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Autore: Meggie    15/05/2012    3 recensioni
Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: (abbiamo trovato l’amore) Ed è un posto senza speranza
Fandom: Glee RPF
Pairing/Personaggi: Chris Colfer/Darren Criss
Rating: R/NC17
Genere: Angst, introspettivo, romantico
Warning: Slash
Beta: [info]lisachanoando
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Riassunto: Sono passati ormai quattro anni dalla fine di Glee e certe cose sono necessariamente cambiate. Molte altre, però, sembrano non cambiare mai. Quando Darren rivede Chris, sembra solo un incontro tra amici come tanti altri. Non sanno, invece, che è il momento di tirare fuori sette anni di cose non dette.


CAPITOLO 4
Darren ha gli occhi chiusi, ma neppure per un momento potrebbe dimenticarsi di dove si trova. Sente il respiro di Chris sul collo, e il suo corpo premuto contro il fianco, e la sua mano appoggiata sul petto, appena sotto il colletto della camicia. È così forte la sua presenza, che non importa se non lo sta guardando. È lì e lo sente ed è rassicurante.
Quando apre gli occhi e volta leggermente il viso, il mento sfiora contro i capelli di Chris e Darren non può non sorridere e appoggiarvi leggermente le labbra, solo per un momento.
“Che cosa vuoi?” gli chiede Chris con un filo di voce, mentre Darren fa scorrere la sua mano sulla sua schiena, giù, fino alla vita e al bordo dei pantaloni, prima di risalire fino alle scapole.
“Uh… adesso? Sono a posto, in realtà…” e lo dice ridendo, perché, sul serio, non c’è modo che si stacchi da lui o da quel divano o da quella casa, anche se sa che dovrà farlo, perché il giorno dopo si deve svegliare prestissimo e dovrà lavorare e-
Non ha intenzione di pensarci in quel momento.
“Intendo per noi due.” Risponde Chris, e Darren lo sente sorridere contro la propria spalla, anche se non riesce a vederlo.
“Oh. Beh.” E non sa se è pronto per una vera e totale ammissione. Non sa se può farlo in quel momento, perché è passato troppo poco da quando ha iniziato ad incastrare i tasselli, che gli fa paura l’idea di dare un nome al tutto. È troppo presto e non importa che sappia benissimo cosa vuole e il perché, ammetterlo ad alta voce… ha solo bisogno di un altro po’ di tempo. “Voglio portarti fuori. Per un appuntamento. Uno vero, intendo.” Dice alla fine. Ed è vero, se ci pensa. Perché le cose tra loro due sono iniziate in un modo così strano e diverso dal solito e…
E non è neppure il fatto che Chris sia un ragazzo. Non è quello, perché lo sanno entrambi cosa pensa, perché cosa pensa è esattamente il motivo per cui sono lì, probabilmente.
Perché sette anni prima non gli ha mai detto che no, non c’è speranza, Chris, mi dispiace.
Gli ha detto, se solo. Se solo non fossi innamorato. Se solo non fossi con lei. Se solo le cose fossero diverse.
(Adesso lo sono.)
“Quello di stasera non era vero?”
Darren sorride, e la sua mano si stringe di più a Chris. “No. Stasera siamo usciti a cena. Ma non era un appuntamento. Voglio un appuntamento che sia un appuntamento fin da subito.”
Chris solleva il viso dal suo petto per guardarlo negli occhi, e Darren non può fare a meno di ridere quando vede il suo sopracciglio alzato. “… giusto,” dice Chris, sorridendo “e cosa distinguerebbe questo appuntamento dalla serata di stasera che non era assolutamente un appuntamento?”
“Dopo il primo appuntamento, è probabile che ti bacerò.” Darren annuisce, conscio che i suoi ragionamenti siano assolutamente ridicoli, ma se porteranno a far ridere Chris come in quel momento, beh…
“Che è esattamente ciò che abbiamo fatto. Abbiamo fatto anche di più che baciarci, in effetti, qualche giorno fa.”
Darren se lo ricorda, ovviamente. Qualche giorno prima si è perso. Si è perso negli occhi di Chris, vi è affogato dentro e poi… poi si è ritrovato a Los Angeles lasciando dietro di sé solo una montagna di cazzate. Darren se lo ricorda perfettamente.
“Sì, ma non conta. Cioè, conta, ma voglio un appuntamento come si deve. Voglio fare le cose per bene. Non… solitamente non-” non finisco a letto con la prima persona che incontro. E lo so che non sei la prima, lo so che è diverso, tra di noi, ma-
“Ok. Ok, usciamo per un appuntamento. Sei assurdo, ma va bene.” Chris lo interrompe e a Darren va bene così.
“Grazie,” e non ha ancora finito di parlare che già si sta sporgendo verso di lui per baciarlo. E baciarlo di nuovo, con il pensiero che tra poco dovrà uscire da quella casa, se vuole fare qualcosa il giorno successivo.
(Se, soprattutto, vuole mantenere fede alla sua idea di non finirci a letto, di nuovo, prima di un appuntamento.)
Chris sorride contro le sue labbra e intreccia le dita con le sue, prima di stringerle.
Non dice niente, ma Darren non ha bisogno di sentirlo.
Grazie a te.

