Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: Evazick    17/05/2012    1 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

XIV. Un’altra festa, un altro maggiordomo.


 

 
“Domani sera ci sarà un ballo qui da noi.”
Lena sentì il tè fermarsi da qualche parte nella sua gola per la sorpresa e iniziò a tossire senza riuscire a fermarsi, rompendo definitivamente il silenzio che regnava nel salottino. Fu costretta a posare la tazza che teneva in mano per cercare di calmarsi mentre Alois la guardava impassibile e continuava a bere il suo tè senza fare una piega. Tornò a respirare normalmente dopo poco, e si voltò verso di lui con aria sorpresa. “Scusa?”
“Ho spedito gli inviti un paio di giorni fa, ma ho voluto avvisarti solo quando sono stato sicuro che sarebbero venuti tutti,” le spiegò mentre posava la tazza sul suo piattino. Si voltò finalmente verso di lei e rise nel vedere la sua espressione scioccata. “È per questo che non ho voluto dirti niente in anticipo. Mi avresti proibito di fare quello che volevo.”
La ragazza aprì bocca per negare tutto, ma ci rinunciò quando si rese conto che aveva ragione. La sola idea di ritrovarsi gente sconosciuta nel suo rifugio la faceva stare male, come se stessero violando il suo spazio privato. Lei non era nemmeno un tipo da feste, non riusciva a relazionarsi con persone che non aveva mai incontrato in vita sua: ci aveva messo molto per riuscire ad avere un rapporto più o meno ‘normale’ con Alois, non sapeva come avrebbe potuto sopravvivere a una serata in cui avrebbe conosciuto persone che non avrebbe mai più rivisto. Si sfregò un braccio con una mano per riscaldarsi, e non era il leggero vento primaverile che entrava dalla finestra aperta a farla rabbrividire. Non voleva vedere nessuno, non voleva conoscere nessuno, solo rimanere nascosta dentro la villa finchè non avesse recuperato la memoria, che bisogno c’era di fare vita di società con il rischio – e rabbrividì di nuovo – di fare incontri spiacevoli come quello di poco più di una settimana prima a Londra?
Valutò per un istante la possibilità di dire al ragazzo di disdire tutto all’ultimo momento, poi ci rinunciò: non aveva la più pallida idea di quale sarebbe stata la sua reazione, e la situazione adesso era così delicata che un passo falso era l’ultima cosa da fare. Erano passati quattro giorni dalla sera in cui Alois l’aveva sorpresa in vestaglia, ma lui sembrava essersi già scordato tutto, perfino la sua reazione improvvisa e inaspettata. Lena però non l’aveva dimenticata, e spesso, quando si trovava nel dormiveglia che anticipava il sonno vero e proprio, lo vedeva urlare ancora ‘Toglitela!’ in quel modo autoritario e disperato. Si dava la colpa per averlo fatto stare male con quel suo gesto per lei innocuo, e a quanto pare anche lui la pensava nello stesso modo: anche se la sua espressione e la sua felicità costante erano sempre le solite, non mancava mai di rifilarle qualche pizzicotto più doloroso del solito o di farle altri piccoli scherzi sadici che lui riteneva incredibilmente divertenti. Eppure c’erano anche i momenti in cui era gentile con lei, la trattava bene, la faceva sentire al sicuro dal resto del mondo. Sarebbe stato sicuramente più facile ritrovare la memoria che cercare di comprendere a fondo i meandri della sua mente, ma alla ragazza non importava di sapere in anticipo le sue mosse o i suoi comportamenti: voleva solo un luogo dove sentirsi al sicuro, qualcuno di cui potersi fidare, e Alois, per quanto fosse lunatico e contraddittorio, era l’unico che potesse darle quello di cui aveva bisogno.
