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Autore: Eleanor_Devil    18/05/2012    9 recensioni
Sulfus, un adolescente, cade sul fiume durante una gita in barca con i suoi amici. Una ragazza strana e misteriosa lo salva. Non sapendo chi lei è, Sulfus la chiama di Ninfa della Cascata...ma chi è lei veramente? Perchè non parla e fugge ogni volta che lo vede?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabalé, Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La Ninfa della Cascata

Capitolo 6 – La melodia della memoria

“M-Ma tu sei...” mormorò Seraph quando vide la ragazza che aveva fatto capolino da dietro la schiena di suo figlio. Lui invece era confuso: guardò la madre, poi Ninfa, tornando subito a guardare la prima.

“C’è qualcosa che non va?” chiese il ragazzo. La madre uscì dal suo stato di trance e lo guardò

“N-No...è s-solo che lei assomiglia così tanto a-“

Subito Sulfus la fermò prima che potesse continuare. I suoi occhi diventarono freddi e duri proprio come la sua voce “Ma non è lei, mamma, non lo è e non può esserlo...quindi lascia perdere.”

Colta di sorpresa per la reazione aggressiva di suo figlio, Seraph fece immediatamente un piccolo balzo indietro, ricordandosi di quanto lo feriva ricordarsi di quella persona. “Mi dispiace” fu tutto ciò che riuscì a dire. Il ragazzo stava quasi per afferrare la mano di Ninfa quando, proprio in quel momento, entrò Edan, il padre di Sulfus, insieme ad Elisabeth.

Rimase sorpreso quando vide la strana ragazza bionda accanto a suo figlio. “Sulfus...hai portato una amica?” chiese, un po’ confuso al vedere il vestito della ragazza... beh, era un po’ vecchio no? Gli ricordava gli abiti dei naufraghi. Sulfus si gelò, letteralmente, quando si ricordò che mai, e davvero mai, aveva detto a suo padre di Ninfa...

Sospirò e si voltò verso lui “Ecco...” quella sarebbe stata una conversazione moooooolto lunga...

~*.*~*.*~

Dopo un po’, Sulfus riusci a raccontare tutta la storia di Ninfa a suo padre. Al momento, tutta la famiglia era in salotto. Erano riusciti a convincere Ninfa che il divano non era una specie di mostro che voleva inghiottirla.

Edan sospirò dopo quel racconto “Allora fammi capire...lei ti ha salvato il giorno in cui sei caduto nel fiume, poi tu sei andato a cercarla, anche se credevi che potesse essere solo un miraggio e in questi ultimi mesi, e voglio dire quasi due stagioni e mezzo, sei andato da lei per farle capire meglio come funziona ‘questo mondo ’?”

“Sì, sì e sì...” rispose il ragazzo

Il padre incrociò le braccia “Beh...credo che non sia una brutta idea farla restare qui per il periodo invernale...ma tu sai che dovrai lavorare molto con lei, giusto?”

Sulfus si grattò la parte posteriore della testa. “Ne sono molto consapevole, non ho dovuto fare altro che lavorare duro con lei finora...sarà solo un’altra fase, suppongo”

“Bene...finchè questo non interferirà con i tuoi studi...”

“Non interferirà.”

“E a proposito...quando pensi di dirlo a Kabalè? Conoscendola, sarà molto gelosa quando la vedrà qui...” lo avvertì Edan. Sulfus non riuscì a trattenere un sospiro: non sarebbe riuscito a continuare per molto con quel rapporto falso che aveva con Kabalè e solo l’idea del matrimonio gli dava la nausea. Non odiava la ragazza, ma semplicemente non la voleva come moglie. Solo il suo padre non sapeva del fatto che quel matrimonio era tutto falso, organizzato per conservare la dignità del nome della famiglia. Suo padre era molto orgoglioso di lui e non voleva distruggere quell’orgoglio...