*

Darren non si è ancora riabituato a Los Angeles. Il periodo passato in viaggio, il periodo passato lontano dalla sua casa, gli ha fatto dimenticare cosa vuol dire avere sempre qualcuno vicino.
Così, quando solleva lo sguardo e si trova davanti Joey appoggiato allo stipite della porta, fa una smorfia e mormora uno “Scusa” appena udibile, dandosi dello stupido per essersi messo a suonare.
“Che stai facendo?” gli chiede Joey scuotendo la testa, ma senza un briciolo di sorpresa nella sua voce. E Darren sa cosa sta pensando l’altro. È Darren, non è che puoi chiedere delle spiegazioni, è strano di natura.
“Ho voglia di scrivere una canzone,” risponde lui, appoggiando la chitarra per terra.
“E sono quasi le due di notte…” gli fa presente Joey e oh, ok, in realtà non se n’era neppure accorto. È un’idiota e l’ha svegliato. Ottimo.
Però, non riesce a non sorridere. E Joey ci mette solo un istante prima di collegare i tasselli. E d’altra parte è lui che ha informato Joe del tutto, quindi magari l’altro gli ha detto che stasera non sarebbe tornato a casa e-
“… è andata bene,” e non è una domanda, Darren lo sa. Sa che a Joey è bastato guardarlo per capire anche tutto quello che non ha mai detto neppure a se stesso. Il bello di conoscersi da troppi troppi anni.
“È andata bene,” annuisce.
E l’attimo dopo Darren si ritrova premuto contro il divano stretto nella morsa delle braccia dell’altro, mentre Joey strilla un “AH!” talmente forte che Darren ringrazia di non abitare in un appartamento come a New York o altrimenti qualcuno sarebbe arrivato a bussare alla loro porta.
E non può fare a meno di ridere, mentre Joey gli scompiglia i capelli come se fosse un bambino piccolo e lui fosse il padre, orgoglioso dei suoi risultati. “Com’è che nessuno è sconvolto dal fatto che sia un ragazzo?” chiede, cercando invano di liberarsi dalle braccia di Joey.
“… com’è che tu non sei sconvolto?” ride l’altro. E Darren sa che è perché non c’è nulla di improvviso, in realtà. Che se avesse dovuto sconvolgersi o avere una crisi, avrebbe dovuto farlo anni e anni prima e-
Sì, beh, anni e anni prima non è che sia andata esattamente alla perfezione, quindi…
Darren è stranito e spaventato e felice e preoccupato ed eccitato. È un casino e lui è il primo a riconoscerlo, ma è un casino che ne vale la pena, pensa.
Joey lo lascia finalmente libero, prima di dargli un’altra pacca sulla spalla e sorridere. “E allora? Questa canzone?” chiede, indicando con un cenno del capo il quaderno appoggiato sul tavolino.
“Uh, è solo… è solo un abbozzo. Solo un paio di idee,” e Darren è grato quando Joey annuisce e si alza, invece di chiedere di poter leggere. Non è ancora pronto per quello.
“Ok, io torno a letto… tu, se vuoi puoi… no, ok, puoi andare a letto anche tu? Te lo dico da amico: devi dormire. E te lo dico come coinquilino: devo dormire.”
Darren ride e annuisce. “Metto via la chitarra e vado a letto. Promesso.” E Joey sembra soddisfatto dalla sua risposta, perché si avvia verso il corridoio. Prima che possa sparire al di là della porta, però, si ferma e si gira verso di lui, le sopracciglia corrucciate e l’aria seria.
“Ah, per la cronaca, sappi che non te la caverai con le due frasi che mi hai rifilato in questo momento. Domani pretendo di sapere tutto. E con tutto intendo anche il colore delle mutande di Colfer perché sì, ti voglio così tanto bene che sopporterò anche quello.”
E Darren può solo rispondere lanciandogli addosso uno dei cuscini del divano.
Quando sente la porta della camera di Joey aprirsi e richiudersi poco dopo, Darren si lascia andare contro lo schienale del divano e sospira, chiudendo gli occhi. Mormora sotto voce il pugno di parole che ha appuntato sul suo quaderno e decide che sì, forse è effettivamente il caso di andare a letto.
E non vede l’ora che sia domani. Per lavorare, per continuare a scrivere quella canzone – perché gli è mancato da morire avere un’idea in testa e non trovare pace fino a quando non l’ha buttata fuori, gli è mancato durate il tour, durante il quale il massimo che è riuscito a buttare giù sono stati alcuni abbozzi sul cellulare o su pezzetti di carta, perché sembrava che dopo aver scritto quello, dopo aver scritto Hidden Tales non ci fosse più altro da raccontare dentro di lui -, per sentire Chris.
Darren apre gli occhi, afferra il quaderno e legge quelle righe. E sorride e pensa che, spaventato e confuso che sia, ci sono cose peggiori.
It is almost as if in the first page of a book,
you found out how it would be in the end.


