Per Ylenia, che senza
di lei non avrei mai cominciato questa storia.
9 CAPITOLO
Briony sentì il suo cuore cedere non appena
Elijah si morse il polso per offrirle il suo sangue. Qualche secondo prima
l’aveva fatta girare verso di lui, afferrandola per entrambe le spalle; non
aveva smesso mai di guardarla profondamente negli occhi come se volesse
scavarci dentro o studiarne ogni singolo pensiero. Non aveva smesso mai di
fissarla neanche quando si era morso il polso e delle piccole gocce di sangue
erano calate lungo il suo labbro inferiore.
Briony sentì un flusso di sangue ardente
salirle nelle guance, aveva lo stomaco in subbuglio e avrebbe voluto abbassare
lo sguardo per colpa dell’imbarazzo o di quell’intimità imprevista. Ma i suoi
occhi rimanevano comunque fissi in quelli di Elijah, quasi fossero incatenati
da un legame di fuoco impossibile da raffreddare.
Elijah le sfiorò il profilo della guancia con la mano
non sanguinata e le sue dita premettero delicatamente nella pelle. Lei lo
guardò ammaliata, come in suo incantesimo, e poi di sua spontanea volontà si
avvicinò a lui, mettendosi in punta di piedi tanto abbastanza da rendere a pari
altezza le loro labbra.
Il sangue colava ancora dalla bocca di Elijah, anche
se lievemente, e così una scia le sporcò il mento, facendola avvampare.
Il cuore le batteva impazzito in eguale sintonia col
respiro affrettato. Mentre il respiro di Elijah era inspiegabilmente calmo,
mosso da nessun tremore, e gelido come un mattino di inverno. Ma ne fu talmente affascinata che volle
inseguirlo, scontrarlo con il suo e fondersi l’un l’altro. Briony appoggiò delicatamente le labbra su quelle di
Elijah con delicatezza, come se fossero piume. Sentì il sangue di Elijah
scivolarle lungo le labbra, provocandole una serie di brividi incandescenti
lungo il corpo mentre uno strano calore si diffuse nel petto.
Briony si staccò leggermente da lui,
mantenendo una brevissima distanza fra loro. Il cuore le martellava
dolorosamente nel petto; era in fibrillazione sentendo il sapore del sangue di Elijah
sul labbro inferiore. Un
rivolo di sangue gli sgorgava ancora finendo fino al mento.
Lui questa volta rafforzò la presa sul suo viso e Briony lo sentì come schiantarsi e atterrare sulla sua
pelle, quella vicino all’angolo della bocca, come se la volesse raffreddare col
suo fiato, marchiarla o consumarla come una preda prelibata, fino a prepararla
a ciò che sarebbe successo.
Briony in quel momento si immobilizzò, una
scintilla di paura albergò nei suoi occhi aperti quando lo sentì scendere lungo
il collo lentamente ma non riusciva a fermarlo per la sensazione di sentirsi il
suo sangue sulle labbra. Aveva completamente i capogiri.
Elijah rafforzò di nuovo la presa, cingendola per
tutta la schiena così da non lasciare alcuno spazio tra i loro corpi, catturandola
ancora di più in sua balìa. Briony fu un
tremolio continuo mentre sentiva le ginocchia cedere, ma il cuore gonfio pompò
il suo desiderio ardente di farsi sigillare da lui, come in mille catene.
Così non ebbe più timore del suo fato e sollevò
entrambe le braccia, come per circondare la testa del vampiro o farsi sciogliere
ancora più in lui, ponendo letteralmente la vita nelle sue mani. L’Originario
seguì di scatto i suoi movimenti, si ritrovarono faccia a faccia e Briony sancì lei stessa il sigillo mortale premendo senza
pensarci troppo le labbra su quelle di Elijah, sentendo le sue parti più
nascoste tremare e accaldarsi nel percepire il sangue del vampiro sulla bocca; ogni
fibra pulsava nel percepire quel sapore metallico e sconosciuto sulla bocca.
Non sentì Elijah ricambiare più di tanto il bacio,
quanto più cingerle con delicatezza i fianchi, come se volesse farla
precipitare in quel burrone fatale con tutta la calma asfissiante possibile.
Lei non aveva più aria ma stava con lui, incurante che tra quelle braccia tra
poco sarebbe morta.
Era assai inusuale usare questo metodo per offrire il
proprio sangue ma forse per due persone innamorate era meglio così: finiva
tutto con un bacio.
Nonostante l’eco lontano di un campanello d’allarme
che risuonava dentro di lei, Briony si
abbandonò a quel dolce e profondo oblio, fluttuando nell’oscurità.
Ma quando tutto sembra andare per il verso giusto
basta un soffio di vento a cambiarci la vita.
All’improvviso Briony sentì
una folata di vento alzarle alcuni ciuffi dei capelli, facendoli ricadere sul
viso. L’aria cominciò a farsi densa e vibrante, che sembrò quasi volesse
spazzarli via o separarli.
Briony si staccò da Elijah come se un uragano
la stesse spingendo via; il vento si alzò impetuoso, quasi terribile tanto che
i rami degli alberi cominciarono ad agitarsi con violenza.
Elijah allora alzò il viso, scrutando il cielo con
attenzione come se avesse captato qualcosa ma non sapeva bene cosa. Strinse gli
occhi, seguendo la scia del vento quasi volesse studiarlo per capire cosa stava
succedendo.
Briony sgranò gli occhi, mentre i capelli
le ricadevano nel viso impedendole la vista e agitò le mani per coprirsi da
quello che sembrava un tifone.
Ad un tratto sentì la mano di Elijah stringerle il fianco:
“Dobbiamo andarcene di qui.”
Sebbene la sua voce sembrava gelida e calma, in realtà
gli occhi erano guardinghi e sospettosi, all’erta di chissà quale pericolo.
Ad un tratto una fitta dolorosa lo trafisse nel
cervello, facendolo gridare dal male. Elijah cadde dunque sulle ginocchia,
tenendosi una mano alla tempia come se volesse schiacciare il dolore alla
testa.
Briony allora gridò allarmata,
inginocchiandosi al suo fianco e continuando a chiedergli cosa stesse
succedendo.
Gli spasmi incontrollati che lambivano la testa di
Elijah sembravano simili a quelli di prima provocati da Esther, e Briony allora
si guardò attorno terrorizzata aspettandosi di vederla apparire all’improvviso.
Ma il vento andò scemando col passare dei minuti e
finalmente anche il bruciore nella testa di Elijah si spense. Lui sollevò il
viso, respirando a malapena, mentre Briony rimaneva
al suo fianco fissandolo angosciata.
“Stai bene?” gli sussurrò preoccupata accarezzandogli
la testa.
Lui ricambiò con uno sguardo vuoto, privo di
espressione anche se il dolore era ancora impresso nei suoi occhi. Si alzò con
elegante disinvoltura, scrutandola attentamente negli occhi.
Improvvisamente Elijah girò lo sguardo come se avesse
udito qualcos’altro; Briony riuscì a
captarlo soltanto qualche secondo più tardi quando udì la voce di Rebekah gridare il nome del fratello.
La biondina infatti comparve in mezzo agli alberi e
non appena vide il fratello incolume, sano e salvo, tirò un sospiro di
sollievo.
“Si può sapere cosa è successo?” domandò poi agitata, avvicinandosi
a loro.
Elijah strinse gli occhi, visibilmente sorpreso:
“Rebekah? Che ci fai qui?”
Briony si portò istintivamente una mano
alle labbra, scacciando via le gocce di sangue che le ricoprivano ancora il
labbro. Stranamente non l’aveva inghiottito, ma se lo ritrovò infatti sul palmo
della mano.
“Che ci faccio qui? Dimmelo tu! Te ne vai
all’improvviso da casa senza dire nulla, poi dopo cominciamo tutti a stare
male, come se qualcuno ci stesse uccidendo. Per fortuna dopo un po’ è finito
tutto, ma mi sono subito chiesta dove fossi finito visto che ho intuito che ti
fosse successo qualcosa.” Rispose l’Originaria agitando le mani e sgranando gli
occhi come per dimostrargli il dolore provato. Ma a causa di chi…? Esther? Era
impossibile.
“Un momento ma… l’incantesimo
che vi legava non è stato spezzato?” domandò Briony incerta,
portando la mano lungo il fianco.
“Certo che no, Klaus era riuscito a individuare Finn ma presumo che se lo sia lasciato sfuggire visto
che quel dolore lancinante ha colpito anche lui.” rispose Rebekah come se fosse ovvio.
“Ma… vostra madre mi
aveva detto che eravate riusciti a spezzare l’incantesimo.. ma che aveva
trovato un’altra maniera per uccidervi anche singolarmente.” sussurrò Briony sgomenta, non capacitando del perché Esther le avesse mentito.
Perché le aveva fatto credere che in realtà gli
Originari non erano più legati? Ricordò il momento in cui le aveva confessato
che il primo figlio che avrebbe ucciso sarebbe stato Elijah… Ricordò
il ghigno malefico che le si era stampato in faccia come se godesse vederla
soffrire e avere crisi di panico. L’aveva messa alla prova? Per cosa?
Briony rimuginava ancora su quello scherzo
di cattivo gusto, mentre Elijah cercava di spiegare alla sorella cosa era
successo.
“Kol è tornato un
attimo fa ciondolando nell’atrio di casa. Era con una ragazza, così ha detto, e
mentre facevano i loro comodi Kol ha avuto
i nostri stessi spasmi di dolore e c’è quasi rimasto stecchito.” disse Rebekah ridacchiando.
Anche Briony non
riuscì a trattenere un risolino, pensando alla scena di Kol a letto con una ragazza e proprio sul più bello
aveva cominciato a gridare come un pazzo e a cadere mezzo morto sul pavimento,
come se avesse tirato le cuoia. Chissà cosa aveva pensato la ragazza.
Briony ritornò poi a guardare Elijah, che a
sua volta fissava ancora la sorella. A quel punto Briony si
sentì in colpa per aver pregato Esther di
sacrificare il resto dei suoi figli, inclusa Rebekah,
pur di salvare Elijah.
La biondina era l’unica con cui avesse realmente
legato all’interno della famiglia Mikaelson, a
parte Elijah ovviamente, e non si meritava di certo di morire nonostante
l’apparenza a volte capricciosa e snervante.
Comprendeva il suo bisogno di essere amata e di non
essere abbandonata, dopo ciò che aveva dovuto passare. Non meritava una simile
maledizione sulla testa.
