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Autore: dahlia variabilis    18/05/2012    0 recensioni
Non riesce a resistere a lungo, gli manca l’aria, la stanza ondeggia attorno a lui. Ha gli occhi di un animale in trappola, pieni di follia. Pura, sconvolgente follia.
Come si può scappare alla follia? Si può sfuggire alla sua morsa letale? Si può?
Quanto dolore, quante ferite, quanto freddo, quanto gelo dentro. Cresci e la vita cerca di farti diventare un pezzo di ghiaccio. E con lui la vita c’è riuscita.
Ora, c’è da chiedersi se è contenta, se è soddisfatta del suo risultato. Ma cosa c’è da essere contenti, soddisfatti, dopo aver rovinato la purezza, la bellezza delle emozioni provocate in qualcuno?
[Lucius/Lily]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Lucius Malfoy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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A Thousand Lights



Ma se lei sa farti ridere,
 farti pensare due volte,
 farti ammettere di essere umano e commettere errori,
 tienitela stretta e dalle tutto quello che puoi.
-Bob Marley


Si sveglia ansimando, sudata.
Il sogno ancora vivido nella sua mente. Attorno a lei soltanto il buio e i respiri tranquilli delle compagne di stanza, nascoste dalle tende dei baldacchini. Soffoca un singhiozzo, mentre si passa una mano sulla fronte, il cuore in subbuglio.
Quegli occhi.. Scuote la testa, non vuole pensarci, non prima del test di Trasfigurazione. No, si dice, non voglio pensarci e basta.
Si stende nuovamente, gli occhi sbarrati, fissi sulla tenda di velluto rosso.
Aspetta il sonno che, ostinatamente, non torna.
Tutto questo.. Sta diventando un’ossessione..
Chiude gli occhi, ma appena lo fa, altri due occhi senza fondo, pozzi di piombo e argento, come acqua di un mare in tempesta, occupano la sua mente.
Scuote la testa e si volta dall’altra parte, mentre gli ultimi rimasugli di sonno svaniscono, lasciando spazio ad un’agonia interminabile.

***

La vita scolastica è diventata terribilmente ripetitiva per lei.
Sveglia, colazione, lezioni, pranzo, lezioni, studio in biblioteca, cena, un paio d’ore in sala comune, letto. Il tutto intervallato dalla voce irritante di James e dai risolini stupidi di Sirius. Ogni tanto si chiede ancora come facciano quegli angeli di Remus, Peter e Frank a sopportarli tutto il giorno.
Gioca col porridge che Mary le ha messo nel piatto dicendole «Mangia.»
Mangiare.
Come può anche solo pensare di mangiare, quando tutto il suo organismo lo brama, lo desidera al di fuori dei limiti umani? Come può desiderare di mangiare, quando tutto ciò di cui ha bisogno è a meno di trenta metri da lei? Come?
Si alza, non appena si accorge che Mary e Alice la stanno aspettando per andare a lezione. Le raggiunge a passo svelto, urtando i Tassorosso e superandoli con la schiena dritta, lo sguardo fiero di una Grifondoro a nascondere il dolore, il panico, il bisogno che ha di lui.
Esce dalla Sala Grande con i libri sotto braccio, passando davanti al suo tavolo. Si sforza di non guardare nella sua direzione, di non dare alla gente quella soddisfazione, lei è forte. E crede che l’amore renda debole persino l’essere umano più determinato, più forte.
Non se ne rende conto, ma due occhi senza fondo le stanno perforando la schiena.

