Duecentosettantasette
Achille e Briseide
Geórgos e Natal'ja
Oι
άριστοι
Stai nei miei occhi
e racconti
Le sirene e gli
inganni
Del tuo sogno che va
Tu, ragazzo dell'Europa
Tu non perdi mai la strada...
(Ragazzo
dell’Europa, Gianna Nannini)
Londra, 22 Dicembre
1834
E lungo il Tevere, che andava lento lento
Noi ci perdemmo dentro al rosso di un tramonto
Fino a gridare i nostri nomi contro il vento
(Con tutto l'amore che posso, Claudio Baglioni)
-Non c’è storia, Lys-
George
scosse la testa, guardando il Tamigi con diffidenza.
-Ma Gee, è così bello...-
-Non abbastanza. E’ troppo liquido, capisci cosa intendo?-
-E’ un fiume...-
-Eppure,
ci sono delle eccezioni. L’Eurota non è solo un fiume. E' sabbia azzurra e polvere di conchiglie.
Se ti
accosti alla sponda, se sfiori la corrente... E’ più forte del mare, taglia Sparta, strappa il cuore.
E avrai
sempre, sempre paura di cadere…Perché ha lo spirito e la furia dello Xanto, e
ti basterebbe un passo, per ripetere l’errore di Achille.
Il Thames
è un fiume ingenuo, innocente. E non parlo del suo comportamento... I fiumi sono tutti un po’ infami, soprattutto
quando su arrampicano sulla riva e buttan giù le case.
Ma guarda
il colore, guarda il movimento dell’acqua... E’ placido, maestoso. E’ tutto troppo semplice, no?
L’Eurota
si adatta alla ψυχή dei soldati. Se cerchi il tuo
riflesso nell’Eurota, non lo trovi. Se chiedi qualcosa all’Eurota, anneghi nel pensiero. Se guardi l’Eurota,
vedi la Sparta degli Eroi.
Senti le grida dei bambini scagliati dal Taigeto, vedi i Dioscuri sui
loro cavalli squarciare la luce.
Vedi quello che ti sei perso, e
t’innamori di ogni onda. Sì, Lys, l’Eurota è uno spettacolo-
Natal’ja sorrise.
Quant’era poetico, il suo Gee,
quando parlava della Grecia.
Solo la Grecia, solo la sua
Patria, poteva spezzargli e guarirgli il cuore.
Solo la Grecia, ma forse anche
lei...
-E i miei occhi... Sono il
Thames o l’Eurota?-
-Sono gli occhi di Briseide. Quando
l’han consegnata ad Achille in catene... Proprio
quella sfumatura-
-Sarei la tua Briseide, io?-
-Naturalmente. Ma io non mi lascerei
trattenere da Atena, e lo ucciderei, Agamennone... Non ti lascerei mai andare con un altro-
-Forse Briseide aveva un fidanzato, a Troia-
-Era una sacerdotessa di Apollo. Impossibile-
-Allora aveva Apollo-
-Ma Achille aveva il sangue sotto la pelle e un cuore nel petto. Apollo no-
-Chi c’era di più in alto di Achille, tra i soldati?-
Lo Spartano socchiuse gli occhi, pensieroso.
-Forse soltanto Ares, il dio della guerra-
Alja annuì.
-E lo superava di molto, Gee?-
-Beh... Era un dio-
-Ma gli bastava, per essere
più forte di Achille?-
-Credo di sì-
-E allora ho capito cos’è successo...-
-Cosa?-
-Hai rovinato tutto-
Gee sgranò gli occhi, confuso.
-Io?-
-Io ero innamorata di Feri, prima.
Dai sei agli otto anni. E lui di me... Lo
è ancora, sai?-
-Mi dispiace, ma...-
-Appunto. Sto con te, amo te... E
questo non cambierà mai. E sai perché non poteva succedere con Feri? Perché lui è Ares, è troppo in alto. Tu
sei Achille, sei umano, anche se quasi immortale... Sei mio-
-Ares, però, aveva una debolezza- le ricordò il giovane greco,
accarezzandole dolcemente una mano.
