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Autore: Akane    15/05/2012    2 recensioni
"Il Gioco poteva chiamare fuori quando voleva, bisognava essere pronti e non avere rimpianti ma soprattutto darsi da fare per individuare le cose veramente importanti e non mollarle mai per nessuna ragione al mondo. Chester giurò a sé stesso che non si sarebbe mai e poi mai fatto sfuggire Mike."
Tutto comincia con la salute di Chester che va sempre peggio... poi prosegue con un avvicinamento inatteso con Mike e va avanti con le conseguenti paure. Paure che non portano mai a niente di buono. Ma la luce è dietro l'angolo ed ha il viso di Mike, per Chester.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Ecco l'ultimo capitolo. Solito periodo, crisi di Chester. Come un'ossessione. Si sposa troppo bene con l'ultima canzone, Burn it down. Ecco qua, ora finiamo e vediamo come Mike risolve, perchè poi è sempre Mike che risolve tutto. E' vero che nel momento in cui i Linkin Park si prendono la pausa (imposta da Mike) lui forma i Fort Minor e Chester ci dà dentro con la droga arrivando al tentato suicidio. Sfiora la morte per un pelo, non è mai stato peggio, ma è proprio lì che Mike tronca misteriosamente col secondo gruppo e torna a casa per rivisitare i Linkin Park e rimetterli in piedi. E Chester si disintossica e si rimette. Questa è cronaca. La mia aggiunta è cosa succede fra quando Mike tronca coi Fort Minor e quando riprende coi Linkin Park. Ecco qua. Spero che vi sia piaciuta, sappiate comunque che non smetterò mai di scriverne, che ne ho in mente sempre centomila e che ho un'AU lunghetta da sviluppare, sarà un progetto di quelli tosti però ci sto lavorando. Come sto lavorando su una certa threesome. Per sentire la canzone cliccate sul titolo! Grazie d'avermi seguito. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 4:

RESURREZIONE

Il ciclo si è ripetuto
Come esplosioni tuonanti nel cielo
Tutto ciò di cui avevo bisogno
Era l’unica cosa che non riuscivo a trovare
E tu eri lì nel cambiamento
In attesa di farmi sapere
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo
I colori in conflitto
come le fiamme che salivano tra le nuvole
Volevo aggiustarlo
Ma non riuscivo a smettere di demolirlo
E tu eri preso dal cambiamento
Preso nel bagliore ardente
E io ero lì nel cambiamento
In attesa di farti sapere
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo
Mi hai detto sì / mi hai sostenuto
Ed io c’ho creduto quando mi hai detto quella bugia
Io ho giocato al soldato, tu hai giocato al re
E mi hai colpito quando ho baciato quell’anello
Hai perso il diritto di tenere la corona
Ti ho reso forte, ma tu mi hai deluso
Così quando cadrai toccherà a me
E soffierò sul fuoco come incendi ardenti
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo

/Burn it down/



Se solo Mike avesse saputo le tenebre in cui aveva invece gettato Chester con quel gesto volto in realtà ad aiutarlo e salvarlo dalla sua stessa fine, non avrebbe mai e poi mai fatto niente di tutto quello.

