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Autore: Sophie Hatter    08/12/2006    5 recensioni
Come descrivere la sensazione di quando il mondo intero ti crolla addosso, rovinoso, travolgendoti completamente? Quando ti rendi conto di aver fatto non un semplice errore madornale, ma l’errore più grande della tua vita, e che poi, quando ti troverai ad essere gettato nella disperazione più nera, potrai soltanto dire che è stata tutta colpa tua?
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota di inizio fanfic

Nota di inizio fanfic

Devo dire due parole in merito a questa ff prima di lasciarvela leggere: scriverla per me è stato devastante. Nel vero senso della parola. Di solito cerco di immedesimarmi nei personaggi di cui scrivo, di provare a pensare a come mi sentirei se fossi al loro posto, per poterli rappresentare in maniera coerente. Avevo deciso di provare a scrivere di Sirius in carcere, ed era un progetto, un’idea, niente di più. Non appena ho cominciato, si è trasformato in qualcos’altro. Era come se lo vivessi io, quel dolore, nella maniera più straziante. Le parole mi uscivano di getto, quasi senza fermarmi a pensare. E confesso che è una cosa che non mi è mai successa.

Posso solo sperare, ora, di essere riuscita a trasmettere davvero quanto io ami Sirius Black, e quanto io percepisca la sua sofferenza esistenziale. Consiglio, se vi piace e se la conoscete, di ascoltare “Hurt” di Johnny Cash, mentre leggete la fic. Personalmente la ritengo la canzone più straziante che io conosca, e dato il contenuto di questa one shot, penso sia un ottimo accompagnamento.

Buona lettura.

 

 

Hurt.

 

Anche i criminali come me sognano.

Sembra assurdo. Penso che ogni essere umano che non abbia mai messo piede ad Azkaban si chieda come trascorra le sue ore di follia un carcerato rinchiuso qui dentro. Lo so perché me lo domandavo anch’io. Era una realtà che non riuscivo a concepire, ad accettare. Mi dicevo che non avrei mai potuto tollerare di rimanere intrappolato in una cella per anni e anni senza poter mai uscire e respirare l’aria aperta, e sentire il calore del sole d’inverno sulle guance.

Ora scavo dentro me stesso, ogni giorno trovo qualcosa a cui pensare.

Qualcosa con cui obbligare la mia mente a ragionare secondo una logica.

Un metodo che mi permette di non avvicinarmi alla pazzia.

 

I hurt myself today.

To see if I still feel.

I focus on the pain,

The only thing that’s real.

 

Gli altri delirano, non solo di notte. Non si sentono che grida. È un suono lacerante, costante, sempre uguale. Dopo un mese cominci a non fare più caso alle variazioni di tonalità, ai diversi timbri di voce, alle frasi spezzate pronunciate nella follia di questa oscurità. Non cerchi più di interpretare le parole confuse e prive di senso, di ricostruire i discorsi, di capire che diavolo sia successo a quel poveraccio.

Ti rinchiudi in te stesso, e cominci ad esistere solo tu. Gli altri non contano più niente. Sono solo ombre umane, come te. Gente dimenticata. Ad Azkaban si ricevono visite raramente. E anche quando qualcuno del mondo di fuori piomba qui dentro con la sua espressione sconvolta e straniata, sembra soltanto una fastidiosa invasione. Vedere qualcuno che vive come prima vivevi tu, che entro pochi minuti tornerà là fuori e ricomincerà a vivere quella stessa vita, che cosa ti porta se non il rimpianto, la disperazione della consapevolezza, la voglia di lacerarti il petto con le unghie per il dolore di quello che hai perso?

Non voglio più vedere né sentire nessuno. Ormai esisto solo io. Solo io a misurare con il mio metro di giudizio, a cercare di non vedere quello che sta al di fuori di me, perché la comparazione porta solo sofferenza.

Mi ripiego su me stesso.

Qui dentro ho imparato a piangere.

