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Autore: Marciux    17/05/2012    5 recensioni
Cinque anni prima della lotta per salvare il mondo. Sephiroth è convocato a Nibelheim per la sua ultima missione da SOLDIER, ma non può immaginare che cosa il destino abbia in serbo per lui. Un personaggio insospettabile trama alle spalle degli altri, celato nell'ombra. Il Pianeta è vittima di minacce ben diverse da quelle contro cui Cloud e gli altri combattono.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aeris Gainsborough, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Capitolo IX


 

Il campanello risuona per la casa, con tre squilli secchi e taglienti. Il cinguettare degli uccelli dall'esterno si fa più forte e agitato, nonché fastidioso. Indosso il camice bianco sopra la maglietta in cotone e vado a rispondere, frettolosamente. Apro il portone e, con occhi gonfi, scruto l'espressione imbronciata di mia suocera. Quella, salutandomi con un accesso di tosse, mi spinge da parte ed entra in casa, borbottando qualcosa.


 

«Gaia è in casa?» domanda, con voce arrochita dal malessere.

«No, è uscita un attimo fa per andare in ufficio.»

«E tu sei qui a non far nulla» conclude lei, sistemandosi gli spessi occhiali sul naso e guardandosi attorno nel luminoso atrio.

«Aspettavo lei per la visita» le faccio notare io, aggrottando le sopracciglia.

«Eydìs?»

«Eydìs dorme, Gaia mi ha detto che è un po' raffreddata, quindi credo sia meglio lasciarla riposare» spiego io.

«Ma certo» borbotta lei, un po' delusa. «Allora andiamo, no?»


 

Ci facciamo strada lungo il corridoio dall'aria pulita – mi sento in ospedale – e la conduco nel mio ambulatorio, situato aldilà delle stanze da letto. Le tapparelle sono alzate, proiettando la luce splendente del lunedì mattina sulla scrivania vuota e sul lettino su cui è steso il primo lenzuolo di carta mai utilizzato in casa mia. Chiudo i libri ancora aperti sulla scrivania e li riordino velocemente.


 

«Il mestiere del medico non è mica semplice» borbotto, con tono saccente. «Bisogna sempre aggiornarsi e studiare. Dietro ad un semplice mal di gola chissà che cosa si può nascondere»

«Ho i brividi» commenta la signora Knife, con un'aria distaccata.

«Ma non si preoccupi, tutto può essere risolto» concludo io, una volta liberata la scrivania, e cerco di assumere un'aria professionale.


 

Lei annuisce e mi fissa, con uno dei suoi soliti sguardi che non riesco ad indovinare, dietro a quelle fallaci lenti spesse quasi un centimetro.


 

«Beh? Che facciamo? Restiamo qui a guardarci?» sbotta lei all'improvviso, facendomi sussultare.

«Ma no, ma no. Si sieda sul lettino, per favore» dico io, andando ad aprire l'armadietto e cercando qualcosa che possa fare al mio caso, mentre lei getta borsetta e giacca sulla mia scrivania e si accomoda, lasciando le grosse gambe a penzolare.


 

La confusione di marchingegni e scatole – perlopiù ancora sigillate – mi intimorisce, ma mi armo di coraggio e rovisto un po' tra il disordine. Ecco lo stretoscopio. Prendo anche quello strumento che serve per misurare la pressione, dal nome molto più difficile ed impronunciabile perché io lo possa ricordare. So solo che ha qualcosa a che fare con la sfortuna, e la cosa mi pare anche appropriata, dato che solitamente la pressione si misura a qualcuno che non se la passa troppo bene.


 

«Sentiamo un po' il respiro. Si sollevi la maglietta, per fav-no, non tutta! Lasci scoperta solo la schiena»



 

La donna riabbassa la maglia il tanto giusto, e, tempo di lasciar calmare i battiti del mio cuore, mi preparo per dare inizio alle danze. Sistemo i... cosi nelle orecchie e avvicino il...coso alla pelle flaccida e bianchiccia della mia prima paziente. Resto in ascolto, con grande concentrazione, pronto a captare ogni minimo rumore. Ciò che dovrei sentire, immagino, è la pulsazione cardiaca e il respiro. Eppure sento solo un lieve fruscio e il silenzio gravido di tensione che mi attanaglia. Dove sto sbagliando?


 

«Sicuro di averlo messo bene?» chiede lei, tossendo ancora.


 

Mi accorgo, in effetti di averlo posizionato al contrario. Stavo auscultando la mia mano. Rimedio all'errore e la corpulenta massa della mia suocera sussulta, a contatto con il freddo metallo dello strumento. Stavolta va tutto bene. Rimango in ascolto per qualche secondo, udendo una sinfonia di strani gorgoglii, rintocchi, fruscii, tempeste e fischi di treni. Può bastare, forse.


 

«Mah direi che è tutto a posto, non c'è niente di irregolare qui. Solo una sorta di fischietto che...»