Finirono di fare colazione in silenzio, poi uscirono dal salotto sotto gli sguardi impassibili di Hannah e dei tre gemelli. Lena era riuscita ad abituarsi a fatica alla fascia che copriva l’occhio della donna, ma certe volte, soprattutto quando si trovava nel salottino, le veniva un conato di vomito quando pensava a quel pavimento cosparso di sangue e allo sguardo folle del biondo. Scacciò quel pensiero in uno degli angoli più nascosti della sua mente e lasciò che il ragazzo la portasse dove voleva; era domenica, lui non aveva nessuno impegno e di solito si dedicava completamente a lei. Quella mattina non fece eccezione e, con gran stupore della ragazza, uscì dalla villa e si diresse verso il giardino, in cui nessuno dei due metteva piede da giorni. Sembrava che durante la loro assenza la primavera fosse esplosa, vestendosi dei colori e dei profumi dei primi giorni di maggio: perfino le siepi erano rigogliose e c’erano diverse farfalle che volavano da un fiore all’altro, splendide nei loro colori brillanti. Lena guardava tutto questo meravigliata: non ricordava nemmeno una primavera della sua vita, e tutti quei colori, suoni e odori erano straordinari e totalmente nuovi per lei. La forza di tutta quella vita che ricresceva dopo un lungo inverno la commuoveva, e se non fosse stato per Alois che le tirava il braccio sarebbe rimasta a riempirsi gli occhi dei colori sgargianti dei fiori. Si sedettero su una panchina all’ombra di un albero e rimasero in silenzio a lungo ad ascoltare il silenzio. Il ragazzo incrociò le gambe sulla panchina e la sua ospite iniziò a dondolare le gambe nell’aria senza mai distogliere lo sguardo dalle siepi. Sorrise timida. “È bellissimo.”
Lui non le rispose e continuò a guardare un punto invisibile davanti a sé. All’improvviso un fiore cadde in mezzo alle sue gambe da un ramo dell’albero, e sia lui che Lena si voltarono a guardarlo: era piccolo e di viola accecante, simile a quello della giacca che il ragazzo indossava di solito. Lui lo prese delicatamente tra le dita, lo osservò a lungo e poi lo lasciò cadere sui capelli della ragazza, lasciandosi scappare una risatina che contagiò anche lei. “L’idea di una festa non ti alletta molto, eh?” le chiese quando ebbero finito di ridere.
Abbassò lo sguardo, imbarazzata, e si mise a giocherellare con il filo della sua collana, attorcigliandolo intorno alle sue dita. “Non sono molto brava a saper intrattenere le persone,” fu l’unica cosa che disse. Il resto, tutto superfluo.
Alois schioccò la lingua, come se fosse tutto semplice. “Devi solo dire loro quello che vogliono sentirsi dire, anche se non è quello che pensi veramente. Nessuno presterà mai veramente attenzione alle tue parole, sono solo una massa di ipocriti.” Fece una pausa e aggiunse: “E non devi preoccuparti per Lady Nancy. Non riuscirebbe ad infiltrarsi a una mia festa, e non lo farebbe mai di sua volontà.”
“Sembri conoscerla bene.”
“Te l’ho già detto, ci ho avuto a che fare in un’altra vita.” Il suo tono secco era inequivocabile. Quello che voleva dire veramente era Non mi sbottonerò più di così, rinuncia a fare altre domande. Lei prese quel consiglio alla lettera e fece per cambiare argomento, ma lui fu più veloce. “Questa festa è importante per me. Se vuoi chiederò il tuo parere prima di organizzarne altre, ma questa deve essere fatta in ogni modo.” Sorrise cattivo, e nei suoi occhi brillò una luce feroce. “Diciamo che a questa festa ci saranno due… anzi, una persona importante per me.”
Dal tono in cui lo disse e dal suo sorriso Lena intuì che c’era qualcosa che non andava, e provò compassione per quello sconosciuto che avrebbe dovuto affrontare il sadismo del ragazzo. Una scarica di brividi freddi le percorse la schiena, e ancora una volta non era colpa del vento. Decise di cambiare argomento per non lasciarsi impadronire da quella sensazione fredda e soffocante. “So che non è il momento giusto per dirtelo, ma mi dispiace. Per quello che è successo qualche sera fa.”
La scintilla cattiva nei suoi occhi sparì di colpo e Alois sembrò metterci un po’ per capire di cosa stesse parlando. Alla fine si voltò verso di lei e le disse: “Non preoccuparti. Non l’hai fatto apposta.”
“Dici davvero, Alois? E se io ti dicessi che invece ero completamente lucida e consapevole di quello che stavo facendo? Se ti dicessi che, dopo averci pensato su, quella vestaglia mi è sembrata una vendetta perfetta per tutte le tue parole dure, i tuoi scherzi e quella scintilla che a volte compare nei tuoi occhi quando mi guardi? Penseresti ancora la stessa cosa?”
Si limitò solo a pensare questo discorso nella sua testa. Nella realtà annuì e chiuse lì l’argomento, riportando il suo sguardo sulle siepi poco lontane.
 

