Titolo: Proposal
Personaggi: Kanji,
Naoto.
Pairing: KanNao.
Rating: Verde.
Genere: Fluff.
Avvertimenti: One-shot.
Note: Swig quando l'ha letta ha fatto un'emoticon felice per il finale. Io no, perché non mi convince. Pff, tanto il mio parere non conta, giusto? "Sei fissata", "Lo dici sempre", "blablablabla"...
Disclaimer: Quella fi*a di Naoto non mi appartiene, e nemmeno quel soffice budino di Kanji ;_;
Proposal
Quando
Kanji si presentò a casa sua con indosso giacca e cravatta,
nessun orecchino e
nemmeno un piercing, Naoto lo fissò stralunata –
gli regalò uno sguardo simile
a quello che il ragazzo le aveva mostrato la prima volta che l'aveva
vista con
una gonna. Era una vista strana da osservare, soprattutto per qualcuno
come lei
che, con gli anni, s'era abituata a vederlo abbigliato con quel suo
stile
particolare che lo faceva sembrare tanto un delinquente –
anche se, in fondo,
chi lo conosceva bene sapeva che era una delle persone più
buone e gentili che
si potessero mai incontrare. Uno strano rossore era dipinto sulle
guance del
giovane che non passò inosservato all'ormai tanto conosciuta
detective. Ne era
passato ormai di tempo da quei giorni in cui Kanji aveva faticato a
guardarla
negli occhi, a parlarle, a pensarla (Yosuke si era fatto sfuggire
qualcosa
riguardante quegli attacchi improvvisi di rinorragia che ogni tanto lo
colpivano).
“Kanji,
è successo qualcosa? Stai evitando il mio sguardo come se
nascondessi qualcosa
perché troppo imbarazzato e... Perché questi
vestiti? Sono così inusuali,
soprattutto per te.”
Le
domande poste da Naoto parvero metterlo in difficoltà ed
ulteriore agitazione.
“D-d-d-d-d-d-dov'è
tuo nonno?!”
“Non
c'è.” Gli rispose con la sua tipica espressione
fredda e che Kanji sapeva voler
dire che era scocciata e che gli doveva delle spiegazioni, prima che
lei
decidesse di riservargli il trattamento del silenzio. E lui non voleva
che ciò
accadesse, soprattutto in quel momento così importante
– sempre se fosse
andato tutto a buon fine.
“T-tornerà
presto? Vero?”
“No,
è in America per un caso. Potrebbe tornare fra un mese, o
anche fra sei.
Dipende.”
“Ma...”,
le braccia gli caddero lungo i fianchi e la postura perfetta che aveva
mantenuto fino a quel momento crollò in quella sua usuale,
“non posso aspettare
così tanto...”
“Perché?”,
le braccia incrociate al petto di cui ora erano ben visibili le curve,
“Dovevi
discutere con lui di qualche questione importante?”
“Ehm...
sì?”, un mezzo sorriso in volto.
“Può
pure parlarne con me. Riferirò a lui dopo, puoi starne
certo.”
“Ma...”
“C'è
qualche problema? Cos'è Kanji... non ti fidi di
me?”
“No,
dannazione! Non ho detto quello, 'ccidenti!”
Ed
in
pochi secondi, con poche parole, ecco che riaffiorò il
vecchio Kanji di sempre,
con quel suo tipico modo di parlare, con quel pugno levato pronto a
colpire il
nulla ed il volto imbronciato. Da quando si erano conosciuti, anni
prima a
scuola, ad Inaba, non era mai veramente cambiato. E Naoto lo
ringraziava sempre
per questo; lo amava così com'era, non come aveva a lungo
cercato di apparire.
Amava quel Kanji sicuro di sé che, lentamente e con l'aiuto
morboso di Rise,
aveva iniziato ad adorare la gente che gli chiedeva come avesse fatto a
creare
i propri lavori. Amava vederlo tenere quelle sue “lezioni di
cucito” alle
signore che visitavano il negozio della madre, ed amava vederlo
circondato dai
bambini che lo guardavano con un'espressione adorante mentre imbastiva
o rifiniva
qualche coniglio di pezza.
Naoto
sorrise, portando una mano davanti alle labbra e Kanji
arrossì come la prima
volta che riuscì (per miracolo) a chiederle un appuntamento.