«Ah, il soffio al cuore? Quello l'ho sempre avuto, non è un problema» mi interrompe lei, salvandomi da eventuali figuracce.

«Sì, certo, si sentiva» mi affretto a dire io, rimettendo a posto il... quelloscopio e iniziando ad armeggiare con... quell'altro.

«Lo sfigmomanometro ce l'ho anche io in casa, solo che credo funzioni male»

«Sì, sì. Silenzio, per favore. Si riabbassi la maglietta e mi porga il braccio, per cortesia»


 

La signora Knife assume un'aria contrariata, ma obbedisce alla richiesta.

 

Non molto tempo fa, mi recai in gran segreto da un medico, per problemi di spossatezza; in quell'occasione rimasi affascinato dai gesti e dalle procedure che accompagnavano la misurazione della pressione. Spero di ricordarmeli.

Avvolgo la fascia al possente braccio della donna e prendo quella sorta di cronometro nella mano sinistra. Dovrò farlo partire? Forse dopo. Stringo la pompetta, gonfiando la fascia sino a temere di vederla esplodere. Osservo il cronometro. Sistemo meglio lo stretoscopio. Non so come, ma alla fine la fascia è di nuovo sgonfia. Il cronometro non ha fatto una piega.


 

«Tutto regolare. 160 su 120, a quanto pare» dichiaro io, abbandonando le armi.

«Non mi sembra tutto regolare!»

«Ma infatti non lo è. Le consiglio una dieta ferrea con poco sale. Via quell'aria preoccupata, non è niente»


 

Ripongo finalmente il cosomanometro e tiro un sospiro di sollievo. Mia suocera si schiarisce la voce e tossisce.


 

«Sephiroth, mi scusi... Ma ora possiamo passare alla mia gola?»


 

La gola. Giusto. Ma perché ho fatto salti mortali per misurarle la pressione?


 

«Ma certo, questo era solo l'inizio!» esclamo io, il cuore in lacrime. «Passiamo alla gola, passiamo alla gola...! Spalanchi la bocca, per favore»

«Non usa l'abbassalingua?»

«Metodi antiquati. Via, se parla non riesco a veder niente»


Il leone spalanca le fauci con un'apertura che non avrei mai immaginato. Cerco di osservare la situazione, nonostante l'impedimento della grossa lingua che tremola e si dimena all'interno della bocca. Mi pare di intravedere le tonsille, imponenti e violentemente arrossate. L'unica altra volta in cui mi è capitato di vedere delle tonsille fu durante un litigio in cui Gaiana diede il meglio di se, e se ricordo bene le sue erano decisamente meno gonfie e colorate. Certo, se avessi davvero quella dannata stecca di legno sarebbe tutto molto più semplice.


«Mh mh» mugugno io incerto, abbandonando la visuale e girando per la stanza.

«Niente di grave, spero» mormora la signora Knife.

«Sarei più sicuro a mandarla da uno specialista. A prima vista direi una semplice infiammazione, ma un otorinolinguoiatra potrà essere molto più preciso»


Mia suocera mi fissa con un sopracciglio leggermente sollevato e io smetto di muovermi. Senza che glielo chieda, scende dal lettino e recupera le sue cose, una mano che rovista nella borsetta come per cercare qualcosa.


«Non si preoccupi, andrà tutto bene» tento di rassicurarla, con espressione gioviale, e lei sembra trattenersi dallo scoppiare a ridere.

«Beh, dottor Sephiroth, la ringrazio tanto» cinguetta, con un tono non troppo amabile, dandomi le spalle per tornare nel corridoio.

«È stato un piacere!» esclamo io, rincorrendola per accompagnarla al portone, ma lei fa tutto da sola e un attimo dopo son solo a casa. Avrò detto qualcosa di male?


 

Mi volto per andare a cambiarmi, ancora un po' scosso dalle forti emozioni che hanno perturbato il mio ultimo quarto d'ora, quando la mia attenzione è catturata da una macchia scura sul candido pavimento. Ad una seconda occhiata, è un pezzo di carta nero. Anzi, una busta da lettere molto piccola. Mi chino per raccoglierla, confuso, e spezzo il familiare sigillo, estraendo un foglietto bianco che riporta un messaggio scritto in fretta e furia.


 

Ho qualcosa che potrebbe interessarti, qui in laboratorio. Perché non fai un salto da me? Vieni entro stasera, divertimento assicurato.

Hojo


 

Rileggo le frasi più e più volte, cercando di elaborarne il significato. Un messaggio del dottor Hojo? Qui? Oggi? Come ci è arrivato?

Rileggo ancora, cercando di calmare le domande che si accumulano nella mia mente.

Divertimento assicurato. Il suo concetto di divertimento è sempre stato un po' distorto, se non ricordo male.

Il mio cuore batte all'impazzata.


Che cosa faccio?


Sento che la mia giornata sarà molto più movimentata del previsto.

  
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