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Autore: AlexDavis    13/05/2012    4 recensioni
Extra della storia 'Scambio di coppia'
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Eccomi qui angeli...
Ecco a voi il primo Extra, ne seguirà un altro che sarà l'ultimo.
Buona lettura e tanti auguri alle mamme.
xoxo Alex



I EXTRA


 

Dopo il lunghissimo e dolcissimo bacio che ci eravamo scambiati sul portico eravamo entrati in casa e poi ci eravamo baciati ancora accanto alla porta.
Quando ci staccammo, ci sorridemmo ed io mi girai poi verso l’interno osservandomi intorno. Era una dimora estiva quindi era dipinta e arredata con toni freddi come il bianco, l’azzurro ed il blu.
Il mobilio era semplice, lo stretto indispensabile e la cucina non aveva tutti i confort come l’attico che aveva in città, c’era a stento il forno e una macchina del caffè.
Edward, con la mano stretta alla mia, mi condusse al piano di sopra dove probabilmente c’erano le camere da letto. Sapevo dove e perchè stava andando di sopra e non lo fermai, anche io avevo bisogno di lui.
Mi era mancato da morire in quella settimana e volevo averlo tra le braccia, stringerlo a me e baciarlo fino a non avere più fiato.
Quando entrammo in quella che molto probabilmente era la sua stanza non ebbi neanche il tempo di guardarmi intorno che appoggiò le sue labbra sulle mie in un bacio ardente e desiderato. Ci spogliammo l’un l’altro freneticamente, accarezzando i nostri corpi accaldati ed eccitati.
Mi sollevò di peso e sentii il suo membro duro e caldo vicino alla mia entrata bagnata, quel contatto mi fece rabbrividire e ansimare.
<< P-prendi…ah… >> non lo lasciai finire che annuii ed incollai le nostre labbra mentre lui con un’unica spinta entrava in me.
Gli uscì dalle labbra un respiro strozzato e si appoggiò con una mano al muro mentre con l’altra mi teneva stretta per i fianchi.
Appoggiai la fronte sulla sua. << Ti amo. >> gli sussurrai.
Lui annuì stringendomi tra le sue braccia. << Oh amore mio…ti amo anche io. >> afferrò il mio viso tra le mani e mi diede piccoli baci sulle labbra. << Ti amo…ti amo…ti amo… >> mi sussurrò tra un bacio a l’altro.
Ci baciammo ancora e lui prese a muoversi dentro di me lentamente mandandomi ad ogni spinta sempre più vicina all’orgasmo. Mi appoggiò sul letto e riprese a muoversi, senza mai staccare le labbra dalle mie, le sentivo gonfie e doloranti, ma non importava.
Ero quasi arrivata al limite ed anche lui quando si fermò senza però uscire da me. Mi guardò negli occhi, il suo sguardo era così intenso ed innamorato che mi vennero le lacrime agli occhi.
Mi scostò i capelli dalla fronte imperlata di sudore. << Promettimi che non scapperai più da tutto questo…promettimi che mi amerai sempre come farò io…promettimi che mi resterai accanto anche quando ti chiederò di lasciarmi solo. >> il verde dei suoi occhi divenne ancora più intenso se possibile. << Promettimi che io resterò sempre tuo e che tu resterai sempre mia. >>
I suoi occhi era lucidi di lacrime e di emozione mentre mi diceva quelle parole ed io ero ormai in lacrime. Annuii abbracciandolo stretto al mio petto. << Te lo prometto. >>
Mi baciò e riprese a muoversi portandoci entrambi all’orgasmo più travolgente, forte e doloroso che avevo mai provato fino a quel momento.
Si accasciò stanco e appagato su di me. << Grazie. >> sussurrò poi sentii le sue labbra umide posarsi sul mio collo.
Non risposi non c’era altro da dire, così lo abbracciai e coccolai fino a che il sonno non prese entrambi.
 