-Afrodite...-
-Altrimenti conosciuta come
Natal’ja. La
Venere russa, capelli come la spuma del mare e occhi da togliere il fiato-
-Beh,
sì... Qualcosa del genere- sussurrò
lei, ridendo.
-Scherzi?
Tu sei così, punto-
Lys
sbuffò, troppo piacevolmente imbarazzata per riuscir a pensare a qualcosa
d’intelligente.
-E tu chi
sei, Adone?-
-Lo pensi
davvero?-
-Certo...
Con quel tuo sguardo da eroe spietato o
dio egoista! Sei troppo bello per paragonarti ad Efesto, altezza a parte-
Stavolta
era Gee, a non saper cosa rispondere.
Ed era una situazione scomoda, per
lo scapestrato più spavaldo e sicuro di sé della Laconia.
Così la
prese per mano, e per il tempo che trascorse trascinandola per le vie più
luminose e affollate di Londra si rifiutò di dirle dove stessero andando.
Dopo un
primo attimo di smarrimento, se ne rese
conto da sola.
St. Paul’s Cathedral.
Sempre
troppo imponente e suggestiva, per poter lasciare indifferenti.
Ma Gee non aveva alcuna intenzione
di entrarvi.
Estrasse
il suo xiphos, affilato e lucido come al solito, e cominciò ad incidere alcuni
grafemi sulla facciata principale della Cattedrale.
La gente
intorno a lui mormorava, stupita, così lui gridò un: “maintenance work!”, lavori di manutenzione, piuttosto
convincente, anche se più altro sembrava uno sfregio a un’opera pubblica,
quello che stava facendo.
Quando ebbe finito -o meglio, sembrava
che avesse finito-, tese il pugnale a Natalys, con un sorriso
d’incoraggiamento.
-Scrivi
il tuo nome in cirillico... E una “e”-
La
biondina slava, sebbene un po’ confusa, obbedì.
Poi lui
completò il suo capolavoro, e a quel punto fece un passo indietro, soddisfatto.
-What do
you think?-
Αχιλλέας και Βρισηίδα
Наталья и/ και Γεώργος
Οι
άριστοι
Achille e Briseide
Natal’ja e Geórgos
I migliori
-E la
data?- sorrise lei, tirandogli una gomitata affettuosa.
-22
Dicembre 1834!- esclamò lui, sicuro.
Alja
sospirò.
No, non gli stava chiedendo che
giorno era...
-Appunto.
Scrivila-
-Qui?-
Erano brevi, i momenti di genialità
di George.
A dir poco fugaci.
Se un attimo prima si dimostrava
un ragazzo intelligente, l’istante successivo era pronto a smentire tutto.
Anche senza volerlo.
-Faccio
io, dai-
La
ragazzina alzò gli occhi al cielo, rubandogli lo xiphos di mano.
-Non
lamentarti, poi, se lo scrivo in russo-
-E’ una
minaccia?-
22
Декабрь/Δεκέμβριος
1834
(Dekabr’/Dekémvrios)
22 December 1834
-Probabilmente sì- sorrise Lys, indicandogli le
ultime incisioni.
-E’ un
Δεκέμβριος, quello?- chiese
Gee, contemplandola estasiato.
-Se il
mio dizionario di greco non è lunatico come te, dovrei averlo scritto giusto-
-Hai un dizionario di greco?-
-Due, in
realtà. Uno abbastanza attendibile, cartaceo,
e uno alto un metro e sessantadue, abbronzatissimo, e bello da svenire...ma relativamente
cretino-
-Sai
sempre come farmi sentire un po’ meno
Achille, tu- protestò lui, imbronciato.
-Non sono
io, Gee. E’ che hai scritto Geórgos sotto
Briseide, lì, sulla parete... Hai invertito i ruoli-
-Sul
serio?-
-Insomma…-
Alja
scoppiò a ridere, abbracciandolo.
-Ma sai
che m’importa, adorabile stordito? Sei fantastico così-
Gee le
rivolse un sorriso meraviglioso, annuendo.