“Dovremmo tornare a casa, Elijah. Non si sa mai che
nostra madre ci rifili un altro dei suoi sporchi giochetti.” disse Rebekah avvicinandosi al fratello.
Lui la fissò dritto negli occhi, rimanendo immobile,
poi si girò a scrutare Briony negli occhi
come se stesse in qualche modo esitando. Lei si morse il labbro, abbassando
nervosa lo sguardo non sapendo cosa dire.
“Oppure dovevate fare qualcosa?” domandò Rebekah stranamente incuriosita.
Briony si sentì avvampare, ricordando cosa
stavano facendo un attimo prima che quello strano vento impetuoso li fermasse.
Non le sembrava una coincidenza, o forse sì?
Decise di alzare lo sguardo e rassicurò Elijah: “No,
ha ragione Rebekah. E’ meglio se tu e i tuoi
fratelli restiate uniti questa sera.” Gli disse, cercando di convincerlo.
Una parte di lei era rammaricata del fatto che non
fosse successo ciò che aveva desiderato, che quei brividi lungo la schiena
erano stati raffreddati così all’improvviso contro la loro volontà. Quella
notte Elijah avrebbe potuto trasformarla, fondendo il sangue con il suo, e così
offrendogli completamente tutta se stessa senza nessun rimpianto.
Ma in fondo, avevano ancora altri giorni da vivere.
Non aveva un timer sulla testa e se avessero aspettato qualche altro
giorno finchè le acque non si fossero calmate
non avrebbero nuociuto a nessuno. D’altronde cosa poteva cambiare in poche ore?
Elijah la scrutò attentamente, per vedere se fosse
veramente quello che lei voleva ma alla fine i muscoli un pò
si rilassarono e le rivolse un strano sorriso. Sembrava che comunque muovesse
soltanto un angolo della bocca mentre i nervi del suo viso rimaneva impietriti
e tesi.
“Prima ti portiamo a casa però. E mi assicurerò
che Esther stia alla larga da te altrimenti
sarà peggio per lei.” Il suo tono era chiaramente minaccioso, come se la sua
ira non si fosse placata.
Briony gli si avvicinò, sorridendogli per
rincuorarlo e gli allacciò una mano al braccio. I tre cominciarono a camminare
nella foresta senza dire più nulla.
Nascosta dietro agli alberi però, una figura si sporse
in avanti uscendo dalla penombra. I suoi occhi scuri guardarono attentamente i
due Originari e Briony addentrarsi dentro
la foresta in direzione della città, per poi scomparire dalla sua vista.
Un ciuffo le cadde sul viso mentre tirava un sospiro
di sollievo, anche se le unghie rimanevano conficcate nel tronco dell’albero.
Ylenia poi si nascose nuovamente
nell’oscurità.
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Il mattino dopo non fu certamente migliore per Briony. Aveva dei continui mal di testa come se un martello
pneumatico le rimbombasse nel cervello e certe volte vedeva sfuocato.
Si mise una mano alla tempia, constatando che la
fronte era bollente. La mano le tremava convulsamente e neanche quando cercò di
bloccarla con l’altra, quel tremolio riuscì a placarsi. Si sentiva davvero
sottostress.
Scrollò poi le spalle, credendo di avere le traveggole
e si bevve un buona tazza di thè per
scacciare quel mal di testa perenne che sembrava volesse succhiarle il
cervello.
La sua mente all’improvviso ritornò a quella strana
telefonata ricevuta qualche ora prima che l’aveva fatta alzare
bruscamente dal letto, constatando alla fine che non c’era nessuno dietro la
cornetta. Eppure aveva sentito una presenza inquietante in quella muta
conversazione in cui lei chiedeva sempre “pronto pronto?”
Non sapeva perché ma un gelo improvviso l’aveva
paralizzata e aveva iniziato a sudare freddo. Come se avesse intuito chi fosse
il disturbatore ma la sua mente si rifiutava di ammetterlo.
Alla fine aveva chiuso la telefonata, deglutendo il
groppo che aveva in gola ed era stata percossa da un ennesimo tremolio.
Briony sospirando mise la tazzina di thè sopra il tavolo, si stropicciò gli occhi e uscì.
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<< Devo dire la verità a Caroline. >>
Briony ci pensò sù un
migliaio di volte mentre beveva un caffè al Grill ma la caffeina le metteva
ancor più ansia. Non voleva, ma si sentiva quasi in dovere di farlo.
Quando aveva scoperto la vera natura di Caroline, nel
modo peggiore che esistesse, per lei era stato un vero shock e si era sentita
profondamente tradita dalla sorella per tutte le menzogne che le aveva rivolto.
E lei non voleva fare gli stessi errori, si sentiva
quasi in obbligo di dire a Caroline della sua decisione di diventare una vampira,
perché se la sorella l’avesse saputo da altre persone o peggio l’avesse vista
con i suoi occhi, come era capitato a lei… non
se lo sarebbe mai perdonato. Voleva offrirle sincerità, sebbene dalla bocca di
Caroline uscivano soltanto bugie o versioni deformate della verità.
Forse da questa sua confessione avrebbero trovato
finalmente un punto d’incontro. Avrebbe insegnato alla sorella che non ha senso
mentire o trovare sempre dei sotterfugi per nascondere la verità. E
magari lo avrebbe accettato.
Sperava davvero che fosse così.
D’altronde Caroline era un vampiro e la sua più grande
preoccupazione era di rimanere da sola per l’eternità visto che tutte le
persone che amava non erano immortali. (Tyler era un ibrido ma dubitava
fortemente che lui e Caroline stessero ancora insieme)
Forse avere la sorella al suo fianco per secoli,
avrebbe alleviato la sua solitudine.
Briony si riscosse dai suoi pensieri quando
Matt le chiese se voleva qualcos’altro.
“No grazie, Matt. Sono a posto” rispose educatamente
con un sorriso.
Il biondino ricambiò il sorriso, si girò per andare a
servire un altro tavolo ma si voltò un’altra volta verso di lei come se dovesse
dirle qualcosa di importante.
“Briony? Posso chiederti una
cosa?”
La ragazza fu totalmente sorpresa per quella richiesta:
“Certo, dimmi”
Matt fece due profondi respiri e le guance avvamparono
prima di rispondere: “Cosa ne pensi di Rebekah?”
Briony sbattè le
palpebre, infatti non si aspettava per niente quella domanda: “Perché me lo
chiedi?” domandò con una risatina.
Matt si grattò la testa: “Beh ecco.. è da un paio di
giorni che mi sta sempre appresso… mi ha
invitato a quella festa a casa degli Originari. Vuole che vada con lei alla
festa scolastica degli anni ’20. Insomma fa sempre la carina con me, come se
fosse una ragazza normale… ma noi sappiamo
che non è affatto così. E dalla descrizione che mi ha affibbiato Elena su di
lei, sembra che Rebekah abbia qualche
rotella fuori posto”
Briony scoppiò a ridere. E chi non aveva
qualche rotella fuori posto in quella città? Subito pensò a cosa avesse detto
Santa Elena nei confronti dell’Originaria e poteva anche immaginarselo.
Briony mise una mano su quella di Matt come
per confortarlo: “Matt credimi, non hai nulla da temere da Rebekah. E’ vero qualche volta sembra inquietante ma vuole
esattamente quello che vogliono tutti… essere
amata. Ha passato secoli fianco a fianco con Klaus e le servirebbe un po’ di
stabilità. Con questo non voglio incitarti a fare nulla eh! Se lei non ti piace…”
“No cioè… è una
bellissima ragazza però…” Matt sembrava
davvero titubante.
“So che hai avuto dei problemi con Caroline quando hai
scoperto che era un vampiro e lo capisco. Ma penso che ti ci dovrai abituare
alle stramberie di Mystic Falls. Però ti avverto: non colpire mai alle spalle Rebekah. Per quanto ci tenga a lei, so benissimo che quando
le fai un torto… meglio mettere le gambe in
spalla! Ma è comunque una persona straordinaria se la conoscessi bene,
sotto sotto.” disse sghignazzando ma le parole erano sincere.
Matt rise a sua volta pensando a quello che gli aveva
detto.
“Come mai me lo hai chiesto?” domandò poi incuriosita.
“Beh sappiamo tutti che ormai sei passata dalla parte
degli Originari quindi pensavo che conoscessi Rebekah.”
Briony sussultò sentendo quella risposta.
E’ questo ciò che pensavano di lei? Che avesse voltato le spalle ai suoi vecchi
amici, alla sua famiglia per stare dalla parte degli Originari, come se li
avesse traditi?
Deglutì nervosamente, ripensando però che erano stati
loro i primi a voltarle le spalle e non potevano di certo biasimarla se aveva
dato il suo sostegno ad una persona che amava. Non erano quello che stavano
facendo anche loro? Combattere per le persone che amavano. Lei faceva lo
stesso, non le importava delle conseguenze o se la giudicavano una pazza.
Si strinse nelle spalle: “E’ una scelta tua comunque,
Matt. Se pensi che Rebekah ti piaccia… dovresti conoscerla meglio. E ti assicuro che
noterai del buono dentro di lei, nonostante sia un’Originaria.” Gli lanciò uno
sguardo eloquente, per fargli capire che anche altri membri della
famiglia Mikaelson non erano immuni a
possedere un’umanità.
Matt la ringraziò e stava per dirle qualcos’altro,
quando improvvisamente si ammutolì. Divenne bianco come un cencio, e balbettò
un “Buona serata, Briony” e se la svignò senza
neanche ascoltare la risposta.
Briony rimase impietrita dal suo
comportamento, quando notò che al suo fianco era comparso Elijah. Rise al
pensiero che la maggior parte degli abitanti avesse una fifa nera di lui e si
terrorizzavano alla sua sola vista.
D’altronde anche lei era rimasta impietrita quando
aveva scorto per la prima volta il suo sguardo di ghiaccio.
Quello stesso sguardo, man mano che indugiava su
quello di Briony, si ammorbidì divenendo ancor
più bello.
“Perché il tuo amico è fuggito come se avesse
l’Inferno alle calcagna?” mormorò Elijah con un ghigno divertito, appoggiando
il braccio sul bancone.
Briony trattenne una risatina, pensando che
se davvero lui rappresentasse l’Inferno per gli umani, lei si sarebbero fatta
avvolgere da quelle fiamme infernali senza alcun rimpianto. Era un demonio da
cui si sarebbe fatta rapire volentieri.
“Lascia stare.” rispose ridendo.
Elijah abbozzò un sorriso ma ridivenne subito serio:
“Abbiamo trovato Finn.”
“Davvero? Quando?”
