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Autore: BlackOmicidee    15/05/2012    0 recensioni
Una ragazza che aspira nel guadagnarsi da vivere con il disegno,
una ragazza che ogni volta che gli va storto qualcosa si va a nascondere nel mondo dei colori,
dei pennelli e delle matite,
del bianco e del nero,
cercando di cancellare, come la gomma cancella la matita,
quella giornata storta...
Il capo stronzo...
Le false amiche...
Il ragazzo che non ha.
Cambia sempre posto per trovare l'ispirazione adatta, anche se a lei serve solamente fermarsi ed ascoltare quello che ha intorno,
il vento,
foglie che strusciano sul suolo,
le scarpe della gente che piacchiano per terra,
un respiro,
un battito...
Genere: Comico, Commedia, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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"D... Dalla polizia?"

"Si..."

 

                                                                   O Mio Dio...

                                                                   O Mio Dio!

 

"Dalla polizia?! E perché?"

 

Impugnai meglio la mazza: Mi sudavano le mani.

 

"Prima metti giù la mazza e poi ti racconto tutto."

”No!"

 

Lui aveva le mani protese in avanti come per proteggersi, fece qualche passo verso di me, piano.

 

"Non avvicinarti!"

"Ora calmati..."

"No che non mi calmo! Sei entrato in casa mia senza preavviso e senza che io ti conosca! E per di più sei un fuggitivo! Perché dovrei calmarmi? Magari sei un assassino o uno stupratore, violentatore di ragazze!... O magari sei tutt'e due le cose! E se poi arrestano me perché ti ho dato asilo? Oh... Oh my God!"

 

Lui mi fissò per un istante.

Rise.

 

"Perché ridi?!"

"Sempre così tante domande eh?"

"Rispondi!"

"Rido perché trovo assurdo che tu  mi possa considerare pericoloso, e in questa stanza quella armata sei tu."

 

                                                           ... Oddio... Aveva ragione.

 

Appoggiai la mazza per terra e mi avvicinai a lui, gli presi una manica e lo guardai negli occhi:

 

"Io non sono pericolosa: Lo divento se sento del pericolo verso i miei confronti. Non so se tu sia un soggetto che possa essere considerato "nocivo", ma voglio che almeno ti faccia curare quel bernoccolo che mi sta fissando."

 

Dissi le ultime parole sorridendo.

 

Lui rise e si diresse verso il letto, si sedette e mi guardò.

Io presi il fagotto di ghiaccio, oramai quasi acqua, e glie lo posai sul vulcano che aveva sulla fronte, mentre con l'altra mano gli tenevo alto il mento.

 

"Ti posso fare una domanda?"

"Dimmi."

"Quando sei in confusione imprechi sempre in inglese?"

"No qualche volta anche in francese, tedesco ed arabo."

"Sai l'arabo?"

"No, me lo invento."

"Ah ok."

 

Ci guardammo per un secondo in silenzio, e poi ridemmo per quella stupida conversazione.

 

"Tu invece? Sai l'arabo?"

"No, so il turco."

"Aah... Dimmi qualcosa in turco."

 

Fece tre versi strani.

 

"Haha e questo che vorrebbe dire?"

" "Come ti chiami" ?"

"Lara, piacere."

 

Gli porsi la mano in segno di saluto:

 

"Che onore, io sempre Alex"

 

Mi prese la mano e la baciò.

 

                                                                    Non me l'aspettavo.

 

Risi, lui non mi lasciava la mano.

 

"Alex... Ora mi dici come mai scappi dalla polizia?"

 

                                                              Continuava a tenermi la mano.

 

"..."

 

Lo guardai: Mi teneva stretta la mano vicino al mento, guardava con sguardo perso davanti a sé.

 

                                                                        Fissava il vuoto.

 

La sicurezza e la scherzosità di un attimo prima era svanita, al suo posto mei suoi occhi c'era il vuoto.

 

Una goccia d'acqua del fagotto scivolò lungo la fronte, finendogli sulla punta del naso, da lì finì sul suo labbro che strinse subito con l'altro, riprendendosi dallo stato di trance.

Io continuavo a guardarlo, e di queso lui se ne accorse, ma ancora non mi lasciva la mano.

Mi sedetti vicino a lui, tenendo sempre il fagotto sul bernoccolo.

Lui strinse un po più forte la mia mano sinistra, che teneva vicino alla guancia, sembrava un bambino che stringeva la sua coperta mentre guardava un film dell'orrore.

 

"... Allora? Ti va di parlarne?"

"... Ho rubato un orologio."

 

                                                     ... Un orologio ? !

 

"Ah... E... Come mai?"

"I miei genitori mi pagano l'affitto, o almeno, lo facevano fino a tre mesi fa. Ora dicono che devo trovarmi un lavoro, l'ho fatto, ma non bastano i soldi..."

 

Mise la mia mano sulla sua destra, e con la sinistra cominciò ad accarezzarla dolcemente.

 

                                                    La guardava, e sospirava.

 

"Nella disperazione oggi sono andato in una gioielleria, mi son fatto mostrare un orologio abbastanza costoso, l'ho preso, e ho cominciato a correre, correvo correvo..."

 

Mentre raccontava, guardava la mia mano, e sul dorso con le dita disegnava, percorreva le dune delle nocche, percorreva i lunghi fiumi delle pieghe del palmo, saliva lungo le dita e poi riscendeva.

 

                                                  Tutto questo molto lentamente...

 

"Correvo, ma ad un certo punto sentii la sirena della polizia dietro di me: L'adrenalina mi fece fare uno sprint abbastanza forte da arrivare in tempo dentro una stradina di case dove le macchine non potevano entrare. Non sapevo dove andare, vidi una finestra aperta ed entrai."

 

Mi guardò e sorrise:

 

"Poi una bella ragazza, con addosso solo l'asciugamano, mi fece svenire con una maza da baseball."

 

Arrossii.

 

"Scusa..."

"Smettila di scusarti. Io ti scuso, ma tu scusi me?"

"Si certo, oramai ho capito che hai dei problemi e se posso proverò ad aiutarti. Magari con un lavoro nuov..."

 

In quel momento sollo il letto squillò il telefono:

 

                                                                   -Josh-

 

 

 

 

 

   
 
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