****
 
<< Cazzo, quanto pesa. >> commentai mentre afferravo uno degli scatolini ammassati sul pianerottolo. << Ma che ci hai messo? >> sbuffai.
Edward, il mio ragazzo da qualche settimana, alzò gli occhi al cielo mentre senza neanche un’ombra di sforzo sul viso entrava tenendo tra le braccia due scatolini.
<< Quanto sei lamentosa. >> commentò dirigendosi nello studio che per il momento avremmo condiviso.
Sbuffai ancora e lo seguii, in quei scatoloni c’erano i suoi libri di diritto che più che libri erano enciclopedie di tremila pagine l’uno.
Quella mattina avevamo cominciato il trasloco nella nostra nuova casa, doveva essere ristrutturata, ma eravamo impazienti di andare a vivere insieme. Ci avremmo pensato dopo anche perché c’era un’altra cosa che dovevo dirgli e volevo farlo in casa nostra.
Concludemmo gran parte del trasloco quel giorno anche perché vennero ad aiutarci i miei amici e anche Emmett.
Erano le dieci quando stanchi, ma soddisfatti ci sdraiammo sul divano profumati di doccia. Avevamo ordinato una pizza e ce la stavamo mangiando mentre chiacchieravamo, proprio mentre lui stava finendo un discorso gli posi la domanda.
<< Edward ti piacciono i bambini? >>
Si bloccò con un pezzo di pizza tra le mani. << C-cosa? >>
Feci spallucce e persi tempo bevendo un po’ di acqua, non avevo toccato neanche una goccia di birra ed io l’adorava. Quando Edward me l’aveva fatto presente, gli avevo detto di aver scoperto di esserne allergica e lui ci aveva creduto.
<< Si, voglio dire, cosa ne pensi dei bambini in generale? >> e afferrai un altro pezzo di pizza.
Mi guardò intensamente negli occhi poi abbassò il suo sguardo sul mio ventre e lì capii che non ero stata così furba, lui aveva capito, aveva capito che ero incinta. Ma perché non parlava? Perché continuava a fissare la mia pancia senza proferire parola?
Sorprendendomi si alzò da divano, afferrò le chiavi di casa ed uscì lasciandomi sola e piena di domande e preoccupazioni. Ma cosa gli era preso?
Non lo seguii perché sapevo che voleva stare da solo o almeno non voleva stare con me, così afferrai il cellulare chiamai Emmett.
<< Gli ho detto che sono incinta e lui è scappato. >> gli dissi appena rispose.
Restò zitto per un secondo poi cominciò ad urlare ed io mi ricordai che non gli avevo ancora detto nulla.
<< Sei incinta? Cioè…come…cioè… >> non riusciva a parlare tanta era la sorpresa.
Sbuffai. << Potrai esultare e sconvolgerti dopo, adesso scendi e vai a cercare tuo fratello! >>
<< Oh…ehm.. si, vado. >> e staccò.
Da quella telefonata passarono ore ed io lo aspettai fino a che la stanchezza non vinse e mi addormentai sul divano. Quando mi svegliai era mattino e accanto a me c’era Edward che mi stava osservando con occhi stanchi, ma contenti ed eccitati.
<< Edward… dove… >> cercai di dire, ma lui mi fermò.
Mi afferrò la mano. << Vieni, devo mostrarti una cosa. >>
Lo seguii per la casa e si fermò davanti alla stanza degli ospiti, l’aprì ed io rimasi sconvolta notando che l’aveva trasformata in una stanza per i bambini. Le pareti erano arancione e giallo, colori neutro perché non sapevamo ancora il sesso. Non c’era nient’altro, ma quello bastava per fammi commuovere.
Scoppiai in lacrime. << Edward è…. >>
Mi abbracciò stretta. << Mi dispiace essermene andato via in quel modo ieri sera, ma avevo bisogno di stare da solo per riflettere. Non ho mai pensato a me come padre e quando ieri sera mi hai fatto quella domanda sono andato completamente fuori di testa. Ho passato un paio di ore a girare per la città fino a che non è arrivato Emmett e mi ha fatto una lavata di capo , dicendomi che ero stato un cretino e che tu eri a casa a preoccuparti e che non era un bene nelle tue condizioni. Mi sono sentito un verme, uno schifo.
<< Non potevo, però, tornare a casa senza niente in mano per chiederti scusa. Così siamo andati in uno di quei supermarket aperti ventiquattro ore su ventiquattro e abbiamo preso delle lattine di pittura. Ho dipinto questa stanza per tutta la notte, sono stanco morto, ma ne è valsa la pena, no? >>
Aveva parlato a macchinetta prendendo aria solo raramente, era nervoso e agitato e anche divertente. Era il mio uomo e tra un po’ il padre del mio bambino, lo amavo da impazzire e lo amavo ancora di più dopo quel gesto così dolce.
Gli sfiorai le labbra. << E’ stato un gesto bellissimo. >> e gli sorrisi dolcemente.
 