“Questa mattina. Klaus è riuscito finalmente a
localizzarlo e a riportarlo a Mystic Falls con la forza”
“E poi..?”
“Entro 24 ore Niklaus costringerà
sicuramente qualche strega a spezzare l’incantesimo di Esther e
finalmente non potremo più preoccuparci di rimanere tutti uccisi”
Briony fece un sospiro di sollievo. Anche
se la sua grande speranza era di allontanare Klaus dalle loro vite e
quell’incantesimo capitava davvero a proposito. Ma un angoscioso terrore
l’aveva percossa quando aveva capito che se Klaus moriva, sarebbe morto a sua
volta anche Elijah.
Per fortuna entro poche ore almeno quello si sarebbe
risolto. E giurò a se stessa che nessun altro sarebbe morto.
Elijah ad un tratto si irrigidì, serrò duramente la
mascella, e assunse lo sguardo tipico di quando voleva trafiggere una persona
semplicemente con lo sguardo.
Briony lo guardò interrogativa, e si girò
nello stesso punto in cui gli occhi di Elijah erano inchiodati: a qualche metro
da loro c’era Bill.
Lei la fissò allibita chiedendosi cosa ci facesse lì:
“Papà? Non mi avevi detto che eri stato dimesso dall’ospedale.” Disse alzandosi
dalla sedia.
“Dovevo fare delle cose” tagliò corto lui.
Briony non si accorse che Elijah le era
arrivato fulmineamente al suo fianco: la sua presenza vibrava di una forza
sinistra, quasi inquietante, i tratti del suo viso rilevavano un’accecante
freddezza che avrebbe paralizzato chiunque.
Ma non certo Bill, che continuò a farneticare
imperterrito, ignorando di proposito Elijah.
“Sto perdendo la pazienza Briony.
Quanti schiaffi ti devo dare prima che tu impari la lezione?” ruggì
imbestialito, trafiggendo la figlia con lo sguardo.
Briony deglutì intimidita, non ricordando
affatto che il padre fosse così quando era bambina. A cosa era dovuto quel suo
cambiamento? Possibile che odiasse i vampiri a tal punto da denigrarla come
figlia per il fatto che lei fosse innamorata di Elijah?
Elijah camminò per pararsi di fronte di lei, ma la
simultanea eleganza dei suoi passi non poteva nascondere come le spalle
vibrassero di una pericolosa tensione.
“Credo…” cominciò lui
scandendo bene le parole, segno che la sua calma stava forse per esplodere in
qualcos’altro di più letale. “che dovremmo andare fuori e parlarne.
Non vorrà di certo fare un indecoroso spettacolo qui davanti a tutti.” Finì la
frase con un sorrisetto arrogante, che però svanì subito inghiottito nella sua
maschera di freddezza.
Bill fece un ghigno sprezzante e allungò la mano per
afferrare il braccio di Briony.
“Io non ho niente da dire a te” sibilò fra i denti,
sfidando Elijah di proposito.
Briony deglutì, convinta che entro poco si
sarebbe scatenato l’inferno in quel locale. Scansò con un manata il braccio del
padre, avanzando verso di lui con coraggio:
“Papà. Smettila.” Sussurrò piano ma in tono
convincente per cercare di farlo calmare. Rivolse lo sguardo anche verso Elijah
e come temeva, la sua espressione rivelava una collera a stento trattenuta.
“E’ allucinante che tu stia con lui!” gridò Bill
questa volta ad alta voce, indicando il vampiro con l’indice della mano.
Briony sgranò gli occhi intimidita, cercando
di farli calmare per evitare il peggio.
Elijah sembrò non sentire le sue parole, era lontano
anni luce; i suoi sensi non avvertivano le parole di Briony,
erano solo all’erta e scattanti alla minima mossa di Bill.
“Io e te dobbiamo fare una chiacchierata” disse Bill
infuriato, prendendo rudemente Briony per
un braccio e cercando di farsi obbedire. Lei si fece condurre vicino al padre
come una bambola di cui lui teneva i fili, ma dicendogli di continuo che non
poteva comportarsi così e che sembrava un pazzo scatenato.
Bill non ascoltò nemmeno una parola e la condusse
verso l’uscita del locale con una velocità tale che nessuno lo avrebbe fermato.
Fece però male i suoi calcoli perché all’improvviso
Elijah si parò davanti a lui, appoggiando con fermezza la mano sul petto di
Bill per intimargli di fermarsi. Anche i suoi occhi neri percossi da un
bagliore di furia glielo ordinavano.
“Non così in fretta.” sibilò a denti stretti,
incendiandolo con lo sguardo.
Era davvero incredibile come Elijah fosse capace di incutere
terrore con un solo sguardo, senza mai compiere un gesto eccessivo, senza mai
scomporsi. Appariva elegante pure in quei frangenti.
Briony non riusciva quindi a capacitarsi di
come Bill riuscisse a sfidarlo anche in quel momento; lo pregò di non farlo, di
smetterla ma la voce le uscì fievole per quella difficoltosa condizione in cui
si sentiva nel mezzo.
“Io con mia figlia faccio quello che mi pare e piace.
Se voglio schiaffeggiarla lo faccio, se voglio portarla via lo faccio, non mi
serve il tuo consenso”
Elijah serrò duramente le mascelle, i suoi muscoli
vibrarono impercettibilmente e non ce la fece più a trattenersi. Lo sguardo era
incandescente pur rimanendo freddo.
Prese con violenza il colletto della maglia di Bill e
i suoi piedi non toccarono più terra. Lo avrebbe sballottato come un bambolotto
se non avesse ripreso all’improvviso il controllo di se stesso:
“Ringrazi il cielo che stasera non sono in vena di
strappare qualche cuore… perché altrimenti
il suo sarebbe dall’altra parte della stanza”
Dopo aver detto questo, Elijah lasciò andare Bill con
fredda indifferenza. Ma lo trafisse ugualmente con lo sguardo, per fargli
pentire di come un padre potesse far del male alla figlia. Per di più una
figlia come Briony che non meritava affatto
un trattamento simile.
Anche lui aveva subìto quelle angherie quando era
umano: vedere soffrire i suoi fratelli per via di un padre ignobile era
terribile, e il disgusto pervadeva il suo animo ogni qual volta Mikael infieriva su Klaus senza alcuna umanità.
Sebbene Mikael non
avesse mai fatto del male fisicamente a Elijah, le violenze che comunque inferiva
su Klaus o qualunque altro dei suoi fratelli gli apparivano come acido velenoso
che penetravano nella sua pelle, come se stessero colpendo anche lui.
Il viso di Elijah si tramutò in una maschera di puro
odio:
“La lasci in pace. Questo è l’ultimo avvertimento.”
Briony, appena allontanatasi stupefatta dal
padre, si ritrovò a fissare Elijah. Anche se faceva trapelare soltanto dell’ira
disumana, c’era un tormento tutto suo in lui. Lo riconobbe. Gli accarezzò
dolcemente il braccio, come per far ritornare la sua mente da lei e far
scacciare i brutti ricordi che ancora lo tormentavano:
“Va tutto bene.” sussurrò a bassa voce.
Guardò anche il padre, che li fissava basito con occhi
spalancati.
Briony sentì le lacrime pizzicarle gli
occhi ma questa volta decise di non farle scendere. Quanto avrebbe voluto che
quelle mani che la colpivano le accarezzassero invece i capelli come quando era
bambina. Oppure quando la cullavano dolcemente, stringendola al suo petto.
Come erano giunti a questo?
Eppure non riusciva a odiarlo… era
l’unico genitore che avesse mai amato e conosciuto.
“Ora basta papà. Finiscila.” disse lei seguendo Elijah
mentre si dirigeva alla porta; ma poi un lampo le attraversò la mente come se
le facesse ricordare qualcosa all’ultimo momento.
Si girò senza pensarci:
“Papà? Posso chiederti una cosa? Senza che tu scleri però.”
Bill restò profondamente sorpreso, e anche Elijah che
rimase vicino alla porta aperta.
Briony si morse nervosamente il labbro:
“Hai notizie della mamma?”
Bill socchiuse gli occhi quasi non avesse capito la
domanda:
“Di Maggie? No, certo
che no. Perché?”
Briony scosse la testa, come se si fosse
pentita di averlo chiesto.
“Niente. Solo una sensazione”
Eppure aveva avuto lo strano presentimento che la
persona che le aveva fatto quella muta telefonata fosse stata lei. Non poteva
dare una spiegazione razionale a questo anche perché non sentiva la voce della
madre da anni.. qualche volta non si ricordava nemmeno il suo viso. Ma una
vocina nella sua testa l’aveva spinta a credere che fosse così. Come se il
legame di sangue con quella donna avesse urlato a gran voce per farsi udire.
Bill sospirò, e si avvicinò a lei con un’espressione
quasi dolce sul volto:
“Briony, non devi
preoccuparti. Non penso che Margareth Hador si farà più vedere in città”
La ragazza all’improvviso sentì un tonfo alle sue
spalle: si girò confusa e vide che Elijah aveva fatto cadere la mano sulla
porta e questa si era richiusa senza che lui la fermasse.
Ma ciò che più la turbava era il viso di Elijah:
sembrava pallido, gli occhi furono attraversati da un guizzo.
“Hador?” domandò come se
avesse ricevuto uno schiaffo in faccia.
Strinse poi gli occhi, la fronte corrugata.
“Avevi detto che si chiamava Callaghan..”
Briony alzò le spalle, non riuscendo a
capire questo suo improvviso turbamento:
“Beh sì. Mia madre è texana e quindi porta entrambi i
cognomi dei suoi genitori come me.”
L’espressione di Elijah si raffreddò per schiacciare
l’inquietudine che lo stava attagliando; i suoi occhi neri furono
attraversati da un orribile dubbio mentre incrociava quelli verdi di Briony.
“C’è qualcosa che non va?” domandò lei, facendosi più
vicina.
“No.” Rispose lui troppo velocemente. Girò la testa e
se ne andò dalla porta senza proferir parola, per chiudere subito la questione.
Briony diede una leggera occhiata al padre e
uscì anche lei dal bar.
Sembrava che Elijah si fosse volatilizzato nel nulla
portandosi dietro una folta nebbia, ma quando mise bene a fuoco Briony vide un’oscura figura camminare lungo
il marciapiede. Impossibile non riconoscere quell’andatura.
Briony cercò di seguirlo e di stargli
dietro, e dopo una lunga marcia riuscì ad avvicinarsi. Gli stava a fianco, con
lo sguardo scettico cercò di trattenerlo ma ad ogni secondo sembrava che lui
scivolasse via da lei, goccia dopo goccia, come se stesse cercando l’oscurità.
