Rea
passò tutta l’ultima settimana scolastica a preparare il viaggio per due al
mare. Si era fatta trovare da Shiemi al vecchio dormitorio e l’aveva accolta con
un sorriso smagliante.
“Ciao!” l’aveva salutata con enfasi.
L’altra,
non abituata a tanto calore, era rimasta zitta.
“Come stai?” le aveva chiesto. Si sentiva una
deficiente a fare così.
“B-bene” balbettò.
“Ascolta, stavamo pensando di andare al mare tutti insieme:
io, tu, Rin, Yukio, la mia amica Laura… verresti con
noi?”
“Al mare? Intendi dire mare mare?” ma che razza di
risposta era?
“Certo, con l’acqua, la sabbia… i
pesci…”
“Bello! Non ci sono mai stata!” esclamò. Rea si
bloccò, stupita.
“Davvero?” domandò sinceramente
curiosa.
“Già. A causa della mia salute cagionevole potevo uscire
poco da piccola, e quando è morta mia nonna ho iniziato a prendermi cura del suo
giardino, così non sono mai andata da nessuna parte. Anche la scuola l’ho
iniziata da poco” le spiegò con una punta di tristezza.
Era
compassione quella nata nel suo cuore?
“Allora vieni! Staremo via solo un paio di giorni, ho già
trovato l’albergo, così ci divertiremo!” le disse. Shiemi sorrise
raggiante.
“Perché no? Accetto!” decise.
Compiuto
il suo lavoro, Rea tornò in camera. Nascose la tristezza dietro un ebete sorriso
finché non fu nel suo letto, da sola, poi iniziò a
piangere.
“Ma perché lo sto facendo?” si chiese.
Stava
aiutando il ragazzo di cui era innamorata a fidanzarsi con un’altra. Solo i
masochisti facevano così.
“Ho parlato con Yukio, che ci reggerà il gioco, e con Laura,
che non verrà. Così rimarremmo solo tu, io e Shiemi, ma, dato che io mi sentirò
male la sera prima, voi avrete tutta la vacanza per voi!” gli annunciò
Rea allegra il mattino dopo la fine delle lezioni. Due mesi di vacanza: un
sogno.
“Io non credo che sia una buona idea” provò a dire
lui.
“Ma sentilo! Non ci si tira indietro ora, sei in dirittura
d’arrivo!” lo sgridò con le mani sui fianchi. Rin ci rinunciò: per farle
capire ciò che intendeva avrebbe dovuto confessarle tutto e non era ancora
pronto.
“E va bene, hai vinto: facciamolo!” concesse. La
ragazza saltellò felice.
“Evviva!” esultò.
Vederla
così allegra e spensierata dopo quanto aveva pianto per Laura e dopo quanto lui
l’aveva fatta preoccupare con il suo comportamento era bello, così decise di
assecondarla. Tanto non sarebbe comunque successo niente, con
Shiemi.
“Allora ci vediamo domattina. Io farò finta di essere tutta
malata o di avere dei problemi o qualsiasi cosa e vi lascerò da soli, così tu
avrai tre giorni per conquistarla con il tuo
charme!”
“Con cosa?”
“Sì, vabbé lascia perdere” tagliò corto
Rea.
“Tu stasera lavorati l’amica dei fiori e fai in modo che
venga volentieri al mare, ok?” si raccomandò.
“Sissignora!” rispose lui, mettendosi
sull’attenti.
“Come sei scemo. In bocca al lupo” gli disse dandogli
un bacio di buona fortuna sulla guancia.
Scomparve
lungo il corridoio, correndo verso la sua stanza.
Rin si
chiese se lei facesse così perché era sua amica o se ci fosse un altro motivo.
Continuò a pensarci anche quando arrivò Shiemi da lui.
“Ciao, Rin. Come stai oggi?” lo salutò
allegra.
“Bene” rispose lui
sovrappensiero.
“C’è qualcosa che non va?” si preoccupò
lei.
“No, niente. Allora è tutto pronto per la partenza?”
le chiese sorridendo.
La
ragazza esitò.
“Ecco, in realtà sono venuta a dirti che non posso
partire”
“Che cosa? Come mai?”
“Perché mia madre ha bisogno di me in negozio e io non
posso lasciarla da sola in estate. Dopo che ho finito qui vado a dirlo a
Rea” gli spiegò.
“NO!” esclamò lui. Shiemi lo fissò
stupita.
“Cioè… facci parlare me con lei, vedrò che posso fare”
si corresse.
“Sei sicuro?”
“Fidati di me” le assicurò.
“Ma non è un problema, vero?” gli chiese sentendosi
in colpa. Rin sorrise raggiante.