-Andiamo
a prendere una cioccolata?-
-Bella risposta...-
-Non sono
romantico come te, ma la cioccolata è abbastanza dolce, credo...-
-Più di te, sì. Andiamo, dai-
-Qui
dev’essere fantastica-
-No, Gee,
no!-
-Perché? E’
una cioccolateria, sembra carina...-
-Ma non può entrarci così!-
-Che c’è?
Ho la camicia strappata, sono troppo spettinato?-
-Ti
prego, non...-
Troppo tardi.
La porta
della cioccolateria era di vetro.
Il vetro era trasparente.
George
non l’aveva aperta.
George era miope.
-Cos’è
successo, Miss?-
-Il
mio fidanzato... Un lieve trauma cranico,
credo-
-Aspettate,
si sta riprendendo!-
-Non
capisco cosa sia andato storto, Lys... Quel signore ci stava tenendo la porta
aperta... Perché me l’ha sbattuta in
faccia, poi? Che razza di scherzi... Si
sentono tanto superiori, questi Londinesi!-
-Quel signore era un appendiabiti, la
porta era chiusa, amore- rivelò
Natalys, facendogli una carezza.
-Ah... Sì?-
-Ora
siamo dentro, comunque. Oltre la porta. Su un divanetto, nella
sala più bella. Ho chiesto un tavolo-
-Non trasparente, vero?-
-No... Tu
cosa prendi, comunque?-
-Che ne
so... Basta che non sia un’altra porta sul
naso, è un po’ troppo masochistico per i miei gusti...-
-Due
cioccolate fondenti, allora-
-Col ghiaccio, si può?-
La
biondina sbarrò gli occhi.
-E’ greco...-
spiegò al
cameriere, con un sorriso ancora un po’ sconvolto.
-Sì,
l’avevo capito. Devo averlo realizzato
quando ha cercato di sfondare la porta nuova, Miss. I Greci hanno delle
tali manie di protagonismo...-
I
problemi veri, però, cominciarono con l’arrivo delle cioccolate.
Fumanti e
dall’aspetto splendido, su un vassoio dipinto a mano, con due tovagliolini
bianchi ricamati di fianco alle tazze.
Alja usò il suo per legarsi i
capelli, mentre Gee, dopo aver cercato d’intuirne l’effettiva utilità, ci si
soffiò il naso.
Non c’era
un solo cliente della cioccolateria che non li stesse guardando.
Da dove diavolo venivano, quei
due?
Fu allora
che lo Spartano si accostò la tazza alle labbra.
Un attimo dopo sputò la cioccolata
come se fosse cicuta.
-Che
cos’è, di preciso? Acqua e latte o acqua
e cacao? Non avete proprio altri modi per farmi capire che non sono gradito qui?-
Lys assaggiò
cautamente la sua, poi lo imitò.
-E’ un attentato, vero? Gee, mi sa che l’esito del
processo non ha del tutto convinto i Giudici... Vogliono farci fuori-
George
non le rispose, non subito, almeno.
Raggiunse
a passo svelto la porta, la aprì, e
si precipitò fuori.
Non
avevano pagato, ovviamente, e non
avevano nessuna intenzione di farlo.
Quando
Alja lo raggiunse, si guardarono come se si fossero appena svegliati da un
incubo.
Lui le
accarezzò i capelli per tranquillizzarla, perché i suoi occhi avevano assunto
la tonalità del ghiaccio, e non era un buon segno.
Non
avrebbero mai dovuto dare per scontato che la cucina di Londra fosse commestibile.
Il loro primo approccio con la
cioccolata inglese.
Semplicemente da dimenticare.
Ma
dovevano fare i fidanzati normali, per un giorno, e il fatto che non ci fossero
ancora riusciti in alcun modo era piuttosto irritante.
Il negozio più alla moda di London
City.
Ecco qual
era la loro prossima destinazione.
I fidanzati normali -nella fattispecie, i rampolli più ricchi, o, nel caso di Gee, i
ladri più diabolici- avevano la strana abitudine di accompagnare le fidanzati normali a provare abiti su
abiti, per poi comprare alle loro dilette, a momenti, anche la vetrina.
