Buona lettura ;)!
John
Watson, dopo il primo shock iniziale, aveva per prima cosa rianimato
velocemente la signora Hudson, la quale, secondo la sua opinione di
medico, era stata drogata. Poi era andato a cercare in giro per casa
indizi che Sherlock fosse stato rapito, ma –niente!- non aveva
trovato nulla da parte del suo coinquilino, anche se forse
l‘avevano rapito troppo in fretta perché Sherlock avesse
potuto lasciare delle tracce. Solo allora aveva chiamato la polizia,
che era venuta quasi subito.
Nel salotto del 221b di Baker
Street la situazione era dunque la seguente: John sedeva sulla sua
poltrona preferita; la signora Hudson sedeva su una poltroncina vicino
al tavolo, la testa fra le mani e una tazza di thè fumante
davanti; e infine c’erano Lestrade, Donovan e Anderson e il resto
dei poliziotti che giravano per il salotto pensosi.
“Secondo me è stato il
dottore.” Anderson aprì la bocca fissando negli occhi John
dopo il racconto che quest‘ultimo aveva fatto nei minimi
particolari. “Possibile che non ci arriviate? Hanno litigato,
Watson ha fatto finta di andare a lavoro, in realtà è
ritornato indietro e ha rapito il suo migliore amico. Poi chissà
per quale perversione ha chiamato noi.”
Lestrade, si prese la testa fra le
mani e squadrò il collega come se volesse ucciderlo.
“Anderson, possibile che Sherlock Holmes abbia ragione e tu sia
un completo idiota?” sibilò.
Sally Donovan intervenne anche lei in difesa di John e di Holmes: “Anderson, il geniaccio
non si fida di nessuno se non di se stesso, quindi deve aver indagato
su John Watson prima di sceglierlo come coinquilino. Il dottore
è pulito.”
“Vi sbagliate.”
intervenne John con un sorrisino triste sul volto. “Non ho rapito
Sherlock Holmes, era mio amico, nonostante tutto. E non ha indagato su
di me. Lui sa, ma sa per istinto, per deduzione.”
Lestrade annuì e poi con
decisione guardò i suoi uomini. “Molto bene. Anderson,
controlla il numero di cellulare da cui John ha ricevuto il messaggio;
io e Sally interrogheremo chi è stato vicino a Sherlock Holmes,
e voi altri prendete le impronte. Fate in fretta!” ordinò
ai suoi uomini.
Poi si avvicinò di
più a John e lo guardò. Nonostante Sherlock Holmes
l’avesse classificato spesso come cretino, idiota e altri epiteti
poco gentili, lui era un bravo poliziotto e un ottimo osservatore:
capiva che John e la signora Hudson erano molto più turbati di
quanto non dessero a vedere.
“Allora, parliamoci chiaro:
John, signora Hudson, Sherlock Holmes aveva altri nemici rispetto a
quelli che noi conosciamo?”
John alzò le spalle e fissò l’ispettore negli occhi.
“Non saprei che dirvi,
ispettore. Io conosco solo gli ultimi casi; può essere che chi
ha rapito Sherlock avesse a che fare con casi precedenti alla mia
‘entrata’. comunque no, a parte quelli che sa anche lei,
non so nulla di più di lui. Certo non era molto popolare
all’università, ma da qui a rapirlo… No, sono
sicuro che non troverete nessuno in quell’ambiente che possa
avercela tanto con lui.” disse John Watson, palesemente agitato
per la sorte del coinquilino.
Lestrade annuì convinto
dalle parole del dottore, poi il suo sguardo si posò sulla
signora Hudson, la quale sospirò, dopodiché parlò:
“Io so meno di niente, ispettore. Non ho riconosciuto nessuno,
non ho avuto il tempo di vedere… certo so che c’era
più di una persona.” la signora Hudson tremò
impercettibilmente e John le fu subito vicino. “Ma a parte
questo… nulla più. E poi io ero solo la
governante.” si mordicchiò le labbra e abbassò gli
occhi a terra.
Lestrade sospirò: era
evidente che né John né la povera vecchia
c’entrassero qualcosa con il rapimento.
