*Arashi in Love*
Capitolo 10
-Festa di compleanno -
Erano passati quasi due mesi da quell'assurdo
episodio, e ringraziai il cielo che non si
ripresentò più quel "ragazzo dai capelli rossi",
così l'avevo chiamato visto e considerato che non sapevo come si
chiamasse.
Avevo ripreso tranquillamente le lezioni universitarie in
compagnia di Sachiko, lei e Kaji
come sempre andavano d'amore e d'accordo e da una settimana abbondante mi
perseguitava con i suoi dubbi su quale fosse il regalo
migliore da fargli.
Il 2 febbraio sarebbe, infatti, stato il compleanno di Kaji. Come ogni anno organizzava una festicciola intima con
gli amici, ma prima di allora non avevo mai avuto l'occasione di andarci. Il
più delle volte era a causa del raffreddore,
visto che pareva avessi l'abitudine d'ammalarmi sempre in quel periodo.
Per l'occasione avevo preso a Kaji
un videogioco che desiderava da parecchio tempo e che non era riuscito a
trovare da nessuna parte, in un certo senso sperai che
nessun'altro avesse avuto la mia stessa idea.
Sachiko era senza freni,
continuava a parlare, senza preoccuparsi nemmeno che qualcuno l'ascoltasse. A volte era proprio buffa. Credo che in cuor suo
sapesse perfettamente quale scelta fare...
Poi finalmente arrivò il giorno della festa e con essa anche il termine delle estenuanti discussioni di Sachiko.
Passò lei da casa mia, una volta arrivata dalla
stazione, abitavo vicino a Kaji
ed ero di strada.
S'era vestita in modo particolare, diceva di voler far colpo
sugli amici di lui. Aveva deciso d'indossare un paio
di calze a rete gialle sopra delle calze coprenti
nere, con una gonna che le arrivava di poco sopra al ginocchio anch'essa gialla
e una maglietta abbinata alle calze, con un pizzo nero ricamato sopra la stoffa
a tinta unita. I capelli li aveva legati in una coda
al lato della testa e l'effetto era completato da un trucco non troppo pesante,
fatta eccezione per la matita nera che le risaltava gli occhi a mandorla.
Di fianco a lei mi sentivo strana, io avevo optato per qualcosa di decisamente meno appariscente, ovvero
una gonna in jeans anch'essa arrivante appena sopra il ginocchio, una camicia
nera e delle calze del medesimo colore con delle ballerine. I capelli lasciati
lisci e un velo di trucco.
Ci incamminammo entrambe lungo la
strada chiacchierando del più e del meno, mentre nelle borse avevamo i
nostri regali per il festeggiato.
-Adesso preparati a conoscere il suo fratellastro!- disse
tutta divertita mentre imboccavamo il viale della casa
di Kaji.
-Parli di Akira?
Non lo vedo da anni, ricordo che s'era trasferito con il padre, non sapevo
fosse tornato a vivere con Kaji e la madre...- avevo un vago ricordo della famiglia di Kaji.
Effettivamente non andavo a casa sua da almeno un anno. La
sua famiglia aveva passato diverse avventure diciamo.
La madre si era risposata in seconde nozze con il padre di Kaji
e dal matrimonio nacquero lui e una bambina più
piccola, Noriko, ma nelle prime nozze la donna aveva
avuto un figlio di nome Akira.
Akira Akai,
questo il suo nome, si era trasferito a vivere con il
padre, il primo marito della signora Norimogase,
quando Kaji aveva ancora dieci anni. Essendo stata in
classe con Kaji per tutta la durata delle elementari,
avevo avuto modo di conoscerlo, ma ne conservavo un
ricordo decisamente sbiadito. A quei tempi Akira
frequentava già il primo anno di liceo e ricordo bene quanto era
attaccato al fratellino sebbene avessero padri
differenti.
A quanto mi spiegò Sachiko, Akira era tornato poco
dopo che mi ero lasciata con Kaji, durante l'estate e
la mia vacanza in Italia.
