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Autore: EvgeniaPsyche Rox    15/05/2012    8 recensioni
[ Long-fic sull'AkuRoku che descrive momenti quotidiani e il modo in cui si sviluppa il loro rapporto, il tutto diviso nei diversi mesi dell'anno. Ringrazio in anticipo tutti coloro che si soffermeranno a leggere.]
January -Normal-
February -Away-
March -Confused-
April -Hidden-
May -Burning-
June -Protection-
July -Doll-
August -Anger-
September -Together-
October -Sweetness-
November -Emotions-
Dicember -Mine-
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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May -Burning-

 

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Soffocò il volto nel cuscino, imprecando più e più volte contro se stesso.
Non ce la faceva più.
Si voltò di scatto verso l'orologio digitale sul comodino che segnava le 20.30; aveva chiamato Roxas nemmeno un'ora fa e già voleva riafferrare il cellulare.
Tutta colpa di quella maledettissima gita; il biondo e la sua classe sarebbero stati fuori paese per ben una settimana e così lui si era ritrovato a soffrire a causa della nostalgia.
Senza contare il fatto che era solamente il terzo giorno; invece ad Axel sembrava che fossero passati anni, se non addirittura secoli.
Buttò con violenza il cuscino a terra, mandando tutto e tutti a quel paese, prendendo così il proprio cellulare alla sua sinistra; digitò velocemente il numero che sapeva ormai a memoria, senza nemmeno bisogno di andare sulla rubrica, e aspettò che il diretto interessato rispondesse.
Squillò una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci volte, finchè non scattò la segreteria che lo mandò in bestia:«Risponde la segreteria telefonica di Roxas: Salve, se in questo momento non ho risposto alla vostra chiamata, significa che, molto probabilmente, sono impegnato a fare qualcosa di più importante.Quindi, evitate di rompere ulteriormente le pall- Oh, smettila, Hayner!», sentì improvvisamente delle risate e un'altra voce che si aggiunse: «Roxas è un idiota, gente, non dimenticatelo!» «Hayner, vattene a quel paese!», poi tutto si spense.
Si lasciò sfuggire un sorriso malinconico, mentre strinse nella mano sinistra il cellulare, cercando in ogni modo di non provare rabbia, senza ottenere grandi risultati.
Sì, gli mancava.Gli mancava da morire.
Lasciò vagare le proprie iridi smeraldine verso la finestra, notando le tenebre che iniziavano ad impossessarsi del cielo; sospirò, alzandosi per poi appoggiare una mano contro il vetro.
Era davvero assurdo che un semplice ragazzino potesse ridurre la sua anima a pezzi.
Digitò nuovamente il numero con aria assorta, portando il cellulare all'orecchio, mordendosi lentamente il labbro inferiore per placare l'ansia che stava prendendo velocemente possesso della sua anima.
Uno, due, tre, quattro...
«Pronto?», il tono basso e un pò incerto di quel giovane dagli occhi cristallini gli provocò istintivamente un aumento del suo battito cardiaco, ma, nonostante ciò, si affrettò a rispondere: «Ehi, Roxas...»
«Axel?», chiese stupidamente il biondo, nonostante l'avesse già riconosciuto dal numero.«Ma...Mi hai chiamato quaranta minuti fa, lo sai questo, vero?»
Il fulvo a quella domanda retorica si sentì, se possibile, ancora peggio.«Potresti almeno mostrare un pò di entusiasmo nel sentirmi.»
Udì il più piccolo sospirare dall'altra parte.«Non ho detto di non essere contento di sentirti, il fatto è che mi stai chiamando cinque volte al giorno, non so se te ne sei accorto.»
L'altro si morse con più forza il labbro inferiore, sentendo l'amaro sapore del proprio sangue invadergli il palato.«Lo so, è che...», ma, prima di poter terminare la propria spiegazione, venne preceduto dal biondo: «Axel, io...Io capisco che posso mancarti, ma devi cercare di resistere: rimarrò qui ancora domani e dopodomani, poi...Poi tornerò da te!»
«Ma io ti voglio qui, accanto a me, adesso!», e, improvvisamente, il ragazzo dai capelli fiammeggianti alzò il tono della voce, cacciando via tutto l'imbarazzo che aveva sentito all'inizio della chiamata; tanto anche l'altro aveva intuito che provava un'enorme nostalgia, quindi tanto valeva gridare solo ciò che sentiva.
«Axel....», cercò di tranquillizzarlo il giovane, non sapendo più in che modo proseguire la conversazione.
«Roxas, mi manchi.Mi manchi tanto, da morire.E pensa pure che io sia ossessivo o quello che vuoi, ma devi capire che...Insomma, io...», si bloccò improvvisamente, sforzandosi di trovare le parole giuste per spiegare all'altro i propri sentimenti, finchè quest'ultimo non riprese la parola: «E' ora di cena.Ti chiamerò prima di andare a dormire.», e, nonostante quell'affermazione sembrava essere detta quasi con freddezza, Axel si sentì immediatamente meglio, e gli fu grato per aver subito capito cosa lo turbava.
«Ci conto, Roxas.A dopo.»



