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Autore: cenerella    15/05/2012    9 recensioni
Storia terza classificata al "Personaggi secondari Contest - Perché non ci sono solo Edward e Bella" Indetto da Luna Ginny Jackson su EFP.
Vi ricordate Lizzie? La ragazza che Jacob Black incontra in un parco di Seattle dopo essere scappato da Casa Cullen in BD? E se...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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HENDRIX PARK

 

If I dont meet you no more in this world then uh

Ill meet ya on the next one

And dont be late

Dont be late

 

Jimi Hendrix

Voodoo Child, 1968

 

 

- Ehi, Lizzie, e te lo ricordi quello del parco?

- Mmh, no quello no.

- Massì quello figo da paura, con la macchina rubata. Ti ricordi? Eravamo all'ultimo anno e quel giorno avevamo marinato e tu...

- Un figo da paura? Con la mamma? Dai, racconta!

Spalanco gli occhi per far capire ad Eva che no, non mi sembra il caso di parlare di saltare le lezioni e di frequentare ragazzi pericolosi davanti alle nostre figlie.

Non ho mai avuto bisogno di tante parole con Eva.

Inseparabili dai tempi della scuola, la prima immagine di lei che conservo chiara nella mente è quella di una bambina sorridente seduta a tre banchi di distanza dal mio, proprio sotto la cartina degli Stati Uniti Occidentali, in prima elementare. Abbiamo condiviso tante cose e, ora che abbiamo due figlie coetanee che vanno insieme all'università, ci piace trascorrere almeno un sabato pomeriggio al mese sole noi quattro. Estetista, parrucchiere, shopping e cena da Joey LaPizza, una giornata "tra ragazze".

Eva capisce al volo e cerca di riguadagnare terreno davanti alle nostre figlie, improvvisamente interessate all'argomento.

- Forse mi sbaglio, non eravamo io e te, probabilmente è stata un'altra volta, con qualcun'altra. E comunque è stato moltissimo tempo prima che tu conoscessi Mich.

L'arrivo delle pizze distrae le ragazze che si buttano immediatamente a combattere con i lunghi fili della mozzarella fumante.

Io bevo un altro sorso di birra gelata e scambio uno sguardo d'intesa con Eva.

Sta ciarlando di funghi trifolati e fette di salame piccante, l'argomento è caduto, per adesso, ma se la conosco mi sa tanto che quando resteremo da sole mi farà morire con le sue insinuazioni e con le sue mille domande.

Le nostre figlie si sono convinte ma lei sono vent'anni che non lo è.

E io sono vent'anni che ripenso ad una birra tiepida e ad una pizza gelata, una sera di settembre, in un parco di Seattle.

 

Amavo le giornate perfette come quella.

Una delle rare giornate di sole a Seattle, la città più piovosa d'America, Eva ed io non ci avevamo impiegato più di cinque minuti a decidere di marinare le lezioni.

I piedi scalzi sul prato, gli zaini con i libri abbandonati vicini ai maglioni che ci eravamo subito sfilate, l'odore fresco dell'erba, mescolato a quello del caffè e delle ciambelle della nostra merenda improvvisata al parco.

Credo che in università, quel giorno, ci fossero rimasti solo i bidelli, forse.

- Ehi, Eva, ma mi stai ascoltando?

- No, scusa, mi sono distratta.

Un sorrisino ebete aleggiava sul suo viso, mentre si sistemava sul naso gli occhiali da miope che, di solito, dimenticava nello zaino.

- Eva...

- No, ma dico...ma lo hai visto? Dovrebbero rilasciare...che ne so? Dei permessi speciali per portare in giro impunemente tutta quella roba.

Eravamo lontane dal parcheggio, ma l'avevo visto anch'io, sarebbe stato impossibile non notarlo, anche senza una vista più che perfetta. Se ne stava appoggiato ad un'auto da urlo, le braccia muscolose conserte sulla t-shirt nera, i jeans a vita bassa, con due centimetri di elastico di quello che c'era sotto che spuntavano da sopra la cintura. I capelli, lisci e lucidi, gli erano in parte scivolati sul viso, creando un'ombra scura che probabilmente si intonava con il suo stato d'animo. Lo sguardo febbrile, sotto le sopracciglia aggrottate, passava da un viso all'altro delle persone che passeggiavano nel parco, come se cercasse qualcuno.

