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Autore: JustALittleLie    26/04/2012    9 recensioni
Quando Jude, cresciuta nel North Carolina, si era trasferita a New York per studiare alla Columbia, aveva pensato che quella sarebbe stata la svolta della sua vita. In una città così grande avrebbe sicuramente trovato un buon lavoro, delle persone intellettualmente stimolanti e, più importante di tutto, il suo principe azzurro.
Le cose non erano andate però secondo i suoi piani e tutto quello che aveva era un lavoro come ragazza delle consegne da Frankie's e due coinquiline alquanto strane.
Oh, ma il bello, la ciliegina sulla torta, doveva ancora arrivare ed aveva anche un nome: Andrew.
***
-ma questo è un ricatto!- si ritrovò quasi ad urlare, rossa in viso, mentre il ragazzo si allontanava
-e questa è New York, piccola- e le fece l’occhiolino mandandole un bacio, con tanto di schiocco.
  
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appiattita contro una delle colonne del portico dell’università Jude sospirò, alzando il viso verso la spessa coltre di nubi che copriva il cielo.

Era la prima volta che nevicava quell’anno e Jude aveva interpretato il semplice avvenimento meteorologico come un presagio di malaugurio. Quella neve, quel cielo scuro che tanto odiava, la stava sbeffeggiando, ricordandole che quello stesso pomeriggio avrebbe perso il lavoro.

Perché l’avrebbe perso, lo sentiva, e non si sarebbero limitati a licenziarla, ma le avrebbero anche consegnato il premio come imbecille-lancia-cappuccini dell’anno.

-sono pronta, andiamo?- Elle la raggiunse mentre era ancora intenta a riporre i libri nello zaino.

-certo- borbottò cominciando a scendere gli scalini

-va tutto bene?- Elle doveva essersi accorta del suo malumore, visto che di solito Jude era piuttosto loquace

-no, mi licenzieranno- disse secca lei e Elle si accigliò

-cos’è successo?-

Jude sbuffò concentrando il suo sguardo sulle sue scarpe.

-ho buttato un cappuccino addosso ad un cliente- sussurrò imbarazzata

-beh sono cose che capitano, sei nuova e devi ancora ambientarti, vedrai che non sarà così tragica- Elle cercò di consolarla, ma non conosceva ancora gli avvincenti dettagli della vicenda.

-il fatto è che…- come poteva spiegarle di essere una pazza psicopatica? -…ecco…quel cappuccino…non mi è casualmente caduto di mano-

Elle alzò entrambe le sopracciglia, intuitiva –vuoi dire che gliel’hai buttato addosso di proposito?-

Jude si limitò ad annuire mentre per l’ennesima volta, dentro di se, si dava dell’idiota. Si era abbondantemente pentita di quello che aveva fatto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Ci aveva pensato tutta la notte e la cosa che più l’aveva irritata era il fatto che quel gesto non era affatto da lei. Lei che era sempre così sorridente, disponibile verso il prossimo, che trovava sempre qualcosa di buono in tutti, che credeva che ci fossa ancora qualcosa di buono in tutti, come poteva aver avuto quello scatto di rabbia? Certo, non che quel ragazzo non avesse fatto niente per meritarselo. Jude non aveva mai visto un ragazzo tanto bello quanto viziato e forse, quando gli aveva tirato quel cappuccino addosso, era solo arrabbiata con se stessa per essersi sentita attratta per un istante da quel troglodita senza un minimo di educazione.

-perché l’hai fatto?- Elle sembrava sorpresa, come lo era lei stessa tra l’altro

-quel ragazzo era un vero maleducato- si limitò a borbottare lei, senza addentrarsi nei dettagli

-e credi che abbia avvertito il tuo capo della cosa?-

Jude storse il naso –a giudicare dal tipo, di certo non si terrà la cosa per se- sospirò –gli ho offerto su un piatto d’argento l’occasione di provare che aveva ragione sulla mia professionalità- sussurrò sta volta più a lei che all’amica.

-cosa vuoi dire?- chiese Elle confusa, ma ormai erano arrivate a destinazione

-lascia stare- si fermarono di fronte alla biblioteca –augurami buona fortuna!- urlò Jude mentre attraversava la strada, andando incontro al suo destino.