****
 
 
Ero stata tutto il pomeriggio nel mio studio a correggere alcuni racconti e ricontrollando l’ultima stesura del libro della figlia del mio capo, mentre Edward e mia sorella Rose erano stati in cucina a controllare alcuni documenti. Avrebbero avuto un importante udienza in quei giorni.
Mentre leggevo i fogli avevo una mano appoggiata sulla mia enorme pancia e l’accarezzavo di tanto in tanto, era un modo per rilassarmi e per coccolare i miei angeli ancora prima di nascere.
Quando uscii per l’ennesima volta dal mio studio erano le sette di sere e avevo una gran fame nonostante avessi mangiato neanche qualche ora prima. In quella gravidanza avevo messo su parecchi chili e mi stavo già dannando pensando alle ore di palestra e alla dieta ferrea a cui mi sarei dovuta sottoporre dopo il parto.
Quando entrai in cucina esclamai: << Attenti, mongolfiera in arrivo. >>
Alzarono entrambi lo sguardo e mi sorrisero divertiti. Mia sorella era più bella del solito ed io sapevo di chi era il merito, era dovuto tutto a quel testone del mio migliore amico. Lei ed Emmett si frequentavano da un po’ e non l’avevo mai vista così rilassata e felice. Emmett era quello che le serviva, infondo lo avevo sempre saputo e sempre sperato.
<< Avete fame? >> chiesi mentre aprivo il frigo per la trentesima volta in quella giornata.
<< Abbiamo fatto uno spuntino un’ora fa, Bella, hai già fame? >> mi chiese sconvolta mia sorella.
Sbuffai ed indicai il portabagagli che mi portavo dietro da quasi nove mesi, si perché era quasi scaduto il tempo, ma non avevano dato nessun segno di voler uscire.
<< Ho due bocche da sfamare oltre alla mia, permetti? >> e le mia voce era altamente acida.
Alzò le mani in segno di resa e riportò l’attenzione ai documenti che Edward, il mio stupendo compagno e padre dei miei figli, stava commentando.
Riportai anche io l’attenzione al frigo e decisi di farmi qualche tramezzino al prosciutto con pomodori, insalata e maionese. Ne avevo fatto indigestione in quei mesi, li adoravo cosa che non succedeva prima.
Mi preparai tutto con calma sul bancone, poi li salutai e mi diressi di nuovo nel mio studio o almeno era quella la mia intenzione, ma non riuscii ad arrivarci.
Sentii un dolore lancinante sotto la pancia e poi qualcosa di bagnato colarmi giù per le cosce. Abbassai lo sguardo e notai il mio pantalone della tuta tutto bagnato come se mi fossi fatta la pipì addosso, ma mi si erano rotte solo le acque.
Stavo per chiamare Edward quando arrivò un’altra fitta strozzando un urlo e lasciando cadere il piatto con i tramezzini a terra. Quel rumore attirò l’attenzione di Edward e mia sorella che subito accorsero sorreggendomi.
<< Bella, amore, che…oh cazzo! >> esclamò il mio ragazzo vedendo in che condizioni mi trovavo.
Subito prese la situazione tra le mani, mi aiutò a cambiarmi poi prese la borsa ed il cappotto e scendemmo giù usando le scale perché il dottore aveva detto che durante il travaglio aiutava moltissimo camminare.
In macchina verso l’ospedale mi venne un’altra fitta, gli intervalli tra una doglia e l’altra stavano diminuendo quindi non avrei dovuto passare ore intere a pregare che tutto passasse.
Quando arrivammo in ospedale si trovavano già tutti lì in fibrillazione. Come avevano fatto? Poi mi ricordai che c’era Rose con noi e che doveva essere stata lei a dare l’allarme.
Eravamo una ventina e occupavamo tutta l’entrata della clinica, il mio ginecologo rimase sconvolto come anche gli infermieri che mi aiutarono a sistemarmi sulla sedia a rotelle.
<< Sapete che non potete entrare tutti? >> chiese al mio folto seguito.
Tutti annuirono e si misero d’accordo, così alla fine con me vennero Rose, Alice ed Edward. Avevo chiesto a tutti e tre di assistermi così nell’eventualità che Edward o qualcun altro svenisse per le troppe emozioni c’era già qualcuno pronto per la sostituzione.
Mi portarono in una stanza ed Edward volle per forza aiutarmi a vestirmi. Era diventato asfissiante, stavo soltanto per partorire i suoi figli, per la miseria!
Okey, si, forse poteva permettersi di essere un tantino più apprensivo del solito, ma non era una cosa che tolleravo molto.
<< Vado a vedere dov’è il dottore, okey? >> mi disse, ma si vedeva lontano un miglio che non voleva lasciarmi sola.
Scossi la testa. << No, stai qui con me. >> e sorrisi divertita quando il suo sguardo si illuminò.
Si sdraiò accanto a me sul letto facendomi appoggiare la testa sul suo petto, poteva essere una cosa rilassante, ma ero tesa avevo paura della prossima doglia.