- Oh, porcamiseria. Anche un tatuaggio. Credo che se gli dei decidessero di fulminarmi ora morirei felice.

- Eva...sono quasi le sei.

- Lo so, lo so. Alle sei e mezzo ho appuntamento con l'uomo della mia vita davanti alla palestra. Ricordamelo ancora una volta, per favore, chi è l'uomo della mia vita.

- Chaz. Chaz è l'uomo della tua vita.

- Grazie, tesoro. Vado, fai la brava. Anzi, no.

Raccolse la sua roba e si avviò a grandi passi verso il parcheggio. Quando fu abbastanza vicina allo sconosciuto appoggiato al cofano dell'Aston Martin, si voltò verso di me e, alzando i due pollici, mi fece l'occhiolino. Adesso sì che gli aveva dato una bella guardata.

Mi resi conto che, mentre Eva gli passava davanti, lui le aveva rivolto un'occhiata intensa, torva. Ma subito dopo aveva scosso la testa come se non avesse riconosciuto qualcuno che stava cercando e aveva ripreso a giocherellare con il mazzo di chiavi che aveva in mano, lo sguardo fisso a terra.

Mi domandai se stesse aspettando qualcuno, se avesse bisogno di una mano.

Due ragazze gli stavano passando davanti per la seconda volta, dandosi delle gomitate, soffocando risolini e scambiandosi occhiate d’intesa. Lui non le degnò di uno sguardo.

- Ehi, tu, tutto bene? Tu, con la macchina rubata.

Gli ci volle qualche secondo per capire che quella frase era rivolta a lui e per decidersi ad alzare la testa.

- Se ti senti così in colpa per aver rubato la macchina - dissi, - puoi sempre confessare.

- E' in prestito, non l'ho rubata. - scattò.

- Come no.Ti crederanno tutti in tribunale.

Mi guardò brutto.

- Ti serve qualcosa, scusa?

- Dai scherzavo sulla macchina. E' solo che...hai un'aria davvero sconvolta. A proposito, ciao. Io mi chiamo Lizzie. - e gli porsi la mano.

Lui la guardò fino a che non l'abbassai. Mi sentivo a disagio e quel momento di imbarazzo era la giusta punizione per non essermi fatta i cazzi miei.

- Comunque...- dissi - mi chiedevo se posso aiutarti. Prima mi sembrava che stessi cercando qualcuno.

- Già. - sospirò.- Non mi serve aiuto, lei non c'è.

- Ah. Mi dispiace.

- Anche a me. - borbottò.

Mi guardò di nuovo. Sciolse le braccia e riportò i capelli dietro le spalle, prima di infilare le mani nelle tasche.Tirò fuori un elastico e si legò i capelli sulla nuca e, dio mi perdoni, nel momento in cui alzò le braccia per portarle dietro la testa, la t-shirt si tese sul petto, disegnando ogni muscolo del torace.
Lo guardai, e poco ci mancò che spalancassi la bocca.

Improvvisamente decisi di giocare il tutto per tutto e sfoderai la mia competenza in fatto di motori. Bazzicavo fin da piccola l'officina di mio padre e sapevo quello che dicevo. Non volevo fare la figa, tutt'altro. E' che un'auto di quel genere l'avevo vista solo sulle riviste e, a quel punto, visto che ero riuscita ad attaccare bottone, tanto valeva cercare di posarci il culo sopra.

Mi fissò intensamente mentre snocciolavo le specifiche tecniche dell'Aston Martin Vanquish e mi spingevo tanto in là da chiedergli com'era guidarla, nella speranza che mi proponesse di provare.

- Meglio che la riporti al tizio che me l'ha prestata. - mugugnò invece, aprendo la portiera e sedendosi al posto di guida.

- Beh, ciao allora. - sorrisi.

Ebbe un momento di esitazione mentre infilava la chiave nel quadro. Sembrò ripensarci e scese di nuovo dall'auto.

- Che dici se facciamo qualcosa insieme? Niente di che. Però prendere un caffè, ecco, mi piacerebbe.

Eva sarebbe tanto orgogliosa di me, pensai.