Nei pochi metri che separavano la biblioteca da Frankie’s Jude immaginò diverse situazioni, che finivano sempre con il suo licenziamento.

Quella mattina aveva controllato il suo cellulare una decina di volte, aspettandosi una chiamata da parte di Frankie che la invitasse a non presentarsi al lavoro quel pomeriggio, ma il suo cellulare era rimasto muto, probabilmente era uno che preferiva sbrigare le cose faccia a faccia e non parlarne a telefono.

Prese un respiro profondo prima di aprire la porta in legno laccata di giallo –che stonava completamente in quell’ambiente- e stringere le mani in due pugni.

-Jù!- l’apostrofò Frankie facendola sobbalzare nonostante avesse usato un tono calmo

Jude passò a rassegna l’intero locale, cercando di trovare qualcosa di diverso, un segno, prima di postare lo sguardo su Frankie che –a differenza del suoi pensieri, dove l’aveva immaginato rosso in viso, con un espressione furibonda- la guardava con un gran sorriso sotto i folti baffi.

-‘giorno Frankie- salutò avvicinandosi sospettosa al bancone

Perché le sorrideva in quel modo? Si stava forse prendendo gioco di lei?

-sei in anticipo oggi- commentò pulendosi le mani sul grembiule una volta bianco –meglio così, ci sono già alcune consegne che aspettano-

Cosa? Consegne? E cosa ne era stato del suo licenziamento?

Jude annuì lentamente, ancora confusa, mentre Frankie le posava la solita busta di cartone tra le braccia.

-va tutto bene?- era la seconda volta che qualcuno glielo chiedeva

-certo- ma il suo tono di voce era incerto e l’uomo piegò la testa di lato, come se così potesse studiarla meglio.

-mi sembri un po’ pallida- constatò in fine

-è il freddo- mentì lei.

Se lui stesso non sollevava la questione, perché avrebbe dovuto farlo lei?

Si avviò per la strada completamente in trance, mentre muoveva i piedi uno dietro l’altro in gesti automatici.

Perché non era stata ancora licenziata?

Non poteva essersi immaginata di aver buttato il cappuccino addosso a quel tipo, assolutamente. Che Frankie non avesse dato peso ad una cosa del genere era improbabile, anche se non l’avesse licenziata, come minimo le avrebbe fatto una ramanzina e non le avrebbe rivolto quell’enorme sorriso al suo arrivo.

Che quel ragazzo arrogante non avesse esposto lamentele? Era improbabile, ma era l’unica spiegazione logica. Perché non l’aveva fatto? Probabilmente non ne aveva avuto il tempo, si era esageratamente lamentato per un caffè senza schiuma, per il suo gesto avrebbe sicuramente fatto una tragedia. In questo caso, per una volta, gli avvenimenti erano a suo favore e doveva sfruttarli al meglio. Doveva andare dal ragazzo e ringraziarlo di non aver detto niente, sperando che questo suo gesto lo spingesse a non denunciare l’accaduto.

 

 

 

 

Non l’aveva mai fatto di giorno e questo lo turbava un po’.

Era solito cedere la sera, quando quella roba gli veniva offerta nelle discoteche o prima di qualche sfilata, di giorno era sempre riuscito a tenere i suoi pensieri ben chiusi in un angolino del suo cervello e a resistere alla tentazione di rendere le cose più semplici, meno dolorose, meno vuote.

Quel pomeriggio era diverso però, non aveva chiuso occhio tutta la notte ed anche quella precedente e quella precedente ancora, sarebbe crollato da un momento all’altro e lui non poteva permetterselo. Non poteva fare mezzo passo falso.

-oh, andiamo, ancora con quella merda- sentì la voce di Marlon alle sue spalle e sobbalzò spaventato, non che qualcuno in quel posto si sarebbe stupito a vederlo fare una cosa del genere, metà della gente che era lì faceva uso di cocaina per tenere i ritmi alti, proprio come lui. Dell’altra metà invece, faceva parte Marlon.

