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Autore: Natalja_Aljona    17/05/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Duecentosettantasette


Duecentosettantasette

Achille e Briseide

Geórgos e Natal'ja
Oι άριστοι 

 

Stai nei miei occhi e racconti

Le sirene e gli inganni

Del tuo sogno che va
Tu, ragazzo dell'Europa
Tu non perdi mai la strada...

(Ragazzo dell’Europa, Gianna Nannini)


Londra, 22 Dicembre 1834


E lungo il Tevere, che andava lento lento

Noi ci perdemmo dentro al rosso di un tramonto
Fino a gridare i nostri nomi contro il vento

(Con tutto l'amore che posso, Claudio Baglioni)

 

 

-Non c’è storia, Lys-

George scosse la testa, guardando il Tamigi con diffidenza.

-Ma Gee, è così bello...-

-Non abbastanza. E’ troppo liquido, capisci cosa intendo?-

-E’ un fiume...-

-Eppure, ci sono delle eccezioni. L’Eurota non è solo un fiume. E' sabbia azzurra e polvere di conchiglie.

Se ti accosti alla sponda, se sfiori la corrente... E’ più forte del mare, taglia Sparta, strappa il cuore.

E avrai sempre, sempre paura di cadere…Perché ha lo spirito e la furia dello Xanto, e ti basterebbe un passo, per ripetere l’errore di Achille.

Il Thames è un fiume ingenuo, innocente. E non parlo del suo comportamento... I fiumi sono tutti un po’ infami, soprattutto quando su arrampicano sulla riva e buttan giù le case.

Ma guarda il colore, guarda il movimento dell’acqua... E’ placido, maestoso. E’ tutto troppo semplice, no?

L’Eurota si adatta alla ψυχή dei soldati. Se cerchi il tuo riflesso nell’Eurota, non lo trovi. Se chiedi qualcosa all’Eurota, anneghi nel pensiero. Se guardi l’Eurota, vedi la Sparta degli Eroi.

Senti le grida dei bambini scagliati dal Taigeto, vedi i Dioscuri sui loro cavalli squarciare la luce.

Vedi quello che ti sei perso, e t’innamori di ogni onda. Sì, Lys, l’Eurota è uno spettacolo-

Natal’ja sorrise.

Quant’era poetico, il suo Gee, quando parlava della Grecia.

Solo la Grecia, solo la sua Patria, poteva spezzargli e guarirgli il cuore.

Solo la Grecia, ma forse anche lei...

-E i miei occhi... Sono il Thames o l’Eurota?-

-Sono gli occhi di Briseide. Quando l’han consegnata ad Achille in catene... Proprio quella sfumatura-

-Sarei la tua Briseide, io?-

-Naturalmente. Ma io non mi lascerei trattenere da Atena, e lo ucciderei, Agamennone... Non ti lascerei mai andare con un altro-

-Forse Briseide aveva un fidanzato, a Troia-

-Era una sacerdotessa di Apollo. Impossibile-

-Allora aveva Apollo-

-Ma Achille aveva il sangue sotto la pelle e un cuore nel petto. Apollo no-

-Chi c’era di più in alto di Achille, tra i soldati?-

Lo Spartano socchiuse gli occhi, pensieroso.

-Forse soltanto Ares, il dio della guerra-

Alja annuì.

-E lo superava di molto, Gee?-

-Beh... Era un dio-

-Ma gli bastava, per essere più forte di Achille?-

-Credo di sì-

-E allora ho capito cos’è successo...-

-Cosa?-

-Hai rovinato tutto-

Gee sgranò gli occhi, confuso.

-Io?-

-Io ero innamorata di Feri, prima. Dai sei agli otto anni. E lui di me... Lo è ancora, sai?-

-Mi dispiace, ma...-

-Appunto. Sto con te, amo te... E questo non cambierà mai. E sai perché non poteva succedere con Feri? Perché lui è Ares, è troppo in alto. Tu sei Achille, sei umano, anche se quasi immortale... Sei mio-

-Ares, però, aveva una debolezza- le ricordò il giovane greco, accarezzandole dolcemente una mano.