Così
George le aveva detto: “Ti compro tutto quello che vuoi... Con le collane di Regan”, facendola scoppiare a ridere.
I gioielli della
Wilson, infatti, valevano un bel po’.
Ma
sarebbe stato bello, o quantomeno carino,
che mentre lei si provava il secondo
degli ultimi pseudo - capolavori dell’alta sartoria lui non fosse già al quarto pacchetto di sigarette, sui
gradini del negozio, a fumare come un assatanato.
Si
muoveva in una nuvola di fumo, praticamente, Gee.
Lo si
riconosceva per questo.
Neanche
nel ritratto segnaletico, a Sparta, eran riusciti a fargli sputare la
sigaretta.
Di tanto
in tanto s’intravedevano i suoi occhi nerissimi scintillare, arrossati come se
fosse miracolosamente sopravvissuto ad un incendio, e allora si capiva che era vivo.
Per il
resto, non aveva ancora degnato uno sguardo la sua ragazza, e Alja cominciava a
chiedersi se non fosse il caso di piantargli uno spillo in un occhio, ma lo
spillo in questione sosteneva una manica del suo vestito, se l’avesse tolto si
sarebbe ritrovata quasi nuda in mezzo alla strada, e non era una buona idea.
A meno che...
Probabilmente, se fosse successa
una cosa del genere, Gee si sarebbe distratto dalla sua millecentesima
sigaretta.
-Mi dici
come sto o vado a chiederlo al signore -molto
affascinante, tra l’altro- che è appena passato, aggiungendo anche qualche proposta indecente, per farmi perdonare
del disturbo?-
Toh.
Di fronte a una minaccia simile,
lo Spartano aveva alzato lo sguardo.
Quasi impercettibilmente, ma era
già qualcosa.
Bisognava proprio toccare certi
argomenti, per convincerlo...
-Sei divina. Una visione. Ti amerò per sempre. Sei straordinaria-
Un attimino telegrafico, il
ragazzo…
E poi, c’era ancora un piccolo
particolare da chiarire...
-Gee, non
mi stai guardando...-
Infatti.
-Alja, tu
sei sempre così!-
-Alza gli
occhi, idiota greco, e dì qualcosa di
più esauriente-
Gee la
guardò e, quasi simultaneamente, sputò la sigaretta.
-Sei... Oh, Cielo!-
-Traduci-
-M...-
-M...?-
-Meravigliosa!-
Natal’ja
tirò un sospiro di sollievo, e finalmente sorrise.
Sfiorò
distrattamente la stoffa azzurro cupo del vestito,
rimase per un attimo a ripetersi nella mente le parole di George, e poi afferrò
il ragazzo per il colletto della camicia, soffiandogli un bacio sulla fronte.
-Solo per te-
-Andiamo
a p...-
Gee si
coprì la bocca con una mano, sconvolto da quello che stava per dire.
-A p...-
-A pagarlo?- suggerì Lys, dolcemente.
-E che
diamine, Natal’ja, un po’ di sensibilità!-
-Rifletti, Gee... Lo paghiamo con i gioielli di Regan, no? I gioielli di Regan
li hai rubati, quindi... Non stiamo
facendo niente di legale, tranquillo-
-Se lo
dici tu...- sospirò lui, passandole un collier.
Lei gli
scompigliò i capelli, radiosa.
-Bravissimo...-
-Adesso
andiamo a Hyde Park, Bri...-
-Bri?-
-Briseide-
spiegò Gee, ammiccando -La libertà te la
devi conquistare, bella mia-
Alja roteò
gli occhi, esasperata.
-Bastardo-
-Ad Hyde
Park mi farò perdonare-
Le fece
l’occhiolino e lei gli sorrise.
Poi
rientrò nel negozio e lui, guardandola allontanarsi, pensò che era incredibilmente bella e incredibilmente pericolosa, la sua
Lys.
E neanche lei se la cavava più di
tanto, come “fidanzata normale”.
Camminare
per la strada, se non eri a Sparta -dove dovevi schivare un proiettile ogni tre
secondi- o a
Krasnojarsk -dove qualsiasi precipitazione atmosferica era cento volte più sconvolgente dell’immaginabile-, era
un’azione relativamente tranquilla.