-non rompere- ringhiò aprendo il rubinetto per ripulire il bordo del lavandino

In due passi Marlon gli fu accanto, scostandolo poco delicatamente dal lavabo e costringendolo a posare gli occhi nei suoi.

Andrew si passò con fare stanco una mano sul viso, sospirando.

-senti, sono stanco, ok? Non ce la faccio a…-

-se sei stanco fatti prescrivere delle vitamine dal tuo dottore e smettila di prendermi per il culo-

Strinse i denti, pronto per ribattere ma nessuna parola uscì dalla sua bocca. Cosa poteva dirgli, d’altronde? Quello che faceva era sbagliato e lo sapeva, era un debole non un idiota.

-devi farti aiutare Andy- disse, questa volta in tono più gentile

Andrew si allontanò di qualche passo, dirigendosi verso l’uscita del bagno.

-non ho bisogno d’aiuto- rispose a denti stretti e sentì Marlon sospirare

-ti ucciderai così-

Il ragazzo si voltò nuovamente, di scatto, facendo scoccare la lingua. Marlon non capiva, come suo fratello, i suoi genitori, come tutti gli altri. Loro avevano la loro bella vita, i loro bei sogni, persone pronte ad amarli mentre lui non aveva niente, non gli era rimasto più niente.

–trovami una sola motivazione per cui debba vivere, ed io lo farò-

 

 

 

 

 

 

 

Jude si guardò intorno, ispezionando ogni centimetro quadrato della stanza, ma di quel ragazzo nemmeno l’ombra.

Nella sua mente si era ripetuta più e più volte il discorso che gli avrebbe fatto: si sarebbe scusata, gli avrebbe detto che non le era mai capitata una cosa del genere e l’avrebbe ringraziato di aver tenuto la bocca chiusa. Nel caso più disperato poi, aveva già deciso di buttarsi ai suoi piedi e pregarlo poco dignitosamente di non riferire nulla al suo capo.

Nel suo immaginario però il ragazzo era lì ad attenderla, con le braccia incrociate al petto e quel suo solito sguardo di sfida. Ora cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva mica mettersi a girare tra quella gente impazzita per cercarlo.

-ciao- sentì alle sue spalle e sobbalzò stringendo convulsivamente la busta tra le mani

Si voltò di scatto incontrando lo sguardo divertito e gentile  del moro che aveva visto l’ultima volta, Marlon.

-vengo in pace, non buttarmi nulla addosso Bambi- lo vide alzare le mani in segno di resa ed inevitabilmente arrossì per l’imbarazzo.

-Bambi?- chiese storcendo il naso

-oh, scusa- sorrise con finto imbarazzo –quello proprio non sapeva dove stava di casa l’imbarazzo, ne era sicura- come se solo in quel momento si fosse reso conto del nomignolo appena usato –non si può non chiamarti così con quei begli occhioni blu-

Arrossire? Il leggero rossore sulle sue gote era solo un lontano ricordo, prontamente sostituito con l’imbarazzante color paprica diffuso su tutto il suo viso.

-è tutto ok?- le sorrise con una strana espressione, come se fosse stupito che si fosse imbarazzata per così poco

-certo- trillò cercando di spostare i suoi pensieri su qualcosa di meno imbarazzante e finalmente ricordò il motivo per cui era lì, oltre a consegnare il caffè, era chiaro.

–il tuo amico, quello di ieri, è qui?-

Marlon la guardò alzando un sopracciglio, probabilmente chiedendosi perché volesse saperlo –è lì infondo, si sta preparando. Perché me lo chiedi?-

-dovrei parlargli un attimo- rispose sbrigativa lei e con un mezzo sorriso tirato fece per avviarsi verso la parte della stanza indicatole, ma la voce del moro che le intimava di aspettare la fece bloccare, voltandosi nuovamente.

Come la volta precedente, Marlon le sorrise prendendole la busta dalle mani.

-in questo caso, è meglio che questi li prenda io- le fece l’occhiolino e Jude arrossì fino alla punta dei capelli. Ancora una volta.

