“Trovato niente?
Cibo? Acqua? Terraferma?” lo
accolse la ragazza. Aveva
messo i piedi a bagno nella pozza che c’era al centro della
grotta.
“Un paio di pesci li ho trovati, sì” le disse lui,
posando a terra quello che aveva preso. Non erano troppo grossi, ma nemmeno
troppo piccoli.
“E tu sai anche cucinarli?
Senza fuoco o condimento?” lo
sfidò Rea alzandosi.
“Stai parlando con un cuoco provetto” le fece
presente.
“E allora?
Non abbiamo legni, accendini, fiammiferi o affini per scaldare
qualsiasi cosa tu possa mai cucinare”
disse. Rin le sorrise.
“Scommettiamo?” la provocò. Prese i pesci e li
aggiustò davanti a sé, poi li aprì. Andò alla pozza, recuperò un po’ d’acqua
salata e bagnò l’interno degli animali.
“Questo per il sale” spiegò.
“Adesso guarda quali sono i vantaggi di essere un fuoco umano
portatile” le ricordò. Fece come gli aveva insegnato Shura: chiuse gli occhi e si concentrò.
“Devo scaldare i pesci, devo scaldare solo i pesci”
pensava. Quell’esercizio gli era sembrato stupido da
fare con le candele davanti, ma adesso, bloccato in quella grotta, ringraziava
la donna. Senza di lei non avrebbe potuto cucinare del cibo per
Rea.
“Cavolo.
Tu sì che hai sempre delle sorprese, fiammifero vivente” esclamò la ragazza. Si
iniziò a sentire profumo di arrosto e il suo stomaco
brontolò.
“Forse ho fame anche io” ammise.
“Dammi solo altri cinque minuti” le chiese. Non era
semplice fare in modo che il potere di Satana non gli sfuggisse di
mano.
“Fai pure” concesse. Mentre lo guardava cercare di
preparare quei pesci sorrise. Si sentiva stupida ad aver pensato di non riuscire
a stare con lui per una paura idiota. Era solo Rin, e
questo le bastava.
“Ehm, se non li vuoi fare lessi
credo che basti” gli disse. Sbuffando, il
ragazzo aprì gli occhi. La cena era perfetta.
“Aspetta, manca una cosa” le disse. Tornò alla pozza, prese un
po’ d’acqua tra le mani e si accese di nuovo.
“Se continui così finisce che ti prendo per una
torcia” lo avvertì Rea.
“Tanto ho finito” rispose. In mano aveva del
sale.
“Ehi, è vero: se fai evaporare l’acqua di mare ti
rimane…”
“Il sale” terminò. Lo sparse sul cibo e poi le
sorrise.
“Ecco a voi pesce arrosto!” lo presentò orgoglioso.
La
ragazza rise nel vederlo così fiero, e allungò una mano per servirsi. Lui la
fermò.
“Ah, ah, come si dice prima?” la
riprese.
“Grazie, Rin, per aver trovato
qualcosa da mangiare”
“Bravissima.
Adesso puoi anche prendere qualcosa” concesse.
Rimasero
in silenzio a fissare il tramonto mentre masticavano.
“Ho guardato più di un’alba, con te, ma il crepuscolo mi
mancava” ammise il ragazzo.
“Già, era un’esperienza che dovevamo provare insieme”
altro silenzio. Il rumore delle onde era una specie di dolce
melodia.
“Secondo te ce la faremo a tornare a riva, domani?”
domandò Rea.
“Credo di sì.
Non ho nuotato per molto, prima, anche perché ero stato colpito e stavo
trascinando anche te, quindi non siamo molto lontani dalla spiaggia. Dopo un po’ di riposo come si deve potremo nuotare e vedere se nei
dintorni c’è la terraferma” la
rassicurò.
“Speriamo”
“Non preoccuparti, un modo per tornare a casa lo
troviamo.
Fidati di me” le
promise.
“So che hai ragione, ho solo… tanta paura” ammise lei.
Finirono
di mangiare in silenzio.
Ormai
il sole era andato completamente sotto l’orizzonte e iniziava a fare
fresco.
“Dovremmo trovare il modo per scaldarci, stanotte”
disse Rin, alzandosi.
“Non penso che ce ne sia bisogno, in fondo è estate”
ribatté Rea.
Aveva
controllato la grotta in ogni angolo per trovare qualcosa da bruciare per fare
fuoco, ma non c’era assolutamente niente. Farsi caldo significava dover stare
vicini, e questo voleva evitarlo accuratamente.
“Hai intenzione di tremare tutta la notte?” le chiese
lui, incuriosito.
“Beh, no, ma tu sei un fuoco umano, puoi fare caldo a
entrambi” suggerì.
“Certo, perché no?
Sto sveglio fino all’alba per fungere da torcia. Era il mio
sogno di bambino” rispose
sarcastico. La
ragazza mise il broncio.
“E avevi qualche idea per non andare in
assideramento?” gli domandò.
