“Eccomi!” gridò Laura, correndo verso di loro.
Aveva in mano un borsone che sembrava scoppiare.
“Ma quanto ti ci è voluto?” la aggredì subito Rea.
Sfinita
e col fiatone, l’amica si fermò davanti a loro.
“Non sapevo.. puff… cosa metterci… uff… e così mi sono
fatta prendere la mano” si scusò passandole la sacca. Nel prenderla, la
ragazza si sbilanciò.
“Ma che c’è qui dentro? Un cadavere?” chiese tirandosi
su. Era pesantissimo.
“Hai bisogno di una mano?” le domandò Rin, scendendo
dal pullman. La vide in difficoltà e le prese di mano la borsa con facilità
sorprendente.
“La carico su” disse.
Quando
fu scomparso dentro all’abitacolo, Laura si avvicinò a Rea
sussurrando.
“Mi raccomando, fai per bene”
“Ma che vai a pensare? È solo una gita tra amici!”
minimizzò.
“Sì, amici innamorati” le fece presente.
Lei
arrossì.
“Non è vero!” gridò senza accorgersene.
Preoccupato,
il ragazzo si affacciò.
“Va tutto bene?” s’informò.
“Sì, non è niente” rispose a denti stretti. Guardò
l’altra in cagnesco.
“Ti ho detto che non c’è nulla, la smetti? Avevo preparato
questo viaggio per loro, non per noi, ricordatelo!”
“Eppure chissà perché state partendo soli voi due. Che
coincidenza da brivido, vero?”
“Ma smettila! Torna dal tuo pagliaccio, che forse è
meglio” le suggerì acida.
Laura
sorrise a trentadue denti.
“Com’è bello, l’amore” disse.
“Divertitevi al mare. Ciao Rin!” li salutò agitando
una mano.
Rea
salì sull’autobus e si mise zitta accanto al ragazzo, che la guardò
confuso.
“C’è qualche problema?” le chiese
preoccupato.
“Fatti gli affari tuoi”
Sole
caldo. Sabbia bianca. Mare cristallino. Brezza estiva che profuma di
sale.
Quando
scesero dal pullman, Rea si sentì pervadere dalla familiare sensazione di
attrazione verso l’acqua. Aveva gli occhi che brillavano.
“E’ splendido” riuscì a dire poco dopo. Rin la
fissava.
“Sembra che tu sia una bambina davanti all’albero di
natale” osservò.
“Non penso che tu possa capire quanto io e il mare siamo
simbiotici. Passavo nove mesi aspettando l’estate, e non solo per il mio
compleanno: erano i novanta giorni più belli della mia vita. Andavo in spiaggia
con i miei e poi passavo ore e ore sott’acqua a esplorare i fondali. Sono più di
due anni che non ci vengo” gli spiegò.
Poi lo
guardò imbarazzata.
“Scusa, non volevo stare ad
annoiarti”
“Figurati” rispose lui, agitando la
mano.
Si
avviarono verso l’albergo, che era a pochi passi dalla spiaggia.
Rea
sentiva il cuore batterle forte mentre camminavano vicini. Strinse la borsa con
forza per non lasciare la mano libera e rischiare che lui la
prendesse.
“Buongiorno, mi chiamo Shintuki Rea, ho una prenotazione per
due camere singole” disse quando furono alla reception.
L’impiegato
controllò nel computer.
“Mi dispiace, ma qui non ho alcuna prenotazione per due
singole” si scusò.
“Che cosa? Ma certo che c’è, ho chiamato la settimana
passata! Controlli meglio” lo spronò. Dopo un paio di minuti l’uomo alzò
gli occhi dallo schermo.
“Mi può ripetere il suo nome?” le chiese
gentilmente.
“Shintuki Rea. S-h-i-n-t-u-k-i”
compitò. Lui lo
inserì nel database.
“Ah” esclamò un istante più
tardi.
“Cosa?”
“Ho trovato la vostra prenotazione, ma credo che ci sia un errore” disse
cauto.
Lei si
sentì morire.
“Che significa?”
“Che qui c’è scritto che avete chiesto una doppia, non due
singole” spiegò.
Quelle
parole rimasero sospese nell’aria per qualche momento prima che Rin
parlasse.
“Cioè abbiamo una sola stanza da
dividere?”
“Esatto. Mi dispiace, probabilmente chi ha segnato la
prenotazione ha capito male” si scusò.
“Non è possibile cambiare? Pago la differenza!”
implorò Rea.
“No, siamo pieni. L’unica cosa che posso fare è far
portare una branda in stanza, se volete dormire separati”
concesse.
“Ah, perché c’è il letto matrimoniale?” domandò
incredula.
“Sì. Le doppie hanno tutte il letto matrimoniale. Allora
volete la camera o no?”
“Va bene, ci dia la chiave” decise il ragazzo.
“Non ci credo, non ci credo, questo è un sogno” pensò
lei. Salirono al primo piano.
“Dovrebbe essere la
Trovarono
la porta e l’aprirono.
“Oh cazzo!” esclamò Rea.