Quando mi hanno portato via, sentivo la gente mormorare che ero un pazzo, uno squilibrato. La gente giudica solo da quello che vede. Dopo essere scoppiato a ridere, quando Peter ha fatto saltare in aria la strada provocando tutta quella messa in scena, mi hanno rinchiuso da qualche parte, non ricordo. Prima di ricevere il primo assaggio di oscurità, mi sono voltato indietro, ad osservare per l’ultima volta quel mondo a cui dovevo dire addio.

Sono scoppiato in lacrime, mi sembrava di non potermi più fermare.

E avevo di fianco soltanto due Dissennatori.

James.

James è morto.

Morto.

Me lo ripeto tutti i giorni per non venire meno al mio dovere di prenderne atto.

 

The needle tears a hold,
The old familiar sting.
Try to kill it all away,
But I remember everything.

 

Sembra ieri. Ieri che mi chinavo sulla culla di Harry per dargli un’occhiata mentre dormiva, ieri che ascoltavo la risata di James, che lo guardavo abbracciato a Lily e mi stupivo di quanto potessimo essere felici. Eravamo uniti, una famiglia. Avevo l’affetto di qualcuno. Non immaginavo nemmeno lontanamente che fine sarei stato portato a fare.

Come descrivere la sensazione di quando il mondo intero ti crolla addosso, rovinoso, travolgendoti completamente? Quando ti rendi conto di aver fatto non un semplice errore madornale, ma l’errore più grande della tua vita, e che poi, quando ti troverai ad essere gettato nella disperazione più nera, potrai soltanto dire che è stata tutta colpa tua? Quando la paura ti prende, ti si ferma il cuore, ti si attanagliano le viscere, non riesci più a pensare, ti tremano le mani, vorresti soltanto morire, sprofondare, tornare indietro, sistemare, riprovarci, ritentare, far sì che tutto vada per il meglio e che il tuo errore non ci sia più, che sia qualcosa che puoi correggere con facilità, e poi tutto tornerà come prima, tutto sarà come se non fosse mai successo niente?

E invece no.

Capisci che non puoi.

Non riesci ad illuderti fino a quel punto, perché sei una persona consapevole e realistica, e devi prenderne atto.

È la verità. Ed è tutta colpa tua.

Come è possibile vivere un orrore del genere?

Si deve per forza.

Perché non hai il coraggio di ucciderti con le tue mani, nonostante ogni secondo della tua misera esistenza continui a pensare che sia mille volte meglio la morte che questo schifo.

Questo schifo di cui solo tu sei responsabile.

Come si può esprimere con efficacia il significato dell’espressione “rovinarsi con le proprie mani”?

È troppo grande da concepire. Troppo spaventoso da immaginare.

Dover pensare ogni secondo che la colpa è solo tua.

Non voglio più vivere, non ce la faccio.

James.

James non c’è più.

Era tutta la mia vita, e io l’ho mandato a morte.

 

I will let you down,

I will make you hurt.

 

Vorrei urlare, ma mi si contrae il volto in una smorfia di pianto, le lacrime scendono, piango disperatamente, senza sosta, finché non sarò esausto di me stesso, di nuovo per colpa mia.

È stata tutta colpa mia.

James era tutto quello che avevo. Era grazie a lui che ero felice. Grazie a lui che ero vivo.

Era il mio migliore amico, dannazione.

Stringo i pugni, forte. Non mi preoccupo di farmi male. Non sento più il dolore. Anzi, vorrei soffrire fino a poter perdere la testa, così non dovrei più trascorrere ogni singola giornata a fare i conti con i miei pensieri.

Lo sogno tutte le notti.

Tutte le mie dannatissime notti. Ripetitive, innumerevoli, insignificanti. Da quanto sono qui? Quante ore ho trascorso giacendo addormentato sul pavimento freddo?

E ho sempre il suo viso davanti agli occhi, quell’angoscia che si ripete. La vittima del mio assassinio. Il motivo per cui sono rinchiuso tra queste sbarre, mentre il gelo mi corrode le ossa e il buio mi offusca la vista. E paradossalmente, la spia non ero io.