-Afrodite...-

-Altrimenti conosciuta come Natal’ja. La Venere russa, capelli come la spuma del mare e occhi da togliere il fiato-

-Beh, sì... Qualcosa del genere- sussurrò lei, ridendo.

-Scherzi? Tu sei così, punto-

Lys sbuffò, troppo piacevolmente imbarazzata per riuscir a pensare a qualcosa d’intelligente.

-E tu chi sei, Adone?-

-Lo pensi davvero?-

-Certo... Con quel tuo sguardo da eroe spietato o dio egoista! Sei troppo bello per paragonarti ad Efesto, altezza a parte-

Stavolta era Gee, a non saper cosa rispondere.

Ed era una situazione scomoda, per lo scapestrato più spavaldo e sicuro di sé della Laconia.

Così la prese per mano, e per il tempo che trascorse trascinandola per le vie più luminose e affollate di Londra si rifiutò di dirle dove stessero andando.

Dopo un primo attimo di smarrimento, se ne rese conto da sola.

St. Paul’s Cathedral.

Sempre troppo imponente e suggestiva, per poter lasciare indifferenti.

Ma Gee non aveva alcuna intenzione di entrarvi.

Estrasse il suo xiphos, affilato e lucido come al solito, e cominciò ad incidere alcuni grafemi sulla facciata principale della Cattedrale.

La gente intorno a lui mormorava, stupita, così lui gridò un: maintenance work!”, lavori di manutenzione, piuttosto convincente, anche se più altro sembrava uno sfregio a un’opera pubblica, quello che stava facendo.

Quando ebbe finito -o meglio, sembrava che avesse finito-, tese il pugnale a Natalys, con un sorriso d’incoraggiamento.

-Scrivi il tuo nome in cirillico... E una “e”-

La biondina slava, sebbene un po’ confusa, obbedì.

Poi lui completò il suo capolavoro, e a quel punto fece un passo indietro, soddisfatto.

-What do you think?-

 

Αχιλλέας και Βρισηίδα

Наталья и/ και Γεώργος

Οι άριστοι

 

Achille e Briseide

Natal’ja e Geórgos

I migliori

 

-E la data?- sorrise lei, tirandogli una gomitata affettuosa.

-22 Dicembre 1834!- esclamò lui, sicuro.

Alja sospirò.

No, non gli stava chiedendo che giorno era...

-Appunto. Scrivila-

-Qui?-

Erano brevi, i momenti di genialità di George.

A dir poco fugaci.

Se un attimo prima si dimostrava un ragazzo intelligente, l’istante successivo era pronto a smentire tutto.

Anche senza volerlo.

-Faccio io, dai-

La ragazzina alzò gli occhi al cielo, rubandogli lo xiphos di mano.

-Non lamentarti, poi, se lo scrivo in russo-

-E’ una minaccia?-

 

22 Декабрь/Δεκέμβριος 1834

(Dekabr’/Dekémvrios)

22 December 1834

 

-Probabilmente sì- sorrise Lys, indicandogli le ultime incisioni.

-E’ un Δεκέμβριος, quello?- chiese Gee, contemplandola estasiato.

-Se il mio dizionario di greco non è lunatico come te, dovrei averlo scritto giusto-

-Hai un dizionario di greco?-

-Due, in realtà. Uno abbastanza attendibile, cartaceo, e uno alto un metro e sessantadue, abbronzatissimo, e bello da svenire...ma relativamente cretino-

-Sai sempre come farmi sentire un po’ meno Achille, tu- protestò lui, imbronciato.

-Non sono io, Gee. E’ che hai scritto Geórgos sotto Briseide, lì, sulla parete... Hai invertito i ruoli-

-Sul serio?-

-Insomma…-

Alja scoppiò a ridere, abbracciandolo.

-Ma sai che m’importa, adorabile stordito? Sei fantastico così-

Gee le rivolse un sorriso meraviglioso, annuendo.