Mi seguì fino alla caffetteria del parco e ci sedemmo ad uno dei tavolini rotondi all'aperto. La cameriera ci raggiunse immediatamente, aprendo l'ultimo bottone dell'uniforme e gonfiando il petto. Mi domandai se si comportava così anche servendo il signore anziano seduto due tavolini più in là, o la famigliola in fila dietro il banco dei gelati. Lui sembrò non accorgersi di nulla.

- Mangiate qualcosa, ragazzi?

- Beh, già che ci siamo io prenderei una pizza. Ti va?

- Certo. - e rivolgendosi alla cameriera - La fate la pizza con le patatine?

- Mhmmm...no, direi di no.

- Allora io prendo una pizza ai funghi, peperoni e salame, con doppia mozzarella e patatine a parte. E tu...ehm, Lizzie, vero?

- Una margherita e una birra chiara media.

La cameriera si voltò verso di lui con il taccuino e la penna a mezz'aria.

- Ah, sì. Una coca light.

- Sei astemio? - gli domandai, alzando un sopracciglio.

- No, sono...lascia stare.

Nel frattempo erano arrivate le nostre ordinazioni. Lui prese il piatto delle patatine fritte e le versò su tutta la superficie della sua pizza, la piegò in due e cominciò ad addentarla, sotto lo sguardo allibito della cameriera.

Non avevo mai visto nessuno demolire a quella velocità una pizza così grande. Io non ero arrivata nemmeno ad un quarto della mia e lui già aveva finito. Si pulì educatamente la bocca col tovagliolo e tracannò la sua bibita.

Mentre cercavo di finire la pizza oramai diventata fredda afferrò il conto e lo rimise sotto il piattino assieme ad una banconota da venti dollari.

Prese le chiavi della macchina e si alzò.

- Andiamo?

- Dove?

- Non volevi fare un giro?

Quella sera potei coronare il mio sogno di guidare almeno una volta nella vita un'auto da favola.

La spinsi quasi al massimo sulla superstrada ed ebbi la soddisfazione di sentirmi dire che guidavo come un uomo, ma la cosa che mi gratificò di più era la sensazione di aver contribuito a fargli sparire dal volto quell'inquitudine che tanto mi aveva colpita nel parcheggio.

Continuammo a lungo a parlare del più e del meno, fermi in una stradina secondaria tra gli alberi, anche molto dopo che quel pomeriggio di sole si era trasformato da un pezzo in una notte senza luna.

Ci ho ripensato a lungo in tutti questi anni, e posso dire di non essermi mai pentita di quello che avvenne quella sera. I finestrini appannati, i sospiri e le risatine di imbarazzo al tentativo di trovare una posizione relativamente comoda, tra l'elegante cruscotto in radica e il sedile rivestito di morbida pelle color sabbia. Non mi sono sentita usata, nemmeno quando, con un gemito soffocato, lui ha chiuso gli occhi e mi ha chiamata con il nome di un'altra.

Non ho mai pensato di essere stata una ragazza facile, una che va con il tizio appena conosciuto, semplicemente è successo. E, stando a quel poco che mi raccontò, non facemmo torto a nessuno.

Le prime luci dell'alba ci sorpresero nudi ed abbracciati.

- Lizzie...

- Mhmmm?

- Sai, il tizio che mi ha prestato la macchina....avevo pensato di sfasciargliela prima di rientrare ma sarebbe un vero peccato.

- Chissà se siamo almeno riusciti a prendere una bella multa con l'autovelox.

- Chissà...

- Già, speriamo almeno non venga mai a sapere quello che abbiamo fatto su questi raffinati sedili scamosciati.

- Oh, non vedo l'ora di vedere la sua faccia quando mi.... - Una luce maligna gli illuminò un attimo lo sguardo, poi scrollò la testa come a voler scacciare un pensiero inopportuno. - lasciamo perdere, ti riaccompagno.

Tornammo verso il parco in perfetto silenzio, potevo distintamente sentire le fusa di quel superbo dodici cilindri provenire dal vano motore.

Fermò l'auto e io aprii la portiera, decisa a non voltarmi indietro una volta scesa.

- Ciao, Lizzie.

- Ciao...

Seguii con lo sguardo le luci posteriori allontanarsi e, solo allora, mi resi conto di non sapere nemmeno come si chiamava.

 

- Mamma....ehi, mamma ti ho fatto una domanda!