Arrivati davanti alla casa di Kaji
rimasi un po' stordita, ricordavo fosse grande, ma non
così tanto!
Dovete sapere che il padre di Kaji
era un ricco proprietario terriero (ci tengo a far
presente che frequentando una scuola privata è praticamente scontato che
tutte le persone che frequenta Arashi abbiano un
discreto patrimonio, la stessa Arashi vive in un
appartamento molto grande n.d.Sayu) e la sua casa era
una delle ultime del quartiere, costruita secondo la tradizione giapponese era
costituita da un'ala centrale in cui viveva la famiglia, una periferica
riservata alla servitù, e tutt'intorno una
serie di giardini in perfetto stile giapponese.
Sachiko, ormai abituata a
frequentare quel luogo, suonò il campanello e presto una cameriera
arrivò ad aprirci la porta.
Entrambe ci togliemmo le scarpe e
infilammo le pantofole messe a disposizione per gli ospiti.
Feci un inchino in segno di saluto alla signora Nana, la
ricordavo bene, era una donna deliziosa, anche lei nel riconoscermi si
complimentò per poi accompagnarci nella sala riservata alla festa.
-Ecco a voi, il signorino Kaji vi
stava aspettando... è stato un piacere rivedervi signorina Nokaze- fece un inchino e si congedò lasciandoci
davanti alla porta dalle pareti in carta e la struttura in
legno che scorse davanti a noi rivelando l'immenso salone.
-Kajii-chan!!!!-
Sachiko corse immediatamente tra le braccia di Kaji, vestito con abiti occidentali.
-Sachiko, così mi
strozzi... Arashi vieni avanti... Arashi....?-
La voce di Kaji mi parve
così lontana. Ero rimasta a dir poco paralizzata. Molte cose divennero
più chiare nella mia mente. Quegli occhi, sebbene non avessero
le lenti a contatto colorate erano per me inconfondibili. Così come erano inconfondibili quei capelli rosso fuoco,
più lunghi di due mesi prima e raccolti in un codino dietro la nuca.
Kaji si fece avanti e sia lui, sia
Sachiko ci fissarono mentre
lui sorrideva divertito e io mi arrabbiavo ogni istante di più.-Arashi, ti ricordi di Akira, mio fratello vero?- mi chiese.
-Certo, come potrei dimenticarlo...- sorrisi
cordiale, in realtà l'avrei strangolato!
Poi qualcosa mi spinse a voltarmi. -Arashiiiii!!!- una ragazzina che mi arrivava al gomito mi
abbracciò al fianco. Noriko.
Pensai che almeno per lei, avrei fatto buon viso a cattivo
gioco. Ricambiai l'abbraccio e mi limitai ad ignorare Akira per tutta la durata
della festa.
Poco dopo fortunatamente arrivarono anche gli altri amici di
Kaji.
Tra tutta quella confusione provai il desiderio di avere al
mio fianco Kintaro.
Chiacchierai, sorrisi, giocai,
scherzai. E mentre facevo tutto ciò sentivo su
di me gli occhi di Akira puntati, come un'aquila
scruta la sua preda a chilometri di distanza.
Poi, lentamente, gli invitati se ne andarono
e rimanemmo, nuovamente, in quattro, anche Noriko era
andata a dormire. S'era fatto decisamente tardi e
dovevo riaccompagnare Sachiko alla stazione per
prendere l'ultimo treno.
-Vi accompagnerei, ma ci sono qui i
miei zii che aspettano nell'altra stanza.- si scusò Kaji.
Poi, dopo un pomeriggio e una serata passati in silenzio Akira si intromise nel discorso. -Se vuoi le accompagno io- si offrì con un sorriso
gentile fissandomi con uno sguardo pieno di perfidia.
Sachiko per un istante
staccò lo sguardo da Kaji e osservò il
fratello, per poi guardare me che rispondevo a lui con uno sguardo carico
d'odio puro.