-Andiamo a prendere una cioccolata?-

-Bella risposta...-

-Non sono romantico come te, ma la cioccolata è abbastanza dolce, credo...-

-Più di te, sì. Andiamo, dai-

 

-Qui dev’essere fantastica-

-No, Gee, no!-

-Perché? E’ una cioccolateria, sembra carina...-

-Ma non può entrarci così!-

-Che c’è? Ho la camicia strappata, sono troppo spettinato?-

-Ti prego, non...-

Troppo tardi.

La porta della cioccolateria era di vetro.

Il vetro era trasparente.

George non l’aveva aperta.

George era miope.

-Cos’è successo, Miss?-

-Il mio fidanzato... Un lieve trauma cranico, credo-

-Aspettate, si sta riprendendo!-

-Non capisco cosa sia andato storto, Lys... Quel signore ci stava tenendo la porta aperta... Perché me l’ha sbattuta in faccia, poi? Che razza di scherzi... Si sentono tanto superiori, questi Londinesi!-

-Quel signore era un appendiabiti, la porta era chiusa, amore- rivelò Natalys, facendogli una carezza.

-Ah... Sì?-

-Ora siamo dentro, comunque. Oltre la porta. Su un divanetto, nella sala più bella. Ho chiesto un tavolo-

-Non trasparente, vero?-

-No... Tu cosa prendi, comunque?-

-Che ne so... Basta che non sia un’altra porta sul naso, è un po’ troppo masochistico per i miei gusti...-

-Due cioccolate fondenti, allora-

-Col ghiaccio, si può?-

La biondina sbarrò gli occhi.

-E’ greco...- spiegò al cameriere, con un sorriso ancora un po’ sconvolto.

-Sì, l’avevo capito. Devo averlo realizzato quando ha cercato di sfondare la porta nuova, Miss. I Greci hanno delle tali manie di protagonismo...-

I problemi veri, però, cominciarono con l’arrivo delle cioccolate.

Fumanti e dall’aspetto splendido, su un vassoio dipinto a mano, con due tovagliolini bianchi ricamati di fianco alle tazze.

Alja usò il suo per legarsi i capelli, mentre Gee, dopo aver cercato d’intuirne l’effettiva utilità, ci si soffiò il naso.

Non c’era un solo cliente della cioccolateria che non li stesse guardando.

Da dove diavolo venivano, quei due?

Fu allora che lo Spartano si accostò la tazza alle labbra.

Un attimo dopo sputò la cioccolata come se fosse cicuta.

-Che cos’è, di preciso? Acqua e latte o acqua e cacao? Non avete proprio altri modi per farmi capire che non sono gradito qui?-

Lys assaggiò cautamente la sua, poi lo imitò.

-E’ un attentato, vero? Gee, mi sa che l’esito del processo non ha del tutto convinto i Giudici... Vogliono farci fuori-

George non le rispose, non subito, almeno.

Raggiunse a passo svelto la porta, la aprì, e si precipitò fuori.

Non avevano pagato, ovviamente, e non avevano nessuna intenzione di farlo.

Quando Alja lo raggiunse, si guardarono come se si fossero appena svegliati da un incubo.

Lui le accarezzò i capelli per tranquillizzarla, perché i suoi occhi avevano assunto la tonalità del ghiaccio, e non era un buon segno.

Non avrebbero mai dovuto dare per scontato che la cucina di Londra fosse commestibile.

Il loro primo approccio con la cioccolata inglese.

Semplicemente da dimenticare.

 

Ma dovevano fare i fidanzati normali, per un giorno, e il fatto che non ci fossero ancora riusciti in alcun modo era piuttosto irritante.

Il negozio più alla moda di London City.

Ecco qual era la loro prossima destinazione.

I fidanzati normali -nella fattispecie, i rampolli più ricchi, o, nel caso di Gee, i ladri più diabolici- avevano la strana abitudine di accompagnare le fidanzati normali a provare abiti su abiti, per poi comprare alle loro dilette, a momenti, anche la vetrina.