“Un paio, ma non so quanto siano esprimibili” pensò
lui.
“Non saprei. Suggerimenti?”
“Ho la testa vuota” ammise.
“Anche io” sospirò l’altro.
Entrambi
avevano mentito, entrambi stavano pensando alla stessa cosa: per scaldarsi
dovevano starsi attaccati.
“Allora vediamo di dormire così” propose Rea. Era
sfinita sul serio e, per il momento, non aveva freddo. Si stese sulla
pietra.
“Che fai, t’addormenti di già?” le domandò Rin, deluso.
“Domattina verremo svegliati dal sole, il che significa che
alle sei saremo in piedi.
Dato che dovremo nuotare per chissà quanto tempo, credo che
sia meglio riposarsi il più possibile, no?” gli
fece presente.
Chiuse gli occhi, decisa a non dargli modo di avvicinarsi. L’universo aveva
parlato, giusto?
Il
ragazzo rimase un paio d’ore a fissare il mare illuminato dalla luna. Era così
tranquillo. Forse sarebbe stato meglio se avesse detto subito a Rea che aveva
trovato la spiaggia proprio dietro alla grotta, a cinque minuti di bracciate,
invece era stato zitto sperando che succedesse qualcosa. Lanciò un sasso in
acqua dal nervoso. Doveva dirle di Shiemi, della
costa, che voleva dormire con lei in stanza e non sulla branda e che la amava,
si sentiva peggio che mai a continuare così.
La
guardò dormire: si girava nel sonno come se avesse gli incubi. Alla fine, andò a
sbattere contro una pietra.
“Ahia!” gridò tenendosi la testa. Quello non doveva
essere il miglior modo per svegliarsi.
“Ma che ca… come ho fatto?”
chiese tenendosi la fronte. Trattenendo a stento una risata, Rin la raggiunse.
“Fammi vedere” le disse gentilmente. Lei tolse le
mani, scoprendo un piccolo taglio. Non sanguinava.
“Non è niente, stai tranquilla” le assicurò. La
ragazza si sfregò dove le faceva male.
“Però brucia” si lamentò.
“Certo che sei un disastro ambulante” osservò lui
dolcemente. Le sfiorò il graffio.
“Non l’ho mica fatto apposta” si scusò. Mise di nuovo
il broncio.
“Certo che no, non ti dico mica il contrario” la
assecondò.
Era
rimasto fermo con la mano sulla sua pelle. Era calda.
“F-forse è meglio se torno a dormire” disse lei, cercando di
sottrarsi a quel tocco. “No, no, no, no,
no…”
“Aspetta!” esclamò Rin,
incatenandola con gli occhi. Fu costretta a rimanere
ferma.
“Senti, devo… devo dirti una cosa” le
confessò.
“D-dimmi” sussurrò Rea. Si
sentiva prigioniera.
“Shiemi ieri è venuta da me, al dormitorio” iniziò. La
ragazza deglutì a vuoto.
“E?” lo spronò.
“Io lo sapevo già da prima di partire che non sarebbe
venuta” ammise.
“Ah” fu tutto ciò che riuscì a rispondere
l’altra.
“E poi quando sono andato a pescare io… ho trovato il modo
per arrivare alla spiaggia” perché stava dicendo tutte quelle cose? Se si
fosse arrabbiata?
“Che cosa?”
“Ti avevo detto che non ero andato molto lontano e, nuotando
un po’ più a largo, ho visto che siamo proprio dietro al litorale”
confessò. Erano ancora vicini con le facce e lui aveva ancora la mano sul suo
viso.
“Rin perché non mi hai detto che potevamo tornare in
albergo?” gli chiese, risvegliandosi. Lo allontanò
leggermente.
“Io… io…”
“Forza, parla” ordinò. Aveva un tono di voce normale,
adesso, quasi arrabbiato. Lui distolse lo sguardo.
“Non potevo” sputò infine.
“Che diavolo significa che non
potevi?”
“Che non potevo lasciare che tornassimo indietro senza aver
risolto niente!” esclamò.
“Che cosa c’è da risolvere tra di
noi?”
“Tutto!
Io non volevo fare questo viaggio con Shiemi, io volevo farlo con te!” riuscì ad ammettere. Rea
rimase paralizzata.
“Ma tu hai insistito per farmi venire qui con lei e non
potevo dirti di no, mi avresti fatto delle domande a cui non potevo
rispondere”
“Ma che vai blaterando? Lei ti piace! Perché saresti dovuto
partire con me?”
“Non è lei che mi piace, non voglio Shiemi!” le disse. La ragazza lo fissò
incredula.
“A me piaci tu” le confessò. Il suo cuore iniziò a
battere così forte da scoppiare.
“Che cosa hai detto?” sussurrò.
“Io sono innamorato di te” ripeté. Le posò una mano
sulla guancia, avvicinandosi.
“Rea…” disse a mezza voce. Erano sempre più
vicini.
Quello
fu il bacio più bello che lei avesse potuto desiderare in tutta una
vita.