Era rimasto l’unico in grado di fare ancora musica, concerti, canzoni e tour, per questo con tutte le idee esplosive della sua testa mise su i Fort Minor in attesa che i ragazzi si riprendessero dai loro rispettivi abissi.
Che aveva talento era innegabile, che c’era chi aveva più bisogno di lui anche.
Lo fece in totale buona volontà, però le conseguenze furono terribili e quando Chester seppe del suo secondo gruppo musicale la prese come un addio definitivo, un lasciarlo per sempre, un non aspettarlo, un pugnalarlo come tutti gli altri.
Nel giro di un anno lasciò la moglie, s’inabissò ulteriormente nella droga e si distrusse isolandosi dal mondo.
In breve niente famiglia, niente amore, niente amici, niente lavoro, niente passione, niente per cui valesse la pena andare avanti e vivere… niente di niente… e la forza per pulirsi e risollevarsi finì insieme alla voglia di vivere.
Tentò il suicidio e fu salvato per un pelo; quando la notizia arrivò a Mike dall’altra parte del mondo, in pieno tour coi Fort Minor, lo mollò a metà annullando le ultimissime date per tornare di filata a Los Angeles da Chester.
Per tutto il tempo del viaggio si maledì insultandosi credendo di poter morire lui stesso se non fosse arrivato in tempo. Si chiese cosa avesse avuto in testa quando aveva piantato tutto e tutti dicendo di arrangiarsi a risollevarsi da soli, si chiese perché fosse stato così egoista, si chiese se ci fosse qualcosa da salvare, ormai.
Perché aveva scelto la strada più facile per sé stesso spacciandola per una forma d’aiuto per i suoi amici ma se per gli altri poteva essere servita perché sembrava stessero meglio, per Chester no.
Chester così fragile e facile all’auto distruzione, agli abissi e alle tenebre, facile ai veleni del passato, facile alla sua stessa fine.
Chester così importante per lui per lasciarlo a sé stesso… eppure l’aveva fatto… eppure l’aveva mollato credendo di non essere capace di tirarlo fuori dal suo pantano. L’aveva fatto perché era solo un idiota ed ora poteva averlo perso per sempre.
Pensandolo, credendolo, pianse come un bambino, da solo, nell’ultimo sedile dell’aereo privato mentre tornava in America. Pianse convinto d’aver perso la cosa più importante della sua vita.
Pianse perché quella cosa non era il gruppo, la musica, la passione o la sua famiglia.
Quella cosa importante era Chester e capirlo ora alla notizia del suo tentato suicidio fu deleterio. Fu la fine. Fu inaccettabile. Fu distruttivo. Fu doloroso.
Ma da quel dolore, da quelle sue stesse lacrime versate per la persona che capiva di volere sopra ogni altra, ritrovò sé stesso, la parte decisa e sicura e capì soprattutto ciò che doveva fare.
Ritrovò ogni cosa che aveva perduto e sicuro che avrebbe ricostruito tutto ciò che ora era andato in pezzi, rialzò la testa.


Per Chester era stata la cosa più dura che aveva mai dovuto vivere.
Arrivare a capire che non si era mai usciti dai problemi del passato, problemi per cui si era già tentato di farla finita, e guardare in faccia quelli nuovi del presente, fu deleterio.
Non fu capace di tirarsene fuori e quando gli arrivò la notizia dei Fort Minor buttò completamente all’aria tutto, matrimonio compreso, per convincersi che l’unica cosa bella della sua vita era definitivamente andata.
Capire d’amare una persona perché poteva essere stato l’unica vera salvezza e convincersi d’averla persa comunque, non fu sostenibile e cominciò con le fiale di veleno.
Cominciò in quel modo che Mike aveva in un qualche modo previsto.
Dopo aver tentato il suicidio con un’overdose di proposito ed esserne uscito per i capelli, tornò a casa contro tutto e tutti. Non voleva saperne di vivere, non sapeva come si faceva, non l’aveva mai saputo, voleva smettere e basta, dannazione!
Non avercela fatta da solo era un ulteriore fallimento e la convinzione che Mike non sarebbe mai tornato gli diede il colpo di grazia.
Solo, dannatamente solo come sempre, lo maledì e pianse buttando tutto all’aria.
Con rabbia colpì mobili ed oggetti, ruppe tutti i servizi che aveva in casa, si ferì con dei vetri fregandosene e dopo essere quasi crollato esausto, aver pianto come un dannato ed essere morto dentro definitivamente, prese una garza dal freezer -aveva cominciato ad usarne da quando aveva cominciato a piangere ogni notte da solo- e attaccandosela sugli occhi con dello scotch adatto si buttò sul letto intenzionato a morire così, senza mangiare, bere, pisciare, alzarsi né nulla.
Dormendo per sempre e basta.
Era stufo.
Stufo.
Stufo di tutto.
Voleva morire.