Così George le aveva detto: “Ti compro tutto quello che vuoi... Con le collane di Regan”, facendola scoppiare a ridere.

I gioielli della Wilson, infatti, valevano un bel po’.

Ma sarebbe stato bello, o quantomeno carino, che mentre lei si provava il secondo degli ultimi pseudo - capolavori dell’alta sartoria lui non fosse già al quarto pacchetto di sigarette, sui gradini del negozio, a fumare come un assatanato.

Si muoveva in una nuvola di fumo, praticamente, Gee.

Lo si riconosceva per questo.

Neanche nel ritratto segnaletico, a Sparta, eran riusciti a fargli sputare la sigaretta.

Di tanto in tanto s’intravedevano i suoi occhi nerissimi scintillare, arrossati come se fosse miracolosamente sopravvissuto ad un incendio, e allora si capiva che era vivo.

Per il resto, non aveva ancora degnato uno sguardo la sua ragazza, e Alja cominciava a chiedersi se non fosse il caso di piantargli uno spillo in un occhio, ma lo spillo in questione sosteneva una manica del suo vestito, se l’avesse tolto si sarebbe ritrovata quasi nuda in mezzo alla strada, e non era una buona idea.

A meno che...

Probabilmente, se fosse successa una cosa del genere, Gee si sarebbe distratto dalla sua millecentesima sigaretta.

-Mi dici come sto o vado a chiederlo al signore -molto affascinante, tra l’altro- che è appena passato, aggiungendo anche qualche proposta indecente, per farmi perdonare del disturbo?-

Toh.

Di fronte a una minaccia simile, lo Spartano aveva alzato lo sguardo.

Quasi impercettibilmente, ma era già qualcosa.

Bisognava proprio toccare certi argomenti, per convincerlo...

-Sei divina. Una visione. Ti amerò per sempre. Sei straordinaria-

Un attimino telegrafico, il ragazzo…

E poi, c’era ancora un piccolo particolare da chiarire...

-Gee, non mi stai guardando...-

Infatti.

-Alja, tu sei sempre così!-

-Alza gli occhi, idiota greco, e dì qualcosa di più esauriente-

Gee la guardò e, quasi simultaneamente, sputò la sigaretta.

-Sei... Oh, Cielo!-

-Traduci-

-M...-

-M...?-

-Meravigliosa!-

Natal’ja tirò un sospiro di sollievo, e finalmente sorrise.

Sfiorò distrattamente la stoffa azzurro cupo del vestito, rimase per un attimo a ripetersi nella mente le parole di George, e poi afferrò il ragazzo per il colletto della camicia, soffiandogli un bacio sulla fronte.

-Solo per te-

-Andiamo a p...-

Gee si coprì la bocca con una mano, sconvolto da quello che stava per dire.

-A p...-

-A pagarlo?- suggerì Lys, dolcemente.

-E che diamine, Natal’ja, un po’ di sensibilità!-

-Rifletti, Gee... Lo paghiamo con i gioielli di Regan, no? I gioielli di Regan li hai rubati, quindi... Non stiamo facendo niente di legale, tranquillo-

-Se lo dici tu...- sospirò lui, passandole un collier.

Lei gli scompigliò i capelli, radiosa.

-Bravissimo...-

-Adesso andiamo a Hyde Park, Bri...-

-Bri?-

-Briseide- spiegò Gee, ammiccando -La libertà te la devi conquistare, bella mia-

Alja roteò gli occhi, esasperata.

-Bastardo-

-Ad Hyde Park mi farò perdonare-

Le fece l’occhiolino e lei gli sorrise.

Poi rientrò nel negozio e lui, guardandola allontanarsi, pensò che era incredibilmente bella e incredibilmente pericolosa, la sua Lys.

E neanche lei se la cavava più di tanto, come “fidanzata normale”.

 

Camminare per la strada, se non eri a Sparta -dove dovevi schivare un proiettile ogni tre secondi-  o a Krasnojarsk -dove qualsiasi precipitazione atmosferica era cento volte più sconvolgente dell’immaginabile-, era un’azione relativamente tranquilla.