“Io...troverò un modo...” mormorò il ragazzo, poi prese la mano di Ninfa “Viene, ti faccio vedere la casa”

“Vado a chiedere a Bianca di preparare la camera per lei” disse Seraph, alzandosi dal divano e andando dove si trovava la cameriera. Sulfus e Ninfa salirono le scale e camminarono per i corridoi. Il ragazzo apri una prima porta.

“Questa è camera mia” disse, poi indicò la porta che si trovava di fronte. “Quella sarà la tua, quindi non ti preoccupare: se hai bisogno di me basta fare 5 passetti e sei qui” Lei sorrise, cosa che fece anche lui. Il giro per la casa continuò fino a quando i due non si trovarono di nuovo giù. Entrarono di nuovo nel salotto. “Questo è il salotto, è dove siamo stati prima” spiegò, ma allora Ninfa si accorse di una cosa che prima non aveva notato: un caminetto. Gli occhi azzurri della ragazza si spalancarono e, più velocemente che poté, si nascose dietro Sulfus. Lui fu colto di sorpresa e rimase confuso dal perché si era comportata così, poi si voltò.

“E-Ehi, ma che ti prende?”. Ma la ragazza continuò semplicemente a tenere stretta la sua camicia tra le mani. In quel momento , lui si rese conto che tremava, come qualcuno che era sul punto di piangere. Mise le mani sulle sue spalle e la costrinse ad allontanarsi un po’ di lui “Che ti succede...?” chiese. Ninfa, con piccole lacrime negli occhi, indicò il caminetto con mano tremante. Lui guardò dove il dito indicava “Il caminetto? Oh...hai paura del fuoco?” lei annuì con la testa. Fu in quel momento che un piccolo lampo baluginò nella testa del ragazzo. Finalmente gli sembrò di aver trovato la risposta alla domanda che si poneva da quando l’aveva incontrata. Si ricordava bene che lei lo aveva fissato negli occhi, quando le aveva chiesto perché scappava da lui. E ora capiva il perché: i suoi occhi color ambra probabilmente le ricordavano il fuoco, una cosa che lei temeva...

“E’ per questo che avevi paura dei miei occhi? Perché ti ricordavano il fuoco?”. Lentamente Ninfa annuì. Sulfus sospirò e la portò fuori dalla stanza, in modo che non guardasse più il camino. Riuscì a distrarla mostrandole altre stanze della casa, fino a che non giunsero ad una porta che si trovava proprio sotto le scale. Quella porta chiusa attirò l’attenzione a Ninfa, così lei tirò un po’ la manica della camicia di lui, che si girò e vide dove stava indicando con insistenza.

“Oh là? Non c’è niente di speciale, è solo il ripostiglio- aspetta ma dove stai andando?!” esclamò quando vide la ragazza allontanarsi da lui ed andare verso la porta. La aprì e sbirciò dentro. Era buio ma quando Sulfus la raggiunse, accese la piccola luce: proprio come aveva detto, era un ripostiglio, pieno di cose vecchie come giocattoli e mobili. “Non c’e nulla di speciale qui...a meno che ti piaccia la polvere...” mormorò.

Ninfa continuò a guardare all’interno del ripostiglio, sbirciando sotto le lenzuola che ricoprivano i mobili che erano lì dentro. Fu allora, mentre sbirciava, che qualcosa attirò la sua attenzione: un oggetto non molto grande, di colore dorato con effetti a spirale di colore blu celeste, a forma di cuore e con una stella rossa al centro. Incuriosita, la ragazza prese l’oggetto e si voltò verso Sulfus che la stava guardando.

Tuttavia, il ragazzo sembrò rimanere senza fiato quando vide quello che lei teneva in mano. Non riusciva a parlare, nemmeno una piccola parola, figuriamoci fare un’azione. Rimase semplicemente lì a guardare l’oggetto.