***

 
Il corsetto! Il corsetto! Diavolo, FA MALE!
Afferrò con una mano la mensola del caminetto e strinse la presa per non spaccare qualcosa o ferirsi. Gocce di sudore le colavano lungo il volto e aveva il respiro affannato, ma Hannah fece finta di non essersi accorta di niente e strinse ancora il corsetto, togliendo dai polmoni della ragazza quella poca aria che era rimasta. Lena pensò di poter morire o svenire in quell’esatto momento, e persino la vista le si annebbiò per poi mettersi di nuovo a fuoco dopo qualche secondo: era abituata alle torture del corsetto, ma non ne aveva mai avuto uno così stretto. Le ragazze inglesi devono aver imparato a non respirare, pensò sarcastica mentre la donna legava i fili che stringevano il corsetto in un fiocco. Si sentì sollevata quando si accorse che la tortura era finita, e lasciò che la cameriera le spazzolasse i capelli e finisse di prepararla. Dal piano di sotto giungevano di già i primi chiacchiericci degli invitati, e la ragazza impallidì al pensiero che di lì a breve sarebbe dovuta scendere per affrontarli tutti. Cercò di distrarsi pensando a qualcos’altro, ma alla fine i suoi pensieri ritornavano sempre allo stesso, e non si sentì meglio quando fu finalmente pronta; significava soltanto che il momento che temeva tanto era più vicino che mai. Era sul punto di raggomitolarsi sotto il letto e gridare che non ne sarebbe uscita per niente al mondo, ma in quel momento la porta della camera si aprì e Alois entrò dentro, pronto e con un sorriso cattivo in faccia. La sua espressione si incupì non appena vide Hannah, ma lei lasciò in tutta fretta la stanza prima ancora di incrociare il suo sguardo con quello del danna-sama. Non appena la porta fu nuovamente chiusa, il ragazzo si avvicinò a Lena, la abbracciò da dietro e le accarezzò la benda sulla guancia, facendola rabbrividire. “Nervosa?”
Annuì in fretta, facendolo ridere. “Andrà tutto bene, stai tranquilla. Non ti succederà nulla di male,” le disse giocherellando con il filo della sua collana e senza tranquillizzarla per niente. Lei rabbrividì ancora una volta e osservò il loro riflesso nello specchio: era vestiti tutti e due di viola, e i loro vestiti erano così simili che quasi non si capiva dove finisse l’uno e iniziasse l’altro. Lei aveva i lunghi capelli sciolti che le ricadevano morbidi sulle spalle scoperte e la collana che brillava nello scollo del vestito, mentre il ragazzo aveva in testa uno strano cappellino viola con ali nere da pipistrello, ma qualcosa nel loro riflesso li faceva assomigliare come fratello e sorella. Non erano gli occhi, non erano i capelli, non era la pelle: era qualcosa estremamente radicato dentro loro stessi, qualcosa che niente e nessuno avrebbe mai potuto estirpare e cancellare. Lena sfiorò la sua guancia, il suo segreto nascosto sotto gli occhi di tutti, e si chiese se anche Alois avesse una ferita del genere, invisibile ma in un punto dove chiunque avrebbe potuto vederla.
Il ragazzo le afferrò una mano e la alzò come se fossero sul punto di ballare. “È ora di andare. La festa sta aspettando solo noi,” le disse, e uscirono dalla stanza senza mai separare le loro mani. La ragazza si aspettava di incontrare qualcuno nel loro tragitto fino alla sala da ballo, ma nessuno era in vista nelle altre stanze, nemmeno nell’atrio. Scesero di corsa la scalinata in marmo e si fermarono solo davanti al portone chiuso della sala; qui il biondo si voltò verso di lei e le diede un buffetto sulla guancia non ferita. “Non mostrare mai le tue debolezze, sorridi e tutto andrà bene. Va bene?” Sorrise, come per sottolineare il concetto.
Sorrise anche lei, meno convinta. “Va bene.”
In quel momento la porta davanti a loro si spalancò, rivelando una folla di gente nascosta dietro di essa. Lena vacillò per un attimo, poi ritrovò l’equilibrio e si fece strada tra le persone al fianco di Alois, senza mai allontanarsi da lui. Si sentiva nuda in un oceano sconosciuto, e aggrapparsi alla sua sola ancora era l’unico modo che avesse per non sentirsi del tutto persa dentro la sala. Rimase con il padrone di casa mentre lui faceva un giro per salutare gli invitati e si disse che sarebbe andato tutto bene, ma in quel momento un uomo passò in mezzo ai due, separando le loro mani. La ragazza accettò le sue scuse con un cenno veloce del capo e si voltò quasi immediatamente, ma ormai Alois non era più lì, inghiottito dalla folla. Non riusciva a vedere nemmeno il suo cappello, e il terrore si impadronì di lei. Con gli occhi verdi spalancati e il cuore che le batteva all’impazzata iniziò a farsi largo tra gli invitati, mormorando una scusa qui e evitando una persona là, ma quando arrivò in un punto più vuoto non vide il ragazzo davanti a lei e i due si scontrarono, rischiando di cadere entrambi sul pavimento. Lena si allontanò subito da lui, imbarazzata, e mormorò un veloce: “Scusate, non vi avevo visto.”
“Non preoccupatevi, non è successo niente,” replicò l’altro freddamente. Sembrò approfittare del silenzio imbarazzato caduto tra loro due per osservarla meglio, e lei fece altrettanto con lui: doveva avere più o meno la sua età, ma l’espressione seria e fredda del suo volto non era quella che ci si sarebbe aspettata da un ragazzino appena entrato nell’adolescenza. Era vestito dello stesso blu dei suoi capelli e dell’unico occhio visibile; l’altro era nascosto sotto una benda nera che gli copriva anche parte del volto. Si toccò involontariamente la benda sulla guancia, chiedendosi se anche a lui fosse successo qualcosa come a lei. “Cercavate qualcuno in particolare? È da un po’ che girate per la sala e vi guardate intorno,” le chiese il ragazzo con un sorriso altrettanto gelido.
