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Autore: thenone    18/05/2012    9 recensioni
La stringo a me, mentre, anche le mie lacrime, iniziano a ribellarsi al mio autocontrollo.
Non ho la forza di parlare. Nulla è adatto da dire adesso. Mi limito a dirle che non è colpa sua, mentre lei continua ad accusarsi.
Vorrei che tutto questo non fosse capitato a noi. Non se lo merita, non ce lo meritiamo.
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- You were just a small bump.


Il caffè è bollente, ma alle mie mani non importa.
Mi siedo sulla piccola sedia arrugginita. La sbatterei al muro, ma c’è troppa gente.
Sento la rabbia dentro di me, ma la trattengo. Forse perché non sono solo, forse per il senso di colpa, o forse per le lacrime, che ormai trattengo a stento.
Una bambina passa correndo, sorridente e felice. Stava urlando al padre di rincorrerla. Poggio il bicchierino di plastica sull’altro seggiolino con uno scatto irrequieto. Un uomo passa poco dopo, dicendo alla piccola di non urlare. Porto la testa tra le mani, troppo sensibile per assistere mentre i due si abbracciano felici.
Sento gli occhi gonfiarsi di lacrime, mentre i ricordi riaffiorano tremendamente.

“Quanto mi ami?”. Aprì gli occhi sentendo la sua voce melodiosa.
La vidi sorridere appena incontrai il suo viso. Alzai il capo, posandole un leggero bacio sulle labbra.
“Perché me lo chiedi?”, dissi, accoccolandomi al suo fianco.
“Harry, hai mai sentito dire che non si risponde a una domanda con un’altra domanda?”, disse, afferrando una mia ciocca di capelli e giocherellandoci dolcemente.
“Ti amo più di qualsiasi altra persona al mondo.”, le risposi, ammiccando, facendola nuovamente sorridere.
 “E se fossi in una posizione solo.. come dire..
provvisoria!?”, mi chiese, ancora sorridente, per poi sistemarsi al mio fianco abbracciandomi, ancora avvolta nel leggero lenzuolo.
Sentì la sua mano delicata sfiorarmi il braccio e poi stringere leggera la mia. Combaciavano sempre alla perfezione. Alzò il viso e il suo naso sfiorò il mio mento. Poi un brivido piacevole e leggero mi colpì quando le sue labbra sfiorarono la mia guancia.
“Non capisco. Non potrei sostituirti, mai!”, dissi, strofinando piano il mio naso con il suo. Scoppiò in una risata leggera, per poi sfiorarmi con le sue dita sottili e fredde una guancia.
Dopo anni, non avevo ancora compreso come potesse avere le mani così fredde anche d’estate. Ma era una sensazione gradevole sentire la sua pelle, che delicata come vetro, sfiorava la mia.
“Non parlavo di sostituzione, orso -sorrisi, solo lei aveva il permesso di chiamarmi così- solo di ‘abbassamento di grado’
.. scendere di una posizione, ecco.”, disse, sorridendomi ancora.
“Continuo a non capire, pippi”, ribadì, mentre lei scoppiava a ridere per il ‘suo’ soprannome.
Non ricordo bene -di sicuro non quanto lei- come iniziammo a chiamarci così. Forse la chiamai così per sbaglio. Poi lei avrà detto che il nome assomigliava a Pippi Calzelunghe, io avrò fatto una delle mie solite uscite come “sai che Pippi non ha un orso?” e sono diventato l’orso della falsa Pippi.
Si, sarà andata così. Ma a me non dispiaceva, anzi, faceva piuttosto ridere.
Alzò gli occhi al cielo, sospirando vista la mia mancanza di intelligenza. Lei la definiva così questa mia ritardatagine.
“allora –disse, sedendosi a gambe incrociate in mezzo al letto, trascinando con se tutto il lenzuolo- immagina che Pippi cresca, anzi no.. che scappi lontano con un orso”, iniziò a gesticolare e a immaginarsi tutto come se fosse uno dei suoi romanzi.
“Loro si perdono -ricominciò poco dopo, sicuramente cercando le parole o la corrente di immaginazione giusta- e dopo aver superato l’odio cha li colpisce, scatta una scintilla e si innamorano, l’uno dell’altra..”, continuò, mentre il suo viso sembrava illuminarsi piano piano e io ero sempre più confuso.
Non mi stavo chiedendo come si sia potuta immaginare un orso e una donna che si perdevano chissà dove e si iniziassero ad amare. Ormai ero stato abbastanza tempo con lei da capire che se per un attimo lasciava vagare la sua immaginazione, milioni e milioni di idee geniali, strampalate, divertenti e commoventi, le sarebbero passate nella mente.
Quello che non capivo era cosa centrasse con quello prima.
Finalmente, trascurò il suo cervello che stava elaborando freneticamente, e mi fissò.
“Si, Harry! –urlò, quasi per far risultare tutto più chiaro. Si sistemò una ciocca dietro l’orecchio e continuò- Pippi e l’orso si amano. Improvvisamente scoppia la passione e..” si perse per l’ennesima volta in un punto sul muro dietro di me. Forse quello che gli ‘frullava’ per la testa era difficile da spiegare.
“..e lei.. lei rimane..”, titubò, come se avesse capito che la situazione era più difficile e aggrovigliata da far comprendere a me e forse persino a se stessa. Ma, a quel punto, capì io.
Altro che immaginazione e fantasia! Quell’orso e quella Pippi eravamo io e lei!
Scattai seduto, afferrandola per la vita e guardando dritto in quei profondi occhi marroni.
“S-s-sei incita?”, urlai, spaesato e forse anche impaurito.
Fece un piccolo cenno col capo. Si era resa conto che sarei potuto rimanerci ‘male’.
“forse..”, disse insicura, spostando ancora lo sguardo via da me.
Sorrisi, incapace di farlo prima. Tornò a fissarmi e si lasciò scappare una leggera risata.
Afferrai il suo viso con entrambe le mani e lo avvicinai al mio.
“Diventeremo genitori”, dissi forse per rendermene conto.
Mi sorrise. Forse se ne era resa appena conto anche lei.
La baciai, felice come non lo ero mai stato.