Assunse un'espressione perplessa di fronte alla porta, suonando per la quinta volta il campanello, senza ottenere però alcuna risposta.
Sospirò con fare arrendevole, risistemando il mazzo di rose nel cestino della bicicletta, salendo successivamente su di essa; lanciò una fugace occhiata alla casa, per poi iniziare a pedalare il più velocemente possibile.
Non riuscì proprio a capire; gli aveva dato appuntamento davanti a casa sua alle diciassette, eppure non c'era nessuno.E, come se ciò non bastasse, aveva il cellulare staccato.
Continuò a pedalare più veloce, non notando nemmeno il semaforo rosso e i clacson delle auto che si fermarono di colpo per evitare di investirlo, troppo assorto nei propri pensieri; dove poteva essersi cacciato?
Raggiunse in meno di cinque minuti il parco, nel quale vi passeggiavano diverse persone; anziani, coppiette, bambini che giocavano a pallone o con il proprio cane.
Ma la sua attenzione si focalizzò su una minuta figura rannicchiata sulla sponda della fontana, con le gambe strette al petto e il volto nascosto, quasi volesse essere invisibile agli occhi degli altri; eppure lui lo vide lo stesso.
Si fermò di colpo, lasciando la bicicletta cadere rumorosamente per terra nonostante fosse di Demyx, correndo alla velocità della luce verso la chioma bionda che aveva riconosciuto già in lontanza; non appena gli fu vicino, si chinò verso di lui con un dolce sorriso, accorgendosi che si sforzava di soffocare dei singhiozzi impercettibili.
Allungò lentamente la mano verso i suoi capelli dal colore della sabbia, prendendo ad accarezzargli delicatamente; il giovane alzò di scatto lo sguardò, mostrando le sue iridi cristalline lievemente arrossate a causa del pianto.
«Gli angeli non dovrebbero piangere, lo sai?E' un peccato.», bisbigliò con dolcezza il più grande, avvolgendo la sua schiena con un braccio, facendo aderire il suo corpo contro il proprio; sospirò appena, baciandogli ripetutamente la testa.
«Un vero peccato.», sottolineò nuovamente mentre con l'altra mano gli alzò immediatamente il volto, permettendo ai propri occhi smeraldini di tuffarsi in quello splendido oceano blu.
«A-Axel...Mia...Mia madre...I miei g-genitori...», continuò a singhiozzare l'altro, tremando un poco, «Non mi...Non mi v-vogliono bene, Axel...», e scoppiò in un pianto disperato, nascondendosi nel petto del giovane dai capelli fiammeggianti, il quale sorrise dolcemente, accarezzandogli nuovamente la testa.
«Sssh', non importa, stai tranquillo.»
«M-Ma loro...Loro hanno detto che...Che...», e, prima di poter' terminare la propria frase, Axel lo interruppe.«Non importa, Roxas.Non ha alcuna importanza.», lo strinse ulteriormente a sé, afferrandogli per la seconda volta il volto bagnato dalle lacrime.«Guardami.Io ti voglio bene.Ci sono qui io.Il resto non conta.»
A quelle parole il più piccolo sembrò finalmente tranquillizzarsi; soffocò un ultimo singhiozzo e rimase in silenzio, osservando intensamente l'espressione dell'altro.«Sono io il tuo mondo.Io e basta.», sussurrò infine con estrema tenerezza, avvicinandosi all'orecchio del biondo prima di morderlo con forza, socchiudendo gli occhi.
Il più giovane si strinse impacciatamente le spalle, sentendo il pesante respiro dell'altro sul proprio volto; rabbrividì non appena quest'ultimo gli lasciò una flebile scia di baci lungo il candido collo, facendolo sospirare appena.
Inclinò la testa all'indietro con aria persa, godendosi le attenzioni del rosso e notando solo in quel momento del cielo sereno e del sole che gli bruciava la pelle; bruciava, così come lui lo stava bruciando.
Lo divorava, lentamente e piacevolmente.
Quel piacevole bruciore del sole sulla propria pelle assomigliava tanto ai baci di Axel.