Vedendo che non reagiva, lei si preoccupò un po’, poi riportò la sua attenzione all’oggetto che aveva in mano e, come se sapesse cos’era, lo apri lentamente. Da lì iniziò a fuoriuscire una melodia, una melodia bella e dolce. Era così calma e portava un sensazione di tranquillità. Anche se era coperto da molta polvere e sembrava avere molti anni, funzionava perfettamente, nemmeno una singola nota musicale sembrava stonata.

(Questa è la musica che ho scelto per il carillon: http://www.youtube.com/watch?v=iZeomtLGCbc)

Improvvisamente, la mano di Sulfus si mise sopra quella di Ninfa e la costrinse a chiudere l’oggetto, interrompendo la melodia. La ragazza dai capelli biondi lo guardò non appena accadde questo, confusa: perché lo aveva fatto? Ma vedendo il dolore negli occhi ambrati del ragazzo... anche lei sentì un colpo al cuore.

Senza dire una sola parola, Sulfus le voltò le spalle ed uscì dal ripostiglio. Non molto dopo lei lo seguì, ma non prima di essersi chiesta se avesse dovuto portare l’oggetto con sé...una parte di lei le diceva di lasciarlo nel luogo dove lo aveva trovato e di dimenticare di averlo trovato...ma un’altra parte le diceva che l’oggetto sarebbe risultato importante. La sua testardaggine vinse e lei uscì dal ripostiglio con l’oggetto nascosto nel palmo della mano. Riuscì a vedere Sulfus che saliva le scale. Lei lo seguì ma purtroppo inciampò molte volte sui propri piedi, perchè non era ancora abituata ai gradini.

Per questo non riuscì a vederlo nei corridoi, ma comprese subito che si doveva trovare in camera sua. Pur sapendo che non stava bene, o almeno questo era quello che le era sembrato quando aveva visto quell’espressione triste e addolorata nei suoi occhi, si diresse verso la porta e la schiuse...

E lui era lì, seduto sul davanzale della sua finestra, a guardare il tramonto che splendeva su di lui, dandogli una bellezza maggiore di quella che già aveva. Cercando di non disturbarlo, Ninfa entrò nella stanza in punta di piedi, muovendosi il più silenziosamente possibile, ma non ci volle molto tempo perché Sulfus si accorgesse della sua presenza nella stanza e si voltasse verso di lei. Quell’espressione era ancora lì e neppure il sorriso che era così abituata a vedere sul suo volto, era lì. C’era solo dolore. Sembrava che ci fosse un enorme dolore dentro di lui, un dolore che nascondeva molto bene ogni giorno, facendo sembrare che tutto andasse bene.

La ragazza nascose immediatamente l’oggetto dietro la schiena. Quando si accorse che lui l’aveva già visto, abbassò lo sguardo, come per dire che era pentita, sia di essere entrata nel ripostiglio, sia di aver portato con sé l’oggetto. Sulfus sospirò, si alzò dal davanzale e si sedette sul suo letto. Esitando un po’, Ninfa andò a sedersi accanto a lui, guardandolo, come se aspettasse che parlasse. Ancora una volta, gli occhi ambrati del ragazzo guardarono l’oggetto che la ragazza aveva in mano: il piccolo carillon...
“Apparteneva a lei...” disse infine, la sua voce si sentì appena ma, dato che lei gli era molto vicina, fu in grado di sentirlo “Alla mia migliore amica...” chiuse le mani a pugno, ma poi la ragazza ci mise le sue sopra, per dirgli di calmarsi. Lui la guardò e vide il sorriso sulle labbra...

Sospirò ancora una volta e continuò “Ma lei è morta...” chiuse gli occhi quando le immagini di quel giorno tornarono alla sua memoria. “E’ successo dieci anni fa, quasi undici...tra poche settimane sarà il 11º anniversario dell’incidente che l’ha uccisa...lei e la sua famiglia...”