“Signor Styles!?”. Una voce che, pur essendo aggraziata e materna, mi porta troppo tremendamente alla dura e agghiacciante realtà.
Per quanto essere tornato in quella poco illuminata sala d’aspetto e non essere più immerso nei miei ricordi, non azzardo un minimo movimento e non tolgo le mani dal mio viso.
“Non vuole vedere nessuno. Dice che le dispiace non farla entrare, ma adesso non le..”, interrompo la voce del’infermiera, che, lontana, mi parla impaurita.
La mia rabbia e il mio dolore fanno si che nessuno mi si avvicini?
“Lo so.”, dico soltanto, trattenendo ancora una volta le lacrime.
Sento i passi di questa allontanarsi. Non sento più parlare nessuno, così mi decido ad abbassare le mani. L’uomo e la piccola non ci sono più. Meglio così.
Rimane solo la piccola e tonda segretaria, dietro il bancone, a un metro o poco più da me.
Da ore si è abituata alla mia irrequieta presenza. O probabilmente non bada mai alla felicità o al dolore della gente seduta al mio o nei posti vicini.
Una porta che si apre e le urla di una donna mi sovrastano. Sta passando di fretta, su una barella. Alterna le urla di dolore a dei respiri affannati.
Non è sola. Alla sua destra c’è un infermiere. Alla sua sinistra, un uomo, impaurito, ma dai suoi occhi si avverte un pizzico di felicità. Le tiene la mano, cercando, invano, di rassicurla. Sono passati davanti ai miei occhi velocemente, ma non sono riusciti a placare la mia gelosia.
Mi alzo con uno scatto anch’esso pieno di rabbia e inizio a percorrere di fretta il corridoio, dove vedo i tre sparire dentro la stanza più lontana.
Cammino svelto, trattengo i pugni e svolto l’angolo prendendo coraggio per vederla.
So che da lì a poco avrò la sua immagine davanti e, per quanto mi potrà odiare, non posso negare la mia presenza.
Arrivo in un piccolo spiazzo, fermandomi immediatamente.
Tre paia d’occhi mi stanno fissano. Due -uno più rigato dalle lacrime dell’altro- probabilmente mi vorrebbero uccidere. Quale occasione migliore di questa!?
Infondo, è sempre stato un odio reciproco quello con i genitori di Charlie, la mia Charlie.
Incurante, mi avvicino alla piccola finestrella, mentre gli occhi iniziano a gonfiarsi ancora di lacrime. Ed eccola. È accovacciata su stessa, stesa sul letto bianco e stropicciato. Riesco a sentire il suo respiro affannato e le lacrime rigarle taglienti il viso.
Ero con lei due ore fa, io l’ho portata in questo ospedale, l’ho posata sul quello stupido letto. Ho sentito che accusava stupidamente se stessa piangendo e ho sentito anche ciò provava perché, in qualche strano senso, sentivo il suo stesso dolore e vuoto.
Mentre i medici iniziavano le prime cure, io ero a una decina di centimetri, pietrificato, e le sue urla mischiate al suo pianto mi urlavano di andarmene, almeno per un po’.
E ora eccoci a dopo il po’, a guardarla, sola, in quella stanza poco illuminata e vuota.
Se dovessi entrare, non saprei cosa dirle, come consolarla, perché non riesco a trovare una scusa per andare avanti nemmeno a me stesso. Io e lei, siamo in una di quelle situazioni in cui non puoi fare altro che aspettare che si risolvano con il tempo. Non è colpa di nessuno, solo di uno stupido destino. E questo è un male, perché non riesci ad accusare qualcuno, anche solo per sentirti meglio. Non sai cosa dire, come affrontare queste situazioni. Per quanto superficiali e stupidi possono sembrare, sono eventi che non riesci a evitare, non sai come affrontarli, ti senti debole, arrabbiato, triste e anche deluso. Il loro peso lo sentirai per sempre, dovrai solo aspettare e col tempo imparerai a non farci caso, ma saranno sempre li, all’agguato, e temerai che situazioni simili o ricordi di quel periodo si ripresentino, causando la tua e la sofferenza di chi è al tuo fianco.
Mi volto, dopo che qualche lacrima è sfuggita al mio controllo. Cerco la forza per allontanarmi e lasciarle ancora un po’ di tempo.
Mi fermo, a pochi passi dalla finestra. I miei piedi dicono di correre dentro, ma la mia mente di andare ancora via.
“Vai da lei”, dice Jaden, scrollandomi senza sfiorarmi dal mio stato d’incertezza.
Apro gli occhi, mostrandoli ai tre spettatori rigonfi di lacrime. Qualche lacrima mi sfiora ancora il viso. Quante lacrime avrò già pianto fino ad ora?
Stringo i pugni e mi volto verso la porta, aprendola senza ripensarci.
La vedo. Non è cambiato niente dalla mia visione dal vetro di prima, solo che adesso è ancora più vera, senza una stupida parete a dividerci.
Alza il volto. Un viso colmo da tutte le lacrime, uguale al mio, se non le avessi trattenute.
Sussurra il mio nome, per poi tornare a piangere, sprofondando nella coperta.
Corro da lei, lasciando che la porta si chiuda da se. La stringo, mentre ancora piange.
Per quanto avesse imposto quel divieto, chiunque fosse entrato da quella porta avrebbe potuto abbracciarla, senza che lei urlasse contro qualcuno. O, molto più probabilmente, solo io avevo questo permesso.
La stringo a me, mentre, anche le mie lacrime, iniziano a ribellarsi al mio autocontrollo.
Non ho la forza di parlare. Nulla è adatto da dire adesso. Mi limito a dirle che non è colpa sua, mentre lei continua ad accusarsi.
Vorrei che tutto questo non fosse capitato a noi. Non se lo merita, non ce lo meritiamo.
Ma, per quanto possa odiare il destino, per quanto vorrei spaccare tutto in questa stanza, non riesco a staccarmi dall’abbraccio della mia piccola e fragile Charlie. Le lacrime continuano a scorrere, come le sue. E mi sento morire, ripensando che avevamo perso una delle cose più belle e perfette in tutto l’universo.
Non le avevamo nemmeno fatto sapere quanto potesse essere importante per noi.
Non avevamo visto il suo viso. Non sapevamo quanto fosse bello un suo gesto d’affetto.
E non sentiremo mai la sua vocina, parlare, gridare o dire due delle parole che non ci saremo mai stancati di sentire e che ci avrebbero riempito il cuore ogni giorno. Non saremo mai stati la sua mamma e il suo papà.