*

“Un tempo pensavo che bastava volere qualcosa per ottenerla.”
“Sì, beh, benvenuto nel mondo reale. Sarebbe un po’ troppo semplice, no? Pensi qualcosa, la vuoi intensamente e puff, ti capita tra le mani-“
“Non intendevo così, coglione. Volevo dire che… bastava volerla e mettercela tutta e prima o poi il karma, Dio o chiunque ci sia là fuori che ci prende per il culo ci avrebbe ascoltato e… ma non funziona così.”
“Direi di no.”
“Il più delle volte non ti ascolta proprio nessuno. E allora ti chiedi che cazzo serve sperarci, se tanto non cambia mai nulla.”

Quando il regista interrompe la scena, Darren chiude gli occhi e sospira. Si appoggia contro lo schienale della sedia e sorride a Michael, mentre attorno a loro tecnici delle luci e truccatrici iniziano a muoversi per rigirare nuovamente la scena.
Quando Michael distoglie lo sguardo per parlare col regista, Darren si volta per guardare fuori dalla vetrata.
Odia ammetterlo, ma non sta affatto pensando al lavoro. Ed è strano, perché è da tempo che non si sente concentrato su qualcosa.
(È concentrato, in realtà, ma su qualcuno.)
C’è stato il periodo in cui ha pensato solo a scrivere scrivere scrivere per buttare fuori tutte le parole che non riusciva a dire ad alta voce e allora, forse, a cantarle, sarebbe stato più facile, avrebbe fatto meno male.
(Il male è stato uguale, ma almeno ci ha tirato fuori qualcosa di buono).
E poi c’è stato il periodo in cui è passato da un palco all’altro, in giro per il mondo, e la stanchezza è stata troppa per poter pensare ad altro, per poter pensare a qualcuno che non lo aspettava più a casa, che non avrebbe più risposto alle sue telefonate, perché era ancora troppo presto.
E poi c’è stato il periodo in cui tutto si è calmato. Ed è tornato in America, è tornato a New York, pronto per ributtarsi nel lavoro, per girare un film e-
Poi è arrivato Chris. Chris che ha preso il suo mondo e l’ha capovolto e poi gliel’ha rimesso tra le mani, lasciando a lui il compito di capire come farlo funzionare, senza dargli alcuna istruzione al riguardo.
Stronzo.
E allora ha colto l’occasione al volo e ha pensato solo al film e a recitare e a essere qualcun altro perché è molto molto più facile che non dover pensare alla propria vita.
Chris è tornato, però. Di nuovo. E di nuovo gli ha preso il viso tra le mani e l’ha girato fino a fargli guardare in faccia ciò che stava evitando e adesso-
Adesso, sul set, Darren pensa a Chris e non ad essere Mark e odia tutto questo, odia non essere in grado di tagliarlo fuori dalla sua testa completamente, ma è umano e non sa cosa farci. Non è mai riuscito a tagliare fuori Mia, perché con Chris dovrebbe essere diverso?
E, Dio, anche un pensiero del genere gli fa paura, lo terrorizza e non è quello il luogo adatto.
Darren respira, annuisce al regista e cerca di ripetere le battute.
(Battute che sa, le sa a memoria, ma sembrano così difficili che Darren le odia da morire. Le odia le odia le odia. Odia non essere in grado di fare il suo lavoro perché la sua testa è un casino, odia tutto quello, perché il suo senso del dovere viene comunque prima di ogni altra cosa. O almeno dovrebbe.)
Cerca di concentrarsi nuovamente su Micha- Josh, adesso è Josh, prima di deglutire.
Appena dopo il ciak, fa un gesto con la mano e scuote la testa, osservando il piatto e le uova fredde e finte appoggiate sopra.
“Un tempo pensavo che bastava volere qualcosa per ottenerla.”

*