Quando Mike arrivò in città andò di filato da Chester. Entrò da dietro notando il macello che regnava dentro e lo cercò preoccupato per tutta la casa terrorizzato all’idea d’aver fatto tardi.
L’ansia crebbe a dismisura quando stanza dopo stanza si rese conto che non c’era e che al contrario c’era il caos.
Mobili all’aria, vetri rotti… cosa aveva fatto?
Vide il frigo vuoto e gli armadi di cibo svuotati.
Come aveva vissuto fino a quel momento?
Trovò delle fiale che buttò nel water, poi salì in camera col cuore che galoppava nella gola, il sudore freddo e l’angoscia ormai attanagliata al suo stomaco.
Doveva esserci.
Doveva essere vivo.
Doveva…
Quando entrò in camera si accorse d’aver trattenuto il respiro e fatto piano per paura di non trovarlo.
Sospirò sollevato ma non si sentì meglio.
Era paurosamente magro, pallido e sciupato.
Lo guardò avvicinandosi piano.
Era supino a pancia in su, una garza probabilmente ghiacciata sugli occhi ed i buchi sugli avambracci.
Strinse gli occhi, si sentì morire di nuovo, bruciò tutto sé stesso ma li riaprì e si inginocchiò sul letto.
Era lì, era vivo, ora sarebbe andata bene.
Non l’avrebbe più lasciato a costo di togliergli tutto il sangue dalle vene per salvarlo!
Non aveva idea se dormisse o cosa, ma senza la capacità razionale di trattenersi più, con la colpa che lo schiacciava giù, si chinò sul suo viso e cominciò lieve a carezzarglielo con le labbra. Non osava toccarlo, parlare, respirare.
Ma l’accarezzò sulle guance, sulla fronte, sul naso, sulle garze…

Chester voleva continuare a sprofondare, cercava e sperava che la sensazione provata con l’overdose tornasse per magia anche se non aveva niente in corpo. Era così malmesso che non riusciva a percepire il caldo od il freddo, i rumori ovattati, nessun movimento intorno. Poteva essere che accadesse di tutto e che lui fosse morto… magari…
La prima sensazione effettiva che provò fu qualcosa di leggero e lieve, appena accennato.
Dovette concentrarsi per capire.
Era qualcosa di caldo e non troppo grande.
Morbido ed un po’ solleticante, ma solo un pochino.
Aveva la garza sugli occhi, non vedeva niente ma tenne gli occhi stretti e continuò a restare perfettamente immobile. Nessun muscolo a muoversi, nemmeno il respiro.
Per un istante il pensiero più assurdo della sua vita… Mike?
No, non poteva essere lui… era dall’altra parte del mondo col suo fottuto nuovo gruppo a divertirsi… l’aveva lasciato come avevano già fatto tutti… maledizione, perché doveva avere le allucinazioni?
E poi perché lui?
Perché quelle erano labbra che l’accarezzavano sul volto ed erano delicate e dolci… la sensazione del paradiso provata tutte le altre volte che aveva avuto contatti con lui. Aveva sempre finto di non accorgersene, di dormire e non percepire… ma ora era il momento di prendere le cose nelle sue mani… se solo fosse stato vero… ma come? Come poteva esserlo?
Mike era a fare concerti in Giappone e l’aveva mollato per sempre… lo odiava, forse, per essere finito nella droga più di prima…
Quando le carezze delle sue labbra continuarono sulle sue guance, Chester non riuscì a resistere e sperando vivamente che ora non svanisse, glielo prese fra le mani. Quando sentì che rimaneva lì, le lacrime da sotto le garze ormai bollenti si fecero capolino. Era lì.
Era vero.
Lo stava volendo, chiamando, avendo, prendendo…

Lentamente le mani di Chester si mossero e gli presero il viso, non servì testarlo per capire che era lui. Lo sentì sicuro, come se sapesse chi era.
Mike non parlò ancora, non si tolse, rimase lì a mandare al diavolo sé stesso ed i propri sbagli.
Non l’avrebbe mai più lasciato, mai. Per quello che provava per lui. Perché era grande. Perché lo stava amando. Perché era fragile e doveva tornare a sorridere.
Mike strinse gli occhi incapace di guardare ancora il suo pallore e solo allora Chester lo guidò sulle sue labbra che non aveva ancora osato prendersi.
Fu la prima volta, un sfiorarsi dolcissimo e delicato. Non altro, solo quello.

