sua voce. Quella no, non se la poteva certo scordare, armatura, cemento o carne che la riproducesse. Si girò lentamente, come se la pellicola della sua vita si fosse inceppata, per poi riprendere a funzionare solo quando il suo unico fratello gli si fosse gettato addosso.
“Oh, Al! Al! Al! Al!” si strinsero, testa contro testa. Ed pensò che Al era davvero tanto caldo e che aveva dimenticato quanto fosse bello abbracciarlo.
“Nii-san… dove sei stato?! Io.. ti ho cercato per tutta Amestris! Sono andato anche all’estero! Ho pensato persino che fossi morto, perché... non potevi aver fatto un'altra trasmutazione umana...”. Ed lo fissò e sorrise, stanco a causa del viaggio – dimensionale e territoriale.
“Posso spiegarti tutto più tardi? Ho davvero bisogno di rivedere prima gli altri… andiamo al Quartier Generale?” disse, con una punta d’entusiasmo nella voce e gli occhi che si stavano illuminando all’idea di rivedere tutto il resto della squadra. Tuttavia, la gioia durò ben poco, perché vide Al incupirsi. “Che c’è, Al?!” esclamò, preoccupato.
“Nii-san, vieni: andiamo in albergo. Hai bisogno di stare in un posto quiete prima che ti spieghi tutto quanto”. Ed sussultò visibilmente e le parole di quel Ramset gli ritornarono in mente. "Dopo la rivoluzione".
"D'accordo...".
Tornarono all'albergo dove Al alloggiava e per prima cosa ordinarono un sacco di dolci col servizio in camera, dopodiché, seduti entrambi sul letto matrimoniale al centro della stanza, si guardarono bene negli occhi.

Da dove posso cominciare, Nii-san..." sospirò, Al. "Dopo il colpo di stato e dopo quello che successe a noi - di cui non c'è bisogno di parlare ancora -, la squadra del Colonnello Mustang è andata in frantumi. Breda, Falman e Fury si sono ritirati a vita privata, Havoc ha chiesto trasferimento a South City, il Tenente Hawkeye ora prepara i tiratori scelti all’Accademia e… “
“E Mustang?” chiese, ansioso.
“Mustang, dopo aver eliminato Bradley, aveva due scelte: essere processato alla Corte Marziale e arrestato per omicidio oppure chiudere il becco, lasciarsi confinare a Nord in una baita sperduta ed essere degradato a Caporale”.
“Non posso crederci” aveva l’amaro in bocca, Edward. “Roy Mustang ridotto a un misero soldato semplice…”. Al lo guardò dispiaciuto, e mentre Ed si teneva la testa con una mano, arrivò il servizio in camera. Rimasto Acciaio sul letto, fu Alphonse a ritirare i dolciumi e a portarli da lui.
Mentre serviva i vari piatti, Al riprese a parlare: “La cosa peggiore è che non ha mai voluto parlare con nessuno” offrì un cucchiaino al fratello “Infatti, Havoc ci ha provato ad andare a trovarlo… ma Mustang, così mi ha detto, lo ha mandato via” e mangiò un bel boccone di gelato. “Il Sottotenente, al tempo, mi disse che secondo lui… beh,” sorrise un po’ bonario “che secondo lui Mustang aspettava che tornassi tu”. Edward non rispose, facendo finta di essere troppo impegnato a mangiare. Poi il fratello più piccolo spezzò nuovamente il ghiaccio.
“Ora tocca a te, fratellone”. Ed smise di mangiare e lo guardò, sorridendo amaro. Prese un profondo respiro e cominciò a raccontare.
“Sono finito in universo parallelo, Al” la coppetta di gelato al cioccolato del fratello cadde sulle lenzuola, macchiandole. “Quando ti ho ridato il corpo, io volevo sacrificarmi, ma invece mi sono ritrovato a  scoprire che Amestris è collegata con un mondo del tutto similare, dove per ogni persona che abita in un mondo è molto probabile che da qualche parte nell’altro vi sia una persona dall’aspetto identico. Ho incontrato tanti nostri compagni nel paese dove mi sono ritrovato, la Germania, e primo fra tutti tu. Vivevo in una città chiamata Monaco e per i primi anni ho viaggiato molto, andando anche oltre i confini, in enormi città come Parigi, in Francia. Lo so, è difficile da credersi, ma è la verità”. Sbuffò, mandando giù un boccone di torta. Appoggiò il capo alla testiera del letto e continuò a raccontare, più come se stesse parlando da solo che con Al. “In quel mondo, ti chiamavi Alfons Heiderich, uno studioso di meccanica. L’unica differenza fra di voi era il colore degli occhi: lui li aveva azzurrissimi…” fu dura nascondere la nostalgia, e infatti non ci riuscì. “Vissi con lui per circa un anno, ma purtroppo… purtroppo era gravemente malato e morì ben presto”. Si alzò dal letto, con le viscere che si contorcevano a quei ricordi. Suo fratello sembrava quasi non fiatare per quanto doveva essere scioccato dal racconto. A Ed non importò, preferì piuttosto continuare col proprio narrare. “Dopo la sua morte, la mia vita peggiorò. Ero distrutto e senza il minimo coraggio di continuare a studiare per tornare a casa. Passavo molto del mio tempo nel bar sotto il mio appartamento, vicino al negozio di fiori della signora Glacier…”.
“La moglie del signor Hughes?!”. Ed annuì, un po’ contrito.
“In quel mondo non erano sposati, anzi. La signora Glacier molto spesso non poteva soffrire Hughes, specie perché… beh, lui era davvero diverso da com’era qui”. Risparmiò al fratello i discorsi sul nazismo e sulle guerre che la Germania aveva affrontato. “Ho incontrato anche una ragazza molto simile a Rose di Reole, Noa, anche un tabaccaio di nome Jean Heavok. A Parigi, poi, una fornaia di nome Riza e di nuovo a Monaco, poi, un insegnante di lingue antiche – qui non ne abbiamo di simili -, di nome Roy Mustang”. Un bagliore negli occhi che Al non notò. “Comunque, stavo dicendo” riprese il filo “passavo molto del mio tempo nel bar sotto casa e fu lì che incontrai il Professor Mustang. Diventammo amici e grazie a lui ripresi la voglia di riprovarci. Fine”, tagliò corto e questo sì, questo Al lo notò. Ma non domandò oltre.
“E come… come hai fatto a riaprire… il portale, ecco”. Ed si girò e lo guardò serio.
“Ho sacrificato la mia alchimia”. Fu come se una bomba fosse scoppiata in stanza. “Non potrò più usare l’alchimia… e non mi dispiace, a dirla tutta”. Anche ‘stavolta evitò di dire al fratello che la loro possibilità di usare l’alchimia era dipesa da tutte le persone che morivano dall’altra parte. “Era l’unico modo per pagare un prezzo così alto…”. Tornò sul letto e ricominciò a mangiare. L’aria si distese e divenne più serena quando Al cominciò a raccontargli tutto ciò che gli veniva in mente, dalle sue scoperte a come la maestra Izumi lo avesse addestrato nuovamente partendo dall'inizio. Finirono in breve tempo i dolci e quando accumularono i piatti sporchi su un tavolino, Ed si girò all’improvviso e lo guardò.
“Alphonse…”.
“Sì, Nii-san?”.
“Hai detto che secondo Havoc il Colonnello sta aspettando che ritorni io per riprendere a lottare…”.
“Sì, esatto”. Acciaio si girò e l’ardore di un tempo apparve nei suoi occhi.
“Riporterò Mustang qui”. 

   
 
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