Chris non ha mai pensato che le cose debbano per forza essere facili. Nella sua vita, del resto, nulla lo è stato, quindi perché crogiolarsi in un pensiero così fasullo che pure il se stesso di sette anni avrebbe potuto rifiutarlo?
Quindi no, Chris non ha mai pensato che vi siano cose facili, nel mondo.
In realtà, ne ha avuto un assaggio con Sebastian. Un assaggio che è durato due anni e mezzo e quindi forse è stata una gran parte di vita, più che una timida parentesi. Con Sebastian è stato facile. È stato facile innamorarsi di lui, innamorarsi totalmente e imparare a stare insieme ad una persona, imparare sul serio, non come con Max o con quelle uscite occasionali che qualche volta si è concesso.
Con Sebastian è stato dolce. Ed è stato facile, soprattutto. Fino a quel momento non ha mai pensato che anche lui potesse provare l’ebbrezza della vita in discesa, e invece.
Poi è finita. Il sorriso di Sebastian non è stato più abbastanza per tenerlo stretto a lui. Non è finita per un motivo specifico, è finita e basta. Ad un certo punto si è accorto che Sebastian e la parola migliore amico avevano troppe affinità. Si è accorto che sì, era bello stare con lui, ma non era più come prima.
È stato Sebastian a parlargli, a mettere fine a tutto.
Chris è felice che si sia salvato qualcosa, però. Ogni tanto, ancora adesso, si sentono, ed è bello non provare alcun rancore per la persona con cui hai passato due anni e mezzo della tua vita. Chris ha sempre pensato di dedicare le proprie energie per le cose per cui ne vale la pena.
Sebastian conferma solo al regola.
Jonah, invece…
Chris ci pensa. Non è così freddo come gli piacerebbe. Ha amato Jonah, l’ha amato. Ma…
Non si sentiranno mai più, probabilmente.
(E Chris, in realtà, lo spera. La parte ferita e umiliata di Chris lo spera sul serio, perché non vuole vederlo, non vuole sentirsi di nuovo nelle orecchie le parole che Jonah gli ha rivolto quando l’ha lasciato, non vuole rivedersi immobile nel proprio appartamento, dopo che Jonah ha appena sbattuto la porta, privo di qualsiasi emozione, come se non fosse successo nulla. Chris odia il se stesso di quel momento. Chris lo capisce fin troppo bene, però.)
Chris distoglie lo sguardo dallo schermo del pc e si sfila gli occhiali per strofinarsi gli occhi. Non sa cosa sta facendo. La verità è che non dovrebbe pensare a Sebastian o a Jonah o a Darren, Dio, non dovrebbe proprio pensare a lui.
Hai appena lasciato il tuo ragazzo e già ti butti su un altro, che cazzo fai?
(Chris si è buttato su un altro ancora prima di lasciarsi con il suo ragazzo. Chris si è buttato su Darren quando non c’era nessun altro. Ha sempre pensato di averlo lasciato andare, con Max, e poi Sebastian – Sebastian che ha amato e l’ha fatto sul serio – e con Jonah. E invece, cosa? L’ha sempre trattenuto nella sua mano aspettando il momento giusto?)
Sbuffando, si alza dalla scrivania e va a recuperare il telefono nell’altra stanza. È un’abitudine che ha da anni, dato che a volte l’unico modo per fare qualcosa di produttivo è chiudersi letteralmente in una stanza senza possibilità di essere distratti.
Non si mette a pensare, non fa nulla del genere, perché poi inizierebbe a dubitare di tutto e-
Afferra il cellulare, digita velocemente un messaggio e si lascia andare sul divano.
Se chiude gli occhi, riesce ancora a vedere Darren seduto accanto a lui, stretto a lui, contro di lui.
Cristo, piantala.
Neppure le minacce mentali che si rivolge da solo funzionano.