Ma è come se l’avessi consegnato io.

Io l’ho condannato.

Io ho ceduto l’incarico.

Io, dannazione.

Era il mio migliore amico.

Avrei dovuto morire io al posto suo.

Spesso c’è una folla, intorno a noi. Una folla urlante, inferocita, che mi accusa con violenza. Come se avessi fatto un torto a loro. Sono le facce che avevo intorno quel giorno, quella mattina fredda. Altre persone morte per colpa mia. Quando avrei voluto spaccare il mondo tra le mie mani. Quando ho desiderato per la prima volta con un’intensità folle di uccidere, senza nessun senso di colpa, nessun rimorso, volevo solo vedere i suoi occhi mentre soccombeva per mano mia, soffrendo atrocemente. Ma non avrebbe mai sofferto come me. Niente potrà mai eguagliare il mio dolore.

 

What have I become,

My sweetest friend?

Everyone I know goes away

In the end.

 

James.

Sono stato io ad ucciderlo, a consegnarlo all’unico che aveva il potere di decretare la sua fine, ho segnato il suo destino, e avevo fatto di tutto perché accadesse l’esatto contrario.

L’ingiustizia del mio caso non riesce più a farmi arrabbiare con la sorte.

Non c’è nessuna sorte, la decisione l’ho presa io. La responsabilità è mia. Io, che sono sempre stato considerato irresponsabile.

Evidentemente lo sono davvero.

Perché?

Era il mio migliore amico.

Perché?

C’è qualcuno che avrebbe potuto impedirlo?

Qualcuno che aveva il potere di decretare che le cose andassero diversamente?

Che marchio mi hanno impresso per fare sì che tutta la mia felicità venisse distrutta proprio nel momento in cui avevo cominciato a viverla veramente?

Che senso ha tutto questo? Per quale motivo qualcuno dovrebbe elevarsi all’apice di sé stesso, cominciare a capire che ha tutto quello che potrebbe desiderare, che la serenità comincia ad avvolgerlo, che possiede qualche sicurezza nella vita, in quelle persone che dovrebbero stargli sempre accanto, se poi il momento dopo è costretto ad assistere alla rovina e alla cancellazione totale di quello che credeva di avere, dove il legame è più forte di qualsiasi avversità allora per spezzarlo interviene la morte, e quello che ne resta è solo un relitto umano…

Vorrei essere morto.

Vorrei essere morto io al posto di James.

James almeno avrebbe avuto Lily a consolarlo, e Harry. Io sono solo. Solo come il cane in cui mi trasformavo una volta. Solo perché tutti credono che abbia tradito il mio migliore amico. Come diavolo è possibile che lo pensino davvero, dannazione? James era la mia vita, era l’unica persona per cui avrei fatto qualsiasi cosa su questa terra, l’unico per cui avrei ucciso, l’unico che volevo a fianco fino alla fine dei miei giorni, per farci da conforto l’uno con l’altro, per conservare sempre quella scintilla che ci aveva fatto vivere dei meravigliosi anni insieme. Come possono credere che io possa essere arrivato a tradirlo? Perché il peso di questa condanna deve gravare proprio su di me, che non riesco nemmeno ad accettare la sua morte, che non riesco più a vivere, ad andare avanti, a pensare di poter avere un futuro, di riuscire a provare gioia, di non dover più desiderare di non svegliarmi la prossima mattina…

 

I wear this crown of thorns,
Upon my liar's chair.
Full of broken thoughts,
I cannot repair.

 

Un grido mi esce dal petto. Svanisce tutto il mio orgoglio, tutta la mia dignità. Divento un folle, come tutti gli altri. Grido perché non ce la faccio più. Perché la sofferenza mi sta uccidendo. Sono morto dentro, non provo più sentimenti positivi, né potrò mai provarli. Che cosa mi aspetta? Per quanti anni dovrà ancora andare avanti questa messinscena? Io non desidero altro che la morte. Non ho più speranze. Voglio rivedere James. Voglio vederlo e sentirlo dire che mi perdona, dopo che mi sarò gettato in ginocchio davanti a lui. Ho distrutto la sua vita. Merito solo di morire.