Un passo dopo l’altro, cercando di
non finire sotto una carrozza...
In genere
non richiedeva chissà quali facoltà mentali.
In
genere, se non ti chiamavi Brian George Gibson, Theodorakis Dounas o Jànos Desztor,
non rischiavi aggressioni, assalti, o
cose simili.
Non alle due del pomeriggio, non
in Trafalgar Square.
Se non
c’era in atto un attentato ai Reali d’Inghilterra, era tutto tranquillo.
Si supponeva che fosse così.
Ma se
avevi i capelli di Natal’ja e passavi davanti a un’hairdresser, i rischi non si limitavano
ad aggressioni o assalti, né tantomeno alle cose
simili.
Rischiavi lo scalpo, ecco cosa.
-Sono
l’acconciatrice più famosa di Londra! Non ho mai visto dei capelli come i
vostri! Dove li avete presi?-
-In
Russia...- sussurrò Lys, scioccata.
-Come?-
-Me li hanno regalati...-
-Chi?-
-I
miei genitori...-
Erano i suoi capelli, non li aveva
mica comprati al mercato!
-Con cosa
li lavate?-
-Con la
camomilla e con Jànos Desztor...-
-Dove
posso reperire l’ultimo?-
-In
Ungheria...-
-Un po’
lontano, ma pazienza. Me lo farò spedire-
-Costerà
caro, eh...-
Un pugno in un occhio da Szöcske,
come minimo.
Quando avrebbe scoperto che Lys
gli aveva fatto pubblicità come “prodotto per capelli”...
-E il
colore? E’ una gradazione di biondo incantevole!-
-Sono i
geni Zirovskij, che invece si trovano in Polonia, ma la spedizione è un po’
complicata...-
-Voi siete nata con questa chioma
straordinaria?-
-Proprio
così...- rispose Alja, un po’ intimorita.
-E come
avete fatto a farli crescere così tanto? Sono
finti, vero?-
Natal’ja
sussultò, profondamente ferita.
Come poteva anche solo sospettare
che non fossero i suoi capelli?
-No! Come
osate?! Non li
ho mai tagliati, come volete che abbia fatto?-
-Immaginavo…-
sorrise l’acconciatrice -Ehi, tesoro, scherzavo! Siete diventata pallidissima!-
-Io non so nemmeno come siano
fatti, i capelli finti- borbottò Alja, cupa.
-Io sì,
purtroppo, e darei la vita per una sola ciocca dei vostri. Sul serio, sono
notevoli... Complimenti!-
La ragazza
guardava con gli occhi scintillanti, e Natal’ja cominciava ad avere paura.
Aveva uno sguardo troppo diabolico
per una che voleva limitarsi a dei complimenti...
Non sembrava una Pellerossa, ma
non si sapeva mai.
-Vieni con me!-
E la
trascinò nel suo negozio, poco lontano.
-Signore! Volete avere i capelli come
questa ragazza?- gridò alle sue clienti, come fu sulla soglia.
Le donne
presenti alzarono gli occhi, sgranandoli immediatamente alla vista di Natal’ja.
-Certo!-
-Come ti chiami, piccina?- le domandò una donna di una certa età, dai
capelli argentei e profondi occhi azzurri.
-Natal’ja...-
-Hai i capelli di una dea, sai? E anche
gli occhi...-
-Lei è una dea- intervenne George, comparso
in quel momento nel negozio, senza fiato -Lasciatela stare, vi prego...-
-Solo un
attimo, ragazzo. La vostra fidanzata è troppo bella, deve assolutamente farci
da cavia. Un esempio come il suo capita raramente, avete mai pensato di
metterla in uno zoo? In un museo?-
Alja fece
un passo indietro, terrorizzata.
Gee
sbarrò gli occhi, scuotendo la testa.
