“C… c…” non riusciva nemmeno a parlare, tanto era
l’imbarazzo. Il cuore le batteva in modo scomposto e veloce. Lanciò un cuscino
al ragazzo.
“COPRITI!” gridò chiudendo gli occhi.
Rin, che
era rimasto intirizzito dalla sorpresa, recuperò alla svelta l’asciugamano e se
lo legò in vita.
“Perché mi hai svegliato in questo
modo?
È colpa tua!” le ringhiò,
rosso in viso.
“Colpa mia?
Sei tu che dormi solo con un panno addosso come gli
indigeni!” ribatté
lei.
“Avevo caldo, tu dormivi e sono rimasto in quel modo! E ti
faccio presente che anche tu hai solo l’accappatoio addosso!”
“Però non sono nuda!”
“Ah no?
E sotto che cosa indossi? Un vestito, per caso?” le domandò.
Rea si
zittì e strinse l’accappatoio.
“Posso almeno riaprire gli occhi?”
s’informò.
“A questo punto aspetta un attimo, mi vesto” le disse.
Recuperò dalla sua borsa una maglietta lunga e un paio di boxer e se li
mise.
“Tu, piuttosto, perché gridavi in quel modo?” chiese
curioso.
Vide la
ragazza diventare rossa e voltarsi.
“N-non importa” rispose.
“Che cosa?
Dimmelo!” si
arrabbiò.
“No, è troppo imbarazzante!” rifiutò lei.
Rin si
avvicinò e prese il foglietto che era appoggiato sul
letto.
“Cos’è questo?” s’incuriosì.
“Fermo, è mio!” urlò Rea, cercando di riprenderlo.
Troppo più alto di lei perché potesse arrivare a recuperarlo, lui alzò il pezzo
di carta e lo lesse.
“Ti prego, no!” lo implorò. Scese il
silenzio.
“Laura crede… che… noi… oddio” riuscì a dire alla
fine.
“Non dovevi guardarlo, è violazione della privacy!” lo
sgridò la ragazza, strappandogli di mano la lettera.
“Quindi tu non hai niente da metterti per
dormire?”
“Sì che ho qualcosa! Vestitini paillettosi e gonne corte!”
“Nient’altro? Sicura?”
“Tieni, la borsa è tutta tua” gli concesse. Lui se la
portò sulla branda e iniziò a controllare che ci fosse qualche maglietta più
larga perché lei potesse usarla come camicia da notte.
“Ma Laura è impazzita?” domandò.
“Sì, probabilmente è Mephisto che
l’ha fatta andare fuori di testa” rispose tra i denti. Questa gliela
pagava.
“Va bene, allora tieni” le disse, lanciandole la sua
maglia. Prendendola in mano, lei lo fissò stralunata.
“A che mi serve?”
“Vuoi dormire nuda?
Immagino che vorrai toglierti l’accappatoio, per cui usa pure
codesta” le spiegò. Era
rimasto solo con i boxer.
“E tu?”
“Posso fare anche senza.
Sono un ragazzo” le fece
presente.
“Dai, io mi volto, tu cambiati” ordinò girandosi verso
il muro. Rea strinse l’indumento e si chiese come fare per porre la prossima
domanda in modo che non sembrasse equivoca. Era
impossibile.
“Ehm… c’è… c’è solo un problema” disse. Rin sbuffò.
“Ovvero?”
“La mia borsa è lì da te e io… ecco… avrei bisogno di un paio
di slip e un reggiseno” gli ricordò. Il ragazzo si sentì male. Non gli
stava mica chiedendo di passarglieli, vero?
“E quindi?”
“O me li tiri tu o devo venire io a prenderli, ma dato che la
situazione mi sembra già abbastanza difficile credo che la prima opzione sia la
migliore” gli spiegò. Lui sentì il viso prendere
fuoco.
“Non so se è una buona idea”
deglutì.
“Preferisci che io venga costì a recuperare la borsa in
accappatoio?” lo sfidò.
“E va bene!” accettò. Aprì la sacca e cercò l’intimo.