*

Da: Chris
Allora, questo appuntamento?

Darren si mette a ridere, e quando uno dei tecnici solleva lo sguardo dal tavolo del catering per rivolgergli un’occhiata curiosa, Darren scrolla semplicemente le spalle.

A: Chris
… non dovevo essere io a chiederti di uscire?

Da: Chris
Sì, ma dato che non ti muovi, ho pensato di prendere DI NUOVO l’iniziativa.

Darren afferra il piatto, prima di andare a sedersi accanto a Megan, una ragazza adorabile che interpreta la cameriera senza nome.

A: Chris
Ok. Allora… sei libero tra due giorni?

Da: Chris
Vedrò cosa posso fare.

A: Chris
Perfetto. Ti faccio sapere poi ora e luogo.

Da: Chris
Visto? Non era così difficile, sono orgoglioso di te. E adesso torna al lavoro. Perché mi stai rispondendo? Perché non stai lavorando, non dovresti lavorare?

Darren si mette a ridere e Megan si gira a guardarlo mentre addenta una patatina.
Quando mette via il telefono e decide di fare conversazione perché non può dimenticare le buone maniere solo perché oh, già, ha un appuntamento con Chris Colfer, si rende conto che non c’è modo che la sua mente non riprenda ad essere incredibilmente distratta nel pomeriggio.
“È la tua ragazza?” chiede Megan inclinando la testa, col risultato che una ciocca di capelli le ricade davanti ad un occhio.
Darren ci mette un momento a capire che si riferisce al telefono. “Uh, no. No, è un… amico.” Risponde, sforzandosi di far trapelare una risata dalle sue parole.
“Oh,” Megan sembra sorpresa. Abbassa un attimo lo sguardo, si sistema i capelli con le dita, prima di infilzare un’altra patatina e tornare a guardarlo, “niente ragazza, allora?”
E Darren scuote impercettibilmente la testa, perché sa cosa sta facendo questa ragazza e vorrebbe stare al gioco, ma allo stesso tempo dirle chiaro e tondo che no, tesoro, no, non farlo, ok?
La verità è che, a volte, è più facile. È più facile non rispondere, fare intuire e lasciar andare le cose.
La gente, tanto, piega sempre le parole a proprio piacimento.
“Tu cosa pensi?” risponde casualmente, mettendosi a mangiare e lanciando un’occhiata al telefono.
E flirtare con una ragazza non è male. È divertente e non nuoce a nessuno. Non si stanno promettendo amore eterno e probabilmente durerà giusto il tempo del pranzo – e Darren è comunque pronto a fermarla nel caso… beh, nel caso non si fermasse da sola -. Ma Darren si chiede cosa penserebbe Megan, se sapesse che mentre parla con lei sta pensando ad un’altra persona.
Si chiede cosa penserebbe se sapesse che l’altra persona è Chris e gli viene quasi da ridere.
Poi si chiede cosa penserebbero tutti, e la realtà è che sa che sarebbero subito pronti ad appiccicargli un’etichetta sulla fronte, a metterlo nella sua bella scatola colorata e a farlo passare come un bugiardo, quando la verità è che non sanno niente, niente di quello che c’è nella sua testa.
La verità è che le cose non sono solo bianche o nere e vaffanculo.