***

È arrivata l’ora della cena, e non è accaduto niente di speciale. Niente che cambi la routine che sembra esserle permeata dentro, nelle ossa.
Prima che le pietanze inizino ad apparire nei piatti. Silente prende la parola. Lei non lo ascolta neanche, cosa avrà mai da dire? Apatica, guarda nel piatto vuoto, come se ci vedesse qualcosa di invisibile agli occhi degli altri. Mary le tira una gomitata nelle costole, per riportarla all’attenzione.
«Abbiamo deciso» dice il preside, guardando gli insegnanti dietro di lui «di fare un’esercitazione, chiamiamola così. Dovrete scrivere per una settimana i vostri pensieri, le vostre sensazioni, ciò che rende belle le vostre giornate, ma anche quello che le rende tristi e tutte uguali. Quasi come un diario, e ogni sera inviare questi pensieri a qualcuno che nel frattempo avremo scelto per voi.» Tutti attorno a lei parlano, estasiati dall’idea. Ma lei non vuole, ha paura di chi potrebbe leggere le sue confessioni. Con la solita fortuna, mi capiteranno Bellatrix Black, o Rabastan Lestrange, o.. Un sorriso nasce spontaneo sulle sue labbra, per essere subito rimpiazzato da una smorfia disgustata. Potrebbe capitarmi.. Potter!
«L’esercitazione, è obbligatoria. Comincerete domani sera.» E con un sorriso si siede, mentre il cibo inizia ad apparire sulle tavole.
Dall’altra parte della sala, due occhi grigi la scrutano per pochi secondi, prima di riportare la loro attenzione al piatto.

***

Mi sta distruggendo, tutto questo. Non credo di poter continuare ad andare avanti. Ogni giorno è sempre più difficile, più terribile. Non riuscirò a tenerlo dentro ancora per molto. Sento che sono vicina al limite. Sto scoppiando.

Smette di scrivere e punta gli occhi verdi sulla sponda del Lago Nero, su una schiena possente. Ne immagina i muscoli che guizzano sotto la pelle bianca. Ogni volta si sorprende a pensare a quanto fredda possa essere.
Riporta l’attenzione sulla pergamena. Salta una riga e ricomincia a scrivere.

Non riesco più a combatterlo, è troppo tardi. Mi ritrovo a chiedermi se mi pensa mai. È l’unica cosa che ormai sono in grado di fare, pensare a lui. Ogni giorno è sempre peggio. Perderò il controllo, non so più come fare senza. È solo.. è solo che ho bisogno di lui.

Stringe le labbra. Ha continuato a mentire a sé stessa, e adesso la verità è uscita fuori.

Lo so. Lo so che è sbagliato. A volte mi chiedo come possa essere accaduto tutto questo casino.
Ho bisogno di Sev, Mary non mi capisce, non posso spiegarlo a lei. Sev è.. Con Sev era tutto diverso. Noi, eravamo diversi, eppure come mi capiva lui, non ci riesce più nessuno. Scommetto che lui avrebbe qualche buon consiglio da darmi.

Ripensa a quando sua mamma le parlava dell’amore. Le diceva che era bellissimo, che faceva stare bene, che era l’unica cosa in grado di far volare le giornate. Una lacrima nasce nei suoi occhi sinceri. Perché sua mamma le ha mentito. L’amore fa stare male, fa passare la fame e il sonno e rende tutto così.. invivibile. Ma ricorda anche quando le diceva che no, l’amore non è mai sbagliato. Sono sbagliati i pregiudizi, le maschere che cuciamo addosso alle persone per non vederle, è sbagliato l’odio e il dolore. Ma non c’è amore senza dolore. C’è così poca distanza tra “amare” e “odiare”, così poca..
Così poca..

***

Il gufo della scuola gliel’ha appena consegnata e lui non ha perso tempo, l’ha infilata in tasca. La leggerà più tardi, nella sua camera da Caposcuola.
Lei è là, circondata dai suoi inutili amici.
Stringe i denti. Non dovrebbe desiderarla. È una nata babbana, dovrebbe valere meno di feci di drago sotto le sue scarpe. È sbagliato, fottutamente sbagliato.
La guarda spostare una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E si ritrova a desiderare di poter essere lì, accanto a lei, per poterle sfiorare il viso, per guardare, almeno una volta, una volta, i suoi profondi occhi verdi da vicino.
È una contraddizione vivente.
Se solo.. se solo non fosse una.. una nata babbana..
Se solo non fosse una Grifondoro..
Ricorda, ricorda cosa ti ha insegnato tuo padre, Lucius! Non devi mai neanche pensarlo! “Se solo” non sono parole appartenenti al vocabolario dei Malfoy!
Chiude gli occhi, c’è troppa confusione.
Si alza, e senza dare spiegazioni si dirige verso i sotterranei.
Gli occhi di lei ancora impressi nei suoi.