Mentre le sue mani muovevano di lato i vari indumenti per trovare qualcosa, lui
trattenne il fiato.
“R-Rea… tu usi pizzo e affini?” le
domandò.
“Che cosa?
No!” esclamò lei,
schifata.
“Ah” riuscì a dire in risposte l’altro.
Sentendo
che Laura doveva essere ammazzata con profonde torture non appena fossero
tornati a casa, la ragazza allungò il collo per vedere.
“Perché?” s’informò, conoscendo già la risposta.
Alzando una mano senza guardare, Rin le fece vedere
una cosa terribile: tra le sue dita stringeva un paio di slip celesti di pizzo
coordinati ad un reggiseno della stessa fattura. Rea si sentì svenire dalla
vergogna.
“Oddio” sussurrò. Quella situazione era
paradossale.
“T-ti lancio questi?” le chiese lui, evidentemente in
difficoltà.
“Se non c’è altro sì”concesse. Glieli tirò sul letto e
lei se li mise velocemente, per poi infilarsi la
maglietta.
“Io la uccido, la strozzo con uno di quei vestiti che ci sono
nella borsa” borbottava mentre si vestiva.
“Puoi pianificare l’omicidio una volta che ti sei
cambiata?
Sono un ragazzo, demone per giunta, che sinceramente si sta
trovando in difficoltà” la
implorò.
“Tranquillo, ho fatto” lo rassicurò. Tirando un
sospiro di sollievo, Rin rilassò i
muscoli.
“Per sicureza mi metto sotto le
lenzuola.
Non ho sonno però almeno non dovrò rimanere in piedi mezza
nuda” lo informò.
Quando fu coperta fino in cima, riuscì a respirare
normalmente.
“Certo che questo è stato proprio un tiro mancino”
disse lui, sedendosi.
“Infatti.
Tu che sei un essere dell’inferno, puoi farle provare torture inimmaginabili da
parte mia, per favore? Per me c’è la galera, tu sei
coperto” gli chiese.
“Non credo che funzioni in questo
modo”
“Ci speravo” ammise lei.
Rimasero
in silenzio per un po’.
“Senti… posso… posso farti una
domanda?”
“Certo”
“Ecco, nonostante ieri sera ci fossimo baciati, tu stamani mi hai definito il tuo migliore amico. Perché?”
“Ah, codesto” disse la ragazza.
“insomma, credevo che fosse chiaro ciò che mi piacerebbe
avere dal nostro rapporto” concluse lui. Rea esitò un attimo. Ecco il
fatidico discorso.
“Non l’ho fatto apposta, in realtà non ci ho pensato quando
l’ho detto” si scusò.
“Sì, ma…”
“Fammi finire!
Siamo amici da mesi, semplicemente mi suonava strano dire… beh non lo so! Qualsiasi altra cosa!”
spiegò.
“E’ così difficile dire che sono il tuo ragazzo?”
s’infastidì lui.
“Non lo è ma non sapevo se lo eri o no!” si arrabbiò
Rea, mettendosi a sedere. Lui la fissò, arrabbiato a sua
volta.
“Volevi un fax di conferma?”
“Mi bastava una semplice domanda! Vuoi essere la mia ragazza? E io ti
avrei risposto!”
“Ma sei seria?” si stupì il ragazzo
alzandosi.
“Certo che lo sono!
Non ne avevamo parlato ed ero confusa, che cosa dovevo
fare?” si giustificò. Rin si mise davanti a lei e le
puntò lo sguardo negli occhi.
“Allora te lo domando chiaramente: vuoi metterti con
me?” le chiese. Avrebbe voluto gridare “Sì! Mille volte sì!” ma lo sguardo del
ragazzo le faceva quasi paura. Gli occhi blu si erano
incatenati ai suoi in modo irreversibile, anche volendo non avrebbe saputo
staccarsi.
Sentiva
il cuore battere a mille, aveva la bocca asciutta.
“Rea?” la chiamò dolcemente lui. Si
avvicinarono.