<< Come ti senti? >> e non fu lui a porre quella domanda, ma io.
Sospirò pesantemente. << Sono terrorizzato. E’ normale? >>
Ridacchiai. << Amore mio è normalissimo, tranquillo. >>
Lui annuì leggermente più rilassato e prese ad accarezzarmi i capelli, quel gesto mi rilassò a tal punto che quando la successiva doglia arrivò mi colse di sorpresa facendomi strozzare un urlo in gola. Edward non sapeva cosa fare, si limitò  a starmi accanto aspettando che il dolore passasse e non solo il mio, lo vedevo chiaramente nei suoi occhi che avrebbe dato qualunque cosa per prendersi il mio dolore.
Mi sdraiai e cominciai a respirare come mi aveva insegnato la signora al corso preparto.
<< Ma come li chiameremo? >> mi chiese all’improvviso Edward.
Già. Come?
In quei mesi non ci avevo proprio pensato, ero stata troppo sommersa dall’emozioni e dal lavoro che avevo dimenticato di fare la cosa più importante quando aspetti un figlio.
<< Non saprei, davvero. >> commentai.
Edward cominciò ad osservare il soffitto continuando ad accarezzarmi i capelli. << Holly e Kendra? >> mi chiese.
Alzai gli occhi al cielo. << No, perché non Kloe e Lamar o Giuliana e Bill? Poi faranno ‘Al passo con i Cullen’! >>
Edward ridacchiò. << No, ti prego. >> e poi rise apertamente.
Cominciammo a riflettere di nuovo, avevo tanti nomi per la testa, ma appena li accostavo al cognome Cullen perdevano tutta la loro bellezza. Edward sparò vongole a non finire, ormai avevo le lacrime agli occhi però lo apprezzai perché sapevo il motivo per cui lo stava facendo. Voleva farmi rilassare e voleva rilassarsi a sua volta.
<< Oh… tu adori One Tree Hill, no? >> mi chiese poi.
Oh, si che lo adoravo, avevo versato lacrime a non finire quando era finito e lui mi aveva consolato anche se non riusciva a concepire come si potesse piangere in quel modo per un telefilm.
Annuii. << Lo sai, no? >>
<< Magari potresti rendere omaggio a loro, mettere il nome dei tuoi protagonisti preferiti. >> mi suggerì.
Ma quanto era intelligente e carino?
Annuii e cominciai a riflettere, non ci misi molto perché sapevo quale nome era quello giusto, anche durante le varie edizione lo avevo sempre saputo. Non glielo dissi quali nomi avevo scelto, lo avrebbe scoperto al momento della nascita se fossero nate femmine
<< Ho il nome in caso di femminucce. >> gli dissi.
Lui annuì. << Bene, adesso mancano i maschietti. >>
Lui aveva lasciato che scegliessi i nomi delle femmine il minimo che potevo fare per lui era concedergli l’onore di sceglierlo in caso di maschi.
<< A te l’onore, papà. >> e ridacchiai quando fece un sorriso ebete a quel nome.
Io appoggiai la testa sul suo petto e gli lasciai il tempo di pensare mentre io mi accarezzavo lentamente la pancia trattenendomi quando le doglie cominciavano a farsi più frequenti e più forti. Il dottore passò qualche volta venendo a controllare il mio stato e mi assicurò che tutto sarebbe finito presto perché i centimetri di apertura aumentavano notevolmente.
Edward non aveva ancora scelto o lo aveva fatto e non voleva dirmelo, potevo capirlo, anche io avevo fatto così.
Due ore dopo mi trovavo con le gambe aperte a urlare dal dolore e ad imprecare come uno scaricatore di porto, anche se non credevo che tutti imprecassero in quel modo. Fortunatamente nessuno svenne, Edward rimase lucido tutto il tempo, mentre Rosalie ed Alice non facevano altro che cacciare urletti di eccitazione. Il dottore fu costretto a spedirle fuori perché molte volte avevo minacciato loro di morte distraendomi.
<< Isabella, un ultimo sforzo e il primo angioletto sarà tuo. >> mi disse il dottore incoraggiandomi.
Strinsi la mano di Edward e con un’ultima spinta venne fuori il primo angelo che aveva il pianto caratteristiche delle femminucce.
<< E’ una femmina. >> infatti mi disse il dottore sorridendo mentre la passava ad un infermiera.
La tortura non era finita perché ricominciai a spingere, ma questa volta non per molto perché subito riuscì ad afferrarlo ed uscì fuori.
<< E qui abbiamo un bellissimo ometto. >> commentò il dottore.
Appoggiai la testa sul cuscino sospirando di sollievo e sorridendo debolmente verso Edward che aveva gli occhi lucidi.
Portarono i bambini e me li appoggiarono sul petto con delicatezza, li abbracciai dolcemente e li osservai. Erano un capolavoro, i bambini più belli che avessi mai visto. Avevano gli occhi aperti, di un bellissimo color cioccolato come i miei; la femminuccia aveva tanti capelli castani mentre il maschietto li aveva rossicci.
<< Sono perfetti. >> sussurrò Edward accarezzando loro una guancia.
Già, perfetti.
 