Guardò la ragazza. “Sai...proprio come te...per alcuni anni ho temuto il fuoco.” Lei si sorprese all’udire questo. “Perché...ero lì...quel giorno. Ho visto tutto quello che è successo...ed è una cosa che non potrò mai dimenticare. Avevamo entrambi sei anni...” prese il carillon tra le sue mani e lo aprì, lasciando che la melodia ripartisse da dove era stata fermata.

“Noi due eravamo molto attaccati, e a volte dormivano l’uno a casa dell’altro, vedi là?” indicò una collina ben visible dalla finestra. Non c’era altro che alberi coperti dalla neve “Ormai ci sono cresciuti degli alberi, ma anni fa c’era la sua casa. Vivevamo molto vicini. Quel giorno toccava a me dormire a casa sua. Di solito dormivo su un materasso vicino al suo letto. Sarebbe stata solo una notte come un’altra...se quell’incendio non fosse mai scoppiato...

Il piccolo Sulfus si svegliò percependo un odore di bruciato che gli impediva di respirare. Si mise a tossire e si sedette, aprendo i suoi occhi ambrati: la sua visuale era troppo offuscata a causa del sonno che aveva ancora, così si strofinò gli occhi con le sue piccole mani. Fu allora che lo vide: il fumo proveniente da sotto la porta.

Più velocemente che poté, saltò giù dal materasso dove si trovava e montò sul letto della sua amica che dormiva ancora, la scosse un paio di volte “Raf! Raf! Svegliati!” lei si mosse al suono della sua voce, poi apri gli occhi azzurri, sbadigliò e poi tossì.

“Che c’e Sulfus...? È tardi...”

“Penso che ci sia un incendio!” disse il ragazzo, la bambina lo guardò come se fosse pazzo

“Smettila di dire sciocchezze!”

“Non è una sciocchezza, guarda il fumo che viene da sotto la porta!” esclamò indicando il luogo di cui aveva parlato. Raf segui il dito e vide che il suo amico aveva ragione: c’era del fumo e una luce tra il giallo e l’arancio che brillava attraverso la serratura della porta. Il fumo che cominciava ad accumularsi all’interno della camera, fece tossire ancora di più entrambi bambini.

Si alzarano dal letto e corsero verso la porta, aprirono e guardarano inorriditi il fuoco che copriva già metà della casa. “Come faremo ad uscire da qui...?” chiese la piccola Raf, tenendo la mano del suo amico che la strinse con forza.

“Ci deve essere un posto che non è stato preso dal fuoco... laggiù!” puntò verso una finestra. Si mise a correre in quella direzione ma la sua amica lo afferrò per la manica del pigiama, fermandolo.

“Aspetta! La mia mamma e il mio papà, devo aiutarli!” esclamò la bambina, correndo poi nella direzione della camera dei genitori. La porta si aprì, mostrando i due adulti che erano stati svegliati anche loro dal fumo. Al vedere sua madre, Raf corse ad abbracciare le sue gambe, spaventata. Sulfus era proprio dietro di lei.

“Mamma, ho paura!” disse la bambina. La donna si abbassò e prese la figlia in braccio, mentre suo marito teneva la mano del piccolo.

“Calmati, vi porteremo fuori da qua” disse la madre di Raf, tornando all’interno della camera insieme al marito e Sulfus. La donna si abbassò di nuovo ed aprì una piccola porta che era nascosta dietro l’armadio “Voi due andate lì, questa porta vi condurrà fuori” disse la madre, indicando il passaggio

“M-Ma e adesso, tu e papà...?” disse la bambina con voce tremante.

“Non ti preoccupare, io e la mamma troveremo una via d’uscita, ma ora voi due dovete entrare lì” la rassicurò l’uomo. La madre andò al suo comodino, aprì il cassetto e prendi qualcosa da lì dentro, dandolo poi a sua figlia.

“È il tuo carillon musicale...” disse Raf guardando l’oggetto. La madre sorrise e le baciò il viso.

“E ora è tuo. Adesso vai” spinse i due bambini verso il passaggio. I due entrambi si abbassarono e camminarono per il corridoio. Presto giunsero all’esterno ed entrambi corsero il più lontano possibile dalla casa...