Lo guarda uscire dalla Sala e, prima ancora che possa pentirsene, lo segue.

***

Passi leggeri dietro di lui, profumo di mela e di giacinto.
È lei.
Continua a camminare, intimandosi di non fermarsi, non voltarsi, non guardarla, non.. Ci sono molte cose, che non dovrebbe fare.. Prende un respiro profondo, prima di voltarsi verso di lei.
«Che vuoi.»
Lei sobbalza, mentre il sangue le sale alle guance. «Io..»
Lucius alza un sopracciglio. «Muoviti. Non ho tempo da perdere con una nata babbana.»
Sa. Sa che le sue parole l’hanno ferita.
«Scusami.» dice, abbassando lo sguardo, stringendo i pugni, mentre il suo cuore trema senza sosta, provocando un terremoto dentro lei. Sempre ad occhi bassi, gira i tacchi e corre su per le scale. La guarda correre, inseguita da uno scalpitante James Potter, appena arrivato. La vede inciampare nella tunica della divisa, subito soccorsa dall’aitante James Potter.
Distoglie, con non poca difficoltà, gli occhi da lei, e riprende a camminare.
Un terremoto nel suo cuore, pezzi di ghiaccio si staccano e si sciolgono cadendo, al ricordo dei suoi occhi delusi, feriti.
Irrimediabilmente.

***

Lily piange, nascosta sotto le lenzuola. Perché deve fare così male? Perché?
Un singhiozzo le scuote il petto, mentre le lacrime continuano a scendere copiose, bagnandole i capelli.
Lily si odia. Si odia per essere una nata babbana. Si odia per non essere alla sua altezza. Si odia per avergli mostrato quanto sia debole, in realtà, sotto la machera da Grifondoro orgogliosa e coraggiosa. Stringe forte il cuscino, desiderando che sia lui.
Afferra la lettera che ha ricevuto e la legge, sotto le lenzuola, con la sola luce della bacchetta.

È tossica.
L’ho aspettata per tanto tempo, ma se necessario, l’aspetterei per altri cinquecento anni. Niente e nessuno mi aveva preparato a questo.
Non sorride più da parecchio, mi manca il suo sorriso. E’ come.. Non so. Come un libro da cui abbiano cancellato le pagine più belle.
Mi sorprende pensare come sia stato crudele con lei, ma non me ne pento. Anche se ha fatto così tanto per me, e non lo sa. La sua fragilità mi ha reso più forte.. Come niente aveva mai fatto prima. Mio padre non mi ha insegnato come affrontare tutto questo. In realtà, adesso che ci ripenso, nessuno mi ha mai insegnato qualcosa sull’amore.
Ma lei…
Per Salazar, lei mi ha cambiato. Se solo sapesse come mi fa sentire, sapere che ho vissuto tutto questo tempo senza di lei. Quando non c’è mi sento.. vuoto. E non c’è niente che possa colmarmi, al di fuori di lei.
Ma lei..
Lei non potrà mai essere mia, è sbagliato, e io devo togliermela dalla testa.


Si asciuga le lacrime con il lenzuolo. Allora esiste. Esiste! Aveva creduto di essere l’unica a soffrire in quel modo, l’unica ad amare qualcuno di così sbagliato. Un sorriso nuovo, diverso da quelli falsi e di circostanza degli ultimi tempi, le illumina gli occhi.
Non è sola.

***

Ti capisco.
Ti capisco anche troppo. Come te, sono innamorata di qualcuno che mi è vietato avere. Sta sempre là, tra i suoi compagni di casa, silenzioso e terribile. Giudica tutto e  tutti, con quegli occhi che sembrano usciti dal Paradiso, ma che conducono all’Inferno. Si chiude in sé stesso come un riccio, non parla quasi mai e, se lo fa, solo con la sua “cricca”.
Ma io sento le sue grida silenziose. Silenziose ma così potenti da frantumare i vetri. È così irraggiungibile per me. Gli è stato insegnato ad odiare, e lui odia. Sono certa che se qualcuno gli insegnasse ad amare, lui amerebbe.
Ma forse, ho detto troppo.