Non avrebbe mai osato fare altro se non quello perché se fosse stato veramente un’allucinazione, rendersene conto poi sarebbe stato atroce.
Ma istante dopo istante, mano a mano che le sue labbra rimanevano a percorrerlo, Chester si sentiva sempre più in sé e sveglio, attivo. Non poteva non capire che era vero, sentirlo veramente. La pelle sensibile, il respiro, le lacrime, gli occhi brucianti e lui. Lui morbido, umido ed intossicante.
Lui. Amore.
Non osò chiedere più di quello comunque.

Fu Mike a sistemarsi meglio sul letto, piegare la gamba sotto di sé, alzarsi e chinarsi ulteriormente. Le braccia appoggiate ai suoi lati e la voglia di perdersi in lui, la follia dilagante, il fuoco ormai incendiario. Non poteva fermarsi lì, doveva avere di più, non poteva resistere… era una vita che resisteva e si fermava… ma prima… prima aveva una cosa da dirgli… una cosa che aveva sempre sognato di potergli dire, appena l’aveva visto selvaggio e aggressivo cantare con loro la prima volta.
Scivolò sulla guancia, lungo la mascella, e sistemato meglio su di lui disse al suo orecchio, aderendo:
- Sono qua, non ti lascerò mai più… perdonami, Chez… -

Chester fu lì, esattamente in quel preciso istante unico ed indicibile che morì.
Morì definitivamente come aveva voluto e sperato ed invocato nell’apice del suo dolore.
Ed ora era veramente morto ma non con tutto sé stesso, solo una parte, quella peggiore, quella più atroce e terribile, quella più perdente che aveva sofferto più di tutti e svagliato. Quella fragile con cui si era drogato allontanando tutti. Quello che aveva lasciato le cose importanti. Morì quel Chester e pensando a quanto aveva pregato Dio -non credendoci mai- che Mike tornasse, tornasse da lui e basta, lo perdonò.
Perdonò Mike per averlo lasciato a sé stesso nel momento peggiore e non gliene importò più del dolore che gli aveva inflitto perché aveva capito di essere innamorato di lui quando l’aveva piantato per i Fort Minor. Non gli importò niente visto non era a cantare con loro ma era lì e lo stava riprendendo.
Aveva distrutto tutto, l’avevano fatto insieme, ed ora erano pronti. Pronti per ricominciare insieme, da capo, ricostruendo ogni cosa per bene, sana, bella e per sempre. Incrollabile.
Ora erano pronti per ricostruire il loro futuro.
Da sotto la garza ormai bollente, scesero finalmente le lacrime indice di quanto impregnata fosse.
Le sue lacrime, il suo dolore che andava, il suo perdono, il loro ritrovarsi dopo una distruzione totale.
Ora non rimaneva che ricostruire tutto e non avrebbero più sbagliato.
Dopo di questo Mike tornò sulla sua bocca e questa volta gliel’aprì con delicatezza fino a poter farsi strada in lui con la lingua. Aveva un sapore amaro ma gli diede il proprio confondendolo in modo da equilibrarlo e quando fu dolce, si intrecciarono aprendosi ulteriormente fino a divorarsi incapaci di smettere, incapaci di capire perché fosse solo ora la prima volta, incapaci di rispondersi al perché arrivare a quello, a distruggersi, per trovare qualcosa di buono e sano.
- Lo ricostruiremo dopo averlo bruciato… - Mormorò sulle labbra fra un bacio e l’altro, il crescendo fu assoluto e solo anni dopo Chester avrebbe capito il senso di quelle parole e le avrebbe inserite in Burn it down.
- Sta con me e basta. - Fu la sua risposta.
- Ero qua che ti aspettavo… -
- Amami e basta. - Pregò fra un bacio e l’altro vincendo sé stesso e le proprie paure aggrappato all’altro.
Mike l’avrebbe fatto.

FINE

Note: e come tutti ben sanno, il gruppo non si è sciolto ma anzi è andato avanti cambiando, evolvendosi e facendo ciò che amano in modo sano e grandioso. Sempre insieme!!!! ^____^
   
 
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