Con
aria assorta Jude continuava a
fissare il cemento sotto i suoi piedi come se fosse la cosa
più interessante al
mondo. Poco importava in realtà quello che ci fosse attorno
a lei, quel giorno
la sua testa era da tutt’altra parte, tenuta in ostaggio da
uno stupido,
cafone, affascinante, perfetto ragazzo dal sorriso strafottente e gli
occhi a
mandorla.
Era
spaventata dalle parole di quel
ragazzo, e non poco. Aveva paura di perdere il lavoro e soprattutto
aveva paura
di cosa le avrebbe chiesto di fare per “mantenere
il segreto”. Per quanto poteva saperne lei, poteva
essere un pazzo
psicopatico con tendenze al sadico e il fatto che volesse in qualche
modo
ricattarla non la rassicurava neanche un po’.
D’altro
canto però, c’era una parte
di lei che era tremendamente attratta da lui. Quei suoi modi
strafottenti e
distaccati la incuriosivano ed erano in totale contrasto con quegli
occhi
spenti, privi della vitalità che si sarebbe aspettata da uno
con quel
caratterino. Quegli occhi nascondevano qualcosa e Jude, abituata
com’era a farsi
i suoi viaggi mentali, non poteva smettere di chiedersi ossessivamente cosa.
Era
talmente immersa nei suoi
pensieri che non vide nemmeno Elle avvicinarsi, finché
questa non le sventolo
una mano avanti agli occhi.
Per
qualche istante Jude si perse a
fissare in silenzio l’amica che si era curvata verso di lei e
la guardava con
un sopracciglio alzato.
-si
può sapere che hai?- borbottò
-che
ho?- chiese retorica Jude,
ancora tra le nuvole
Elle
sospirò mettendosi in posizione
eretta –non so, mi sembri più ritardata del solito
oggi-
-sei
sempre gentile Eleanor- alzò
gli occhi al cielo chiamandola col suo nome intero e quando li
riabbassò trovò
John che le sorrideva con un sacchetto tra le mani
-ciao
Jude- la salutò il ragazzo e
lei sorrise in risposta seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva
accanto ad
Elle, che intanto aveva preso posto sulla panchina alla sinistra di
Jude.
John
era l’ormai storico ragazzo di
Elle, si erano conosciuti alla Columbia due anni prima, dove
frequentavano lo
stesso corso di matematica ed era stato subito colpo di fulmine, da
parte di
John almeno, che aveva impiegato qualche mese per riuscire a
conquistare la
fiducia e l’affetto di Elle. Ad ogni modo, nonostante il
carattere scostante di
Elle i due erano l’emblema della coppia perfetta, secondo
Jude. Ad un primo
sguardo non sembravano nemmeno una coppia di innamorati, Jude stessa in
due
anni non li aveva mai visti scambiarsi effusioni, ad eccezione di
qualche
carezza che ogni tanto sfuggiva, ma bastava osservarli per cinque
secondi per
notare il mondo in cui John osservava silenziosamente Elle con aria
ammirevole
o come a volte Elle gli sistemava il colletto della camicia
lasciandogli, in un
gesto che poteva sembrare del tutto casuale, una leggera carezza sul
collo. Non
si poteva dire che a causa dei continui cambi di umore della ragazza i
due non litigassero
spesso, ma il tutto si risolveva sempre in poche ore e con una serata
in cui
Jude e Lauren erano gentilmente invitate a lasciare la casa libera
all’inquilina, per permetterle una degna riappacificazione.
Secondo
Lauren, John aveva qualche
tendenza masochista e soffriva di una sconcertante e grave schizofrenia
per
stare con Elle. Secondo Jude, invece, i due erano semplicemente
innamorati.
-pausa
pranzo anche per te?- le
domandò il ragazzo estraendo dalla busta un hot dog grande
come il suo viso –ne
vuoi un po’?- chiese gentile allungandoglielo
A
quella vista Jude non riuscì a
trattenersi dallo storcere il naso, disgustata.
Elle
assestò una gomitata leggera
tra le costole del ragazzo, che sussultò appena
–son quasi due anni che la
conosci e ancora non ricordi che lei non mangia carne qui-
-oh
già, dimentico sempre le sue
stranezze- scosse la testa con aria affranta
Jude
alzò un sopracciglio senza però
rispondere. Con la ragazza che si ritrovava, proprio non le sembrava il
caso
che John prendesse in giro le sue
di
stranezze.