Mi avevano trasportato di nuovo nella mia stanza e adesso avevo tra le mie braccia quella che sarebbe stata la mia alleata a vita. Edward, invece, aveva tra le braccia il suo e lo guardava con adorazione come se non avesse mai visto niente di così straordinario.
Bussarono alla porta e dopo qualche secondo entrarono i nostri genitori e Rosalie con Emmett. Si erano divisi in gruppi perché non potevano entrare tutti, quindi i primi erano loro.
Mia madre scoppiò in lacrime guardandoli mentre mio padre si contenne, ma aveva gli occhi lucidi; Esme si trovava nelle stesse condizioni di mia madre, ma era meno isterica come anche Rosalie che cercava di trattenersi.
<< Oh tesoro, sono… incantevoli. >> disse mia madre avvicinandosi a me e osservando mi figlia che dormiva placidamente sul mio petto.
Dopo  vari complimenti e vocine strane e terrificanti ci domandarono come li avevamo chiamati, non lo sapevano ancora come io non sapevo ancora come Edward avesse chiamato nostro figlio.
<< Signori e signori vi presento Payton Lilian Cullen. >> dissi io indicando mia figlia.
Rosalie sbarrò gli occhi dalla sorpresa perché le avevo dato il suo secondo nome, riuscì a trattenersi solo per qualche secondo poi calde lacrime le scivolarono dagli occhi e venne ad abbracciarmi.
<< Grazie. >> mi sussurrò tra le lacrime.
Feci spallucce. << Dopotutto doveva avere il nome della sua madrina. >>  e le lacrime aumentarono.
Il resto delle persone presenti concordarono che fosse un bel nome ed Edward commentò che fosse bellissimo degno della ‘sua principessa’.
<< Ed il maschietto? >> chiese Emmett.
Edward si schiarì la voce facendomi ridacchiare. << Ecco a voi Blaine William Cullen. >>
Alzai gli occhi al cielo a quel nome. Era uno dei protagonisti di Glee, un altro dei miei telefilm preferiti. Edward non ne aveva mai sentito parlare perché tutto quello che faceva era lavorare, lavorare e lavorare quindi quando gli avevo fatto vedere la prima puntata se ne era completamente innamorato ed il suo preferito era proprio Blaine, il ragazzo omosessuale.
Emmett gongolò dando il cinque a suo fratello. << Potevi anche chiamarlo solo William, ma mi accontento del secondo nome. >>
William era il secondo nome di Emmett e ne fui divertita, anche lui aveva scelto di far onore a suo fratello.
<< Sei il padrino, no? >> disse Edward appoggiandogli la mano sulla spalla.
Mi piaceva davvero tanto come nome  e sapevo che un giorno sarebbero piaciuti anche a loro. Erano originali e particolari e poi, chi poteva vantarsi di avere il nome di un personaggio televisivo? Io avrei voluto chiamarmi Oprah, come la grande, ma non ero stata accontentata.
Volevo che i miei bambini avessero  tutto quello che non avevo avuto io e cominciare dal nome mi sembrava un’ottima partenza.  

 

   
 
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