“Perché con te finisce sempre che mi ritrovo in posti in cui
non voglio essere?” si lamentò Rea quando raggiunsero la spiaggia. Lui la
lasciò all’improvviso, facendola cadere.
“Direi che qui è perfetto” decise.
Non
c’era molta gente, solo sei o sette ombrelloni in tutto il
golfo.
“Sei stato molto gentile, grazie per la galanteria” gi
disse acida.
Continuava
a stringere a sé il panno con forza. Rin la guardò e
soffiò.
“Senti, ti vuoi togliere codesto asciugamano di
dosso?” le chiese.
“No che non lo faccio, è imbarazzante essere in costume
davanti a te” rispose.
“Ma perché? Cos’hai che non va?”
“Sono grassa e brutta!” disse, come se fosse la cosa
più naturale e logica del mondo.
“Non è vero, a me piaci!” esclamò lui senza
pensarci.
Ci fu
un lungo momento d’imbarazzo.
“Come?” domandò lei, incredula.
“Intendo dire che sei una ragazza carina, e non mi starei a
fare tanti problemi per il fisico.
Vuoi entrare in acqua o no?”
spiegò tentando di rimediare.
“No” decise.
Al
limite della sopportazione, Rin si abbassò e la prese
tra le braccia.
“Che stai facendo?” gli chiese impaurita. Si avvicinò
al mare e prese lo slancio.
“Che?
No, fermooo!” gridò, ma fu inutile: un attimo dopo stava volando
verso l’acqua. Andò
giù battendo il sedere sul fondale e perdendo l’asciugamano. Risalì velocemente
in superficie, rischiando di affogare.
“MA SEI DEFICIENTE?” urlò arrabbiata tossendo.
Lui
stava ridendo come un matto nel vederla così infuriata e non si accorse che
arrivava. Correndo, Rea fece in modo di schizzarlo da capo a piedi prima di
buttarlo sulla sabbia.
“Tu sei un idiota!” lo accusò, cadendogli sopra.
Ridendo
ancora, lui la fissò: era bellissima alla luce del sole.
“Oh, ma andiamo!
L’acqua è splendida, non dirmi il contrario” la sfidò.
Alzandosi, lei lo
fissò in cagnesco.
“Meno male che sono tua amica, altrimenti ti avrei già
ammazzato” disse. Seguendola, si mise in piedi anche
lui.
“Ma che gentile, mi risparmi la
vita.
Grazie!” la prese in
giro.
Si mise
a correre verso il mare aperto per sfuggire al pugno che si vide arrivare
contro, e Rea iniziò ad inseguirlo, senza più preoccuparsi del suo
aspetto.
“Vieni qui, brutto cafone, vieni subito qui!” gli
gridava.
“Prendimi, se ci riesci!” rispose lui, girandosi per
guardarla.
Inciampò
nei suoi stessi piedi e cadde di pancia in acqua, bevendo. La ragazza si fermò
nel punto in cui lui era andato giù, ormai divertita.
“Questa è tutta la tua cattiveria” gli disse
soddisfatta quando riapparve sputacchiando.
“Ma senti chi parla!” ribatté Rin. La tirò per un braccio verso di sé, facendola finire
sopra di lui tra gli spruzzi.
“Sei malvagio” lo accusò, guardandolo negli occhi. Lui
smise di ridere e la fissò. Entrambi rimasero zitti.
“Senti, Rea, io ti volevo dire una cosa” ammise lui,
avvicinando il volto al suo.
“Sì?” sussurrò lei, senza
muoversi.
“Ecco… io…” ormai mancava pochissimo, stavolta poteva
baciarla davvero.
“Aiuto!” gridò qualcuno dalla banchina.
I due
ragazzi, presi alla sprovvista, si allontanarono svelti.
“Che succede?” domandò Rin,
infastidito. “E due”
pensò.
“Secondo me parlavano di quello!” gli rispose lei,
girandogli la testa.
A
distanza di dieci metri un gigantesco polpo stava apparendo dalla superficie del
mare, creando grosse onde che si abbattevano sulla riva.
“E quello che diavolo ci fa qui?” esclamò
lui.
“Non mi importa, ma andiamocene” gridò Rea, impaurita.
Alzandosi
velocemente, si misero a correre verso il punto in cui avevano lasciato l’altro
asciugamano, quello che si era portato dietro il ragazzo. Il polpo si stava
avvicinando alla costa.
“Sbrigati!” la incitò.