-No, mai...-
-Potrebbe
essere una buona idea, invece. Verrebbero parrucchieri da tutto il mondo ad
esaminare la sua chioma, e forse un giorno qualcuno riuscirebbe a catturare e moltiplicare il gene
Zirovskij di cui la Miss mi ha parlato…
Ad ogni
modo, per il momento ho avuto alcune indicazioni molto interessanti per seguire
l’esempio di… Puoi ripetermi il tuo nome, cara?-
-Natal’ja,
Natal’ja- sospirò Lys, a cui il
discorso del “catturare e moltiplicare i geni Zirovskij” era piaciuto ben poco.
-Natal’ja Natal’ja, appunto-
-No, una
volta sola...-
-Non m’interrompere, tesoro. Tre tappe relativamente semplici ci porteranno a
un risultato relativamente simile a
quello della nostra deliziosa biondina… Certo, lei ci è nata, così, ha una fortuna maledettamente sfacciata.
Ma possiamo farcela anche noi. Russia, Ungheria e Polonia. Quando partiamo?-
Poi lo
sguardo dell’acconciatrice cadde su George, che, colto alla sprovvista, sfiorò
l’infarto.
Perché lo guardava così, adesso?
-Ehi,
voi! Venite un attimo qui-
Lo
raggiunse a grandi falcate e sorrise quasi estatica, davanti alla sua
capigliatura selvaggiamente spettinata, folta e di un intensissimo color
carbone.
-State
benissimo. Siete arabo o egiziano, vero?-
Lui
scosse la testa, cercando di non agitarsi troppo per l’affronto.
-Lo
credono tutti, ma...-
-Turco?-
Gee per
poco non si soffocò.
-Oh, no,
no. Per carità, no! Sono greco, di
Sparta. Forever greek-
-Ma
sembrate turco- replicò la ragazza, e lui cercò di ricordare come si era
comportato Leonida l’ultima volta che l’avevano accusato di essere turco, perché, essendo fisicamente -ma anche
caratterialmente- identico a Gee -solo che, a differenza del nipote, aveva
quarantaquattro anni e non tredici- l’indiscusso capo dei Kléftes aveva sempre avuto
lo stesso “problema”: tratti più indoiranici che ellenici, ma
greci nell’anima e nelle ossa.
Ossa rotte, urla lancinanti.
No, forse
non era il caso d’imitare il nonno...
Natal’ja,
intanto, ebbe il tempo di calmarsi un po’.
Non volevano rinchiuderla in uno
zoo, e non volevano, per il momento, farle alcuno scalpo.
Quasi per
miracolo, riuscirono a salutare la diabolica acconciatrice, della quale, tra
l’altro, non erano neanche riusciti a sapere il nome, e le sue clienti, e ad
uscire -fuggire, più che altro- incolumi dal suo negozio.
A quel
punto, Alja doveva assolutamente mantenere la promessa fatta a Gee.
Hyde Park sarebbe stata la loro
ultima tappa.
Passarono
davanti all’Abbazia di Westminster, splendida più che in cartolina, col cielo
plumbeo che le si stagliava dietro, ma era quasi notte, e decisero che forse
non era il caso d’infilarsi tra le tombe.
E poi, la loro prima notte
londinese, la dovevano passare ad Hyde Park.
Hyde
Park, ch’era più verde degli occhi di Theodorakis -e gli occhi di Theo erano di
un verde ch’era ancora una tonalità dell’azzurro, un riflesso dell’Egeo-, e più
immenso dell’Egeo che si abbracciava con lo sguardo dal Pireo.
Hyde
Park, dove Natal’ja cercò debolmente la mano di George, ma lui, imbranato come
al solito, riuscì solo ad accarezzarle distrattamente le dita, e la biondina
russa scivolò ai suoi piedi, svenuta.
-Natal’ja... Natal’ja, tesoro,
cosa succede?-
-Gee...
Mi porti sotto quell’albero?-
-Quale?-
chiese lui, sfiorandole dolcemente le palpebre socchiuse.
-Quello
laggiù... E’ così verde... A Krasnojarsk non ce ne sono, così verdi...-
-A Sparta
tanti... Anche troppi-
-Sono
belli, gli alberi... Sono alti...-
George
digrignò i denti, guardandola storto.
-Così pare...-
-Ehi...