Lucius trema, dopo aver letto la lettera della seconda sera. Sembra quasi una sua descrizione. Si chiede chi possa averla scritta. Gli passa per la mente che forse, forse, può averla scritta lei.
Ma.. No.. Lucius! Che vai pensando?
Credi davvero che lei sia così sciocca da parlare di te in una sua lettera?
La immagina seduta, con la schiena appoggiata al muro, la pergamena sulle ginocchia, una boccetta d’inchiostro in bilico sui libri. I capelli che ostinatamente le ricadono sugli occhi, obbligandola a spostare una ciocca ogni sette secondi. La immagina vergare quelle poche righe con la penna di barbagianni. Si chiede se quella grafia elegante e ricercata sia la sua.
Potrebbe, si dice.
E poi.. Quei riferimenti a “Mary” e a “Sev” non lo convincono.

Afferra delle pergamene nuove, appella la penna e inizia a scrivere.

***

In realtà, non ricordo quand’è stato che ho iniziato a provare qualcosa per lei. Credo che la cosa sia stata abbastanza graduale.
Ogni volta mi sorprendo, quando la guardo spostare ciocche di capelli e sorridere debolmente, come se si vergognasse della sua bellezza. Pura, innocente e terribilmente affascinante come solo lei sa essere. Fiera come poche, non abbassa mai lo sguardo. Schiena dritta, petto in fuori, e occhi che brillano d’orgoglio. La voce sempre ferma, le labbra tese in un sorriso. Tutto in lei mi attrae.  
È come se fosse felice di tentarmi.
È come se mi avesse fatto un incantesimo. Un incantesimo del quale non posso liberarmi se non desiderandola. Il dolore si attenua quando lei è vicina, ma non scompare mai del tutto. Sono sicuro che sarei libero da queste catene che mi costringono a
non guardarla, a non parlarle, a essere chi mi hanno detto di essere, se lei mi amasse.
Sì, se lei mi amasse, tutto sarebbe più facile.



Nocche bianche, labbra martoriate, occhi che brillano –di gioia, d’impazienza–, cuore che freme.
Si stende sul letto con il sorriso sulle labbra e il cuore in tumulto Lily, e poi inizia a scrivere.  Ancora.
E forse l’unica cosa che possa salvarla è realmente in quelle lettere. Forse, parlarne con qualcuno può davvero aiutarla.
Anche i segreti, ogni tanto, hanno bisogno di prendere aria.

***

Sai, a volte penso di essere troppo diversa da quelli della mia casa, per trovarmi a mio agio con loro. Le parole a me arrivano sempre al contrario, non capisco mai cosa vogliano dire. Tutto ciò mi fa sentire tremendamente sbagliata.
Sbagliata per la casa in cui sono stata smistata.
Sbagliata per questa scuola.
Sbagliata per questo mondo.
Sbagliata per lui e per tutto ciò che rappresenta.
Dopo aver subito tutte le loro angherie, mi sono quasi convinta che tutti i loro discorsi sulla purezza del sangue e blablabla sono veri. Sono dell’idea che loro siano persone che dicono sempre quello che pensano, anche se quello che pensano è sbagliato. Assolutamente e assurdamente veri, tangibili nella loro crudeltà disarmante.  Non è strano? Le persone che dovrei amare le detesto, e quelle che dovrei detestare le amo. Ma dopo tutti questi anni, sono giunta ad una conclusione: quando si arriva a conoscere il peggio di una persona, si hanno due possibilità. O liberarsene definitivamente oppure cominciare ad amarla veramente. È quello che ho fatto io. Lo amo. Lo amo così tanto da star male, il solo sapere che lui c’è, che lui esiste, mi fa male al cuore. L’ossigeno non arriva più ai polmoni, il cuore batte a vuoto. Niente ossigeno, niente vita. E preferirei morire, piuttosto che continuare a vivere, anzi, a sopravvivere in questo modo.
Non riesco più a capire chi sono. Ma la domanda giusta, dovrebbe essere
Sono? Esisto? O sono solo il frutto acerbo di una mente malata che si diverte a sciuparmi la mia non-vita?
 E poi, anche di lui non saprei dire chi sia. Lo tollero perché è di una sincerità inguaribile nel suo cinismo. Ho l’impressione di non poter vivere senza quel suo cinismo. Ma il suo cinismo, può vivere, senza di me?