Sono stanco di piangere. È la stanchezza a chiudermi gli occhi. Sento i muscoli contrarsi un’ultima volta, vedo solo il buio davanti a me…

 

“Sirius, voglio che tu la smetta di tormentarti così!”

Non ci sarà fine al mio tormento, James… è tutta colpa mia… tutta colpa mia…

“Sirius, devi smetterla!”

Un sussulto mi scuote, tu sei qui, non ti vedo, ma sei qui. Ho sentito la tua voce… mi hai chiamato… vuoi ancora rivolgermi la parola…

“Non devi chiedermi perdono, Sirius.”

È il giardino di Hogwarts. I suoi prati, le sue luci, l’acqua scura del lago. C’è vento, nuvole grigie. Non un’anima viva nei dintorni.

Che diavolo mi succede?

“Mi hai capito? Non voglio sentire una sola parola di scusa uscire dalle tue labbra.”

Tu sei pazzo, James… sei morto per colpa mia… so che non potrai mai perdonarmi… ho stroncato la tua esistenza nel momento in cui tutto era perfetto, nel momento in cui ti era appena nato un figlio, avevi sposato da poco la donna della tua vita, eri felice, avevi tutto quello che potevi desiderare, e io ti avevo ancora accanto a me, e non avrei mai potuto immaginare…

“Sirius!”

Eccoti, sei qui.

Il cuore mi si ferma nel petto. Spero di stare per morire. Voglio soltanto raggiungerti di nuovo… non ha più senso, niente ha più senso ormai…

“Sirius, non è stata colpa tua.”

Come puoi dire una cosa del genere…

“Hai cercato di salvarmi.”

E ho prodotto l’effetto opposto.

“Non potevi prevederlo.”

Ma è successo ugualmente, e tu ora non ci sei più.

“Chi ha deciso di uccidermi non sei tu, dannazione!”

Già. Peter. L’unico da cui avrei dovuto guardarmi… con tutti quelli che avrei potuto scegliere, proprio lui…

“Hai lottato per me.”

E ho fallito. Fallito miseramente. Niente ha più senso.

“Hai lottato con tutto te stesso.”

Perché? Perché ti ho ucciso?

“Non sei stato tu, Sirius!”

Avrei potuto essere io il Custode Segreto… io, starmene zitto, e non dire niente… non tentare di trovare una via migliore… cercare di andare sempre oltre le mie possibilità…

“Anche Peter avrebbe potuto non consegnarmi.”

Ma lui era servo di Voldemort. Era logico che lo avrebbe fatto.

“Lui ha scelto di servire Voldemort! L’ha scelto! Tu no!”

James…

Perché non si può tornare indietro…

Perché non posso riaverti…

La mia non è più una vita, James… portami con te…

 

Everyone I know goes away
In the end.
And you could have it all
My empire of dirt.

 

“Devi proteggere mio figlio.”

Desidero solo la morte…

“Devi proteggere mio figlio, Sirius! Hai capito? Solo tu puoi farlo!”

Che significa… sono stanco… solo la morte può placare il mio sonno…

“Solo tu sai la verità, Sirius! Voldemort sta tornando… voglio che mio figlio viva, Sirius…”

Come posso fare quello che mi chiedi… sono chiuso in un carcere… l’unico modo in cui posso uscirne è smettendo di respirare, una volta per tutte… basta giocare a trattenere il fiato, per poi mollare… devo avere il coraggio di andare fino in fondo… di non cedere più…

“Tu sei ancora in vita, e io ti sto dando uno scopo, Sirius.”

Anche quando sono soltanto una creatura priva di senso…

“Verrà a prenderlo, e io non potrò fare niente. Solo tu hai il potere di salvarlo. Tu sai la verità, sai chi tenterà di consegnarlo a Voldemort…”

Maledetto bastardo. Sto scontando la tua condanna, quando avrei voluto guardarti morire tra sofferenze atroci. Meriti più della morte, dannato traditore.