Sei arrabbiato?-
-Non con
te... Con il nonno, ch’è un metro e sessantaquattro, e mi supera comunque di
due centimetri. Non potevo assomigliare a
papà, nell’altezza?-
-Non
saresti così bello... Sei un dio in miniatura, tu. E dimostri vent’anni solo per la luce dello sguardo-
Gee
sorrise, e nel prenderla in braccio probabilmente le slogò qualche muscolo,
vista la sua leggendaria delicatezza
Spartana.
-Come ti
senti, piccola?-
Lei si
morse le labbra, gli passò le braccia intorno al collo e posò la testolina
bionda nell’incavo della sua spalla.
-Meglio, forse...-
-Lys, io
ho recitato la Costituzione di Licurgo, non il Giuramento di Ippocrate...-
-Non
importa... Ti giuro che non importa, ma ora cerca di capire perché l’ho fatto!-
-Fatto cosa?-
-Perché
ho finto di svenire...-
-Allora
puoi camminare da sola!-
Natal’ja
spalancò gli occhi, momentaneamente d’un tenue color indaco, allontanandosi un
po’.
-Allora impiccati, idiota!-
Era
infuriata, davvero.
Gee lo
intuì da come lo guardava, perché non era mai successo, e il solo pensiero di
poter essere guardato ancora così da lei gli
causava la più dolorosa fitta al cuore dei suoi quasi quattordici anni.
Ma non poteva lasciargliela vinta,
perché, anche se forse Lys aveva ragione, lui era Brian George Gibson.
Ed era un maledetto egoista.
Così la
lasciò cadere sul prato, semplicemente.
Fin troppo semplicemente.
Lys, per
la sorpresa, lanciò un grido, ma in polacco, come tutte le volte in cui era
troppo arrabbiata o troppo emozionata per collegare le parole che diceva alla
nazionalità del suo interlocutore, e Gee non seppe mai se era un’imprecazione
qualsiasi o se stesse infamando proprio
lui.
-Że
Bóg piorun ty, przeklęty grecki drań!-
Che Dio ti fulmini, maledetto
bastardo greco!
-Volevo
solo che tu fossi più dolce... E di solito, sai, i fidanzati normali, quando la loro adorata sviene e sono costretti
a prenderla in braccio, si sciolgono letteralmente... Ma tu no, ovviamente, tu farnetichi su Licurgo,
Ippocrate, e sul fatto che, avendo solo finto, io possa camminare da sola... Va’ al diavolo, Gee!-
-Volevi
che fossi... Più dolce?-
-Sì, ma
non come fai di solito, che mi guardi, mi sorridi, e poi continui a fumare, che
mi baci e, ci scommetto, pensi a Sparta e non a me...-
-Ma quando sono a Sparta penso a
te, lo sai, vero?-
-Lo so,
cioè, credo di sì, ma... La coerenza, Gee-
-La
coerenza?-
-Tu tendi
a massacrarla un po’ troppe volte, la
coerenza-
-E non
sono abbastanza dolce?-
-Non... Non lo so-
Cominciava
a confondersi, Lys.
Cominciava
a non sembrarle più tanto fantastico, il
suo greco preferito.
No, ragazzo, no
Del mio amore non
ridere
Non ci gioco più,
quando giochi tu
Sai far male da
piangere
Da stasera la mia
vita nelle mani di un ragazzo, no, non la metterò più...