***

Trema Lucius. Non riesce a staccare gli occhi dalla lettera, non riesce a smettere di leggerla.

Ma dopo tutti questi anni, sono giunta ad una conclusione: quando si arriva a conoscere il peggio di una persona, si hanno due possibilità. O liberarsene definitivamente oppure cominciare ad amarla veramente. È quello che ho fatto io. Lo amo. Lo amo così tanto da star male, il solo sapere che lui c’è, che lui esiste, mi fa male al cuore. L’ossigeno non arriva più ai polmoni, il cuore batte a vuoto. Niente ossigeno, niente vita. E preferirei morire, piuttosto che continuare a vivere, anzi, a sopravvivere in questo modo.

Il cuore –perché Lucius ha un cuore, giusto? Giusto?– si stringe, si contrae in modo indescrivibile. Fa male.
Terribilmente.
Troppo.

Non riesce a resistere a lungo, gli manca l’aria, la stanza ondeggia attorno a lui. Ha gli occhi di un animale in trappola, pieni di follia. Pura, sconvolgente follia.
Come si può scappare alla follia? Si può sfuggire alla sua morsa letale? Si può?
Quanto dolore, quante ferite, quanto freddo, quanto gelo dentro. Cresci e la vita cerca di farti diventare un pezzo di ghiaccio. E con lui la vita c’è riuscita.
Ora, c’è da chiedersi se è contenta, se è soddisfatta del suo risultato. Ma cosa c’è da essere contenti, soddisfatti, dopo aver rovinato la purezza, la bellezza delle emozioni provocate in qualcuno?

Va a sciacquarsi il viso. S’inumidisce i capelli. La testa gli sta scoppiando. Non è mai stato così male. Alla fine si decide, anche se probabilmente la sua, è la scelta più sbagliata che possa esistere.

***

Anche Lily soffre. Certe verità, come l’amore, a forza di scrutarsele dentro gli occhi, fissi, lì, nello specchio, diventano solo occhiaie. Niente di peggio, poi, del sorriso annacquato dalle lacrime trattenute. Perché le lacrime non spengono i roghi, e lei lo sa bene.
Si lascia scivolare lungo il muro, stringendo la lettera, quasi aggrappandosi a lei. Una lettera estremamente poetica, struggente. Non credeva che lui riuscisse ad essere così. E questa volta Lily sa che è sua.
L’ha firmata.

 

Anche stanotte torno a te come la spiaggia al mare. E come la spiaggia, non posso stare senza il mare. Esisterebbe comunque la spiaggia, se non esistesse il mare?

Nella mia famiglia siamo sempre stati gente di mezza parola, perché una intera neanche serve. Un tempo ero più netto nei miei giudizi: questo è buono, quello è cattivo; questo è vero, quello è falso. E aggrappandomi alla convinzione che le cose potessero anche cambiare, mi auguravo di essere sempre abbastanza ottimista, da credere che se oggi va male, domani andrà meglio. Una parte di me sognava la stabilità delle certezze in bianco e nero, il conforto delle cose che durano. Ma di fatto, vivevo già nell’ambiguità delle sfumature del grigio. Solo che non lo sapevo. E sembrava che nella mia vita l’unica costante fosse la purezza. Quella, a suo modo, dura, anche se si spostano, si alternano i suoi contorni con matrimoni sbagliati. Tutto il resto è fumo e giochi di specchi. Nulla è per sempre. Sono arrivato a questa conclusione, dopo aver sentito litigare nuovamente i miei genitori. Non sono mai stato un tipo molto sentimentale, devo ammetterlo. Ma, quel litigio, mi ha fatto soffrire come un ippogrifo decapitato. Non so per quale motivo abbiano litigato. So soltanto che non si comprendono, che forse non si sono mai compresi. Ma che c’entro io con i loro problemi? Che c’entro io coi segreti che nascondono sotto la banalità di come si comportano, senza nemmeno il coraggio, magari, di confessarli a sé stessi? Resto comunque dell’idea, che un padre è un padre, e dovrebbe esserlo sempre e non solo quando gli fa comodo. Mi sento a pezzi. Oppure è la realtà che mi circonda a crollare. E ciò che rimane sono i frammenti. I frammenti dei miei sogni frantumati, e sono il re, la regina, l’alfiere della mia famiglia, della mia immaginazione grande come il sole al crepuscolo di una giornata tiepida e profumata.
Sto male. Di un male che cerca di contrastare  la paura e i rimpianti e tutto quello che, di giorno in giorno, ti fa il vuoto dentro, un vuoto così grande che il respiro non ti basta più. Respiri, respiri, e più respiri più ci soffochi.