Un passo dopo l’altro, cercando di non finire sotto una carrozza...

In genere non richiedeva chissà quali facoltà mentali.

In genere, se non ti chiamavi Brian George Gibson, Theodorakis Dounas o Jànos Desztor, non rischiavi aggressioni, assalti, o cose simili.

Non alle due del pomeriggio, non in Trafalgar Square.

Se non c’era in atto un attentato ai Reali d’Inghilterra, era tutto tranquillo.

Si supponeva che fosse così.

Ma se avevi i capelli di Natal’ja e passavi davanti a un’hairdresser, i rischi non si limitavano ad aggressioni o assalti, né tantomeno alle cose simili.

Rischiavi lo scalpo, ecco cosa.

-Sono l’acconciatrice più famosa di Londra! Non ho mai visto dei capelli come i vostri! Dove li avete presi?-

-In Russia...- sussurrò Lys, scioccata.

-Come?-

 -Me li hanno regalati...-

-Chi?-

-I miei genitori...-

Erano i suoi capelli, non li aveva mica comprati al mercato!

-Con cosa li lavate?-

-Con la camomilla e con Jànos Desztor...-

-Dove posso reperire l’ultimo?-

-In Ungheria...-

-Un po’ lontano, ma pazienza. Me lo farò spedire-

-Costerà caro, eh...-

Un pugno in un occhio da Szöcske, come minimo.

Quando avrebbe scoperto che Lys gli aveva fatto pubblicità come “prodotto per capelli”...

-E il colore? E’ una gradazione di biondo incantevole!-

-Sono i geni Zirovskij, che invece si trovano in Polonia, ma la spedizione è un po’ complicata...-

-Voi siete nata con questa chioma straordinaria?-

-Proprio così...- rispose Alja, un po’ intimorita.

-E come avete fatto a farli crescere così tanto? Sono finti, vero?-

Natal’ja sussultò, profondamente ferita.

Come poteva anche solo sospettare che non fossero i suoi capelli?

-No! Come osate?! Non li ho mai tagliati, come volete che abbia fatto?-

-Immaginavo…- sorrise l’acconciatrice -Ehi, tesoro, scherzavo! Siete diventata pallidissima!-

-Io non so nemmeno come siano fatti, i capelli finti- borbottò Alja, cupa.

-Io sì, purtroppo, e darei la vita per una sola ciocca dei vostri. Sul serio, sono notevoli... Complimenti!-

La ragazza guardava con gli occhi scintillanti, e Natal’ja cominciava ad avere paura.

Aveva uno sguardo troppo diabolico per una che voleva limitarsi a dei complimenti...

Non sembrava una Pellerossa, ma non si sapeva mai.

-Vieni con me!-

E la trascinò nel suo negozio, poco lontano.

-Signore! Volete avere i capelli come questa ragazza?- gridò alle sue clienti, come fu sulla soglia.

Le donne presenti alzarono gli occhi, sgranandoli immediatamente alla vista di Natal’ja.

-Certo!-

-Come ti chiami, piccina?- le domandò una donna di una certa età, dai capelli argentei e profondi occhi azzurri.

-Natal’ja...-

-Hai i capelli di una dea, sai? E anche gli occhi...-

-Lei è una dea- intervenne George, comparso in quel momento nel negozio, senza fiato -Lasciatela stare, vi prego...-

-Solo un attimo, ragazzo. La vostra fidanzata è troppo bella, deve assolutamente farci da cavia. Un esempio come il suo capita raramente, avete mai pensato di metterla in uno zoo? In un museo?-

Alja fece un passo indietro, terrorizzata.

Gee sbarrò gli occhi, scuotendo la testa.