Allungò le esili braccia e avvolse il caldo collo del più grande che lo aiutò a rialzarsi, ritrovandosi il suo volto a pochi centimetri di distanza.
«Non voglio più vederti piangere.», parlò piano al suo orecchio, baciandolo di tanto in tanto, «Sono stato chiaro?», chiese poi con insistenza, arricciando una ciocca di quei capelli color' cenere che amava tanto.
Senza attendere alcuna risposta da parte del giovane, si chinò lentamente verso di lui, avendo voglia di assaggiare un pò quelle piccole e delicate labbra, quando il diretto interessato si scostò in un soffio, sfuggendo dalla presa dell'altro.
Sapeva che se l'avesse lasciato fare, lui l'avrebbe rissucchiato tra le sue fiamme per sempre.
Quel fuoco lo avrebbe divorato, si sarebbe impossessato del suo corpo, mentre lui, così piccolo e ingenuo, non avrebbe potuto fare nulla per dimenarsi.
Non voleva ancora essere preso.
Sarebbe fuggito nuovamente, per quanto possibile; ancora, ancora un pò.Avrebbe giocato ancora un pò al gatto e al topo, nonostante quel diabolico gatto rosso sapeva che presto lo avrebbe acchiappato definitivamente.
E lo avrebbe fatto suo.
«Quei fiori sono per me?», domandò sommessamente il biondo, interrompendo il breve silenzio con la propria voce cristallina e vellutata; voltò timidamente gli occhi blu cobalto verso l'altro che aveva accennato un sorrisetto ironico e divertito.«E come fai ad esserne sicuro?»
«Non lo so...E' che sono molto belli.», ammise poi con aria assorta, tornando a scrutare quelle candide rose nel cestino della bicicletta a terra; sussultò non appena si accorse che due braccia gli stavano circondando la sottile vita, costringendolo a voltare di scatto il volto.
«Ti piacciono?»
«Cosa?», chiese distrattamente il biondo, imbarazzato dalla situazione.
«I fiori.», rispose con un lungo sospiro il fulvo, riprendendo a torturare l'orecchio dell'altro, il quale tentò poi di dimenarsi, senza ottenere grandi risultati.
«Se ti fai dare un bel bacino ti regalerò quel mazzo.Mh, ci stai?», e, dopo quella domanda, sghignazzò, incuriosito dalla prossima risposta del ragazzo dagli occhi azzurri che assunse un'espressione pensierosa.
Detestava e amava quelle attenzioni da parte del più grande; le amava perchè lo facevano sentire bene, protetto, mentre le detestava perchè lo cambiavano.Non riusciva ad essere più acido, orgoglioso, ma si scioglieva, di fronte a quell'immenso fuoco che ardeva di fronte a lui.
«Chi tace acconsente.», bisbigliò improvvisamente il diavolo dai capelli scarlatti, afferrando di scatto il volto dell'altro e premendo così con passione le proprie labbra sulle sue; si divertì poi a passare la lingua su di esse, mordicchiando quella delicata pelle che in poco tempo iniziò a gonfiarsi.
E Roxas si scottò.
Di nuovo.
Rimase lì, immobile, mentre l'altro si allontanò lentamente, lasciando trapelare dal proprio volto un sorriso beffardo.«Il mazzo è tutto tuo.»
Con le gote arrossate e lo sguardo basso, si affrettò a raggiungere la bicicletta, chinandosi verso il cestino di plastica per afferrare quelle splendide rose avvolte accuratamente nella stoffa; avvicinò il naso ad esse ed annusò intensamente quel piacevole profumo.
Sfiorò con l'indice quei sottili petali, quasi impaurito di poterli far' cadere in qualche modo.«I miei genitori...», iniziò improvvisamente a parlare sommessamente, accorgendosi che il fulvo gli si era nuovamente avvicinato.
«Sai, i miei genitori mi avevano detto che sono sbagliato.», e un malinconico sorriso incupì il suo volto, costringendolo ad abbassare nuovamente lo sguardo.
Sentì la lieve brezza scompigliargli i capelli ribelli, quando una mano gli accarezzò delicatamente la guancia sinistra; Axel lo guardò con tenerezza, come un padre pieno d'amore guarda il suo giovane figlio.
«Oh, Roxas, se tu sei sbagliato, allora io dovrei essere già all'Inferno.»