“Cercavo A… volevo dire, il conte Trancy. L’avete per caso visto?”
Il sorriso scomparve in fretta dalle sue labbra, lasciando posto solo a una rabbia fredda. “No, non l’ho visto,” replicò lui, e si allontanò prima che Lena potesse aggiungere qualcosa. Spiazzata, lo osservò allontanarsi per poi sparire tra la folla come il biondo pochi minuti prima. Rimase ferma nel centro della sala come un’idiota per qualche minuto, ancora stupita dalla freddezza e l’impassibilità di quel ragazzo: dopo tre settimane passate a convivere con l’allegria forzata di Alois, si era quasi scordata che le persone potevano essere anche simili a blocchi di ghiaccio e trattarla in modo distaccato. Cercò di riprendersi dallo stupore e riprese la sua ricerca ma, quando tempo dopo si mise in un angolo ad osservare le persone che avevano iniziato a ballare, non aveva ancora trovato il ragazzo: sembrava essere scomparso nel nulla, come se si fosse dissolto nell’aria da un momento all’altro. Senza di lui non si sentiva così sperduta come si era immaginata, ma nemmeno del tutto a suo agio.
“Va tutto bene, signorina?”
Sobbalzò nel sentire una voce parlarle accanto a lei, e si voltò con ben chiaro in mente il ricordo della festa a Londra e di Michael Keel. Gli occhi che incontrò, però, erano rossi come il sangue e sotto di loro c’era un sorriso gentile. La ragazza ignorò quei brividi familiari che le percorsero la schiena e cercò di rispondere con lo stesso sorriso. “Perfettamente.”
“Sicura?” Il suo sorriso si allargò. “Dovreste essere a divertirvi invece di rimanere qui a fare, se permettete, da tappezzeria.”
Non le piacque la piega che il discorso stava prendendo e fece per cambiare argomento, ma l’uomo la interruppe. “Non sono venuto qui per darvi fastidio, se è quello che state pensando,” le disse come se potesse leggere nella sua mente. “Volevo solo portarvi le scuse del conte Phantomhive. Si è reso conto di essere stato alquanto maleducato nei vostri confronti, ma non sapeva come scusarsi e ha mandato me al suo posto. Spero che la cosa non vi dispiaccia.”
“No, io…” Si interruppe, senza avere idea di come andare avanti. Chi era e cosa le aveva fatto questo fantomatico conte per porgerle le sue scuse? Si diede un’occhiata intorno e ben presto notò che il ragazzo con cui si era scontrata poco prima si trovava in un altro angolo e osservava la sua conversazione con l’uomo accanto a lei. Si voltò di nuovo verso di lui e continuò: “Potete dirgli che accetto le sue scuse. E voi siete…”
“Sebastian Michaelis, maggiordomo del casato Phantomhive.” Accennò un inchino e la guardò di nuovo con quei suoi occhi innaturali. “Temo che mi sia sfuggito il vostro nome.”
Era galante oltre i limiti del possibile, c’era da riconoscerglielo. Niente a che vedere con la fredda impassibilità di Claude, nonostante i due si somigliassero un poco. “Lena. Solo Lena.”
Lui annuì, visibilmente interessato. “Se devo essere sincero, signorina Lena, non mi sembrate esattamente il tipo da feste.”
La ragazza rise, divertita. “Avete ragione. Sono qui solamente perché sono ospite del conte Trancy, altrimenti non sarei mai venuta.”
“Abitate qui?”
In altre occasioni si sarebbe sentita in imbarazzo da tutte quelle domande nei suoi confronti, ma qualcosa la spingeva a fidarsi del maggiordomo. Non riusciva a capire cosa fosse, ma parlare con qualcuno la faceva stare bene e meno sola. “Sì. Ma è una storia troppo complicata per poterla spiegare adesso.”
L’uomo annuì ancora una volta, poi si voltò velocemente e riportò il suo sguardo su Lena altrettanto in fretta. “Sono desolato di dovervi lasciare così in fretta, ma penso che il signorino mi stia chiamando. Mi ha fatto piacere conoscervi, comunque.”
Lena accennò un altro timido sorriso e lo osservò andarsene, muovendosi tra la folla con movimenti fluidi e aggraziati. Rimase a lungo a fissare la sua schiena, e improvvisamente il gelo le riempì le vene quando ripensò alla figura nera in piedi sul lampadario dell’atrio in quella notte di tempesta. Non poteva esserne certa – poteva essersi sbagliata, certo, era buio e non vedeva molto bene – ma ebbe lo stesso una brutta sensazione, come se qualcosa stesse per accadere da un momento all’altro. Come se avesse sentito di nuovo i suoi pensieri, il maggiordomo si voltò e le sorrise, ma stavolta il suo sorriso era più raggelante e sembrava quasi che le stesse dicendo di tenere quello che aveva scoperto per sé. Si portò il dito indice alla bocca e le fece l’occhiolino per sottolineare il concetto, poi si tuffò di nuovo tra la folla e sparì tra le coppie che ballavano, lasciandola sconvolta e con il gelo che scorreva insieme al sangue nelle sue vene.
“A quanto pare hai conosciuto gli ospiti speciali di stasera.” Lena non sobbalzò nemmeno, troppo scioccata per rendersi conto che la voce di Alois era comparsa dal nulla vicino al suo orecchio. “Ciel Phantomhive e Sebastian Michaelis.” Pronunciò il secondo nome come se le sue lettere fossero velenose. Si voltò verso di lei con una luce strana negli occhi. “Cosa pensi di loro due?”
Ci mise un po’ prima di rispondere. “Sono…” Fece una pausa, incapace di trovare le parole giuste. “Sono strani. Quel ragazzo è… freddo.”
Lui si limitò a ridere. “Ma questo rende tutto più divertente, non credi?” L’afferrò per la mano mentre l’orchestra attaccava un nuovo ballo. “Mi concedi questo ballo?”
 