Darren deglutisce e guarda Megan e si chiede cosa sta facendo. Poi, scuote la testa, afferra il cellulare e mormora una scusa alla ragazza, prima di alzarsi dal tavolo ed uscire da lì.
Non si rende neppure conto di far partire la chiamata, fino a quando non sente la voce di Joey dall’altra parte del telefono.
“Hey, che c’è? Non dovresti lavorare?”
Darren sospira, si guarda attorno per accertarsi di essere da solo e appoggia la schiena alla parete.
“Hai cinque minuti? Devo solo… devo solo- ”
E sente Joey inspirare e sa che l’altro ha capito che non l’ha chiamato per chiedergli di ricordarsi di prendere il latte – anche se sì, in effetti deve ricordarsi di prenderlo.
“Che è successo?”
Darren chiude gli occhi e butta fuori tutte le parole che ha in testa e che non hanno senso e che lo stanno facendo arrabbiare e per cui non può farci nulla.
Darren ha sempre amato giocare sulla scala del grigio, cosa che, ha scoperto, non sempre le persone capiscono. Perché sei una cosa o l’altra e Darren vorrebbe dire che no, si possono essere così tante cose insieme che è stupido pensare che tutti debbano sottostare ad una qualche regola solo per il volere degli altri.
La cosa che ha sempre sempre odiato, è che qualcuno si sentisse in diritto di iscriverlo in una qualche categoria, senza lasciargli la possibilità di parlare.
E sa che accadrà di nuovo se mai… beh.
Darren appoggia la testa al muro dietro di sé e sente un tump riecheggiare nel corridoio.
“Darren, è ciò che le persone fanno, lo sai. E se questa cosa con Chris dovesse… dovesse funzionare… hey, ne vale la pena, no? Devi pensare a quello. Ne vale la pena?”
Quando riapre gli occhi, sospira e si rende conto di aver paura della risposta.
A volte è più facile vedere tutto in bianco e nero. È quella la verità.

NOTE:
In ritardassimo, ma finalmente il quarto capitolo è qui. Scusate, ma tra ritardi miei dovuti alla laurea (ho finitoooo, yeeeee XD) e al lavoro, e agli impegni della mia fidata beta, non ce l’ho fatta a fare prima /o\
Spero che l’attesa non sia stata inutile <3 E il prossimo capitolo, invece, è già scritto e finito, quindi non dovrete attendere così tanto :)
Inoltre! Non ho mai scritto, anche se Lusio mi ha beccato ;), che questa storia può essere intesa come un sequel di un’altra, Love is not a victory march. Non è necessario averla letta, e le cose che servono in questa storia le ritroverete scritte e spiegate, ma ecco, è tutto nello stesso verse, diciamo (che io chiamo il Love!verse XD). Mi ero dimenticata di dirlo all’inizio, ma Lusio mi ha prontamente ricordato <3
E per finire ringrazio tutti quelli che hanno commentato, messo tra le storie preferite/seguite/ricordate e che hanno letto e basta <3 Grazie a tutti :*
Se volete aggiungermi su FaceBook – dove potete sapere anche quando aggiorno/finisco di scrivere, oltre che a parlare con me, se vi va :) – questo è il mio account :)
   
 
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