Sebbene l’andatura lenta e disinvolta, il vampiro
aveva i nervi tesi, il viso scavato e un’ombra gli passò negli occhi. Sembrava
come se lei fosse lontana anni luce da lui, come se non esistesse nel suo
mondo.
“Elijah?” Briony appariva
spaventata dal suo disinteresse, come se il gatto gli avesse morso la lingua.
Finalmente lui si fermò ma lo sguardo era sempre fermo
in avanti.
“Perché te ne sei andato via così?” domandò lei.
Lui finalmente girò il viso e la guardò. Le sorrise
freddamente anche se il suo sguardo era assente, vuoto.
“Meglio che tu non lo sappia.” Rispose gelido per
liquidare la questione e per non permetterle di aggiungere altre domande di
quel tipo.
Briony sbattè le
palpebre sorpresa ma lui la ignorò, continuando a camminare.
Era tutta un formicolio di tensione e aspettativa, per
questo le era difficile concentrarsi o porre domande concrete. Anche se lui non
lo voleva ammettere, Elijah era teso... lo poteva notare dalla rigidità delle
sue spalle, un sintomo di qualcosa che lo turbava.
Raccimolando tutta la pazienza di cui disponeva, Briony gli si affiancò abbassando lo sguardo, non
sapendo bene cosa pensare e l’unica cosa che sapeva era che fare altri
interrogatori non sarebbe valso a niente, non con uno come lui.
Che fosse per colpa della litigata con suo padre? Ogni
volta che ci andava di mezzo la famiglia, Elijah si comportava in modo alquanto
strano.. ma in quel frangente, in quegli attimi, lui sembrava sempre
distaccato. Immerso in ricordi e pensieri da cui teneva tutti a distanza,
persino lei.
All’improvviso Elijah si fermò di colpo, come se gli
fosse venuto in mente qualcosa. Si girò verso Briony,
che si era bloccata anche lei anche se non ne sapeva il motivo.
Gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma lui parlò
subito:
“Questa sera mia sorella festeggia il suo compleanno”
Briony sbattè le
palpebre sorpresa: “Rebekah? Non me l’ha detto..”
“No, Gwendolyn”
Ecco perché non ne sapeva niente. E in fondo non le
importava granchè, visto che tra loro non
correvano buoni rapporti anzi quella ragazza era piuttosto inquietante.
“Mi ha detto di invitarti, le farebbe piacere se tu
venissi”
Briony per poco non gli rise in faccia: “A
me? Sul serio?”
“Ovviamente se tu lo vuoi, non sei obbligata.”
Lei ci pensò un po’ su e si chiese come mai di quello
strano invito. Non era la prima volta che andava a casa Mikaelson, ma stare tutti insieme a tavola come un’allegra
famigliola felice le metteva una strana inquietudine.
Elijah lesse nei suoi occhi l’ansia a chiare lettere:
“Klaus non verrà se lo vuoi sapere, mia sorella gli ha espressamente proibito
di partecipare. Infatti c’è stata una furiosa litigata oggi che ha coinvolto
tutti..” il suo viso si rabbuiò.
Briony allora si strinse nelle spalle:
“Ok.”
Il vampiro inarcò il sopracciglio: “Davvero?”
“Sì, perché no? Se a voi super Originali va bene
avermi intorno..” rispose con un lieve sorriso.
Ad un tratto udì una risata sincera, anche se breve
arrivò alle sue orecchie: appariva un eco lontano, come se provenisse dal
profondo del mare.
“Sei spiazzante, Briony.
Fai delle cose che non mi aspetterei mai tu voglia fare. Pensavo avresti
declinato subito l’invito, senza pensarci neanche un secondo.”
Lei scrollò le spalle: “Forse sono l'umana più pazza
di tutte.” Disse con una risatina.
Metà del volto di Elijah era in penombra, quasi lo
rendeva inquietante. Ma l’altra metà era illuminata da una fioca luce del lampione
notturno alle sue spalle. Si intravedeva un debole sorriso, rivolto a lei.
Finalmente si era rilassato.
Le cinse la schiena con un braccio e tornarono a
camminare, in silenzio.
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Briony tornò a casa sua insieme a Elijah
per cambiarsi, e blaterando sul fatto che non aveva nessun regalo per Gwendolyn e che le sembrava scortese andare a una
festa senza niente in mano.
Elijah fece un ghigno: “E cosa vorresti regalare a una
vampira che ha più di mille anni?”
“In effetti, hai ragione. A vostro dire non avete mai
bisogno di niente.” rispose divertita aprendo l’armadio ma in una sorta di
frecciatina per vedere se Elijah voleva aprirsi rispetto al mistero di prima.
Ma sembrò non creare l’effetto desiderato. Briony
guardò ancora una volta il vampiro scettica, poi tornò a prendere qualcosa dall’armadio
e quando si voltò con una camicetta in mano, notò che Elijah era tornato
sovrappensiero. Guardava un punto indefinito davanti a sé e si era rinchiuso
nel suo mondo solitario, innalzando una barriera invisibile.
Briony si schiarì la voce: “Non devi dar
peso alle dicerie di mio padre. Qualche volta esagera… anzi
sempre direi. Non farti pungere da lui, credo che faccia bene ogni tanto
lasciar perdere queste infime provocazioni.”
Sentì Elijah sospirare silenziosamente: “Non ha tutti
i torti.”
Stava di profilo, le mani congiunte e l'espressione
rigida: “In passato ho fatto cose di cui mi vergogno profondamente… e
quando mi fa comodo ne commetto anche adesso.” Il suo sguardo era di ghiaccio
ma la sua voce tradiva una tristezza dolorosa.
Quando si girò verso di lei, Briony si
stupì di quanto il suo sguardo fosse ammaliante, e fatale.
Cercò di capire qualcosa nella buia segretezza dei
suoi occhi neri, invano.
Elijah si avvicinò lentamente a lei. I suoi passi
sembravano rimbombare all’interno di quella stanza sommersa dal silenzio.
Quando furono vicini a tal punto che i loro vestiti quasi si sfioravano, il
cuore di Briony fece un balzo e deglutì
nervosamente sentendosi la gola secca.
Gli occhi di Elijah erano ardenti nei suoi.
“Hai paura?” sussurrò a bassa voce.
Briony scosse la testa, incapace di
articolare una frase coerente.
Un angolo della bocca di Elijah si allargò in un
sorriso tirato: “Beh..” mormorò sovrappensiero, cominciando a sfiorarle la
guancia con le dita fredde. Briony avvampò
a quel contatto, soprattutto quando lui si chinò e le sfiorò l’orecchio con le
labbra:
“Dovresti averne.” La sua voce risuonò incredibilmente
roca, tanto che Briony sentì un calore
improvviso bruciarle il cuore.
Elijah si scostò da lei troppo velocemente, tanto che
l’aria improvvisa le balzò in pieno volto e solo allora si accorse di aver
trattenuto il respiro fino al limite.
“Ti aspetto giù.” Disse lui solamente mentre usciva
dalla stanza.
Briony restò qualche minuto impietrita.
Certe volte l'amore è fatale... come radici che si
avvinghiano tanto da ucciderti.
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Casa Mikaelson era
sembra bellissima, e ogni volta che Briony ci
entrava si sentiva completamente spaesata perché sembrava una villa di lusso.
Ma non c’era traccia di alcuna festa di compleanno, non c’erano i classici
addobbi anzi sembrava tutto normale.
Ad un tratto Rebekah arrivò
nell’atrio e rivolse un sorriso gioioso a Elijah e Briony.
“La cena è quasi pronta” disse con tono squillante.
Elijah lasciò il fianco di Briony e
discusse qualcosa con la sorella ma Briony non
riuscì a udirlo con chiarezza; l’Originario lasciò il fianco della ragazza e
andò in un’altra stanza, così Rebekah colse
l’occasione per fare quattro chiacchiere con lei:
“Avrei preferito di gran lunga un ballo elegante ma
mia sorella ha optato per una cena informale.. ha dei gusti pessimi in queste
cose, tu che dici?”
Briony sorrise e assentì con la testa,
ritrovandosi a fissarla. Non riusciva a immaginarseli, lei e Matt, insieme come
coppia. Forse perché lei sembrava un serpente incantatore e Matt il topolino
indifeso. Ma d’altronde anche lei e Elijah agli occhi degli altri sembravano
una coppia strana, per non dire surreale.
Entrò anche Kol nell’atrio
con passo spedito: aveva una giacca elegante e pantaloni neri.
“Finalmente ci siete tutti! Quanto ci mettete voi
donne a vestirvi?!” disse imprecando.
“La metà del tempo che ci metti tu a
specchiarti, Kol.” replicò Rebekah tagliante.
Lui sghignazzò e le condusse nel salone dove era
apparecchiata la tavola.
“Tu dove ti vuoi mettere, biscottino?” Kol sfoderò un sorriso smagliante rivolto a Briony, che corrugò la fronte per quel nuovo soprannome.
Forse per lui, era soltanto qualcosa da sgranocchiare.
Le mani di Briony all’improvviso
cominciarono a tremare come quella mattina, incapace di controllarle. Con la
coda dell’occhio vide che la mano destra si muoveva lentamente verso un
coltello, vicino al tovagliolo. Sembrava si muovesse con volontà propria che
non aveva nulla a che fare con gli ordini del suo cervello.
Briony sgranò gli occhi allibita, e cercò
di portarsi la mano dietro la schiena anche se questa stava ribollendo per la
fatica.
Cercò di respirare normalmente quando sopraggiunse
anche Elijah nel salone e la fece sedere nel posto vicino al suo. Arrivò
anche Finn e subito nella stanza calò un
silenzio tombale; forse non gli avevano ancora del tutto perdonato che li
avesse traditi insieme a Esther ma visto
che era lì con loro forse potevano tentare un altro approccio.
Salutò Briony con
tono gentile e lei ricambiò con un sorriso, chiedendosi se Ylenia sapesse che lui fosse tornato.
Alla fine entrò anche Gwendolyn,
splendida nel suo tubino nero lungo fino sopra alle ginocchia. La matita nera
risaltava i suoi splendidi occhi blu-grigi, e
aveva i capelli mossi. Ringraziò tutti i fratelli per essere lì quella sera e
per gli auguri fatti, poi rivolse a Briony uno
sguardo di ghiaccio come se lei fosse un moscerino nell’insalata che stava
mangiando.
Briony sussultò per quello sguardo, anche
perché era stata proprio lei ad invitarla quindi non faceva nulla di male. Si
strinse nelle spalle mentre gli altri Originali prendevano posto in tavola.