-No, mai...-

-Potrebbe essere una buona idea, invece. Verrebbero parrucchieri da tutto il mondo ad esaminare la sua chioma, e forse un giorno qualcuno riuscirebbe a catturare e moltiplicare il gene Zirovskij di cui la Miss mi ha parlato…

Ad ogni modo, per il momento ho avuto alcune indicazioni molto interessanti per seguire l’esempio di… Puoi ripetermi il tuo nome, cara?-

-Natal’ja, Natal’ja- sospirò Lys, a cui il discorso del “catturare e moltiplicare i geni Zirovskij” era piaciuto ben poco.

-Natal’ja Natal’ja, appunto-

-No, una volta sola...-

-Non m’interrompere, tesoro. Tre tappe relativamente semplici ci porteranno a un risultato relativamente simile a quello della nostra deliziosa biondina… Certo, lei ci è nata, così, ha una fortuna maledettamente sfacciata.

Ma possiamo farcela anche noi. Russia, Ungheria e Polonia. Quando partiamo?-

Poi lo sguardo dell’acconciatrice cadde su George, che, colto alla sprovvista, sfiorò l’infarto.

Perché lo guardava così, adesso?

-Ehi, voi! Venite un attimo qui-

Lo raggiunse a grandi falcate e sorrise quasi estatica, davanti alla sua capigliatura selvaggiamente spettinata, folta e di un intensissimo color carbone.

-State benissimo. Siete arabo o egiziano, vero?-

Lui scosse la testa, cercando di non agitarsi troppo per l’affronto.

-Lo credono tutti, ma...-

-Turco?-

Gee per poco non si soffocò.

-Oh, no, no. Per carità, no! Sono greco, di Sparta. Forever greek-

-Ma sembrate turco- replicò la ragazza, e lui cercò di ricordare come si era comportato Leonida l’ultima volta che l’avevano accusato di essere turco, perché, essendo fisicamente -ma anche caratterialmente- identico a Gee -solo che, a differenza del nipote, aveva quarantaquattro anni e non tredici- l’indiscusso capo dei Kléftes aveva sempre avuto lo stesso “problema”: tratti più indoiranici che ellenici, ma greci nell’anima e nelle ossa.

Ossa rotte, urla lancinanti.

No, forse non era il caso d’imitare il nonno...

Natal’ja, intanto, ebbe il tempo di calmarsi un po’.

Non volevano rinchiuderla in uno zoo, e non volevano, per il momento, farle alcuno scalpo.

Quasi per miracolo, riuscirono a salutare la diabolica acconciatrice, della quale, tra l’altro, non erano neanche riusciti a sapere il nome, e le sue clienti, e ad uscire -fuggire, più che altro- incolumi dal suo negozio.

A quel punto, Alja doveva assolutamente mantenere la promessa fatta a Gee.

Hyde Park sarebbe stata la loro ultima tappa.

 

Passarono davanti all’Abbazia di Westminster, splendida più che in cartolina, col cielo plumbeo che le si stagliava dietro, ma era quasi notte, e decisero che forse non era il caso d’infilarsi tra le tombe.

E poi, la loro prima notte londinese, la dovevano passare ad Hyde Park.

Hyde Park, ch’era più verde degli occhi di Theodorakis -e gli occhi di Theo erano di un verde ch’era ancora una tonalità dell’azzurro, un riflesso dell’Egeo-, e più immenso dell’Egeo che si abbracciava con lo sguardo dal Pireo.

Hyde Park, dove Natal’ja cercò debolmente la mano di George, ma lui, imbranato come al solito, riuscì solo ad accarezzarle distrattamente le dita, e la biondina russa scivolò ai suoi piedi, svenuta.

-Natal’ja... Natal’ja, tesoro, cosa succede?-

-Gee... Mi porti sotto quell’albero?-

-Quale?- chiese lui, sfiorandole dolcemente le palpebre socchiuse.

-Quello laggiù... E’ così verde... A Krasnojarsk non ce ne sono, così verdi...-

-A Sparta tanti... Anche troppi-

-Sono belli, gli alberi... Sono alti...-

George digrignò i denti, guardandola storto.