Usando
tutta la sua forza, lei continuò ad andare verso la spiaggia,
sfinita.
“Ci siamo quasi!” esultò Rin.
Vedeva
la kurikara che aveva lasciato piantata nella sabbia.
Senza
che lui se ne accorgesse, Rea cadde e fu travolta da un’onda, scomparendo sotto
la superficie del mare.
“Forza, dobbiamo tornare in albergo…” stava dicendo il
ragazzo, ma poi si accorse che lei non c’era più.
“Rea?
REA!” gridò
disperato.
Ormai
era rimasto da solo sulla riva, gli altri bagnanti erano
fuggiti.
Il
polpo continuava ad avanzare, togliendo visibilità a causa dei piccoli tsunami
che creava.
“Rea!
Dove sei?” urlò ancora lui,
sull’orlo delle lacrime.
La vide
galleggiare vicino ad un tentacolo del demone, che fendeva l’acqua con i suoi
otto bracci.
“NO!” esclamò. Prese la spada e si fiondò verso il
mostro, correndo a perdifiato. In preda al panico, si accorse che la ragazza
stava per essere colpita.
“Non la devi toccare!” gli ordinò.
Saltando,
estrasse la kurikara dal fodero, infiammandosi. Usando
tutta la precisione che possedeva, colpì il tentacolo del polpo, che si staccò
dal resto del corpo.
Ruggendo
dal dolore, il mostro si mosse ancora di più, creando onde giganti che
travolsero la ragazza.
“Smettila!” gridò Rin, in
preda alla paura. Aveva perso del tutto il controllo di sé. Si lanciò contro il
demone con la spada in mano e fendette l’aria con un colpo, che lo divise in
due. Entrambi le parti caddero in acqua, causando altri
tsunami.
Rinfoderando
la kurikara, il ragazzo si mise a cercare Rea. Era
un’impresa difficile, vista la portata delle onde che lo facevano bere e andare
sotto la superficie.
Alla
fine riuscì a vedere una mano che scompariva piano, piano.
“REA!” esclamò. Si immerse, nuotando come un
forsennato per raggiungerla. Gli sembrava che i polmoni stessero per scoppiargli
nel petto da quanto facevano male. Alla fine, riuscì a prenderla per un braccio
e a risalire.
Respirò
una boccata d’aria che lo fece tentennare, poi iniziò a cercare un posto in cui
portarla per farla svegliare. “Non morire, non morire,
non morire” pregava. Dopo un paio di minuti, arrivò ad una
grotta.
Anche
se erano molto lontani dalla riva, decise di fermarsi lì per riposarsi. Era
sfinito.
Quando
uscì dall’acqua, stese Rea in posizione supina e iniziò a
schiaffeggiarla.
“Reagisci, per favore reagisci” disse.
La
ragazza era completamente inerme. Decise di farle il massaggio cardiaco, anche
se non era sicuro di esserne capace.
Sentiva
l’aria che l’accarezzava. Era piacevole. Stava forse
sognando?
Aprì
gli occhi, confusa. Vide il viso di Rin a pochi
centimetri dal suo e si spaventò.
“Aiuto!” esclamò.
Felice
che avesse ripreso conoscenza, il ragazzo si appoggiò a
un muro, sfinito.
“Ce l’ho fatta” esultò a bassa voce. Confusa, Rea si
guardò intorno.
“Ma dove diavolo siamo?” chiese. Aveva la testa che
faceva male.
“Non ne ho idea.
Ho nuotato fino al punto più vicino dove potersi riposare dopo
che ho sconfitto il polpo gigante, ma siamo parecchio lontani dalla riva” rispose lui.
Dopo
qualche minuto fu di nuovo in grado di alzarsi.
“Pro memoria per me: non lamentarsi mai più di essere un
demone.
Il fatto di guarire alla svelta è positivo” pensò. Si
guardò intorno.
“Forse è meglio se ce ne andiamo” suggerì
lei.
“Ehm… senti, forse abbiamo un problema” le disse
l’altro. Alzandosi con fatica, lo affiancò.
“Che succede?”
“Io non ho idea di dove sia la
spiaggia”
“E allora?”
“Guardati attorno: vedi niente che non sia
mare?”
“No, effettivamente no”
“Preciso.
Siamo bloccati in questa grotta” la informò. Lei
si sentì mancare.
“Che cosa?”
“Non possiamo andarcene finché non capiamo dove siamo.
Dovremo passare la notte qui”