“Nemmeno un po’!”
“Allora mi raccomando, fai per bene” stava dicendo Rea
per la decima volta in cinque minuti. Stavano aspettando Shiemi alla fermata
dell’autobus.
“Ho capito! Non devi ripetermelo così tanto e così
spesso!” s’infastidì lui.
“Volevo solo essere sicura” si scusò la ragazza.
Mancavano
pochi istanti all’arrivo del pullman, e Shiemi non si era ancora fatta
vedere.
“Ma dov’è? Aveva detto che sarebbe venuta!” esclamò
Rea.
“Forse ha avuto un contrattempo” ipotizzò
Rin.
“Vado a vedere a casa sua. Dov’è che abita?”
chiese.
“NO!” la bloccò lui. Si guadagnò uno sguardo
incuriosito.
“Se sua madre non l’ha lasciata partire sarà perché aveva
bisogno di aiuto in negozio” le spiegò.
“E non poteva dirlo subito? Ho passato dieci giorni a
organizzarvi questo viaggio e l’albergo è già stato pagato!” si lamentò
la ragazza.
“In effetti sarebbe uno spreco” ammise lui. Rea si
intristì.
“Non è giusto, però! Mi sono adoperata tanto per aiutarti e
lei mi manda tutto a monte” disse sull’orlo delle lacrime. Rin si sentì
vagamente in colpa.
“Ascolta, ormai è andata, il pullman sta arrivando. Vieni tu
con me, così ti consoli e ritrovi il sorriso” le propose. Gli istanti che
precedettero la sua decisione furono infiniti.
“Non posso” rispose scuotendo la testa. Il ragazzo si
sentì male.
“Perché?” le domandò cauto. Lei si
indicò.
“Non ho valigia, soldi, borsa o altro con me. Come potrei
seguirti al mare?” gli fece presente. Ecco, a quel particolare non aveva
pensato.
“Fammi pensare… beh, Laura è in camera, giusto? Se corre può
portarti la roba che ti serve. Ha ancora due minuti prima che arrivi
l’autobus” suggerì.
“Non penso che lo farebbe mai”
“Chiamala, no? Magari ti stupirà” provò lui. Se questa
andava a monte ci rinunciava.
“Tentar non nuoce” concesse la ragazza. Prese il
cellulare di tasca e compose il numero dell’amica.
“Pronto?” rispose
una voce assonnata.
“Laura, ho bisogno di un favore” disse senza tanti
preamboli. Le pareva di vederla mentre sbadigliava.
“Rea? Che cosa è successo? Non dovevi far partire Rin e
Shiemi stamani?” le
domandò preoccupata.
“Sì, lo so, ma abbiamo avuto buca dalla biondina e siamo qui
che aspettiamo il pullman”
“Non ho capito”
“Shiemi non è venuta e tra due minuti parte il nostro
autobus”
“Nostro?! Significa che vai da sola con Rin al mare per
tre giorni?” si
stupì lei. Messa in quel modo era effettivamente strano.
“Non farti strane idee, lo accompagno perché ho già pagato
tutta la vacanza” le spiegò.
“Ceeerto. Allora, di che hai bisogno?”
“Devi portarmi una borsa con dentro i soldi, il costume e un
paio di vestiti. Ce la fai in meno di un minuto?”
“No, ma tu cerca di ritardare la partenza, io vedrò che
riesco a fare” le
ordinò mettendo giù.
“Che ha detto?” domandò Rin,
trepidante.
“Di fare in modo che l’autobus parta qualche minuto dopo così
lei riesce a portarmi tutto” rispose. Il ragazzo tirò un sospiro di
sollievo.
“Ci penso io” le assicurò.
Quando,
trenta secondi dopo, il mezzo di trasporto arrivò, lui fece un solo, velocissimo
gesto: con le unghie forò la ruota davanti quando ci passò accanto per salire e
poi sorrise strizzando l’occhio a Rea. Lei scosse la testa e sorrise a sua
volta.
“Sei un caso perso” gli disse.
“E’ uno dei pochi lati positivi dell’essere demone: sei forte
e hai le unghie affilate” minimizzò alzando le spalle.
L’autista,
intanto, era sceso e stava guardando con occhi sgranati il bucò nella gomma,
incredulo. Si aggiustò il cappello e sospirò.
“Vi devo chiedere qualche minuto di pazienza, mi faccio
mandare qualcuno dall’ufficio per ripararla e ripartiremo” si
scusò.
“Ci vorrà molto?” domandò la ragazza, finta
delusa.
“Non più di quindici-venti minuti” le rispose.
Di
nascosto batté il cinque con Rin.