-Così pare...-

-Ehi... Sei arrabbiato?-

-Non con te... Con il nonno, ch’è un metro e sessantaquattro, e mi supera comunque di due centimetri. Non potevo assomigliare a papà, nell’altezza?-

-Non saresti così bello... Sei un dio in miniatura, tu. E dimostri vent’anni solo per la luce dello sguardo-

Gee sorrise, e nel prenderla in braccio probabilmente le slogò qualche muscolo, vista la sua leggendaria delicatezza Spartana.

-Come ti senti, piccola?-

Lei si morse le labbra, gli passò le braccia intorno al collo e posò la testolina bionda nell’incavo della sua spalla.

-Meglio, forse...-

-Lys, io ho recitato la Costituzione di Licurgo, non il Giuramento di Ippocrate...-

-Non importa... Ti giuro che non importa, ma ora cerca di capire perché l’ho fatto!-

-Fatto cosa?-

-Perché ho finto di svenire...-

-Allora puoi camminare da sola!-

Natal’ja spalancò gli occhi, momentaneamente d’un tenue color indaco, allontanandosi un po’.

-Allora impiccati, idiota!-

Era infuriata, davvero.

Gee lo intuì da come lo guardava, perché non era mai successo, e il solo pensiero di poter essere guardato ancora così da lei gli causava la più dolorosa fitta al cuore dei suoi quasi quattordici anni.

Ma non poteva lasciargliela vinta, perché, anche se forse Lys aveva ragione, lui era Brian George Gibson.
Ed era un maledetto egoista.

Così la lasciò cadere sul prato, semplicemente.

Fin troppo semplicemente.

Lys, per la sorpresa, lanciò un grido, ma in polacco, come tutte le volte in cui era troppo arrabbiata o troppo emozionata per collegare le parole che diceva alla nazionalità del suo interlocutore, e Gee non seppe mai se era un’imprecazione qualsiasi o se stesse infamando proprio lui.

-Że Bóg piorun ty, przeklęty grecki drań!-

Che Dio ti fulmini, maledetto bastardo greco!

-Volevo solo che tu fossi più dolce... E di solito, sai, i fidanzati normali, quando la loro adorata sviene e sono costretti a prenderla in braccio, si sciolgono letteralmente... Ma tu no, ovviamente, tu farnetichi su Licurgo, Ippocrate, e sul fatto che, avendo solo finto, io possa camminare da sola... Va’ al diavolo, Gee!-

-Volevi che fossi... Più dolce?-

-Sì, ma non come fai di solito, che mi guardi, mi sorridi, e poi continui a fumare, che mi baci e, ci scommetto, pensi a Sparta e non a me...-

-Ma quando sono a Sparta penso a te, lo sai, vero?-

-Lo so, cioè, credo di sì, ma... La coerenza, Gee-

-La coerenza?-

-Tu tendi a massacrarla un po’ troppe volte, la coerenza-

-E non sono abbastanza dolce?-

-Non... Non lo so-

Cominciava a confondersi, Lys.

Cominciava a non sembrarle più tanto fantastico, il suo greco preferito.

 

No, ragazzo, no

Del mio amore non ridere

Non ci gioco più, quando giochi tu

Sai far male da piangere

Da stasera la mia vita nelle mani di un ragazzo, no, non la metterò più...

(La Bambola, Patty Pravo)

-E’ Londra, vero?-

-Cosa?-

-E’ l’aria di Londra, che ci fa male... Troppo diversa, troppo lontana-

-Non è Londra, sei tu. Volevo solo... Non lo so, una carezza in più, un sorriso in più. Io adoro quando parli di Sparta, quando parli delle tue battaglie, ma proprio sempre sempre, Gee...-