Però
era vero, da quando era a New
York non mangiava carne. Non perché fosse vegetariana, anzi,
da buona ragazza
del sud era stata cresciuta con bacon a colazione, costolette di
agnello e
hamburger a pranzo e grigliate la sera, ma quando era a casa sapeva
cosa stava
mangiando e da quale animale provenisse quella carne. Lì le
cose erano diverse,
a New York sarebbero stati capaci di usare i topi delle fogne per fare
hot dog
come quello che stava mangiando John e Jude proprio non ci teneva ad
assaggiare
carne di ratto.
-quanta
bella gente!- l’urlo di
Lauren distolse la sua attenzione dal calcolo mentale delle
probabilità che in
quell’hot dog ci fosse carne di ratto e si voltò a
fissare la ragazza che con
un sorriso si dirigeva verso di loro
-non
dovevi andare a quel seminario
sulla seconda guerra mondiale?- il sorriso di Lauren diventò
una smorfia di
fronte all’affermazione di Elle, che la guardava canzonatrice.
-non
ne avevo voglia- sminuì il
tutto con un gesto della mano prendendo posto accanto a Jude, ben
lontana dalla
rossa che stava prendendo una mela verde dalla sua tracolla
–e poi tra mezz’ora
ho la lezione di disegno, non voglio perdermela-
-oh,
certo, sarebbe un’atrocità
privare il mondo dei tuoi scarabocchi su tela-
Jude
cercò di trattenere una risata,
scambiando uno sguardo complice con John. Quelle due erano nate per
punzecchiarsi.
-sei
un’idiota! Sono migliorata
tantissimo ultimamente- sbottò irritata Lauren
-cosa
farete oggi?- chiese Jude, per
nulla interessata, ma intenzionata come sempre ad evitare che una
stupida
discussione tra le due sfociasse in un vero e proprio litigio
Lauren
parve apprezzare l’interesse
di Jude e si illuminò, sorridendo contenta.
-
dipingeremo la natura morta!-
-morta?
Si sarà suicidata dopo aver
saputo di dover posare per te- fu la triste battuta di Elle
Jude
alzò gli occhi al cielo per poi
posarli sulla mora, che intanto stava diventando paonazza.
-ok,
io vado a lavoro!- scattò come
una molla, cercando di distogliere i pensieri di Lauren dai mille modi
in cui
uccidere Elle
-non
avevi letteratura dopo?- ci
riuscì, fortunatamente
-in
verità la professoressa Green ci
ha dato buca per le prossime due ore- spiegò ai tre
-ho
sentito dire da Matt, che segue
il tuo stesso corso con la Green- cominciò John abbassando
la voce,
avvicinandosi con fare cospiratorio –che la professoressa
abbia notizie
importanti da darvi, probabilmente lo farà domani-
-notizie
di che genere?- chiese Jude
curiosa alzando entrambe le sopracciglia
-non
lo so- il ragazzo scosse la
testa –ma oggi non è qui perché doveva
sistemare le ultime cose-
La
professoressa Green insegnava
letteratura alla Columbia, i suoi corsi erano sempre affollati tanto
che gli
alunni erano costretti a recarsi alle lezioni almeno un’ora
prima per non
rischiare di rimanere in piedi o seduti sulle scale, manco fosse un
concerto
degli AC/DC. D'altronde bastava seguire una sola lezione di quella
donna per
capire il perché di quella calca di giovani. Ogni volta che
spiegava un
argomento nuovo Jude pendeva dalle sue labbra, la passione, la
precisione e la
semplicità con cui riusciva a spiegare argomenti che a primo
acchito potevano
sembrare complicati era stupefacente. Inoltre aveva pubblicato qualche
romanzo
e Jude li aveva letti tutti, trovandoli squisitamente emozionanti.
Non
vedeva l’ora di sapere cosa
aveva da dire alla classe.
-beh,
lo scopriremo domani allora-
sorrise –ora devo andare-
-ma
è presto per andare a lavoro-
Lauren la guardò dubbiosa
–ho già
chiamato Frankie chiedendo se potevo
andare un po’ prima, un po’ di straordinario non fa
male- concluse alzando le
spalle.