(La Bambola, Patty
Pravo)
-E’
Londra, vero?-
-Cosa?-
-E’
l’aria di Londra, che ci fa male... Troppo
diversa, troppo lontana-
-Non è
Londra, sei tu. Volevo solo... Non lo
so, una carezza in più, un sorriso in più. Io adoro
quando parli di Sparta, quando parli delle tue battaglie, ma proprio sempre sempre,
Gee...-
-Sono un
po’ troppo Spartano, vero?-
-Troppo, sì...-
-Non ci
ho mai saputo fare, con le ragazze. Cioè, all’inizio sì, ma poi... Non capisco niente di quello che vogliono,
che farebbe loro piacere. E così, faccio di testa
mia: mi viene più spontaneo dire “i tuoi occhi brillano come le stelle” o “i
tuoi occhi brillano come la lama del mio xiphos”? La seconda, ovviamente. Mi viene più spontaneo dire
“il vestito che indossi ti sta assolutamente d’incanto” o “la strategia
militare della mia ultima battaglia era assolutamente incantevole”, e
proseguire raccontando la strategia? Una parte di me lo sa, che dovrei sempre scegliere l’ipotesi meno militare, ma... E poi a te piacevo così! E mi sembrava fantastico, questo. Perché
io forse non sarei riuscito... E non credo che riuscirei... Ad essere più di tanto diverso. Però
sono sempre stato sincero. Credevo
che bastasse, a volte basta, e poi... Io
ti amo-
-Io adoro che tu sia così... Perché, nel caso tu non l’abbia notato, sono
straordinariamente identica a te. Solo... Per un attimo, Georgie. Ti costa tanto essere dolce per un attimo?
Dolce in modo... Universale?-
-Per
questo hai finto di svenire?-
Alja
sorrise.
-Anche i più efferati soldati, in
questi casi, hanno il cuore tenero-
-E io
sono quasi passato sul tuo cadavere...-
-Tu sei un disastro, amore mio-
-Forse
sarei più romantico a Sparta...-
-Forse
sì. Questa città... E’ strana, sai?-
-E’
Londra, tesoro. E’ solo Londra. Forse
non è stato bello quanto pensavamo. Sparta e Krasnojarsk, per gli altri, sono
l’inferno, ma quelli come noi ci stanno meglio. Abbiamo visto Londra. In ogni
caso, non ce la dimenticheremo mai-
-Ma come
potremmo concluderla, questa giornata a Londra?-
George le
lanciò uno sguardo indecifrabile, poi l’afferrò per una mano, proprio come se volesse staccargliela, e
l’attirò a sé, senza preoccuparsi di toglierle il respiro.
-Non dire
una parola, Briseide - Afrodite... Sto semplicemente
cercando di essere dolce sia in modo universale sia a modo mio-
Le regalò
il bacio più dolce che uno Spartano avesse mai dato a una donna, lo diede
all’unica donna bambina dei suoi
sogni, Natal’ja di Krasnojarsk.
-Come va
la circolazione?-
-In che
senso?- sussurrò lei, riprendendo fiato.
-Se vuoi
allento un po’ la stretta...-
-Non pensarci neanche!-
-And then, how do you want to end our day in
-Non con una cioccolata!-
Se l’amore che mi
hai dato
Tra le foglie di
quel prato
E’ rimasto nei tuoi grandi occhi blu...
(Per Chi, Gens)
Note
Ψυχή (greco): Anima.
Pireo: Porto di Atene.
And then, how do you want to end our day in London? (inglese): E allora, come vuoi concludere la nostra giornata a Londra?
L’ho
finito?
Ho finito
questo capitolo?
Dio,
è un miracolo.
Mi sono
perfino fatta la scaletta sul diario, ieri, per collocare bene ogni vario
momento/scena... E credevo che non avrei finito più, avevo troppe cose da
scrivere ;)
Il
confronto di Gee tra l’Eurota e il Tamigi, Achille e Briseide (Alja e Gee),
Ares e Afrodite (Alja e Feri), le incisioni sulla facciata della St. Paul’s
Cathedral, la cioccolateria -la cioccolata inglese è davvero qualcosa di terribile, ogni volta che l'ho presa a Liverpool è stato un mezzo trauma ;)-, il negozio di vestiti, le sigarette di Gee, la terribile hairdresser e i suoi deliri sui capelli
di Alja, Hyde Park, il finto svenimento di Lys, gl’insulti in polacco e la
mancata dolcezza (o semplicemente dolcezza
Spartana) di Gee...e il bacio finale, ch’è dolce a prescindere, discorso sulla
circolazione a parte ;)
Ce l’ho
fatta...
Oggi mia
nonna compie ottantanove anni, quindi lo dedico a lei ;)
Spero
davvero che vi sia piaciuto!
Il
prossimo capitolo credo che sarà sul loro ritorno a Liverpool...
A presto
;)
Marty