 

 

Non fu difficile trovare Andrew, o meglio, non fu difficile notarlo. Nonostante ci fossero una decina di modelli nelle vicinanze, gli occhi di Jude erano subito corsi al ragazzo seduto di fronte ad un enorme specchio, con lo sguardo basso, mentre una ragazza dietro di lui era intenta ad aggiustargli i capelli.

Jude si fermò qualche metro dietro di lui e per la seconda volta mentre studiava il viso senza difetti del ragazzo si ritrovò a pensare che c’era qualcosa di unico in lui e non era nella sua bellezza o nel suo fisico che avrebbe fatto invidia ad ogni essere di genere maschile presente sulla terra, era negli occhi che teneva bassi, in quegli occhi che l’avevano guardata con indifferenza il giorno prima e quello prima ancora, era nei suoi occhi tristi, spenti, che non stonavano completamente col resto del viso che pareva essere più di un angelo, che un essere umano. Un ragazzo dotato di una tale bellezza avrebbe dovuto avere sempre gli occhi allegri, vivaci, perché i suoi non lo erano?

Improvvisamente proprio quegli occhi si alzarono incontrando i suoi. attraverso lo specchio. e Jude trattenne il respiro.

-oh…ehm…ciao- balbettò in completo imbarazzo per essere appena stata scoperta a fissarlo

In risposta, vide il sopracciglio del ragazzo curvarsi verso l’alto.

Sospirò e si avvicinò di qualche passo, prendendosi le mani tra di loro, torturandosi le dita.

-sono venuta qui per…- cominciò quando capì che non era intenzionato a rivolgerle la parola, ma si bloccò subito dopo quando vide la ragazza intenta ad aggiustargli i capelli sorridere sotto i baffi. Era già difficile per lei tentare di scusarsi, se poi accanto aveva anche una strana tizia con dei capelli dal colore più che discutibile che da un momento all’altro rischiava di scoppiarle a ridere in faccia, allora l’impresa diventava impossibile.

Andrew seguì il suo sguardo, fino alla ragazza.

-Amber, ti ringrazio, va bene così- il tono gentile che usò stupì Jude

Evidentemente il tono acido e scortese era riservato esclusivamente per lei. Sentì un po’ della rabbia provata il giorno prima, ma la soppresse sul nascere. Era lì per scusarsi, non per tirargli una bomboletta di lacca dietro la testa.

-dicevi?- chiese il ragazzo con quello che doveva essere un tono piatto, ma Jude ci colse qualcos’altro. Curiosità?

Jude osservò la ragazza andarsene senza battere ciglio per poi tornare a guardare Andrew, che si era voltato di poco per riuscire a guardarla direttamente negli occhi.

-sono qui per scusarmi-

-oh, ed io che temevo fossi tornata con una scorta di cappuccini bollenti da rovesciarmi addosso- e quello cos’era, sarcasmo?

Jude fece una smorfia con le labbra, prima di tornare a parlare –sono seria, mi dispiace per quello che è successo ieri, non accadrà mai più, e ti ringrazio di non aver detto nulla-

Andrew annuì distratto abbassando lo sguardo per qualche istante prima di alzarlo di scatto, facendo prendere un battito alla ragazza. Poteva davvero essere così bello?

-da dove vieni?- era così evidente che non fosse di lì?

-da New Bern, nel North Carolina-

Vide il ragazzo mordersi il labbro inferiore, come a voler trattenere una risata. La stava forse prendendo in giro? E poi dal suo accento nemmeno lui pareva essere di New York.

Era già pronta a chiedergli se avesse qualche problema con il North Carolina, quando lui riprese la parola.

- e cosa fai nella vita, Jude?- ricordava il suo nome. Dovette trattenersi per non spalancare gli occhi, per come l’aveva trattata il giorno prima non si sarebbe sorpresa che avesse preso a chiamarla “insetto” o qualcosa di simile, invece non solo ricordava il suo nome, ma l’aveva anche pronunciato in un modo che la fece rabbrividire.

-oltre a rovesciare cappuccini sulle persone, si intende- ancora quella cosa, ma questa volta era certa si trattasse di sarcasmo.

Non che lei non fosse una persona sarcastica, ma non credeva che il ragazzo fosse capace di farne e per di più con tanta non-chalance!

