Un’ora
dopo, ristorante sul mare.
“Bello!” esclamò la ragazza guardandosi attorno. Era
molto piccolo, dipinto di blu come l’acqua. Sembrava di stare in un acquario
gigante.
“Speriamo che si mangi bene” rispose lui. Stavano
guardando il menù.
“Io voglio questo” decise Rea, indicando un piatto
misto di pesce. Sembrava buono.
“Anche io” le disse.
“Ehi, non copiarmi!
Prendi qualcosa di diverso!”
si arrabbiò l’altra.
“Che? Perché?”
“Perché così dividiamo!” rise la
ragazza.
“Cioè tu vuoi che noi prendiamo due piatti diversi per
dividerli?”
“Uhm, più o meno” rispose lei,
vaga.
“Mi sa che c’è la fregatura, ma va bene” concesse.
Ordinarono
un misto di pesce e uno di terra, così da smezzarlo e mangiare due cose invece
di una.
Mentre
aspettavano, si misero a parlare un po’ di tutto: Laura e Mephisto; Shiemi; Yukio; Satana. Evitarono accuratamente di discutere, però,
del bacio. Anche se non l’avrebbero mai ammesso, cercar di chiarire la
situazione adesso era spaventoso. Se non fosse andata come volevano, cosa
sarebbe successo alla loro amicizia?
“Cibo!” esclamò la ragazza, quando arrivarono i
piatti.
“Sembra che tu non mangi da due
giorni”
“Se fai due calcoli ti rendi conto che è praticamente
così” gli ricordò.
“Ah, già” disse lui. Addentò un pezzo di
carne.
“Cavolo. È proprio delizioso!”
“Davvero?
Fammi assaggiare” gli ordinò
lei. Rin spostò il piatto dal tavolo, allontanandolo dalla sua
forchetta.
“Eh, no!
Prima mi dai un pezzo del tuo e poi si
vedrà” le
propose.
“Che cosa?
Ma questo si chiama ricatto!”
protestò la ragazza.
“Mmmh, sì, direi di sì” ammise lui.
“Sei malvagio!” lo accusò.
“Sono un demone, cosa ti aspettavi?
Tè e pasticcini?” le fece
presente.
“Ci speravo” confessò lei, imbronciata.
“Possibile che tu tenga sempre il broncio?” chiese
Rin, ridendo.
“E’ colpa tua, sei tu che me lo fai venire” lo
accusò.
“Certo, è sempre colpa mia”
“Va bene, adesso posso morire in pace su questo bel lettuccio
caldo” annunciò Rea, stendendosi sul materasso non appena furono
rientrati in stanza. Si stava così bene.
“Vuoi dormire adesso?” si stupì il
ragazzo.
“Che male c’è? Sono dovuta stare tutta la notte sdraiata
sulla roccia, non è molto comodo”
“Guarda che lo so, ero con te” le ricordò.
Dopo
quella frase scese il silenzio. Entrambi stavano pensando al bacio.
Lei si
schiarì la gola.
“Non importa, adesso sono stanca, probabilmente mi riposerò
un po’.
Notte!” gli
augurò. Si
mise sotto le coperte e lo lasciò lì, a fissarla.
“Notte” sussurrò.
Si
stese sulla branda a fissare il soffitto e sospirò. Gli aveva dato noia il
comportamento della ragazza: non solo si era arrabbiata quando le aveva detto
che le persone potevano pensare che loro avessero passato la notte… in quel
modo… ma inoltre aveva evitato l’argomento “insieme”. Che diavolo stava
succedendo? Che se ne fosse pentita?
A
dirsela sinceramente, anche lui era infastidito nel pensare che le persone potevano credere che avessero fatto sesso, eppure non gli
sembrava un’idea così strana. Erano due ragazzi che erano rimasti soli tutta la
notte. Forse la cosa strana era proprio che non fosse successo
niente.
Fuori
era buio, ormai. Quando Rea aprì gli occhi il sole era tramontato da un
pezzo.
“Che ore sono?” si chiese. L’orologio segnava le dieci
di sera.
“Che cosa?
Ma io mi sono addormentata oggi pomeriggio alle due! Significa
che ho dormito… otto ore!” esclamò,
incredula.
“Rin, perché non mi hai svegliata?
Rin?” lo chiamò, alzandosi dal
letto.
Il
ragazzo era addormentato sulla branda, con i capelli bagnati e l’asciugamano
addosso. “Deve essersi lavato” pensò. Lo scosse
un po’, ma non reagì ai suoi richiami.
“Certo che anche tu sei un caso perso” disse
sottovoce.
Lo
sentì russare e trattenne a stento una risata.
“Devo trovare qualcosa da fare, adesso” decise.
In
camera non c’era niente che servisse da svago, né un televisore né, tantomeno,
libri o computer.
Si
guardò addosso: non aveva ancora fatto la doccia. “Speriamo che non si svegli” pensò. Si chiuse in bagno
e si spogliò.
“Fa’ che dorma finché non ho finito” pregò entrando
nella vasca da bagno. Aprì l’acqua e si beò della corrente sulla pelle. Le lavò
via il sale che era rimasto dal pomeriggio prima. Si insaponò e risciacquò con
molta calma, prendendosi tutto il tempo che le serviva.
“Questo è il paradiso” esclamò.
Rimase
sotto la doccia per almeno venti minuti prima di decidersi ad uscire. Prese
l’accappatoio dal portasciugamano e se lo mise addosso, stando attenta a evitare
che si aprisse.
Accostò
leggermente la porta del bagno e si affacciò. Rin
sembrava ancora addormentato. Fece un bel respiro ed entrò in camera, facendo
più piano possibile.
Frugò
in borsa alla ricerca di un pigiama. “Ma che diavolo!
Non è possibile che Laura non me ne abbia dato uno” pensò. In quel momento la
lettera che le aveva lasciato nella sacca cadde a terra, voltandosi. C’era un
post scriptum dietro.
“Mi ero dimenticata una cosa: per quello che spero succeda
non dovresti avere bisogno della camicia da notte, quindi non l’ho
messa.
Non ti arrabbiare troppo, ok?”
Rea
tremò leggermente con il foglio in mano.
“Io ti ammazzo!” esclamò, dimenticandosi di Rin per un istante. Le sue grida lo
svegliarono.
“Che succede?
Un demone?” chiese alzandosi,
subito pronto ad attaccare.
Fu un
attimo: nell’istante in cui fu in piedi, l’asciugamano cadde a
terra.
Rea
rimase sbalordita, immobile, a fissarlo.