-rivedrai
il modello psicopatico?-
chiese Elle prima di addentare la sua mela
-non
lo so- rispose sorridendo
Quando
Jude le aveva raccontato
l’accaduto, Elle l’aveva guardata sconcertata
dicendole di star ben lontano da
quel tipo, che da allora aveva preso a chiamare col tenero nomignolo di
“psicopatico”.
-
fagli vedere chi sei Jude!- Lauren
agitò un pugno in aria, con fare teatrale
Jude
sospirò sistemandosi la sciarpa
attorno al collo –fareste meglio a rientrare, si congela qui
fuori!- si avviò
verso la strada
-in
bocca al lupo- ridacchiò John
strizzandole l’occhio
-già-
si sforzò di sorridere -è
proprio lì che sto andando-
La
busta era arrivata, puntuale come
ogni giorno, questa volta però Jude si dirigeva verso la
meta con uno strano
formicolio allo stomaco ed un sorriso stampato sulle labbra.
Un
momento.
Perché diavolo stava sorridendo? Era forse impazzita?
Si
fermò al centro del marciapiede
accigliandosi, mentre alcune persone la spintonavano per passare senza
minimamente curarsi di lei. Stava andando diritta tra le braccia
–non letteralmente- del
suo sicario e lo
faceva con un sorriso sulle labbra. Si, stava impazzendo, non
c’era altra
spiegazione.
Con
un sospiro riprese la sua strada
e nonostante fosse riuscita a togliersi quel ridicolo sorriso dalla
faccia, il formicolio
allo stomaco persisteva facendole avvertire una strana impazienza. Di
certo non
era impaziente di sapere come l’avrebbe ricattata il ragazzo,
non era così
masochista. Allora che accidenti le stava prendendo?
Piantala
di psicoanalizzarti e cerca di uscire indenne da questa maledetta
consegna.
Jude
decise di seguire il consiglio
della saggia vocina che volteggiava nella sua testa e si
limitò a mettere un
piedi avanti all’altro, smettendo di farsi inutili viaggi
mentali sui suoi
comportamenti da psicopatica.
Quando
arrivò fuori al fatidico
grattacielo sospirò prima di entrare e, come ormai era
routine, prenotare
l’ascensore che l’avrebbe portata al piano giusto.
Prese a fissare i numeri in
alto che si illuminavano uno dopo l’altro, mentre con un
piede batteva a terra
a ritmo del battito accelerato del suo cuore ed ignorando volutamente
quella
sensazione di claustrofobia del tutto insolita. Quando finalmente le
porte si
aprirono avanti a lei fu costretta a prendere l’ennesimo
respiro profondo per
evitare di collassare.
Uscì
dall’ascensore senza nemmeno
degnare di uno sguardo la ragazza seduta dietro la scrivania,
dirigendosi a
passo spedito verso quella porta che stava per farle venire un attacco
di
panico, o meglio chi che
c’era dietro
la porta.
Evidentemente
però, quella bionda
svampita doveva essere stata assunta col preciso scopo di rovinarle la
giornata.
-Signorina!-
la richiamò con aria
indignata –dove va?-
Jude
alzò gli occhi al cielo, prima
di voltarsi ed alzare, per l’ennesima volta, la busta
all’altezza del viso.
-devo
consegnare questi- commentò
con tono piatto, impaziente
-può
consegnarli a me- la bionda si
alzò facendo gelare Jude sul posto.
Poteva…che?
-ma
ho sempre consegnato di
persona…- controbatté flebilmente, confusa
-da
oggi prenderò io le consegne,
non si preoccupi-
Jude
si avvicinò lentamente alla
scrivania mentre mille pensieri le affollavano la mente.
Perché quel
cambiamento? La spiegazione logica ed avventata che le venne in mente
fu che
Andrew avesse spifferato tutto e che quindi qualcuno avesse dato
preciso ordine
alla bionda di non far avvicinare Jude. Ma perché
l’avrebbe fatto? Il giorno
prima non sembrava intenzionato a dire nulla, anzi, sembrava aver preso
la cosa
con sorprendente sarcasmo. Perché avrebbe dovuto cambiare
idea in una notte?
Posò
la busta sul bancone alzando
lentamente lo sguardo verso la ragazza, forse avrebbe potuto chiedere
spiegazioni. Ma quando la vide guardarla con aria incerta e di
superiorità non
ebbe il coraggio di proferire parola.