-studio letteratura alla Columbia- sussurrò

-e come ti sei ritrovata a fare consegne?-

-non vengo da una famiglia ricca, se voglio mantenermi a New York devo lavorare- alzò il mento, senza un filo di imbarazzo.

Quand’era una ragazzina ricordava che si sentiva in imbarazzo a dire alle sue amiche che non tutti i giorni poteva uscire con loro nel piccolo centro commerciale perché non poteva spendere tanto, che mentre loro compravano bei vestiti ogni settimana da sfoggiare il venerdì lei doveva racimolare tutti i risparmi per poter mangiare un hamburger con loro, ma crescendo Jude aveva capito e camminava a testa alta raccontando quanti sacrifici dovessero fare i suoi genitori per non farle mai mancare niente.

Vide Andrew annuire, pensieroso.

-so cosa significa lavorare per dover mangiare- la stupì ancora una volta –è per questo che non ho detto niente-

Incredibile, quindi, anche lui era un essere umano? E per di più non era uno di quei figli di papà che gira per Manhattan in limousine gettando dollari lungo il suo cammino?

Jude stava per sorridergli, ma lui prontamente rovinò l’atmosfera e quel briciolo di speranza che Jude nutriva pensando che lui fosse una persona gentile, in fondo.

-ovviamente, il mio silenzio ha un prezzo-

Jude spalancò la bocca, indignata, mentre Andrew prese a sorriderle con aria furba, alzandosi dalla sedia su cui era seduto.

-oh, piccola, non fare quella faccia su! Non voglio niente di così terribile-

Brutto figlio di…

-e cosa vuoi, sentiamo?- sentiva già il nervosismo crescere in lei e ringraziò mentalmente Marlon per averle preso quei dannati cappuccini di mano, altrimenti glieli avrebbe buttati in faccia ad uno ad uno.

Andrew si passò una mano sotto al mento, riflettendo –non lo so ancora, ci devo pensare- decretò in fine

Jude pestò un piede a terra, piena di collera –stammi bene a sentire, brutto troglodita, io non ho intenzione di fare nessuna delle cose che…-

-oh, piccola Jude, non dire così- scosse la testa con fingendo di essere afflitto –non è gentile da parte tua chiamarmi in quel modo- allungò una mano verso il suo mento, che Jude prontamente scacciò con un sonoro schiaffo, ignorando il brivido che le era corso dietro la schiena nell’istante in cui le sue dita avevano accarezzato la sua pelle.

Gentilezza? Proprio lui le stava parlando di gentilezza? Doveva essere finita in manicomio.

-non vuoi mica essere licenziata, no?-le sorrise furbo

-ma questo è un ricatto!- si ritrovò quasi ad urlare, rossa in viso, mentre il ragazzo si allontanava

-e questa è New York, piccola- e le fece l’occhiolino mandandole un bacio, con tanto di schiocco.    

 

 

 

 

 

*                      *                   *

 

 

 

 

Salve a tutte, care!

Scusatemi se vi ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, ma fino ad un paio di giorni fa ero immersa nell’epilogo di una fan fiction che portavo avanti da un po’, poi in questi giorni l’ispirazione è scemata parecchio e sono entrata in uno di quei miei periodi alla “non so scrivere niente, faccio schifo, odio il mondo” e via dicendo. La brutta notizia è che temo sia vero, la bella che per ora mi faccio coraggio e mi illudo che non sia così!

Ma torniamo a noi. Siamo al terzo capitolo ormai e si comincia a capire qualcosa in più del caratterino del nostro Andrew. Cosa ne pensate? E’ davvero così stronzo come sembra o è solo una maschera? A voi la sentenza!

Volevo dirvi inoltre che mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questi primi tre capitoli, capisco che la trama non si è ancora sviluppata al punto che possiate dirmi cosa ne pensate, ma mi farebbe piacere qualche commento anche al mio stile di scrittura.

Le critiche sono sempre ben accette, positive, ma soprattutto negative, sono qui per imparare e spero mi aiutiate.

That’s all!

Spero tanto il capitolo vi sia piaciuto, a presto.

   
 
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