«Sembri Giulietta!»
Un'improvvisa folata di vento rischiò di fargli perdere l'equilibrio e il giovane bambino strinse immediatamente la presa al ramo, sforzandosi in ogni modo di non cadere.
«Giulietta?», ripetè poi impacciatamente, chiedendosi perchè non riuscisse mai a seguire i discorsi dell'altro che, nel frattempo, era scoppiato a ridere, annuendo.
«Giulietta!Quella di Romeo e Giulietta.Hai presente?», continuò a chiedere il ragazzino di sotto, sedendosi sul prato con un sorrisetto ironico dipinto sul volto.
«Veramente no.», brontolò con le labbra arricciate in una smorfia infantile, dondolando i piedi sospesi nell'aria.
«Beh, non importa.Comunque tu sei Giulietta e io sono Romeo.Got it memorized?», e il fulvo si picchiettò la fronte, ridacchando nuovamente.
«Perchè io ho un nome da ragazza?Non voglio essere Giulietta!», tuonò improvvisamente il più piccolo, incrociando le braccia in totale disaccordo, mentre l'altro aveva sollevato un soppraciglio.
«Ma tanto tu ce l'hai già un nome da ragazza.»

«Non è vero!»
«Sì invece.Roxas è un nome da femmina!», lo prese allegramente in giro il giovanotto, alzandosi e facendogli poi la linguaccia.
«Bugiardo!», replicò il biondo, sforzandosi in ogni modo di non scoppiare a piangere, sentendosi veramente offeso; tentò impacciatamente di alzarsi in piedi sul ramo, appoggiandosi con una mano sulla robusta corteccia.
«Adesso arrivo lì e ti farò male!», annunciò a gran' voce prima di iniziare a scendere lentamente, cercando di infilare i piedi e le mani nei punti giusti, quando, improvvisamente, si sentì pizzicare il naso: abbassò le iridi cristalline e lanciò un urlo, notando l'indesiderata presenza di un'ape.
Lasciò immediatamente la presa all'albero, cadendo così rumorosamente sul prato a pancia in su', sbattendo più volte le palpebre, confuso.
Si guardò attorno e, dopo essersi accorto della scarica di dolore che gli trapassava la schiena, scoppiò a piangere, singhiozzando ripetutamente.
«E-Ehi, ehi, ehi!Calmati!Roxas, tranquillo!», il fulvo cambiò immediatamente espressione, mentre sui suoi occhi smeraldini si dipinse il panico più totale; si precipitò verso il piccolo amico, appoggiando una mano sulla sua spalla.«Su', non c'è bisogno di piangere!»
«Ma...Ma...M-Mi fa male!Mi fa tanto male!», frignò il biondo, senza riuscire a smettere di piangere, accucciandosi e stringendosi le gambe al petto.«Mi...Mi fa t-tanto male la schiena...Mi brucia, tantissimo!»
Axel si chinò lentamente verso di lui, inginocchiandosi; gli alzò poi delicatamente la maglietta di Bugs Bunny, notando con orrore i numerosi graffi rossi che ora solcavano la chiara schiena dell'altro.
«Oh...Non preoccuparti, andiamo!Ti porto a casa mia e ti disinfetto tutto, va bene?», ma, nonostante la domanda posta con dolcezza, il bambino non sembrava intenzionato a frenare il pianto; continuò a singhiozzare, nascondendo il volto bagnato sulle piccole ginocchia.
«Roxas, lo sai perchè sei Giulietta?, chiese improvvisamente il ragazzo dagli occhi verdi, accennando un caldo sorriso e ottenendo l'attenzione dell'altro che aveva alzato un poco lo sguardo. «P-Perchè?»
«Perchè Romeo voleva tanto bene a Giulietta.E io ti voglio tanto bene.»
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*Note di Rox'* -Ormai quindicenne è_é*
Ebbene, sì, rieccomi.
Allora, vorrei iniziare scusandomi per non aver' pubblicato il successivo capitolo di Tutor and Boyfriend; il fatto è che sto ancora scrivendo il capitolo e quindi lo pubblicherò domani.
In questo periodo -Oltre a non avere le emozioni giuste per continuare una storia del genere-, sono piena di ispirazioni e sto scrivendo praticamente 6-7 storie contemporaneamente °-°
Well', passiamo adesso a questa storia.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e quelli che hanno messo la storia tra le seguite/preferito; spero che continuerete a commentare, come sempre (:
E boh...In questo capitolo è stato praticamente un pianto continuo (?); prima la nostalgia di Axel, poi Roxas e, infine, il nostro caro biondo che si è fatto male.
Oh, e vorrei ringraziare 'Birba_chan_98' per avermi aggiunta tra i suoi autori preferiti; sono onorata, davvero!
Mah, penso di non avere altro da dire...
Alla prossima (;
E.P.R.

 

   
 
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