Non sapeva perché, ma ebbe uno strano presentimento… che sarebbe successo qualcosa di
terribile.
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Klaus beveva a più non posso al Grill di Mystic Falls per
scacciare via la rabbia che sembrava consumare ogni cellula del suo corpo: si
sentiva profondamente offeso, umiliato e peggio ancora infuriato. Non si
sarebbe mai scordato le recriminazioni che la sorella gli aveva lanciato quel
pomeriggio: visto che l’aveva pugnalata e messa in una bara per 300 anni, lui
perdeva tutti i diritti di farle da fratello indi per cui non doveva neanche
presenziare al suo compleanno, secondo lei.
Klaus aveva cominciato a urlare schizzato come un
pazzo, dicendo che quella era casa sua e che se non le stava bene che lui
stesse lì, allora lei doveva fare le valige. La litigata arrivò al culmine
quando si intromisero anche gli altri fratelli: Finn aveva
dato corda a Gwendolyn ovviamente, dicendo
le stesse cose che ripeteva da anni. Kol aveva
cominciato a fare le sue battutine sarcastiche che gli facevano salire il
sangue al cervello. Elijah invece lo aveva fissato con gelida freddezza senza
proferir parola, ma il suo sguardo era più chiaro di cento parole.
Ci si era messa pure Rebekah,
l’unica che credeva che non l’avesse mai abbandonato, quando invece era stata
proprio lei a dirgli che era stato lui a distruggere la loro famiglia.
Per Klaus quello era stato troppo: si era ammutolito
di colpo, impallidendo all’istante. Prima di andarsene con la coda fra le
gambe, aveva fracassato alcuni tavoli e scaffali per via della rabbia che aveva
in corpo. Dopo aver ultimato l’opera, era uscito dalla casa sbattendo
fortemente la porta.
E ora si ritrovava lì, a bere in uno squallido bar, in
una squallida città. Da solo.
Il suo cuore era traboccante d’odio verso i suoi
fratelli. Tutti, nessuno escluso.
Ad un tratto vide Caroline a breve distanza, anche lei
seduta al bancone.
“Ehi. Vuoi unirti a me?” domandò sarcastico, alzando
il bicchiere.
Caroline, sentendo la sua voce, si girò verso di lui e
inarcò il sopracciglio: “Perché dovrei?”
“Prima di tutto per farti perdonare per ciò che hai
fatto insieme ai Salvatore” Il suo viso si rabbuiò ma poi ritornò subito
normale, sfoderando un sorriso sghembo. “Senza contare che ti ho dato
un’informazione utile, rivelandoti che se uccidi un Originario uccidi tutta la
sua stirpe”
“L’hai fatto per il tuo torna conto. Così sei sicuro
che non ti procureremo rogne, dato che non sappiamo quale di voi ci abbia
creati” replicò Caroline in tono tagliente.
Klasu alzò le spalle: “Può anche darsi. Ma cosa ti
costa farmi compagnia? In due ci si diverte molto più che da soli” sussurrò con
un sorriso affascinante.
Caroline si morse nervosamente il labbro, non sapendo
bene cosa fare. Si guardò intorno come se temesse il giudizio dei suoi amici
nel vederla flirtare con Klaus.
Alla fine però accetto con un sorriso tirato e si mise
vicino a lui, ordinando un drink.
Klaus le sorrise compiaciuto, continuando a bere.
L’odio che lo avvolgeva da più di 1000 anni sembrava
essere svanito quando finalmente si era riunito alla sua famiglia e credeva che
le cose potessero sistemarsi. Lui voleva una famiglia, ma erano loro che non
volevano lui.
Per questo si rese conto che l’odio non era svanito
del tutto, poiché aveva mantenuto dentro di sé un piccolo seme malefico pronto
a germogliare, con nuovo vigore, alla prima occasione utile.
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Briony si sentiva terribilmente tesa a
quella cena a dir poco strampalata: Kol, che col
suo ego poteva consumare tutta l’aria, non faceva che provocare i fratelli con
le sue battutine e più volte ricevette un colpo in testa da Rebekah.
Anche Finn stranamente
si era aperto alla conversazione, come se avesse cambiato idea sui piani
di Esther e si fosse reso conto che quello
che faceva era sbagliato. Gwendolyn era a
capotavola e sorrideva con tutti, meno che con Briony.
Elijah invece ascoltava con freddo interesse,
scuotendo la testa per le battute di Kol e
lanciando delle occhiate a Briony di tanto
in tanto.
All’improvviso Rebekah porse
a Gwendolyn il loro regalo di compleanno
che si scoprì essere una bellissima collana d’oro bianco con qualche pietra
preziosa. Gwendolyn ne fu molto felice
e Briony vide per la prima volta in lei un
sorriso quasi umano.
“Così finalmente ti cavi quella misera collana che hai
al collo. Non hai ancora dimenticato quell’umano?” mormorò Kol sprezzante indicando la collana che indossava
già Gwendolyn, e che Briony subito
riconobbe. L’aveva già vista quella volta che aveva origliato il loro piano di
spezzare l’incantesimo.
Gwendolyn lo trafisse con uno sguardo di
fuoco: “Devi stare attento Kol alle tue
battutine perché potresti ritrovarti strozzato a causa della tua stessa acidità”
Lui alzò gli occhi al cielo: “Per la miseria, queste
storie d’amore drammatiche mi danno il voltastomaco”
Rebekah allora sbuffò e fissò Briony, che si stava incuriosendo: “Briony,
vuoi sapere la storia romantica tra Gwendolyn e
il suo Christopher?”
La ragazza guardò confusa i presenti, non sapendo cosa
dire, ma il rossore sulle sue guance tradì la sua curiosità.
“Vi racconto io una storia interessante se non vi
dispiace. Che è collegata a quello che Rebekah ha
appena detto… che dite vi va di
ascoltarla? Briony?” domandò Gwendolyn per attirare l’attenzione.
Briony sollevò lo sguardo incredula, visto
che era la prima volta che la festeggiata le rivolgeva la parola. Si strinse
nelle spalle e con un timido “sì”, Gwendolyn cominciò.
“Risale a molti anni a fa, quasi al tempo in cui noi
fummo creati… Avete mai sentito parlare di
un cacciatore di vampiri così forte e potente, che era in grado di uccidere
qualunque vampiro persino degli Originari?”
Nella stanza calò un silenzio tombale, incredulo,
e tutti aspettarono che continuasse: “Poteri psichici. Abilità fuori dal
comune, che non hanno niente di umano. Quegli esseri non hanno alcuna pietà
quando si mettono in testa di sterminare tutti i vampiri e sapete come riescono
nei loro folli intenti? Quando la loro mente è sottoposta a un forte pressione
dovuta alla rabbia o al dolore, sembra come se qualcosa scatti dentro di loro,
e immobilizzano la loro vittima semplicemente con uno sguardo: questa si
ripiega in due dal dolore, comincia a tossire come se qualcosa la stesse
soffocando dall’interno, i suoi occhi diventano di un bianco spaventoso come se
stesse diventando un fantasma o una luce accecante fosse esplosa al loro
interno. Il petto comincia ad avere degli spasmi violenti, e esce sangue
dappertutto.. dal naso, dalla bocca, dagli occhi… e
poi il vampiro muore. Senza alcun paletto nel cuore. Morto stecchito, per
davvero.”
Gwendolyn fece una pausa per aumentare la
tensione di proposito: i fratelli si guardarono sbigottiti negli occhi, come se
non avessero mai sentito quella storia, e Briony inarcò
dubbiosa un sopracciglio come se quei fatti macabri le ricordassero qualcosa,
ma la sua mente era troppo sgrovigliata per pensarci meglio.
Kol si sganasciò dalle risate: “Ti sei fatta
qualcosa questa sera, Gwendolyn?”
Lei gli rivolse un’occhiata di fuoco per aver messo in
dubbio la veridicità delle sue parole: “Uno di loro stava per uccidermi,
idiota”
Molti spalancarono la bocca inorriditi, anche Elijah
trasalì turbato:
“Non sono tante le persone come loro… anche se è un eufemismo definirle
"persone"… nascono ogni 300 anni da quando nostra madre ci ha trasformati… Una maledizione ne evoca un’altra. Noi
saremmo maledetti, ma quelli come loro… lo
sono ancora di più. Sono nati apposta per uccidere i vampiri e non si
fermeranno finchè non avranno ripulito il
mondo. Fin qui la loro missione sarebbe onorevole visto che io stessa penso che
non avremmo diritto di vivere ma… col
passare del tempo, quella gente diventa pazza. Perde ogni umanità se mai
l’hanno posseduta. Cominciano a uccidere anche i licantropi, e le loro famiglie
intere sebbene non hanno ancora attivato il virus della licantropia… e peggio ancora uccidono gli umani.”
Finn la guardò allibito, non riuscendo a capire:
“Umani? E perché mai?”
Gwendolyn congiunse le mani sopra il tavolo:
“Gli umani che stanno dalla parte dei vampiri, che si
coalizzano con loro oppure gli sono amici. Secondo quei bastardi, è più
ignobile un umano che aiuta o ami i vampiri, piuttosto che un vero vampiro.
Così creano una bella carneficina…” mormorò disgustata.
Briony ascoltò non sapendo cosa dire. Come
poteva una persona essere così crudele? Non avere pietà di nessuno? Ma quella
non era una persona, era chiaramente un mostro.
“Ritornando al discorso di prima… uno
di loro era riuscito a trovarmi, a rintracciarmi e ad entrare nella mia vita
fingendosi un angioletto. Era una ragazza, si chiamava Charlotte. Io non sapevo
neppure di questa storia e nemmeno che una ragazza del genere, così giovane e
minuta, potesse essere pericolosa o creare del male. E così stupidamente l’ho
accolta in casa quando l’ho trovata per strada a vagabondare in cerca di soldi.
Non fare commenti ironici Kol, sai benissimo che
fin da umana avevo il terribile vizio di aiutare quelli in difficoltà. Ma
d’altronde come potevo immaginarlo…? Io era
un’Originaria e pensavo che nessuno potesse uccidermi, e Charlotte era una
ragazzina di vent’anni tutta impaurita e fragile, con lo sguardo angelico… l’ho assunta come cameriera e le ho offerto
una delle mie innumerevoli stanze come alloggio. A quell'epoca vivevo in una
villa in Irlanda. Ma dopo un po’ di tempo, una notte lei uccise
Christopher." Gwendolyn si fermò un
attimo come se le costasse parlare, le fuoriuscì un lamento di dolore. Quando
sollevò il viso, i suoi erano scavati, dolorosamente umani:
"Christopher era mio marito, ed era ancora
umano.”