***

 
Sebastian lanciò un’ultima occhiata alla ragazza col vestito viola e alla sua collana, poi si voltò e si diresse in silenzio verso la parete davanti a lui, avanzando tra le coppie danzanti come se stesse ballando pure lui. Il signorino lo stava osservando pensieroso e impassibile, in attesa. La prima cosa che disse non appena il suo maggiordomo fu davanti a lui fu: “Ci hai messo troppo.”
Il demone sorrise. “Ho cercato solo di conoscerla meglio prima di riferirvi tutto.”
L’espressione di Ciel si fece sdegnata e si mise a guardare le coppie che ballavano in mezzo alla sala. Tra di loro c’erano anche Alois Trancy e la ragazza col vestito viola e i lunghi capelli neri. Sembrava fidarsi di lui come se fosse l’unica cosa al mondo che contasse per lei, e il ragazzo si chiese come facesse a stare così vicina a una persona così fastidiosa.
“Si chiama Lena e a quanto mi ha detto abita qui nella villa, ma si è rifiutata di spiegarmi il perché. Credo che abbia circa la vostra età, ma non ho approfondito più di così.” Sebastian fece un pausa prima di aggiungere: “Ho notato un’altra cosa mentre parlavo con lei, signorino, ma non so se...”
“Dimmelo,” fu la replica secca.
Il maggiordomo si voltò verso la pista: la ragazza era ancora lì che ballava, e mentre sorrideva la sua collana scintillava alla luce delle candele. Si rivolse di nuovo a Ciel: “Quella ragazza… non è del tutto umana.”















Lo so, lo so, la scena della festa è diversa da quella dell'anime, ma il succo sarà più o meno lo stesso. Lo vedrete nel prossimo capitolo.
Rivelazione shock su Lena! Cosa ne dite? Quanto siete incuriosite? *risata malefica*
Sebastian. Sebastian, Sebastian, Sebastian. Dio solo sa quando spazio in più avrei voluto dedicargli. E invece... ç___ç
MadLucy: a scrivere la scena con Claude è venuta la strizza anche a me, sai? D: Mi sono sentita un pò una stronza a scrivere la scena della vestaglia, ma... boh. Era perfetta. Ci stava benissimo.

xoxo
Eva
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Evazick