E so che anche tu stai male, me lo hai detto. Perciò, incontriamoci.
Stasera alle otto, nella stanza della necessità.
Lucius.





Non ci crede. Non può essere vero. Non può! Si passa le mani sugli occhi, come a voler cancellare quelle orrende occhiaie. Non riesce ancora a crederci, di avergli “parlato”.
Si dà della stupida, perché in una lettera a scritto dei nomi.  «Che cretina! Mi sono smerdata da sola..» Le lacrime fanno capolino dai suoi occhi, per poi tuffarsi da quel trampolino improvvisato che sono le ciglia. E percorrono un bel po’ di viso, prima di arrivare lì, sul mento, e scomparire nel vuoto. Lily pensa che ci voglia molto coraggio ad essere delle lacrime. Nascere, vivere pochi secondi, e poi morire. Si dà nuovamente della stupida. Le lacrime non sono vive.
E chi te lo dice? È la vocetta insistente del suo cervello. Strano! E lei che si considerava intelligente!

Decide di non rispondergli. Sono le sette, deve prepararsi.
E anche in fretta.
Lucius odia aspettare.

***

Sente la porta cigolare, e poi dei passi leggeri, indecisi. La sente bloccarsi, un paio di metri dietro di lui.
Mela.
Giacinto.
Lily.
«Alla fine, sei venuta.» Non si volta Lucius, non vuole farla scappare e far scappare la gente è l’unica cosa che gli riesce bene.
«Certo.» Le trema leggermente la voce. Lui continua a guardare il fuoco che scoppietta nel camino, e a sorseggiare il whiskey.
«Accomodati, non voglio certo farti stancare.»
Lei si siede sul divanetto, il più lontano possibile e in punta, come se si tenesse pronta per scappare.
« Sai, credo che tutto accada per una ragione. Le persone cambiano perché tu possa imparare a lasciarle andare via. Le cose vanno male perché tu le possa apprezzare quando invece vanno bene, credi alle bugie perché poi imparerai a non fidarti di nessuno tranne che di te stesso, e qualche volta le cose buone vanno in pezzi perché cose migliori possano accadere.» La osserva. I lunghi capelli rossi le coprono il viso, le lunghe gambe, accavallate, spuntano dalla divisa, le mani, piccole e affusolate, si torturano. «Credi nel destino, Evans?»
Lei alza finalmente lo sguardo, si perde negli occhi di lui, affoga, cerca di risalire, ci riesce.
«Dipende.»
«E da cosa?»
Lei alza le spalle. «Da cosa influenza, credo.» Ha abbassato nuovamente gli occhi, che adesso fuggono, si posano ovunque, pur di non incontrare ancora quelli di Lucius.
«Mmm.. interessante osservazione. E, dimmi Evans, cosa pensi di me?»
Sussulta impercettibilmente, arrossisce, continua a torturarsi le mani.
«Cosa.. Cosa pe-penso di te?»
Annuisce Lucius, conscio di essere riuscito a metterla in soggezione. Come se ci volesse questo, per metterla in soggezione.
«Beh, penso che bisognerebbe smetterla di chiedere, di pretendere.  La gente pretende tempo, amore, amicizia, gesti, parole, silenzi. Ci sono persone che più di quello che danno non sanno dare, non possono dare, non hanno avuto tanto da dare.  Penso che bisognerebbe accontentarsi ogni tanto, farsi bastare quel poco che quelle persone ci danno, va valorizzato quel poco, che è già tanto così. E.. Penso che tu sia una di quelle persone, Lucius.»

Stavolta è lui a sussultare. L’ha chiamato per nome. Lei ha chiamato per nome lui. Fanculo tutto, per quello che lo riguarda il mondo potrebbe anche fermarsi, tutti potrebbero morire, quello che importa adesso, è in quella stanza. Lì, dove certi piccoli miracoli, come quello di lei che lo chiama per nome, sono possibili.