Briony aprì la bocca sconcertata: in quel
momento ebbe totale compassione per lei, per il dolore che aveva dovuto
sopportare. Perdere qualcuno a cui tieni é terribile, ma perdere qualcuno a cui
hai donato il tuo cuore é ancora peggio.
“Non avevo alcuna intenzione di trasformarlo perché
non augurerei mai a qualcuno che amo un’esistenza come la mia. Ma quella
sgualdrina lo ha ucciso lo stesso. Soltanto perché aveva commesso l'errore di
amare una vampira”
Si toccò lievemente la collana che aveva al collo, i
suoi occhi lucevano: portava quella che doveva essere la sua fede nuziale. Non
se ne era ancora separata dopo tutto quel tempo?
Gwendolyn continuò. Il suo dolore e la sua
rabbia sembravano una cosa viva.
“Lo ha ucciso come una vigliacca… è
entrata in camera nostra a tarda notte, e l’ha ammazzato senza alcuna pietà. Io
mi sono svegliata, gridando, ma non ho potuto fare niente perché ero in preda
allo shock… non riuscivo a capire il motivo
che la spingeva a un simile atto di disumanità. Christopher non le aveva mai
fatto niente, anzi era sempre stato gentile con lei e si era offerto di curarla
quando l’ho portata a casa tutta infreddolita, visto che lui era un medico. Che
bella gratitudine. Quando ha finito l’opera con Christopher, Charlotte
incominciò a torturarmi... non potrete neanche a immaginare il dolore che
ho subìto… sembrava come se qualcuno mi
stesse schiacciando o staccando l’anima, la mia essenza, dal corpo… ma il dolore fisico non era niente in confronto
a quello che ho provato quando ho visto Christopher morire. Così non combattei
neppure; mi sembrava di non farcela quando all’ultimo momento, quando la vita
si stava affievolendo in me, qualcuno entrò nella mia stanza. Era nostro padre. Mikael.”
Elijah la fissò turbato:
"Nostro padre?"
“Si. Proprio lui. Era venuto a sapere di quegli esseri
crudeli che avevano il dono di uccidere i vampiri e non so come è riuscito a
rintracciarmi perché sapeva che uno di loro mi stava dando la caccia. Mi ha
salvata per un pelo. Ed è riuscito ad uccidere quella sgualdrina.” rispose
duramente.
“E come? L’ha dissanguata?”
“Dissanguarla?! Siete pazzi? Mai bere il sangue di
quei mostri! E’ nocivo per i vampiri. Il loro sangue è cattivo, è malvagio. E
appena un vampiro ne succhia qualche goccia. Bum. Rimane letteralmente
stecchito. Bisogna stare bene attenti, non si sa mai che possa comparire a Mystic Falls.”
Fu come se Briony avesse
ricevuto un pugno nello stomaco e quella mano stesse infierendo su di lei,
andando sempre più in profondità.
Il sangue... se un vampiro beve il sangue di quei
mostri, muore.
Il suo sogno... come era possibile? No…. Non poteva trattarsi di lei. Era solo uno scherzo, uno
stupido orrendo scherzo.
Attraverso la foschia delle sue vertigini, Briony stava cercando di capire la verità.
Quando alzò lo sguardo subito se ne pentì perché
incrociò quello di Gwendolyn: era velato da odio
puro, disumano. Come se avesse percepito i suoi pensieri e leggesse la sua
colpevolezza nel pallore del suo viso.
Briony deglutì nervosamente, facendosi
piccola piccola sulla sedia. Per fortuna nessuno notò il suo
turbamento, perché tutti presi dal considerare che il sangue, ciò che offriva
loro la vita, gliela poteva anche togliere.
“Se quel fottuto bastardo o bastarda ci proverà, avrà
una bella accoglienza. Può pensarci Elijah visto che lui è il migliore in fatto
di sterminare..” ma Kol non fece in tempo a
finire la frase che infatti Elijah sbatté violentemente la mano sopra il
tavolo, come segno per zittirlo. Briony trasalì
per quella mossa improvvisa, ma il suo shock interiore non le dava scampo.
Non si accorse nemmeno dello sguardo gelido che Elijah
stava lanciando al fratello per farlo tacere.
Le sembrava di passeggiare in mezzo a una folta nebbia
ma ancora non si era accorta che si stava dirigendo il linea retta verso un
dirupo.
“Ma come fai a sapere tutte queste cose Gwendolyn? E perché non ce ne hai mai parlato?” disse Rebekah con tono stranamente amorevole.
“Perché volevo dimenticare. Non avevo più la forza di
ricordare quell’orrenda sera. E per quanto riguarda la prima domanda… me le ha dette nostro padre. Anche lui ha
avuto la sfortuna di incontrare un mostro simile. Ma per fortuna una strega
l’ha avvisato prima che succedesse il peggio. Forse si era presa una cotta
stratosferica per lui visto che le streghe sono vincolate a proteggere quegli
abomini.. hanno pure creato un Circolo per salvaguardare la segretezza di
questa storia, che non doveva mai essere trapelata per permettere a quei mostri
di agire indisturbati. Ma fortunatamente quella strega avvertì Mikael, gli diede dell’informazioni utili e lui riuscì a
salvarsi. Dopo di che ha indagato sul loro conto e dopo varie indagini ha
intuito che il prossimo bersaglio ero io, ed è venuto a cercarmi” Il tono di
voce di Gwendolyn cambiava radicalmente:
quando si parlava di quei mostri il tono era duro, disgustato. Quando si
nominava il padre invece quasi si addolciva.
“Ah già… ricordiamo
che tu eri la cocca di papà.” la schernì Kol con
un ghigno.
“Non scherzare Kol.
Se Mikael non mi avesse salvata e non mi
avesse raccontato tutto… noi ora potremmo
correre un grave pericolo, visto che sono già passati 300 anni dalla nascita di
Charlotte quindi quel mostro potrebbe essere già in giro a cercarci”
<< E magari lo avete proprio qui a tavola
>> pensò Briony con dolorosa
amarezza, sentendosi sprofondare sulla sedia.
“Come ho detto avrà una bella accoglienza. Ma scusa
come riusciamo a riconoscerlo? Hai detto che hanno un aspetto da gente normale…”
“Beh... maledettamente sono belli, eterei... quasi
come i vampiri." storse il naso come se non lo sopportasse. "A lungo
andare i loro occhi diventano rossi. Rossi come il sangue. E hanno degli scatti
di rabbia, come se non riuscissero più a controllare il loro corpo”
A Briony le si
mozzò il respiro.
Gli occhi... no, non era possibile.. L’aria le era
stata risucchiata fuori dai polmoni.
Cercava di mettere insieme una risposta, una
qualsiasi.
Si aggrappò poi al tavolo con una mano perché credeva
di impazzire lì dentro o di svenire a terra. Pregò il Signore che nessuno
badasse a lei, pregò che tutto questo non fosse reale e che in realtà era solo
un incubo.
“Tutto questo mi pare assurdo. Come faceva quella
Charlotte a sapere che tu eri un’Originaria? Non ce l’hai mica scritto in
fronte!” disse Rebekah ancora sbalordita.
Gwendolyn fece un ghigno malvagio.
“E’ questo il bello. Quei bastardi hanno un dono… le streghe sono state piuttosto generose con
loro, anzi dovrei dire Ayana, l’amica di nostra
madre, visto che è stata lei a creare l’incantesimo. Avrà usato sicuramente
degli strumenti demoniaci o della magia nera, perché per creare dei mostri
simili ci vuole del fegato."
Briony trasalì, si portò una mano alla
bocca scacciando l'impulso di tapparsi l'orecchie e di urlare a Gwendolyn di starsi zitta.
"Comunque quegli abomini hanno un dono… fanno dei sogni.”
Tutti ascoltavano con attenzione, Elijah era
terribilmente rigido, mentre Briony invece
sembrava un fantasma che vagava in un fiume di strazio.
Le parole di Ylenia all’improvviso
rimbombarono nella sua testa:
"Credi che i tuoi sogni siano una
casualità? Delle coincidenze? Che non esista una ragione per il fatto che tu
abbia sognato Elijah la prima volta nella cantina dei Salvatore? Credi che
tutto ciò sia casuale?"
Briony deglutì. Non aveva più fiato.
“A quell’epoca non esistevano ancora le foto e nemmeno
gli aerei, e i vampiri hanno il vantaggio di essere veloci e di spostarsi da un
luogo all’altro come se niente fosse. Quei bastardi saranno pure dei mostri, ma
il loro corpo è umano e non ce la farebbero mai a stare al nostro passo. Per di
più non sapevano che aspetto avessimo noi Originali… per
cui, chiamatelo Destino o Casualità, ma quei bastardi quando si
trovano inavvertitamente vicino all'Originario a cui devono dare la
caccia – perché ognuno ne ha uno designato - fanno dei sogni che lo
ritraggono, gli mostrano il modo o il luogo per localizzarlo. Praticamente
appare l’immagine dell’Originario che sarà il loro bersaglio, così dopo lo
possono uccidere con facilità, visto che si trova incurante vicino a loro
e sicuramente in posizione di svantaggio. Certe volte è proprio il destino
a portare quegli abomini da noi.”
Per Briony quelle
parole furono come la morte, con la sola differenza che la morte finiva lì, in
un attimo. Mentre ciò che provava era un tormento lacerante che sarebbe durato
in eterno.
Era tutto chiaro ora. Il primo cacciatore, il primo
mostro, aveva come bersaglio Mikael. Il secondo,
Charlotte, aveva invece come bersaglio Gwendolyn.
Mentre lei... il suo obiettivo era Elijah.
Perché un simile fardello aveva dovuto pesare sulle
sue spalle, lacerandole il cuore?
Non era Esther, non era
Klaus, era lei il mostro.. Sarebbe stata lei il loro peggior incubo.
Quella cruda consapevolezza la travolse come una
marea, e lei povera piccola sabbia si fece sommergere senza opporsi.
“E’ una storia pazzesca… orribile… se è la verità, allora noi tutti siamo in
pericolo!” esclamò Rebekah inorridita.
“Come se è la verità? Non mi credi scusa?”
rispose Gwendolyn sbigottita.
“Certo che sì… solo
che non l’avevo mai sentita prima..”
“Per forza… come
ti ho detto questa storia è segretamente protetta dalle streghe.. aspettano da
secoli il modo per farci fuori definitivamente, e non importa se quegli abomini
siano più crudeli di noi...”