“Devi fermarlo.”

Dovrei trasformarmi in un cane e dilaniarlo tra le sue grida, schiacciandolo con la mia ferocia.

“Ti prego, Sirius.”

James. Perché…

“Sei il mio migliore amico.”

Perché è finita così?

“Voglio che salvi mio figlio.”

Harry… chissà che aspetto avrà, ora… ho sentito dire che ti assomiglia come una goccia d’acqua…

“Tu sei innocente, mi hai capito? È per questo che uscirai da qui!”

Ho fatto l’errore più grande della mia vita…

“Sirius, tu combatti, dannazione! Tu non ti prostri di fronte alle disgrazie! Tu reagisci, ti rialzi, ricominci a vivere!”

Lo so. So che hai sempre pensato che io fossi forte. Che potessi resistere a tutto. Ma tu non sai cosa si prova, James… non lo sai… io ho perso tutto, non ho più niente per cui lottare…

“Mio figlio, Harry! Ha bisogno di te!”

Avresti dovuto crescere tu tuo figlio, James.

“Non puoi più cercare di cambiare il passato.”

Ma non posso nemmeno accettarlo.

“Puoi evitare che le sue conseguenze si protraggano anche nel presente. Se tu non fermerai Peter, Harry morirà, e la sua opera sarà completa.”

Quel dannato figlio di puttana, non deve osare torcere un capello a un Potter.

“Solo tu puoi impedirlo.”

Io non sono niente…

 

I wear this crown of thorns,
Upon my liar's chair.
Full of broken thoughts,
I cannot repair.

 

“Tu sei l’unico! L’unico, Sirius!”

Non glielo permetterò. Te lo giuro, James, non lascerò mai che si avvicini a Harry. Morirò, piuttosto. Morirò per lui. E allora, allora forse tutto avrà un senso, allora forse mi perdonerai…

“Non ho niente da perdonarti, Sirius. Solo ora tu puoi scegliere, perché solo ora hai tutti gli elementi per giudicare. Quando hai deciso di scambiarti con Peter non potevi sapere, altrimenti non ci sarebbe stato niente da discutere. Ma adesso sai. Sai che Peter è ancora vivo, e sai come trovarlo. Sai che Voldemort sta tornando. La mia vita non dipendeva da una tua scelta, Sirius, ma da una scelta di Peter. Ora quella di Harry dipende dalla tua.”

Morirò, piuttosto.

Non andare via.

 

Everyone I know goes away,
In the end.

 

Un grido mi sveglia, tremante, sudato, riverso a terra. James. Dove sei. Ti ho soltanto sognato, illudendomi di poter avere realmente la possibilità di rivederti, e di ascoltarti mentre mi parli.

Non riesco ad accettare che la mente mi giochi questi scherzi.

Ma non sono grida di delirio, queste. Tutt’a un tratto, comprendo benissimo. L’ispezione annuale. Caramell, le porte si stanno aprendo per lui. Le porte di Azkaban. Quelle da cui nessuno che ne esca può dimenticare l’incubo che ha vissuto.

“Salve, Caramell.”

Mi si avvicina, l’aria ottusamente sorpresa.

“Come, lei non è…”

“…impazzito? Nossignore, come vede.”

Sorrido, il mio è un sorriso beffardo. Gli fa paura. Lo vedo, indietreggia e mi squadra con sospetto.

“Non me ne capaciterò mai.”

“Già, davvero un’anomalia intollerabile.”

Mi guarda ancora, e non si rende conto che non capirà mai. La soluzione è così semplice. Sono innocente.

“Dato che è ancora in possesso delle sue facoltà mentali, signor Black, magari le farà piacere avere qualche notizia dal mondo di fuori.”

Mi ha gettato un giornale tra le sbarre, poi si è voltato per andarsene. Come a un cane. Un cane rabbioso che nessuno vuole avvicinare, ma che tutti hanno troppa paura di maltrattare.