E poi, preso
probabilmente dalla stessa forza che l'aveva rapito e costretto a
chiedere alla
ragazza di uscire con lui pochi mesi dopo l'inizio del loro secondo
anno, Kanji
si mise in ginocchio davanti a Naoto ed estrasse un piccolo cofanetto
dalla
tasca.
“Visto
che tuo nonno non c'è... lo chiedo a te! Naoto... vuoi
sposarmi?”
“Eh?”,
sorpresa in volto, gli occhi spalancati e la mente che non riusciva a
registrare quelle ultime parole.
“Vuoi...
sposarmi?”
“No.”
Sposarmi voleva dire indossare un abito bianco (una gonna, un abito
femminile),
dei gioielli (delle cose femminili) e ballare (una cosa femminile).
'No,
assolutamente no', si disse, scuotendo il capo e chiudendo gli occhi.
“Ma...
Naoto! Perc-”
“Non
voglio... dover mettere un vestito. Non mi piace... non mi piace
sentire le
gambe scoperte, senza niente che le nasconda. E non mi piace nemmeno
che si
intraveda il mio... il mio seno...”
“...
T-tutto qui...? E' quello il motivo per cui non vuoi
sposarmi?”
“Sì,
scusa Kanji, ma non posso.” E prima che potesse abbassare il
capo dispiaciuta,
prima che potesse arrossire ulteriormente, due braccia l'avvolsero e la
strinsero contro quel corpo tanto grande e caldo.
“Sei
una stupida”, constatò lui sorridendo,
“Se è tutto lì il problema, ci penso
io.
Posso farti un vestito che non mostri troppo il... il davanti.
Posso
anche fare dei pantaloni bianchi da mettere sotto l'abito,
così non ti sentirai
le gambe scoperte e...”
“Kanji.”
Lo bloccò posandogli un dito sulle labbra, fissandolo
intensamente negli occhi,
“Perché?”
“Così
non ti sentirai a disagio.”
“No,
non era quello che stavo chiedendo. Perché vuoi
sposarmi?”
Il
giovane la guardò quasi interdetto, rispondendo come se la
risposta fosse
palese. “Perché ti amo, no?”
“Anch'io
ti amo, ma è proprio necessario il matrimonio? In fondo,
è solo una formalità.”
“Non
è
necessario, ma... ti amo, e voglio che tutti lo sappiano. Voglio che la
gente
non veda più 'me' e 'te', ma noi, insieme. Voglio vivere con
te, sotto lo
stesso tetto, portando lo stesso cognome e...”
“E?”,
lo spinse Naoto a continuare, vedendo improvvisamente scemare quella
sicurezza
che lo aveva portato a parlare e confessare quelle cose che,
altrimenti, non si
sarebbe mai sognato di dire.
“E...
vorrei avere una famiglia con te, un giorno. N-n-n-n-n-non
preoccuparti! Non
intendo subito! Un giorno, quando sei pronta, sempre se
vuoi!”, un sospiro, il
volto che sembrava esplodere per l'imbarazzo e lo sforzo,
“Dannazione, Naoto,
sposami e basta!”
Il
rossore sul viso dai tratti dolci di Naoto aumentò, e la
ragazza arricciò le
labbra, un passo indietro mentre scuoteva la testa senza saper cosa
dire, cosa
rispondere a quel ragazzo che, in qualche strano modo che ancora non si
spiegava, riusciva a metterla in difficoltà in quelle
situazioni.
“Io...
io non so cosa dire...”
“Dì
solo di sì!”, le afferrò le spalle con
forza, urlandole praticamente in faccia.
“Dì di sì, accidenti! Naoto!”
“Io...”
Due
anni dopo, quando un pianto la svegliò per la terza volta
nel cuore della
notte, Naoto si voltò dall'altra parte del letto prima di
alzarsi, fissando
Kanji che dormiva beato e sembrava non aver la minima intenzione di
svegliarsi.
Sbuffò, il volto pallido e stanco ora imbronciato e
tirò un calcio alla gamba
dell'uomo che aveva iniziato anche a russare.
“E-ehi!
Che c'è?! E' successo qualcosa?!”
“Piange
di nuovo. Vai tu.”
E
Naoto
si voltò, avvolgendosi nelle coperte e riaddormentandosi.