Le orecchie di Briony fischiarono,
il sangue pulsava dolorosamente al cervello e non sentiva più il battito del
cuore, come se fosse stato risucchiato da quell’orrenda verità.
Aveva sempre creduto che era stato il destino a
portarla da Elijah… per salvarlo.
Ma invece era stato tutto falso, un inganno. Tutta la
sua vita si basava su una bugia, un’esistenza più finta di una scenografia
teatrale.
Avrebbe voluto alzarsi, gridare o fare qualcosa per
sfuggire a quella tremenda verità ma non sentiva più il corpo, come
se fosse diventata trasparente.
Perchè l’amore più intenso che avesse mai
provato, la prima vera sensazione di familiarità, aveva come oggetto colui che
doveva uccidere?
Perché era successo tutto questo? Perché proprio a
lei?
“Briony stai bene?”
Chiese Rebekah preoccupata, fissandola.
Elijah si distolse subito da pensieri, che a Briony con sgomento apparivano talmente ovvi, e si
girò verso di lei scrutandola con sguardo attento.
“No…” Le fuoriuscì un
sussurro debole, strozzato. “Questa storia è… è
impossibile..” non riuscì più a dire niente. La voce le venne meno.
Il volto di Elijah fu come una carezza per lei,
infatti la sua espressione fredda si ammorbidì un pò.
Le cinse lievemente le spalle: “Andrà tutto bene, Briony.
Non devi preoccuparti di nulla. Quell’essere è sicuramente lontano da noi, e
non lascerò che faccia del male alla mia famiglia.. o a te.” Mormorò con voce
calda, rassicurante.
Briony avrebbe tanto voluto mettersi a
piangere. La sua disperazione si faceva largo nella sua anima, pronta a
esplodere, ma inspiegabilmente riuscì a trattenerla. Cinse le mani in vita,
conficcando le unghie nel palmo della mano per riuscire a calmare il dolore.
Udì qualcuno sospirare ma non capì chi. Poi la voce
di Gwendolyn risuonò all’interno della
stanza, quella voce che aveva appena firmato la sua condanna:
“Dobbiamo stare ben attenti d’ora in poi. Ho sempre
creduto che i vampiri fossero la peggior maledizione mai apparsa sulla faccia
della terra… ma quegli abomini sono molto
peggio, sono come serpenti che ti assalgono alla prima occasione. Non hanno un
briciolo di umanità e non meritano di vivere. Il loro sangue malvagio e la loro
natura infernale ne è la prova.”
Briony non aveva la forza di alzare lo
sguardo, ma sapeva benissimo che quelle frasi orribili erano rivolte a lei e
intuiva che il viso dell’Originaria fosse ricolmo d’odio e di disprezzo. A che
gioco stava giocando? Stava aspettando il momento opportuno per dire la verità
a tutti e farsi due risate alle sue spalle, giocando al gatto col topo?
Lo sguardo di Gwendolyn poi
si posò su tutti i suoi fratelli che assunsero un’espressione dura e fredda,
persino Kol sembrava risoluto.
“Non lascerò che quella sottospecie di mostro ci
attacchi o rovini la nostra vita. Abbiamo già perso abbastanza”
La voce di Elijah risuonò così dura e terribile alle
orecchie di Briony, che lei quasi ebbe un
mancamento ma per fortuna riuscì a reggersi, tenendo una mano con forza sul
tavolo.
Anche Rebekah era
d’accordo col fratello, Finn stranamente
disse che stava dalla loro parte, Kol fece
la solita battutina dicendo che avrebbe schiacciato quell’abominio se avesse
osato sfidarlo.
Briony sentì il vuoto dentro di sé, la
sensazione di voler piangere disperata arrivò al culmine. Non poteva più
restare lì, doveva fuggire, scappare da quella verità che aveva segnato la sua
fine.
Prese nervosamente la borsa tra le mani e giocherellò
per qualche secondo col cellulare. Elijah dopo un po’ si accorse del suo
turbamento e della sua ansia, e la fissò guardingo:
“Briony, tutto bene?”
Nella sua voce non c’era tono d’accusa, era solo
preoccupato.
Briony ricacciò le lacrime, deglutendo.
“E’ da mezz’ora che Caroline cerca di chiamarmi, si
tratterà sicuramente dei suoi soliti guai o di mio padre… forse
dovrei andare a darle una controllata.” Sussurrò con un fil di voce, abbassando
gli occhi.
Elijah corrugò la fronte: “E’ così importante? Pensi
che sia successo qualcosa?”
“No! Solo che… mi
ha immersa di messaggi in cui mi pregava di andare da lei… sicuramente
non è morto nessuno, ma preferirei andare a controllare.. scusami…” la voce risuonò strozzata e temette di non essere
stata affatto convincente.
Invece il vampiro sembrò non intuire nulla, forse la
sua mente era troppo concentrata su quel mostro che lui e la
sua famiglia dovevano combattere.
Ma era lei il mostro.
Qualcosa all’interno della sua mente gridò in preda
alla disperazione.
Elijah si alzò elegantemente dalla sedia: “Vuoi che ti
accompagni?”
“No!” Rispose lei velocemente prendendo la borsa. Il
viso era totalmente pallido, come se il sangue avesse smesso di scorrere. “Non
preoccuparti, resta pure qui con la tua famiglia. Ti chiamo domani… grazie a tutti per la serata.” Rivolse ai
presenti un sorriso timido, cercando di apparire normale. Non aveva mai finto
così bene, sebbene interiormente il suo cuore piangeva sangue.
Gli Originals la
salutarono cordialmente e Rebekah le augurò
buona notte.
“Ancora auguri, Gwendolyn”
Non voleva, ma il tono fu acido.
L’Originaria fece un ghigno, senza però fissarla:
“Grazie, Briony” rispose con il suo stesso tono.
Faceva tutto parte di un gioco per lei? L’aveva
invitata apposta a quella cena per sbatterle in faccia quella cruda realtà,
sapendo che era proprio lei il mostro di cui parlava… si
chiese perché non avesse detto la verità fino in fondo e non l’avesse accusata… cosa voleva ottenere, tramando così
nell’ombra?
Ma il cervello di Briony era
troppo pieno di domande irrisolte per preoccuparsi di Gwendolyn.
Si sentiva come se la sua vita fosse stata costruita
su una lastra di ghiaccio sottile come carta velina, e ora quel ghiaccio
cominciava a creparsi... minacciando di gettarla nel buio gelido sotto di sé.
Briony avanzò barcollando verso l’uscita,
pregando che qualcuno la venisse a salvare da quell’agonia. Ma soltanto il
nulla l’accompagnò per tutto il tragitto.
Briony ritornò a casa, togliendosi
nervosamente il cappotto arrivando addirittura a cavarsi dei bottoni per via
dell’ansia.
Aveva il respiro accelerato, i capelli le ricadevano
in viso mentre saliva le scale. Ma non c’era un gradino certo dove poteva
poggiare il piede con la sicurezza di non cadere.
Il vuoto dentro di sé la torturava, continuando a
chiedersi il perché fosse accaduto tutto questo e perché quella stramaledetta
verità le era sempre stata tenuta nascosta.
Quando entrò in camera notò che c’era qualcuno
all’interno. Non ebbe neanche il tempo di strillare perché non aveva più fiato
nei polmoni e anche perché non c’era nient’altro in quella sera che poteva
terrorizzarla.
Ylenia era proprio al centro della stanza,
con le braccia congiunte al petto e l’espressione affranta in viso.
Chissà perché, ma Briony ebbe
la piena certezza che lei sapesse ogni cosa… della
verità e perfino ciò che era successo quella sera. Forse Ylenia era
il suo angelo custode che la seguiva dappertutto, oppure era un diavoletto che
si agitava sopra la sua spalla, sussurrandole cose sbagliate all’orecchio.
Ma a Briony non
importò. Non le importava più di nulla.
“Tu lo sai vero?” domandò lei senza tanti preamboli.
Ylenia aprì la bocca ma la richiuse subito,
non sicura se rispondere la verità fosse stata la scelta giusta. Alla fine
disse: “Sì, ho sempre saputo la verità. Ti ho seguita in questi giorni perché
ti vedevo troppo strana e so quello che è successo questa sera a casa Mikaelson. Mi dispiace,Briony”
“Ah, ti dispiace” Ma non c’era alcuna tono d’accusa
nella sua voce.. sembrava vuota, priva di volontà.
Si mise a girovagare per la stanza, portandosi la mano
in viso: “Tutti quei discorsi… sul fatto
che era assurdo che io e Elijah stessimo insieme. Che i miei sogni non erano
una casualità…” rise in preda a un raptus di
follia. “Nella cantina dei Salvatore io avrei dovuto uccidere Elijah, e finire
il loro lavoro. E invece ho fatto l’esatto opposto. L’ho salvato… ma questo dovrà pur dire qualcosa no?” Il suo
era un tono di supplica.
“Io non ho mai voluto fare del male a nessuno, tanto
meno a Elijah… questa storia non può essere
reale.”
Ylenia vide la vera disperazione nel volto
di Briony ed ebbe piena compassione per
lei. Ma ormai non c’era più nulla, non c’era niente che potesse alleviare il
suo dolore o confortarla.
“Mi dispiace Briony… è
vero, tu non hai agito come gli altri. E questa cosa mi ha davvero stupita… non so spiegarmi il perché tu non l’abbia
ucciso quel giorno perché i tuoi predecessori l’avrebbero sicuramente fatto. Ma
penso che la tua natura, la tua vera natura, fosse sigillata e che non volesse
venire fuori… come se qualcuno al tuo
interno la combattesse fino a farla soccombere… ma
come ti ho detto tempo fa… non si può
sfuggire alla verità Briony… Tu stai
cambiando, magari non te ne sei ancora accorta, ma lentamente stai cambiando.”
Briony ricordò quella notte in cui aveva
visto allo specchio i suoi occhi di color rosso sangue, e quella stessa sera in
cui la sua mano aveva tremato cercando di prendere il coltello per far del male
a Kol o a chiunque altro.
Si mise le mani nei capelli, il viso si distorse in
una smorfia di dolore assoluta. Non poteva creare che lei rappresentasse un
ruolo d’orrore sulla terra, e che fosse il mostro che Gwendolyn diceva
di essere.
“No no no. E’ impossibile.” Sussurrò con un fil
di voce, ma questa venne soffocata dalle lacrime che le bruciarono gli occhi.
All’improvviso ricordò una cosa in mezzo a tutto
quello strazio: quello che Esther le aveva
fatto.. Sollevò lo sguardo in direzione di Ylenia.