“Bene… allora, John, se mi può dire dove Sherlock teneva i suoi appunti, numeri o altro…”
“Sherlock Holmes non prendeva
appunti, teneva tutto nella testa. E voi lo dovreste sapere bene,
ispettore.” fece John con il viso adombrato.
La signora Hudson annuì alle parole del dottore. “È vero, ispettore.”
Lestrade sospirò prendendo appunti e guardò nella direzione di Sally.
“Signora Hudson, lei sa se
aveva qualche parente?” domandò la poliziotta alla
vecchia. La quale ci pensò su, sotto gli sguardi di John e
dell’ispettore, dopo un po’ annuì. “Dovete
avvertire suo fratello... Si chiama Mycroft… non
l’ho mai visto, ma so che c’è, perché me ne
ha parlato.”
John Watson rimase stupito: non
aveva mai sentito nominare dal suo coinquilino suo fratello, in quel
mese in cui avevano abitato insieme. Va bene che non parlavano quasi
mai di vita famigliare - a parte quando Sherlock deduceva qualcosa
della sua squallida vita - ma John non l’aveva mai interrogato
sulla sua famiglia. A pensare a Sherlock e a un suo possibile fratello,
John sorrise tristemente. Chissà come doveva essere la vita, per
il fratello di Sherlock. Lui aveva seri problemi nel gestirlo, e
abitavano insieme da appena un mese. Crescere con lui doveva essere
stato impossibile. O forse anche suo fratello era un essere impossibile
e psicopatico, suo pari.
“Non abbiamo più niente da dire.” disse John, quando la signora Hudson ebbe finito di parlare.
Lestrade lo guardò, poi sorrise. “Bene. John, lo troveremo”
“Se avete bisogno di una mano… Io ci sono.” precisò John con un sorriso triste sul volto.
“Sì, lo so bene.
Sally, andiamo.” Lestrade richiamò i suoi agenti lasciando
soli John e la signora Hudson.
“John, che facciamo?” domandò la vecchia signora.
“Non ci arrenderemo, Sherlock non vorrebbe.” mormorò John stringendo le mani a pugno.
Sherlock Holmes si svegliò
intorpidito e si accorse immediatamente di non essere a casa; se ne
accorse perché non sentiva il comodo materasso sotto di
sé, e perché non sentiva il buon profumo di Thè
che faceva la signora Hudson e lo scrivere di John al computer
dall’altra stanza.
Era legato, si accorse in un
secondo momento, a un tavolo, un vecchio tavolo di legno, dove era
stato posato malamente. Si trovava in una camera, una stanza non
più lunga della propria camera da letto bianca.
A un certo punto, si accese la TV,
posta dalla parte opposta rispetto alla testa di Sherlock, che infatti
poteva vedere il monitor solo torcendo il collo. Il ragazzo strinse gli
occhi quando dentro lo schermo comparve un volto di un uomo dai radi
capelli neri, il naso aquilino e occhi neri come pozzi senza fondo,
aveva un colorito olivastro e una cicatrice su una guancia sinistra.
“Buonasera, Sherlock
Holmes.” Pronunciò l’uomo, Sherlock lo fissava senza
poter muovere un muscolo, visto che era stato legato.
“È un piacere vederti
finalmente in viso, Sherlock Holmes.” L’uomo si mise a
ridere, una risata profonda così com’era la voce.
“Non sai chi sono io, non
è vero Sherlock Holmes?” Sherlock scosse la testa, visto
che non poteva nemmeno rispondere dal momento che era imbavagliato.
“Il mio nome è Lord
Harry Blackwood, Sherlock Holmes. E ti ho rapito perché voglio
una cosa da te. Io voglio il tuo cervello.”
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Buondì!Sono di nuovo qui, per voi. ;)
Capitolo piccolo, lo so, ma è un capitolo di passaggio, che spero comunque vi piaccia.
Lord Blackwood, è sì quello del film del primo Sherlock. Non voluto, come cattivo, nè James Moriarty, nè Sebastian Moran, solo perchè mi servono per altro.
Comunque spero tanto che vi sia piaciuto, questo piccolo capitolo. Se volete scoprire come va avanti, commentate.
Nel frattempo, ringrazio l'unica persona che ha commentato e le altre che hanno comunque letto o inserito la mia fanfic fra le preferite-seguite.