 

I wear this crown of thorns,
Upon my liars chair.

 

Fisso il giornale con disgusto. Mi farà sognare il mondo di fuori, mille ricordi mi assaliranno la mente, mille collegamenti logici mi porteranno a rivivere episodi troppo dolorosi, e finirò per piangere, come al solito.

Mai avrei pensato che la mia dignità potesse scendere così in basso.

 

Beneath the stains of time,
The feelings disappear.
You are someone else,
I am still right here.

 

Ma la curiosità è troppa. È un mio difetto che non sono mai riuscito a temprare. Preferisco sapere, in ogni caso. Conoscere quello che mi circonda. Non riesco a rendermi conto del prezzo che finirò per pagare, aprire quel giornale diventa fin troppo importante per me.

C’è una foto, in prima pagina. Gente viva, sorridente. Felice.

Tutte cose a cui ho dovuto dire addio.

Sono ragazzi, come lo eravamo io e James prima che le nostre vite finissero.

Sono una famiglia.

È troppo per me, non ce la faccio a sopportarlo. Nascondo il viso tra le mani mentre il giornale mi scivola dalle gambe. Vorrei che mi ascoltassero quando grido, perché il mio è il grido di una persona cosciente. Una persona che sa che cosa sta attraversando, nel momento in cui ha ormai perso tutto quello che aveva. Costretta a ricordare, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Costretta a soffocare un dolore lancinante.

Forse avrei preferito essere colpevole, almeno la mia ragione la smetterebbe di tormentarmi.

 

Try to kill it all away,
But I remember everything
.

 

Riprendo il giornale in mano, è più forte di me.

L’Egitto, uno dei tanti posti che non ho mai visto.

Forse avrei potuto. Ma sono finito a marcire in un carcere.

Osservo quei volti, uno per uno. Mi soffermo sui particolari. Come si assomigliano, come sembrano uniti… si abbracciano, in preda ad una gioia inaspettata. Una splendida famiglia numerosa…

Un momento.

Aguzzo la vista, per niente sicuro di aver visto bene. Avvicino il giornale al viso, l’oscurità di Azkaban mi ha quasi reso cieco ormai. È da anni che non sforzo i miei occhi fino a questo punto, ma ora…

Il ragazzo, uno dei ragazzi, ha un topo sulla spalla.

Le stesse chiazze, la stessa forma e grandezza, le stesse orecchie, la stessa distanza fra gli occhi.

Sembra Peter.

Peter?

E che diavolo ci fa sulla spalla di un ragazzo in vacanza in Egitto?

I battiti del cuore accelerano d’improvviso. E se non fosse lui? E se mi stessi soltanto sbagliando? Non posso più rischiare di compiere errori madornali, non posso più rischiare di rovinare tutto quanto…

Poi un altro giornale, un altro articolo mi torna alla mente.

 

“La più grossa parte di Peter Minus ritrovata sul luogo dell’incidente è stato un dito della mano.”

 

La più grossa parte. Peter si è tagliato un dito. Avevo riso quando l’ho letto. Un’ingegnosità che non aveva pari…

Ma se Peter non aveva più il dito, allora nemmeno il topo…

“AH!”

È lui, il bastardo. Non ce l’ha. Gli manca un dito, ad una zampa. Non si vede facilmente, ma non è nemmeno un particolare così definito. Gli manca un dito, ne sono certo. È lui. È Peter.

La voglia di ucciderlo mi annebbia il cervello. Stringo convulsamente quel pezzo di carta tra le mani, tremando. Il sogno che ho fatto, James me l’ha detto.

 

Se tu non fermerai Peter, Harry morirà, e la sua opera sarà completa.

 

Sai che Peter è ancora vivo, e sai come trovarlo.