-può
andare- infierì la bionda, con
tono gelido ed impaziente
Jude
balbettò qualcosa e si avviò
verso l’ascensore, rifugiandosi dentro.
Era
delusa e spaventata e non poté
che darsi dell’idiota quando capì che la sua
delusione non era dovuta al fatto
che il ragazzo con ogni probabilità avesse deciso di dire
tutto, ma era
terrorizzata dalla certezza che ora non l’avrebbe rivisto mai
più.
I
giorni intanto passavano e Jude
era sempre più intrattabile. Ogni volta che entrava in quel
grattacielo e
consegnava la busta tra le mani laccate di fuxia della bionda si
rabbuiava,
lanciando occhiate furtive e speranzose a quella porta, che
però restava sempre
chiusa.
Ed
ora, mentre camminava in quella
strada che mai aveva visto prima e che aveva un aria tetra e sinistra,
una
nuova consapevolezza si faceva largo dentro di lei: si
era persa.
Sbuffò
alzando il viso verso il
cielo ormai scuro, solo quella ci mancava. Controllò di
nuovo l’indirizzo
segnato sulla busta ed ebbe la conferma che il nome della strada
coincideva con
quella in cui si trovava in quel momento, ma non c’era
nessuna traccia del
numero civico scarabocchiato in modo veloce. Aveva anche provato a
chiamare il
numero che era stato lasciato per casi di emergenza come quello, ma
dopo la
seconda volta che aveva aspettato inutilmente che qualcuno le
rispondesse Jude
ci aveva rinunciato.
Cosa
doveva fare in questi casi?
Frankie non le aveva detto niente a riguardo, ma le alternative erano:
girovagare inutilmente per quella strada poco rassicurante o tornare
indietro,
probabilmente beccandosi una ramanzina da Frankie.
Restò
ferma per qualche istante a
pensare, ma quando vide un gruppo di ragazzi uscire da un market dal
fondo
della strada -che emanava un odore
nauseabondo- con in mano varie bottiglie di vetro che di
certo non
contenevano acqua, decise che con ogni certezza era meglio sorbirsi una
ramanzina da Frankie piuttosto che restare in quella strada, da sola,
un minuto
in più.
Si
voltò di scatto dando le spalle
al gruppo ed aumentò il passo cercando di tornare sulla
strada principale ed
uscire da quella priva di luce, era stata fin troppo coraggiosa fino a
quel
momento. Fece solo qualche metro però, perché una
sagoma scura sbucò
dall’oscurità puntandosi avanti a lei, facendola
inchiodare sul posto. Jude
alzò lo sguardo e trattenne rumorosamente il
respirò quando vide un uomo che
aveva tutta l’aria di essere un senza tetto con gli occhi
rossi iniettati di
sangue.
-hei,
biondina, ti serve qualcosa?-
biascicò barcollando e Jude rabbrividì intuendo
che probabilmente l’uomo aveva
fatto uso di stupefacenti o alcol
-no-
abbassò lo sguardo e scattò
verso destra, cercando di superarlo, ma nonostante i suoi riflessi non
fossero
del tutto pronti, l’uomo riuscì ad afferrarla per
un braccio
-qui
vendiamo di tutto bellezza,
cosa ti serve? Hashish, coca, ecstasy?-
Jude
spalancò gli occhi e strattonò
il braccio cercando di fuggire alla presa salda dell’uomo.
Dove diavolo si era
cacciata, nel covo degli spacciatori?
-non
mi serve nulla, mi lasci andare
la prego- sentì il cuore cominciare a batterle a mille
mentre la paura
cominciava ad annebbiarle la mente
-e
allora che ci fai qui?- sbottò
l’uomo stizzito strattonandola per il braccio, attirandola
più vicina a se
-mi
sono persa- gemette Jude
cercando nuovamente di divincolarsi senza successo
-vuoi
che ti accompagni a casa?- il
sorriso che le rivolse la fece gelare sul posto, quel tipo non
l’avrebbe
mollata tanto facilmente.
Gettò
un’occhiata dietro le sue
spalle sperando di intravedere di nuovo quei ragazzi di poco prima,
magari
avrebbero potuto aiutarla. Ma non c’era più
traccia di anima viva.
