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Autore: sophiee_    19/05/2012    2 recensioni
Era in ritardo. Molto in ritardo. Ormai era inutile affannarsi, meglio lasciar perdere e mettersi l’animo in pace. Dopotutto per aver saltato un compito in classe non era mai morto nessuno giusto? A quel punto il compito doveva esser già iniziato e lui era appena alla fermata dell’autobus. Tanto valeva prendersi una bella giornata di vacanza.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Era in ritardo. Molto in ritardo. Ormai era inutile affannarsi, meglio lasciar perdere e mettersi l’animo in pace. Dopotutto per aver saltato un compito in classe non era mai morto nessuno giusto? A quel punto il compito doveva esser già iniziato e lui era appena alla fermata dell’autobus. Tanto valeva prendersi una bella giornata di vacanza, per di più non aveva neanche studiato per quella verifica – non che avesse mai studiato seriamente per una verifica, s’intende, ma almeno una letta veloce di solito la dava.
Beh, ora era seduto alla fermata, doveva solo decidere che farsene della sua improvvisata giornata di riposo. Quello che sapeva per ora era di non aver fatto colazione, e di avere di conseguenza una gran fame, quindi per prima cosa si incamminò verso il bar che ricordava essere il più vicino.
Era all’angolo di un grande palazzo, un bar carino, di cui non aveva mai visto gli interni benché fosse poco distante da casa sua. Era tutto in legno scuro, compreso il bancone che occupava gran parte dello spazio, la parte opposta era occupata invece da cinque tavolini tondi coperti da tovaglie bianco candido dove su ognuna di esse c’era un vaso di vetro contenente piccoli fiorellini indaco.
Era un posto piacevole e tranquillo, forse per le finestre che illuminavano dolcemente la sala, forse per l’assenza di clientela, e conseguente brusio, fatta eccezione per una signora in blu agli ultimi tavoli intenta a sorseggiare il suo probabile tè. Accanto al bancone c’era una vetrina che esponeva varie torte e dolciumi.
- Buongiorno - fece una voce dietro di lui.
- Ah, ‘giorno… prendo una fetta di questa - disse indicando una bella crostata ancora intatta.
- Subito -
Dopo aver pagato cominciò a mangiare, organizzando il resto della sua giornata. Non poteva di certo tornare  a casa o si sarebbe beccato la ramanzina interminabile di sua madre, ma non poteva neanche fare qualcosa che implicava lo spendere soldi perché li aveva spesi per la colazione.
- Non dovresti essere a scuola?- chiese il barista.
- Ah?- fece lui distolto dalle organizzazioni mentali della sua giornata.
- Non dovresti essere a scuola?- ripeté quello spostando lo  sguardo dall’orologio a lui.
Era un ragazzo di qualche anno più grande di lui, alto e magro, con i capelli castano chiaro, disordinati, tirati su con qualche spray in un vano tentativo di tenerli a bada.
- Ho fatto sega -
- Mh - fece quello pensieroso mentre cominciava a trafficare dietro al bancone con tazzine e bicchieri - voi ragazzi non dovreste prendere la scuola così sottogamba. La scuola è… è il cibo dell’anima -
Non capiva se faceva sul serio o lo stesse prendendo per il culo.
- Che cos’è?- chiese guardandolo storto.
- Nulla, cercavo di fare qualche citazione colta sulla scuola ma non mi è venuto niente- spiegò velocemente -accontentati di quella -
- …ok - disse trattenendo un sorriso stranito.
- Era un compito?- chiese l’altro distrattamente senza interrompere quello che stava facendo.
- Che?-
- Il motivo per cui non sei andato a scuola - spiegò tranquillo.
- Ah, no… ho solo fatto tardi e l’autobus non passava, quindi ho lasciato perdere -
Il barista si girò e lo guardò negli occhi per alcuni istanti.
- Però c’era un compito - disse riprendendo a lavare le tazzine.
- Ehm… sì può darsi -
- Sì, c’era, vedo nei tuoi occhi il senso  di colpa - fece divertito.
- Ah ecco, ovvio -
- Beh il compito c’era giusto?-
- Giusto - ammise.
- Comunque, per aver saltato un compito non è mai morto nessuno direi -
- No, non che io sappia - disse sorridendo.

Il televisore a schermo piatto sopra il bancone trasmetteva un documentario sui pinguini. Tanti pinguini che si lanciavano nell’oceano da alte rupi di ghiaccio.
La signora in blu pagò alla cassa ed uscì lasciando il locale deserto.
- Com’è che non viene nessuno?- chiese il ragazzo dopo un po’.