 

James sa, mi ha detto cosa fare. Possiedo tutti gli elementi, il suo è stato solo un preavviso. La follia mi invade. Non posso credere a quello che sto pensando. Sono seriamente convinto di aver avuto un sogno premonitore, e forse non era solo frutto del mio inconscio, forse quello che ho visto era davvero lo spirito di James… forse lui è davvero venuto a parlarmi, non era la stessa figura muta e grave che ho visto tutte le altre volte quando l’ho sognato, questo James mi ha parlato, mi ha detto che non è colpa mia, che posso ancora fare qualcosa, che devo salvare suo figlio…

 

If I could start again,
A million miles away…

 

Il mio sguardo si fissa sul vuoto della parete. Un’energia improvvisa mi pervade tutto il corpo. La vita mi è stata restituita. Un soffio, un lieve battito d’ali. Un niente. Morirò, ma questo non è il momento. Ora devo vivere, devo fare quello che James mi ha chiesto di fare.

Devo salvare suo figlio. E lo farò ad ogni costo.

 

Morirò, piuttosto.

 

Mi sollevo, traballante. Le gambe sono intorpidite. È da mesi che non mi alzo in piedi, tanto è grande il peso della colpa che mi schiaccia a terra. Ma ora, James mi ha detto tutto, mi ha parlato.

 

Tu sei innocente, mi hai capito? È per questo che uscirai da qui!

 

Per questo. Per questo uscirò da Azkaban. Per questo il più temuto criminale della storia della magia farà ritorno nel mondo dei vivi. Per questo tornerà dall’unico uomo che ha cercato di uccidere.

 

Tu sei l’unico! L’unico, Sirius!

 

L’unico. L’unico che può dare serenità all’anima del mio migliore amico. Io, paradossalmente. La voglia di vivere mi sta tornando. Mi sta tornando per James. Solo lui poteva restituirmela, e l’ha fatto. Non credo nei miracoli, ma stavolta mi è davvero impossibile.

Devo trovare assolutamente un modo per uscire da qui.

James…

Il volto mi si contrae. Sono sopraffatto da un’emozione che mi riempie il cuore e il cervello in maniera incontrollabile. Non ci posso credere, è tutto vero, ho ancora qualcosa per cui vivere…

Chiudo gli occhi.

Sento la determinazione scorrermi nelle vene.

Non devo pensare al resto. Non ha più importanza. Presto rivedrò James, ma fino ad allora, devo cercare di cogliere l’ultima possibilità di riscatto che mi è stata offerta.

Lo farò, per me e per lui.

Perché è suo figlio.

Perché non si può cambiare il passato.

 

If I could start again,
A million miles away,
I will keep myself,
I would find a way.

 

Non smetterò mai di sentirmi colpevole per quello che ti ho fatto, James.

È una spada che pende sulla mia testa. Presto calerà su di me e mi ucciderà. Sarà un trapasso veloce, indolore, subitaneo. Lo sento. Ma poi ti rivedrò, ti rivedrò davvero. Ora so in che cosa credo, ed è troppo importante per lasciarsi morire.

Questo è il momento della rinascita.

Sento di nuovo la forza scorrere dentro di me, l’energia del mio corpo che mi pervade. Sono ancora in grado di raggiungere il massimo della mia potenza. Uscirò da qui, ad ogni costo, e troverò quel maledetto bastardo.

Mi incurvo, mi abbasso, il freddo non mi penetra più nelle ossa, il mio olfatto è mille volte più sviluppato, il mio udito più acuto.

Abbasso lo sguardo sulle mie zampe nere.

Le sbarre della cella, mi avvicino. Devo contorcermi, ma le oltrepasso. Sono abbastanza magro per permettermelo. I Dissennatori non si accorgono di me, nessuno mi guarda, sono solo un animale insignificante, e non aspiro ad essere notato.

Muovo un passo dopo l’altro, acquisto rapidità a mano a mano che procedo sul terreno umido.

Sto correndo. Fuori da Azkaban. Fuori dalla mia vita.

Sto correndo verso il sole. Verso la luce. Verso la rinascita. Me ne sto andando da qui. La mia mente è pervasa da un unico scopo.

Ramoso. Presto torneremo a correre insieme.

È una promessa.

 

   
 
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