Ero sicurissimo che fosse proprio dietro di me, ma quando sono arrivato in una zona più sicura, mi sono guardato alle spalle, ho guardato dietro di me ed ho visto che non c’era più. Cercai di tornare indietro per trovarla, ma proprio in quel momento ci fu un’esplosione proprio nel punto dov’era la sua casa. Cercai di andare lì, ma delle persone che avevano visto il fuoco avevano chiamato i pompieri e loro erano già arrivati sul posto. Mi hanno trattenuto, dicevano che non c’era niente che potessi fare...e mi rifiutavo a credere...”

“No, NO! ! Devo andare a prenderla!” urlò Sulfus, lottando tra le braccia di una donna che lo tratteneva per evitare che commettesse una follia ed entrasse nell’incendio

“Non c’e più niente da fare per loro! Non puoi più salvarli!”

“NO, NO!! RAAAAAAAAFFFFF!!!”

Sulfus chiuse gli occhi, pieno di dolore. Strinse la mano che teneva il carillon, chiudendolo ed interrompendo la melodia che suonava: “Non hanno mai trovato il suo corpo...tutto ciò che hanno trovato è stato questo...” disse indicando il carillon che aveva in mano. “Non ho potuto salvarla, non ho nemmeno potuto dirle addio...” Ninfa strinse più forte le sue mani.

“Per anni ho temuto il fuoco...non potevo stargli vicino senza ricordare quel giorno fatidico. Ho pianto per giorni dopo quella notte...ma poi ho promesso a me stesso che non avrei più versato lacrime: è da quel giorno che non piango...anche quando mi ricordo di quella notte...”

Improvvisamente Ninfa lo abbracciò, cogliendolo di sorpresa. Davvero questa non se l’aspettava. Anche se lo faceva sempre quando lui era triste, ed era un cosa a cui si era abituato, proprio non se l’era aspettato in quel momento. Poi però si rilasso e mise le braccia intorno alla sua vita, chiudendo gli occhi e sorridendo...

Poi la ragazza lo lasciò andare e mise entrambi i suoi indici agli angoli della bocca di lui, costringendolo ad alzarli, cercando di creare un sorriso al meglio delle sue possibilità. Sulfus sbatté le palpebre, cercando di capire che cosa stesse facendo, poi scoppiò a ridere.

“Tu sei irreale!” rise lui, però lei sorrise, felice di vederlo di nuovo sorridente “Comunque...grazie... sai sempre trovare un modo per farmi sorridere. Inoltre...tu mi ricordi molto Raf. Non so perché, ma quando sono con te...è come se anche lei fosse qui...”

Circa due ore più tardi, i due furono chiamati per la cena. Beh...si può dire che fu assolutamente divertente, perché prima che riuscissero a far tenere correttamente le posate a Ninfa... fu un lavoro molto difficile ma anche molto divertente, cosa che, in quella famiglia, non capitava da molto tempo. Dopo la cena, la famiglia andò nel salotto dove alcuni leggevano, altri giocavano e altri guardavano la TV...beh, molte cose.

Quando l’orologio batté le undici, Sulfus fece per andarsene in camera sua quando si accorse che Ninfa si era addormentata rannicchiata sul divano, accanto a lui. Non riusci a trattenere un sorriso quando vide quella scena...beh...adorabile? La prese in braccio e, senza troppa fatica, la portò di sopra, andando verso quella che ormai era la sua camera. La stese sul letto, che aveva delle lenzuola pulite, e la copri, rimboccandole le coperte per tenerla al caldo in quella fredda notte d’inverno.

Prima di uscire della stanza, le baciò il volto e sorrise...sussurrando una ultima parola...

“Grazie”

TBC...


spero che vi ha piaciuto e per quelli che no hanno visto ancora, ho postato il prologo di una nuova storia!
 
  
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