Se si fosse messa ad urlare? Quante probabilità
c’erano che qualcuno la venisse
ad aiutare in quel posto?
Jude
sentì le lacrime pizzicarle gli
occhi mentre l’uomo di fronte a lei la fissava con aria
famelica. Mille scenari
diversi le si pararono di fronte e tutti erano alquanto violenti e si
concludevano non bene per lei. D’altronde le intenzioni di
quell’uomo non erano
di certo galanti e lei non avrebbe fatto una bella fine.
-Tesoro,
scusa il ritardo, sono
arrivato-
Jude
irrigidì automaticamente le
spalle sentendo quella voce dietro di lei. Stava forse sognando?
L’uomo
allentò la presa sul suo
braccio e Jude ne approfittò fulminea per balzare indietro
voltandosi a metà
tra l’uomo, che ora aveva assunto uno sguardo meno
determinato, e il ragazzo
che aveva parlato poco prima, liberandola da quella scomoda situazione.
Vedendola
impalata e con l’espressione
sconcertata, Andrew decise di afferrarle poco delicatamente un polso e
trascinarla accanto a lui. Jude sentì una scarica elettrica
attraversarle tutto
il braccio fino alla spina dorsale mentre uno strano calore cominciava
a
diffondersi nel punto esatto in cui il ragazzo continuava a stingerla.
Era la
prima volta che lui la sfiorava e Jude non riusciva a pensare che a
quello,
nonostante la situazione in cui si trovassero entrambi era del tutto
assurda e pericolosa.
La
stretta del ragazzo si era fatta
più delicata ora, dandole la possibilità di
sciogliere la presa qualora
volesse, ma Jude rimase immobile, si sentiva più al sicuro
con quella presa
salda ma gentile. Almeno questa fu la scusa che inventò per
non interrompere il
contatto fisico col ragazzo. Fissò gli occhi sul suo volto
accigliato e teso,così
diverso dall’ultima volta che l’aveva visto, ma non
per questo meno perfetto.
-c’è
qualche problema qui?- la
domanda di Andrew la riportò alla realtà,
facendole ricordare che solo qualche
istante prima l’uomo di fronte a lei la stava tenendo forte
per un braccio per
chissà quale losche intenzioni.
-stavo
solo indicando alla signorina
la via di casa- borbottò l’uomo, non
più sorridente come prima
-molto
gentile da parte sua-
commentò con tono irritato e sarcastico –ci penso
io a lei ora-
E
senza darle il tempo di dire
niente la trascinò dietro di se, mentre la presa si era
fatta di nuovo salda.
Jude
si fece trascinare come un
trolley mentre improvvisamente la consapevolezza di quello che era
appena
successo le crollava sulle spalle. Aveva rischiato davvero grosso,
quell’uomo
di certo non l’avrebbe lasciata andare se non fosse
intervenuto qualcuno.
Conoscendosi sarebbe dovuta essere già svenuta da un pezzo,
invece le gambe non
le tremavano nemmeno. Alzò lo sguardo trovando le spalle di
Andrew avanti a se
e con enorme stupore si rese conto che era merito suo, lui e la sua
presa salda
sul suo polso l’avevano fatta sentire istantaneamente al
sicuro, protetta.
Sorrise
ed arrossì quando si rese
conto che in quel momento doveva essere spaventata a morte e non col
cuore a
mille, felice di aver rivisto il ragazzo. Tutto quello che riusciva a
pensare
in quel momento però era “Oddio,
mi sta
stringendo la mano”.
Una
psicopatica, ecco cos’era.
Andrew
si fermò di colpo una volta
arrivati alla strada principale, piena di luci e persone e Jude
ritrovò il
respiro, riempiendo i polmoni.
-tutto
ok?- lasciò la presa e Jude
si sforzò di trattenere il broncio, come una bambina
capricciosa, per l’improvvisa
mancanza di quel contatto
-si-
sussurrò incontrando il suo
sguardo teso –grazie, io non…-
-che
ci facevi lì?- la interruppe
con tono brusco, sembrava irritato
-dovevo
fare una consegna- bisbigliò
piano intimorita dal tono e dallo sguardo che le stava rivolgendo
-lì?-
chiese, questa volta lo
sguardo era dubbioso
Jude
annuì e gli mostrò la busta,
lasciando che lui stesso controllasse il nome della strada.