-Sono un po’ troppo Spartano, vero?-

-Troppo, sì...-

-Non ci ho mai saputo fare, con le ragazze. Cioè, all’inizio sì, ma poi... Non capisco niente di quello che vogliono, che farebbe loro piacere. E così, faccio di testa mia: mi viene più spontaneo dire “i tuoi occhi brillano come le stelle” o “i tuoi occhi brillano come la lama del mio xiphos”? La seconda, ovviamente. Mi viene più spontaneo dire “il vestito che indossi ti sta assolutamente d’incanto” o “la strategia militare della mia ultima battaglia era assolutamente incantevole”, e proseguire raccontando la strategia? Una parte di me lo sa, che dovrei sempre scegliere l’ipotesi meno militare, ma... E poi a te piacevo così! E mi sembrava fantastico, questo. Perché io forse non sarei riuscito... E non credo che riuscirei... Ad essere più di tanto diverso. Però sono sempre stato sincero. Credevo che bastasse, a volte basta, e poi... Io ti amo-

-Io adoro che tu sia così... Perché, nel caso tu non l’abbia notato, sono straordinariamente identica a te. Solo... Per un attimo, Georgie. Ti costa tanto essere dolce per un attimo? Dolce in modo... Universale?-

-Per questo hai finto di svenire?-

Alja sorrise.

-Anche i più efferati soldati, in questi casi, hanno il cuore tenero-

-E io sono quasi passato sul tuo cadavere...-

-Tu sei un disastro, amore mio-

-Forse sarei più romantico a Sparta...-

-Forse sì. Questa città... E’ strana, sai?-

-E’ Londra, tesoro. E’ solo Londra. Forse non è stato bello quanto pensavamo. Sparta e Krasnojarsk, per gli altri, sono l’inferno, ma quelli come noi ci stanno meglio. Abbiamo visto Londra. In ogni caso, non ce la dimenticheremo mai-

-Ma come potremmo concluderla, questa giornata a Londra?-

George le lanciò uno sguardo indecifrabile, poi l’afferrò per una mano, proprio come se volesse staccargliela, e l’attirò a sé, senza preoccuparsi di toglierle il respiro.

-Non dire una parola, Briseide - Afrodite... Sto semplicemente cercando di essere dolce sia in modo universale sia a modo mio-

Le regalò il bacio più dolce che uno Spartano avesse mai dato a una donna, lo diede all’unica donna bambina dei suoi sogni, Natal’ja di Krasnojarsk.

-Come va la circolazione?-

-In che senso?- sussurrò lei, riprendendo fiato.

-Se vuoi allento un po’ la stretta...-

-Non pensarci neanche!-

-And then, how do you want to end our day in London?- ripeté Gee, cercando d’imitare l’accento londinese.

-Non con una cioccolata!-

 

Se l’amore che mi hai dato

Tra le foglie di quel prato
E’ rimasto nei tuoi grandi occhi blu...

(Per Chi, Gens)

 

 

 

 

 

Note

 

Ψυχή (greco): Anima.
Pireo: Porto di Atene.
And then, how do you want to end our day in London? (inglese): E allora, come vuoi concludere la nostra giornata a Londra?

L’ho finito?

Ho finito questo capitolo?

Dio, è un miracolo.

 

Mi sono perfino fatta la scaletta sul diario, ieri, per collocare bene ogni vario momento/scena... E credevo che non avrei finito più, avevo troppe cose da scrivere ;)

Il confronto di Gee tra l’Eurota e il Tamigi, Achille e Briseide (Alja e Gee), Ares e Afrodite (Alja e Feri), le incisioni sulla facciata della St. Paul’s Cathedral, la cioccolateria -la cioccolata inglese è davvero qualcosa di terribile, ogni volta che l'ho presa a Liverpool è stato un mezzo trauma ;)-, il negozio di vestiti, le sigarette di Gee, la terribile hairdresser e i suoi deliri sui capelli di Alja, Hyde Park, il finto svenimento di Lys, gl’insulti in polacco e la mancata dolcezza (o semplicemente dolcezza Spartana) di Gee...e il bacio finale, ch’è dolce a prescindere, discorso sulla circolazione a parte ;)

Ce l’ho fatta...

Oggi mia nonna compie ottantanove anni, quindi lo dedico a lei ;)

Spero davvero che vi sia piaciuto!

Il prossimo capitolo credo che sarà sul loro ritorno a Liverpool...

 

A presto ;)

Marty

 

  
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