Poi la vidi illuminarsi... -Arashiii....- mi voltai a guardarla, odiavo quando usava quel tono
mieloso per chiamarmi, significava solo guai... -da quando in qua conosci
così bene Akira?-
-Non lo conosco affatto!- sbottai
prima ancora di pensare.
-Si, infatti, non mi conosci...- rispose
lui perfido.
Sachiko continuava a fissarci
divertita, poi sussurrò qualcosa all'orecchio di Kaji
che non riuscimmo a capire. Poi anche lui ci
guardò e scoppiò a ridere.
-Sachiko, questa volta ti sbagli!- continuò a ridere.
Sospirai, poi adirata cercai di trovare il tono più
gentile che mi riuscisse in quell'istante.
-Non occorre che ci accompagni tuo fratello...-
-Invece voglio che venga, non
è prudente che tu torni a casa da sola a quest'ora!-
disse Sachiko fingendo un tono preoccupato.
Avrei volentieri strangolato anche lei.
Dieci minuti dopo eravamo sul cancello di casa Norkimogase e ci incamminammo. Sachiko e Akira chiacchieravano tranquilli mentre io restavo a fianco di lei in silenzio.
Arrivati alla stazione lei riuscì a
prendere l'ultimo treno per un soffio, la salutai.
Poi, una volta chiusa la porta automatica, mi voltai e mi incamminai da sola.
-Ma tu sei sempre così
arrabbiata o sono io che ti faccio quest'effetto?-
chiese divertito alle mie spalle.
Mi voltai a guardarlo male. Notai per la prima volta
dall'inizio della serata che non era ricoperto di
borchie come un puntaspilli. -Direi più la seconda!- sibilai.
-Oh ma allora sei capace di rivolgermi la parola!-
commentò sarcastico mentre salivo adirata le
scale per uscire dalla stazione. -Le porti ancora le mutandine con la farfalla
sul davanti?- chiese ancora più divertito.
Mi voltai di scatto, senza accorgermi che era a pochi
centimetri da me, sullo scalino subito dopo il mio. Era molto alto, nonostante
il dislivello mi superava di metà testa. Per poco non gli tiravo una
testata.
-Se sapevi chi ero perchè quando
ti ho chiesto come facevi a conoscere il mio nome non hai detto chi eri?!-
dissi tutta d'un fiato.
-Perchè sapere chi fossi,
ti avrebbe forse fatto cambiare idea sul mio conto?- chiese lui in tono serio.
-Forse- risposi tenendo alta la
testa.
-Però se fossi stato qualcun'altro?
Mi avresti dato le stesse identiche possibilità che avresti dato ad Akira?- chiese in tono di sfida.
Esitai per un istante, poi decisi di essere
sincera. -No, non te le avrei date-
-Ma sapere o meno il mio nome, non cambia quello che sono...- fece una pausa. -Un teppista, è così
che mi definisci no?-
-E' quello che sembri...-
risposi in tono asciutto incrociando le braccia.
-La mamma non te l'ha detto che non
è tutto oro quello che luccica?- rispose nuovamente ironico. -Se mi avessi lasciato parlare anzichè
sparare subito sentenze, ora sicuramente non avresti fatto la figura della
stupida...- feci per ribattere ma lui mi tappò la bocca con un dito. -E' inutile che protesti, sai che hai sbagliato, almeno
evita di diventare ancora più stupida-
Si scostò e mi trascinò per un braccio
spingendomi. Cercai di liberarmi della stretta ma solo
una volta fuori dalla stazione lasciò la presa.
Ripresi a camminare massaggiandomi il polso mentre lui camminava due passi avanti a me.
-La sai una cosa?- s'arrestò senza voltarsi. Automaticamente mi fermai e fissai la sua schiena. -Non mi sbagliavo, sei proprio carina quando t'arrabbi!- mi guardò e scoppiò a ridere, riprendendo a camminare.