-quel
numero civico non esiste-
commentò fissando la busta ed un campanellino
d’allarme suonò nella testa di
Jude
Cosa
ci faceva Andrew lì? Il posto
dove lavorava era lontano, quindi era improbabile che fosse
lì di passaggio.
Forse viveva nelle vicinanze. Le aveva fatto intuire l’ultima
volta che avevano
parlato che lui sapeva cosa significava dover lavorare per mantenersi,
quindi
forse aveva dovuto scegliere un piccolo appartamento nel quartiere
più
malnutrito di New York, per riuscire ad arrivare a fine mese. Ma un
modello
guadagnava davvero così poco da essere costretto a vivere in
un posto del
genere?
-abbiti da queste parti?-
chiese con
naturalezza, ma il ragazzo distolse subito lo sguardo da lei,
voltandolo dal
lato opposto
-no-
e il tono con cui lo disse le
fece capire che non aveva alcuna intenzione di tornare su quel discorso
-sei
capace di tornare indietro o
rischi di ritrovarti di nuovo tra le braccia di qualche maniaco?-
Perché
stava usando quel tono così
duro e burbero? Qualche giorno prima l’aveva presa in giro e
stuzzicata, ed ora
la sua presenza sembrava chiaramente infastidirlo. Allora era vero, era
stato
lui a chiedere di non farla entrare.
-posso
farcela- rispose
indispettita, ma lui non le badò minimamente
-stai
attenta- freddo, distaccato.
Chiaramente era un ammonimento di circostanza dettato dalla situazione
e non dalla
sua eventuale preoccupazione.
Sparì
così velocemente che Jude non
ebbe nemmeno tempo di aprire la bocca per rispondere, ma probabilmente
nemmeno
l’avrebbe fatto.
Si
guardò velocemente in giro
riconoscendo la strada, fortunatamente, e prese a camminare verso
Frankie’s con
la testa tra le nuvole.
Altro
che stare attenta, se qualcuno
le si fosse avvicinato in quel momento probabilmente lei gli avrebbe
consegnato
tranquillamente il portafogli. Perchè Andrew era
lì? Che motivo aveva di andare
in quel postaccio se nemmeno ci viveva? Forse aveva qualche parente, o
un’amante.
Quest’ultima ipotesi la infastidì più
del lecito e si morse l’interno di una
guancia dandosi della stupida.
E
perché si era comportato con tale
freddezza dopo averla soccorsa? Il suo comportamento non aveva senso e
lei
decisamente non sapeva stare dietro i suoi sbalzi d’umore.
Ormai era chiaro dal
suo comportamento infastidito che era stato lui stesso a chiedere di
non farla
più entrare, ma allora perché aveva scherzato
così con lei qualche giorno
prima? Perché sembrava speranzoso di vederla per poterla
ricattare? Forse si
era immaginata tutto, forse era pazza.
Sospirò,
rendendosi conto che era
inutile preoccuparsi eccessivamente, perché con ogni
probabilità non l’avrebbe
rivisto mai più.
*
*
*
Bene,
comincio col dire che non ho
il coraggio di controllare la data del capitolo precedente
perchè credo che
vedendo quanto vi ho fatto aspettare non riuscirei a reprimere
l’istinto di
prendermi a schiaffi da sola.
Vi
chiedo umilmente perdono, il
fatto è che proprio non voleva uscire questo capitolo, ed
anche ora dopo averlo
riletto non mi sembra che ne sia uscito fuori un granché. Mi
dispiace davvero
tanto di avervi fatto aspettare per questo. Cercherò di
rifarmi col prossimo
capitolo!
Detto
questo, che ve ne pare? Ci
siete rimaste male anche voi quando non hanno lasciato entrare Jude
nella
stanza per andare incontro al caro Andrew, eh? Ed Andrew versione
superman con
i suoi inquietanti sbalzi d’umore? Perchè si
trovava in quella strada secondo
voi? A VOI I COMMENTI!
AH!
A proposito di commenti, allo
scorso capitolo ho ricevuto 9 recensioni ed io non so quanto
ghvolkjfhdkjkgbkjg
*-* Non me lo sarei mai aspettata, giuro! Ero saltellante come un
grillo
psicopatico!
Grazie
mille a tutte!
Al
prossimo capitolo :)