- Oh è quello che si chiede tutto il personale da circa un mese -
- Io credo sia per quello - disse indicando la tv - il documentario, insomma chi è che vuole vedere dei pinguini che si lanciano in acqua, nuotano un po’, poi escono e ricominciano, in questi giorni di diluvio universale?-
Il ragazzo del bar scoppiò in una risata contagiosa.
- Oh sì dev’essere per forza questo il motivo - affermò ancora ridendo.
Ma fu interrotto da un forte tonfo proveniente dalla stanza dietro di lui. Prese un gran respiro esasperato.
- Hemingway !!! - gridò spazientito. Quando non udì risposta andò a vedere che succedeva. Tornò poco dopo trascinando per il collare un cane dall’aria colpevole.
- Se ti ha sentito Louise siamo fottuti - bisbigliò al cane mentre lo legava dietro il bancone.
- Matt!! – urlò una voce femminile.
- Porca puttana -. Cominciò a fingersi molto indaffarato.
- Forse... è meglio che vada – sussurrò il loro unico cliente.
Il barista si girò di scatto afferrandolo per un braccio – Ti prego, solo un minuto. Resta solo un altro minuto, per favore – lo supplicò. L’altro annuì con aria preoccupata.
- Grazie – disse con un filo di voce mentre lo liberava dalla stretta.
- Matt!! – una donna bionda uscì da una porticina nascosta – Cos’ha fatto? – disse in tono accusatorio indicando il cane che continuava indifferente a leccarsi le zampe.
- Nulla di irreparabile – disse Matt sorridendo gentile con malcelato nervosismo.
- Ti avevo detto di non portarlo in negozio e tu ce l’ha portato lo stesso, se non lo vedo fuori di qui entro un ora sei licen... oh abbiamo un cliente-
-...già – fece sorridendo sornione.
Il cliente sorrise, accennando un saluto terrorizzato. Lei abbozzò un piccolo sorriso poi si rivolse di nuovo a Matt – La bestia fuori di qui o sei licenziato -.
- Licenziato! E chi verrebbe a sostituirmi sentiamo un po’ – azzardò. Lei si girò fulminandolo con uno sguardo di fuoco.
- Fuori di qui entro un ora, perfetto – disse lui di corsa sorridendo obbediente mentre lei tornava nella piccola stanza.
Poi si appoggiò al bancone fissando il vuoto pensieroso.
- Ah grazie mille, scusami ora puoi andare – disse destandosi dai suoi pensieri.
- Che fai con il cane? -
- Ah?- fece lanciandogli un’occhiata veloce – Credo che lo chiuderò fuori, dopotutto se l’è cercata -
- Posso tenerlo io se vuoi, te lo riporto quando finisci il turno -
Quello lo guardò un po’ incredulo – Scherzi, non ti preoccupare -
- Dico sul serio. Non sono uno stupratore di cani assassino, tranquillo te lo riporto – disse facendo ridere di nuovo il barista.
- No, non è questo, è che il mio turno finisce alle due. Ora sono le nove -
- Beh io non ho assolutamente nulla da fare – insistette.
- Allora... ok, ti farò una statua quando torni. Non ti ho neanche chiesto come ti chiami – disse sorridendo ancora un po’ stupito.
- Jeremy -
- Matt – rispose stringendogli la mano.
- E... – continuò portando il cane al guinzaglio dall’altra parte del bancone -... Hemingway -
- Hemingway – ripeté al cane accarezzandolo – Bene, allora Hemingway ora ce ne andiamo se no licenziano Matt e non puoi più mangiare -. Il cane lo guardava comprensivo.
- Fai il bravo Hem – disse Matt tirandogli una pacca sul fianco mentre tornava dietro il bancone.
- A dopo allora. Hai detto alle due giusto?- chiese un’ultima volta aprendo la porta di vetro portando con se il cane.
- Sì... alle due – confermò ancora mezzo confuso – Ah, ehm, grazie ancora! – disse svelto prima di sentire la porta chiudersi. Jeremy rispose con un sorriso di sfuggita prima di voltare l’angolo, lasciando il giovane barista disorientato a fissare la porta.

Bene, ora Jeremy aveva saltato il compito, aveva fatto colazione, erano appena le nove e un quarto e aveva un cane con se.
Era di media grandezza, con il pelo lungo e folto, color cioccolato con qualche sprazzo di bianco qua e là, gli occhi gentili e un aria trasandata. Non sembrava turbato dalla mancanza del suo padrone anzi, camminava tranquillo come se niente fosse.
Jeremy si ricordò che il parco di fianco a casa sua aveva un recinto per cani, così passo lì tutta la prima ora. Si sedette sulla panchina, lo liberò e rimase a guardarlo mentre saltellava allegro per il recinto annusando più e più volte gli alti alberi.