Eva mi dà di gomito e zittisce mia figlia passandole la lista dei dolci. Le pizze sono termiate da un pezzo, evidentemente, ed io non sono arrivata nemmeno a metà della mia.

- Dov'eri andata? - mi domanda.

- Quando?

- Poco fa, sembravi persa nel mondo dei sogni.

- Niente, pensavo, cazzate.

- La prossima volta usciamo da sole io e te...

- Certo, certo. Chiedo il conto e andiamo.

Ho salutato Eva prima che mi venisse la tentazione di raccontarle cosa hanno riportato a galla questa sera i suoi racconti. Poi ho accompagnato le ragazze al pensionato studentesco e ho imboccato l'autostrada verso casa, lo sguardo fisso sull'asfalto davanti a me e la radio sintonizzata su un programma notturno molto soft.

Il mio cervello è spiacente ma in questo momento non è in grado di sostenere chitarre distorte, la fantasia che mi sta tenendo compagnia mentre guido ha bisogno di una colonna sonora romantica.

Succede tutto in un attimo, un rumore assordante proviene dal motore, la spia dell'olio si accende, alzo gli occhi e scorgo, nello specchietto retrovisore, una nuvola di denso fumo nero sprigionarsi dalla marmitta.

L'auto si ferma.

Porcaputtana, ne so abbastanza per capire che da sola non mi muoverò da qui stanotte.

Chiamo il soccorso stradale e dò le mie coordinate.

La strada deserta corre in mezzo al bosco, blocco le portiere sorridendo di me stessa e del mio gesto isterico, accendo le quattro frecce e aspetto.

Il carro attrezzi arriva dopo una buona mezz'ora, il primo centro abitato non deve essere vicinissimo.

Il meccanico salta a terra e...oh, santamerda, quanto ben di dio! Quando si china a fissare la mia auto al gancio di traino, posso godermi lo spettacolo del sedere più perfetto che io abbia visto negli ultimi, beh, sì...negli ultimi vent'anni, fasciato da un paio di jeans a vita bassa.

Da sotto la mia auto provengono rumori metallici ed imprecazioni soffocate.

Scendo, e cercando di darmi un tono, decido di chiedere quanto è distante l'officina.

Lui mi osserva perplesso, aggrotta le sopracciglia come se cercasse di farsi venire in mente qualcosa, come se non avesse capito la domanda.

Non so perchè, ma quello sguardo mi fa sentire a disagio, come se...

Ma è solo quando infila la mano in tasca e tira fuori un elastico per legarsi i capelli che, finalmente, lo riconosco.

Sorrido.

Sorride.

- Dieci minuti, Lizzie. Ma solo se non hai problemi ad infrangere il codice della strada.

 

Angolo autore

 

Lo confesso e non me ne vergogno: sono perdutamente innamorata di Jacob Black, fin dalla sua prima apparizione a pagina 108 di Twilight, da molto prima, quindi, che la sua versione cinematografica mi costringesse a riconsiderare il mio concetto di "figo da paura". E tutte le scuse sono buone per scrivere su di lui, anche un contest sui personaggi secondari che, a rigor di logica, nulla dovrebbe avere a che vedere con uno dei tre protagonisti principali.

Tant'è...la mia Lizzie è una ragazza tosta, è grande quando si svolge la parte centrale della storia (all'ultimo anno di università) e ancora più grande quando la ricorda. Ma ha ancora un ottimo gusto in fatto di uomini.

Per quanto riguarda il titolo, ho pensato che non è improbabile che la città di Seattle abbia intitolato un parco ad un illustre concittadino.

Il dialogo con il quale Lizzie attacca bottone è interamente copiato da Breaking Dawn, Stephenie Meyer, pagg. 304 e 305.

Grazie a Vannagio, la beta più veloce del web, sempre disponibile in caso di emergenza.

E grazie a Luna Ginny Jackson per aver indetto il contest e per avermi dato l'imput a scrivere.

Chi indovina la citazione cinematografica (che questa volta è davvero difficile) vince una pizza con le patatine!

Questa OS è dedicata alla Mari, che non legge fan fiction, non è su EFP e non sono nemmeno sicura abbia letto Twilight. Ma per lei sono ancora la bambina che sedeva a tre banchi di distanza dal suo, sotto la cartina dell'Europa, proprio come se questi quarant'anni non fossero mai passati.

cen.

   
 
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