***

«Col mio orgoglio ho distrutto molte cose a cui tenevo, e il loro ricordo a volte mi fa mancare l’aria.»
Non capisce il senso di quell’affermazione Lily. Cosa sta cercando di dirle? Aggrotta le sopracciglia, non è brava a leggere tra le righe. Lucius sorride. No, non sorride semplicemente.
Sta sorridendo a lei. A una nata babbana, a una Grifondoro, a Lily, non a Evans.
Sorride anche lei, abbassando lo sguardo.
Si sente stranamente a suo agio. La sua vicinanza annulla tutto. Ancora lui non lo sa, ma desidera amore, più di ogni altra cosa.

Spinta da un improvviso coraggio, gli prende una mano e la stringe.
«A volte, solo ciò che è meno credibile, può salvarci.» Lo guarda in quegli occhi senza fondo. Viene sommersa, affoga, cerca di salvarsi, sorride. «Ma tu, tu Lucius, vuoi essere salvato?»
Lucius, Lily l’aveva capito bene negli ultimi bene, era un ladro. Un ladro dei suoi stessi pregiudizi, capace di creare solo la sua ombra, e aveva un bisogno terribile di essere salvato.
E lei, Lily, voleva salvarlo, più di quanto desiderasse salvare sé stessa.

***

C’è un destino. Una donna ha la certezza che un uomo, uno solo, è fatto per lei. Non ci sarà mai nessun altro uguale. E anche se lui non si decide, non importa. Importa che il destino abbia deciso così.

***

Avvicinandolesi, Lucius scorse nei suoi occhi una scintilla, una piccola luce, o forse, chissà, erano mille. Sorrise, pensando che in fondo, gli occhi di Lily erano davvero due luci. Due luci composte da altre mille, minuscole, tremanti, bellissime luci.
Era bello pensare ai suoi occhi, più verdi del verde di Serpeverde, fossero formati da un migliaio di luci. Erano come le stelle, per quanto tentasse di contarle, non ci riusciva.
L’unica cosa che poteva fare, era ammirarle.

***

Fare l’amore, poi, era venuto naturale quasi come respirare. E Lucius scopriva cos’è fare l’amore a immagine e somiglianza di sé stessi. E scopriva tante altre cose. Che leggerselo negli occhi, il desiderio, significa aver l’anima a posto.  E leggendo a fondo il desiderio di Lily, sentiva crescere il proprio. E la sensuale pazienza del preludio, quando i sensi non sei tu che li chiami a raccolta, li fai scattare, ma sono loro che è come se ti chiamassero per nome, e tutto cambia quando ti trovi a essere loro ospite gradito, assecondato in ogni voglia.

Comparve il letto. A baldacchino, con le lenzuola e le tende bianche, come la purezza di lei, ancora un po’ bambina nel corpo, un po’ aspra.

Le altre, erano stata la messinscena di cui la bellezza a volte si compiace per lasciare sbalorditi all’istante. Lily, invece, era, anche col corpo, la bellezza che si svela adagio, e via via, ti sorprendi ogni volta di più, perché non le avevi immaginate quelle forme aspre che si manifestano, nella nudità, modellate, ma non secondo il tuo ideale, le mani, e la bocca, non proprio abili, ma che inventano ciò che vorresti nel momento stesso in cui ti dici: “Vorrei..” Invenzioni, atti anche leggeri come piume, che però ti stordiscono.

A diciassette anni col suo carattere già sbagliato che lo fa sentire irrimediabilmente sbagliato, vorrebbe essere tutto bianco, anzi trasparente. Invisibile. Ma con Lily, con Lily è diverso.

Una storia finisce sempre con qualche rintocco, colpi di coda, dettagli. A volte sono il trapasso verso un’altra storia che va a cominciare. Un’anteprima, non una chiusura. Questa storia, si chiude con gli occhi di Lily, che contengono un migliaio di luci, un migliaio di stelle comete che nessuno ha mai scoperto, catalogato, studiato.
Perché, negli occhi di Lily, Lucius ha trovato la sua ricompensa.

   
 
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