Ora che ci pensava non sapeva perché aveva insistito tanto per portare il cane con se. Era ovvio che il barista si fosse stupito dell’offerta, non tutti i giorni arrivano sconosciuti che all’improvviso ti salvano il posto di lavoro portandosi via il tuo cane. Che diavolo gli era preso?
Ad ogni modo ora era lì, e almeno aveva trovato qualcosa da fare. Il punto era che dovevano passare altre quattro ore. Lui e il cane. Forse non era stata una così buona idea. Per di più stava morendo di sonno. Allora gli venne l’idea migliore della giornata. Mise la sveglia per le due meno un quarto, si accasciò sulla panchina e si addormentò. Come potete immaginare non aveva mai avuto problemi di insonnia.
Inesorabile e dannatamente puntuale, la sveglia suonò quattro ore dopo destandolo dai suoi sogni più beati. Almeno aveva passato il tempo in modo costruttivo, e dopotutto si era addormentato anche il cane.
Non era mai stata una persona puntuale ma non si sa bene come alle due in punto era davanti il bar.
Aperta la porta, il viso di Matt si illuminò di un sorriso divertito – Niki! I miei cinque dollari prego!! – gridò a qualcuno  nella stanza dietro di lui e una ragazza tutta lentiggini e capelli rossi raccolti in una specie di straccio bianco si catapultò fuori.
- Oh diamine! È tornato sul serio! – disse fissando sbigottita Jeremy – E per di più con un minuto di anticipo! – continuò lanciando un’occhiata all’orologio. Matt le fece un cenno con la mano.
- E va bene, tieni schifoso – cedette lei consegnandogli con rassegnazione una banconota – Te l’avevo detto – fece lui trionfante mentre la ragazza gli faceva una smorfia e tornava mogia nella stanza da cui era venuta.
Bene, Jeremy faceva un favore a qualcuno e quello scommetteva su di lui. Simpatico.
- Torno subito – disse Matt mentre si toglieva il grembiule blu ed andava a prendere le sue cose.
Pochi minuti dopo uscì dal locale con una grande borsa beige a tracolla. Indossava una grande e leggera maglietta bianca e anche senza grembiule continuava ad avere l’aria da barista.
- Beh allora tieni – fece Jeremy porgendogli il guinzaglio.
- Grazie mille davvero – disse con un sorriso sincero – Posso... posso sapere che hai fatto tutto questo tempo?-
- Ho dormito -
- Hai dormito- ripeté divertito.
- Esatto. Al parco -
Matt cercò di trattenere una risata – Per tutto il tempo? -
Gli piaceva come rideva, era una risata serena e... affascinante. Era oggettivamente un bel ragazzo, e da vicino era anche più alto che da dietro il bancone.
- Sì ecco... io potrei dormire anche nel fango nel bel mezzo della terza guerra mondiale – spiegò.
- Oh beh, beato te allora-
Camminarono verso il parco con Hemingway che trotterellava contento dietro di loro.
- Allora la mia statua? – chiese Jeremy guardandolo pieno di aspettativa.
Matt lo guardò un po’ confuso, poi si ricordò – Oh , la tua statua! Certo è in fase di progettazione, come potrei dimenticarla – fece ironico.
- Oh diamine! L’ha fatta sul serio! E va bene Hem hai vinto – disse lanciandogli un biscotto - È vero me l’avevi detto -.
Matt guardò la scena divertito.
- Ok, mi dispiace, ma io almeno – puntualizzò – ho scommesso fidandomi di te, tu invece a quanto pare hai scommesso sul fatto che non avrei mantenuto la parola – continuò piazzandosi davanti a lui fissandolo con i suoi ammalianti occhi nocciola, che sembravano avere una sfumatura di... verde?  No, erano nocciola e basta. Ma una bella tonalità.
- Non sta bene Jeremy -  disse sorridendo sornione.
- Anche questo è vero, Matt – rispose accentando il nome come aveva fatto l’altro, e fece per aggiralo.
- Aspetta... – disse sbarrandogli nuovamente la strada -...valgo solo un biscotto?- chiese offeso.
- E io solo cinque dollari?- rispose aggirando Matt spiazzato.
Jeremy continuò  a camminare.
- Ehi io vado di là – fece Matt indicando una lunga strada alla loro destra.
- Ah, a presto –
- Grazie ancora – disse si sfuggita scomparendo nel viale.

Erano circa le due e mezza, mezz’ora prima Jeremy sarebbe dovuto uscire da scuola, ora poteva anche tornare a casa. Non aveva passato la miglior giornata di riposo del mondo, ma almeno poteva cancellare una voce dalle cose che voleva fare almeno una volta nella vita. Da piccolo aveva sempre sognato di fare il dog sitter.

  
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