Your just a small bump unborn, just four months then torn from life.
Maybe you were needed up there, but were still un-aware of why.



 


 

Innanzitutto, io sono una frana a scrivere one shot, e non lo dico tanto per dire, ma perchè è davvero così D:
Ok, ora vi posso dire come mi è venuta in mente.. il punto è che, ecco, io non ne ho idea. (?)
Io stavo tranquillamente ascoltando musica, parte quel grande genio -quale Ed Sheeran è- e PUFF! Mi è venuta in mente questa cosa. In breve, mi sento molto la mia cara amica Medusa che ha scritto ben due os sulle canzoni di Ed e una storia principale che si intitola come una sua canzone. 
Bene, visto che stiamo parlando di animali, vi voglio avvertire che la roba dell'orso e di Pippi Calzelunghe penso sia un semplice schizzo di ieri notte. Perchè si, io scrivo os di notte.. (?) non mi prendete per pazza -anche se lo sono lol- ma la mia testolina ha elaborato questo ieri e, la mia stessa testolina, è una rimbambita e non si ricorda un emerito niente.  
Per il resto spero soltanto che Harry non si innamori di una "charlie" e che perdano un bambino..
Mi dispiacerebbe, ma mi dispiacerebbe di più andare a Mistero (?)
E io avrei finito, vi chiedo solo di dedicarmi altri cinque minuti delle vostre vite preziose e di dirmi che ne pensate :) 
Oh, ditemi pure se fa schifo, lo accetto, piangerò, spaccherò qualcosa ma poi me ne farò una ragione (?)
-Marty

 

   
 
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