“Quella disgraziata di Esther mi
ha fatto bere qualcosa il giorno in cui mi ha rapita… era
un intruglio di erbe disgustoso e me l’ha fatto ingoiare con la forza..”
Ylenia chiuse gli occhi imperterrita,
constatando che quell’intruglio fosse una delle cause scatenanti su ciò che stava
succedendo a Briony.
“Qualunque cosa tenessi sigillata dentro di te, ora
non lo è più… Sei stata tu a fermare Esther in quella cripta, non io.” Rispose Ylenia scuotendo la testa con rammarico.
Briony impallidì notevolmente, incapace di
respirare.
Il modo in cui Esther si
era fermata, il modo in cui si era piegata in due dal dolore… era
la stessa descrizione che Gwendolyn aveva elargito…
“No no…” sussurrò Briony in preda al panico.
Le mani erano ancora avvinghiate nei capelli con la
forza disperazione: nella sua mente venne raffigurato il volto di Elijah con
gli occhi bianchi… lui che stava morendo, il
sangue dappertutto.
Briony scosse la testa nervosamente:
“Io posso combatterlo ok? L’ho sempre fatto, ho 26
anni e non ho mai ucciso nessuno. Al diavolo Esther,
e al diavolo quello che stai dicendo tu. Io non sono come quei mostri… io non sono un abominio… non
sono una creatura nata con arti demoniache o con la magia nera…!” Gridò in preda al delirio, agitando
convulsamente le mani. Ma era inutile ormai negare l’evidenza… quella
terribile realtà la stava rincorrendo e lei non aveva più forze per
contrastarla. Una vocina della sua mente le ripeteva in continuazione che lei
era un mostro… il suo stesso sangue avrebbe fatto del male alla
persona che amava di più al mondo…
Le fuoriuscì un gemito soffocato, i
polmoni sembravano scoppiarle dentro il petto a causa degli spasmi.
Cercò un’ultima via d’uscita prima di
soccombere.
“E comunque… io
presto diventerò un vampiro. Forse grazie a quella nuova forza riuscirò a
combattere, perché sarà quella la mia natura d’ora in poi… Riuscirò
a sovrastare quel mostro...” mormorò con occhi spalancati, cercando
di convincere se stessa.
Ylenia tuttavia rispose fermamente, senza
alcun dubbio:
“No, Briony non
potrai farlo.”
La ragazza si voltò verso di lei:
“Sì invece!” replicò con rabbia.
La strega scosse la testa, avvicinandosi a lei. Lo
sguardo era tetro.
“No Briony… non
perché tu non sia forte ma… tu non puoi
diventare un vampiro.”
Briony si bloccò, imperterrita. Il
campanello d’allarme risuonò all’interno della sua mente. Ylenia non parlava per semplice moralismo e perché
diventare un vampiro era sbagliato… c’era
un’altra verità in mezzo… che la
spaventava, la sovrastava. Non voleva credere che quella tortura non fosse
ancora finita.
Briony si sentì avanzare verso il
precipizio, così vicina da poter quasi guardare di sotto.
Ylenia continuò, prendendo dei lunghi
respiri:
“Così come il tuo sangue è nocivo per i vampiri, il
sangue dei vampiri è veleno per te… appena
ne ingoi qualche goccia, questa ti soffoca come se non respirassi più. Il tuo
corpo la rigetta automaticamente, perché la strega Ayana ha
predisposto perfettamente che nei corpi come i tuoi non deve entrare sangue
di vampiro… così avrebbe eliminato il
problema che qualcuno di loro stesse dalla parte sbagliata”
Il precipizio si aprì. Le sembrava di cadere nelle
tenebre.
C’era qualche appiglio per sopravvivere a tutto
questo?
Non si sarebbe mai trasformata… non
sarebbe mai potuta diventare immortale.
Ma niente è eterno: i suoi sogni erano fatti di
sabbia, che si dissolveva al soffio del vento. Troppo deboli per sopravvivere
alla realtà.
Si rese conto a quel punto che la sua storia con
Elijah era impossibile. Lei avrebbe sempre assaporato l’amarezza della
mortalità, mentre lui sarebbe rimasto per sempre così.
Si sarebbe fatta trascinare nell’oscurità, nel dubbio
e nella disperazione, come una notte d’inverno che arriva senza una stella...
soccombendo come gli alberi che avvizziscono.
Non avrebbe mai potuto vivere con Elijah l’eternità
che aveva sempre desiderato.
Briony sollevò lo sguardo, gli occhi velati
di lacrime che però non scendevano sulle guance. Si aggrappò al braccio
di Ylenia, come se lei fosse la sua ancora di
salvezza:
“No.. non può essere vero, NON DEVE ESSERE VERO!”
Gridò disperata, cercando di convincerla con la forza dello sguardo.
Ylenia si lasciò sfuggire un sospiro di
comprensione. Voleva con tutto il cuore aiutarla e l’aveva fatto l’altra notte
in mezzo al bosco. Aveva seguito Briony per
tutto il giorno e quando aveva visto che Elijah era sul punto di darle il
suo sangue… allora era intervenuta per
difenderla. Difenderla da quel sangue velenoso, e dalla verità.
Le cinse le spalle con un braccio:
“Mi dispiace, Briony.
Mi dispiace davvero..” sussurrò amorevolmente.
Briony però si portò il viso tra le mani,
continuando a singhiozzare:
“Ma ma… è
impossibile! Io sono umana! Sono come gli altri!” rispose straziata, sollevando
lo sguardo verso Ylenia come in cerca di
conferma.
Gli occhi della strega invece vennero attraversati da
uno strano bagliore, ma Briony non cercò di
scavare a fondo. Non ne poteva più, non aveva la forza e il coraggio di sapere
nient’altro.
Prima o poi sarebbe crollata.
Improvvisamente scansò via Ylenia con
un braccio. Gli occhi erano spalancati:
“E ora che faccio? Cosa dico a Elijah? Eravamo
entrambi d’accordo che mi sarei trasformata entro breve, perché non
voleva perdermi…e ora… che cosa faccio? Che
cosa posso fare?” domandò angosciata, portandosi le mani alla testa come una
bambina indifesa.
“Briony, devi stare calma.
Non ti agitare” rispose Ylenia cercando di
avvicinarsi.
“COME FACCIO A STARE CALMA?!” Gridò Briony a perdifiato e la strega subito si immobilizzò
dalla sorpresa.
Briony la fissò allucinata, non aveva fiato
per dire nient’altro.
Ma nella sua rabbia non c’era quella follia disumana
di cui Gwendolyn aveva parlato.
La rabbia che mostrava era solo dolore.
Le sue ginocchia cedettero e Briony si
accasciò a terra senza neanche un gemito. Lo sguardo era perso nel vuoto; Ylenia fu subito da lei e le accarezzò le mani con le
sue, cercando di darle un po’ di conforto ma non servì a granchè.
Dopotutto Briony non
poteva avercela con lei per averle taciuto la verità. Quella verità che stava
distruggendo il suo mondo… che non avrebbe
mai voluto sapere.
Briony poi tirò su col naso:
“Perché? Perché proprio io?” La voce sommersa dal
dolore.
Ylenia sospirò, capendo a cosa si riferiva.
Le accarezzò dolcemente le tempie:
“Perché dovevi essere tu, Briony.”
La ragazza la guardò angosciata scuotendo
la testa e cercando la via per sfuggire a quell’incubo. Ma non c’era. Lei era
nata per uccidere Elijah. Un tormento più infido di quello non esisteva...
All’improvviso però si rialzò con forza e
allontanò Ylenia con un braccio. Sembrava
essere rinsavita, almeno a giudicare dal viso:
“Lasciami sola.”
Ylenia cercò di ribattere, ma Briony non gliene diede il tempo:
“Lasciami sola!” replicò alzando la voce in maniera
autoritaria.
Ylenia alzò la mano per calmarla, ma alla
fine decise di lasciar perdere. Aveva ancora altro da dirle, ma scelse di dare
a Briony un briciolo di spazio per
assorbire il dolore, se mai ci sarebbe riuscita.
La lasciò sola, e se ne andò dalla camera lanciandole
un’ultima occhiata.
Briony dopo un po’ si voltò verso la porta
semiaperta e in un lampo la richiuse dietro di sé, restando ferma e immobile.
Intorno a lei il mondo vacillava e si augurò di
svenire pur di non sentire più nulla.
Le gambe cedettero di nuovo e Briony si
accasciò contro la porta, respirando a malapena.
Le lacrime incombenti arrivarono e non si mosse per
scacciarle via. Le lasciò semplicemente fuoriuscire.
Perchè fra tutte le persone al mondo che
avrebbe potuto amare, doveva innamorarsi di un uomo che le sarebbe stato
portato via?
Ma il destino è un bastardo capriccioso: può ferire
una persona con la stessa facilità con cui può graziarla, e lei ormai si
sentiva come martoriata da esso senza alcuna pietà.
Il destino aveva già scelto per lei, rubandole i
suoi sogni…le sue speranze. Le aveva donato
l’amore, e glielo stava portando via. Incassando pure gli interessi,
perché non le stava solo rubando l’amore… le
stava rubando un cuore, un’anima, una vita, una famiglia…tutto ciò
che aveva sempre voluto.
Il dolore si spalancò, come se un tifone avesse invaso
un’intera casa.
Non smise neanche un attimo di piangere, e
non voleva farlo finché tutto il suo dolore non se ne fosse andato.
Si odiava. Odiava il suo corpo, il suo stesso sangue.
Odiava tutto quello che era.
Avrebbe tanto voluto scavarsi nella pelle con le
unghie e strappare dalle vene quel sangue malvagio che minacciava di togliere
la vita a coloro che amava di più.
L’immagine di Elijah, il suo sguardo freddo, e le
parole dure con cui diceva che voleva vedere morto quel mostro, fu
l’ultima cosa che vide nella sua mente prima di affogare in quell’oblio.
Fine capitolo!
Lo so, questo capitolo é stato
terribilmente lungo e drammatico e sicuramente mi starete lanciando delle
ciabatte in testa!
Vi dico che in futuro ci saranno dei
cambiamenti, sia in Briony e anche in
Elijah che diventerà più... cinico.
Forse ho messo un po’ troppe cose in
questo capitolo ma spero vi piaccia comunque! E non deprimetevi perché ci sono
ancora un miliardo di capitoli quindi tutto può succedere! Ihih
Spero di non avervi annoiato e spero come
al solito di leggere dei vostri commenti :-) e se alcune cose non vi sono
chiare, potete sempre chiedere :-)
Buona serata!