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Autore: d r e e m    19/05/2012    4 recensioni
E’ il silenzio l’unico sovrano di casa Salvatore. Unica regola: non menzionare mai ciò che è successo undici anni prima, soprattutto in sua presenza. Una storia di legami ritrovati, di ricordi amari pronti a ricomparire, di amicizie fraterne, di ferite ancora aperte, di amori pronti a tutto. Anche se urla si levano nel cuore della notte, sangue macchia le pareti delle stanze, fantasmi del passato ritornano alla luce, nessun problema: stanno bene, sono tutti felici.
Dal Prologo:
«Tu menti!» gridò e affondò le unghie sul collo della vampira che un tempo aveva amato con l’intento di farla tacere per sempre.
«So il nome-» gracchiò con quel filo di voce che le rimaneva «- so il nome della bambina».
Quelle parole scossero Stefan che lasciò subito la presa.
«Caroline, Caroline Forbes»

Dal capitolo 14:
C’era una strana sensazione che gli pervadeva il corpo - e non era solo nel sogno.
Il terreno sembrava trasudare quel siero, imbrattando di rosso tutto ciò che incontrava.
C’era un pregnante odore di ruggine tra le pareti di casa Salvatore, sui vestiti candidi di Stefan.
C’era del sangue sul collo niveo di Caroline, tanto sangue sulle labbra a mezza luna di una Katherine moderna.
E poi c’era il mostro e con esso anche la fame – di lei.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Katherine Pierce, Stefan Salvatore
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UCCC

ATTENZIONE: In questa storia verranno sfiorati alcuni temi importanti come demenza mentale, stalking e abuso di minori* . Gli avvenimenti narrati sono riportati in una realtà un po’ diversa di The Vampires Diaries dove non si sono verificati i seguenti eventi: la morte dei genitori di Elena, l’incontro di Elena con i fratelli Salvatore, la morte di Lexi, l’amicizia di Elena, Caroline e Bonnie.

(*) per abuso di minori non si intende assolutamente abuso sessuale.

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14. Caccia

 
Il gorgoglio insistente della caffettiera e il tanfo di caffè bruciato inebriò l’intera cucina di casa Salvatore tanto che Lexi si chiese come mai i sensori antincendio non si fossero ancora attivati.
Con passo altisonante fece il suo ingresso facendo sfavillare i bracciali d’acciaio sotto l’orrenda luce a neon della cucina.
«Buongiorno» esordì Katherine moscia dal suo alto piedistallo sorseggiando una tazza ben colma di B negativo, sicuramente corretto con qualche superalcolico.
La vampira bionda gonfiò le guance ricoperte di fondotinta.
«Ti turba effettuare due metri e mezzo e spegnere il gas della caffettiera?» chiese artigliando i fianchi e scoccando un’occhiata omicida a Kate la quale, con gesto fanciullesco, tirò fuori la lingua per poi portare nuovamente alle labbra il bicchiere di cristallo – la sua colazione.
La vampira bionda sbuffò maledicendo persone e cose non definite mentre le mani armeggiavano con lo strofinaccio per ripulire il ripiano cucina dai residui di caffè bruciati e oramai incrostati sulla ceramica.
«Buongiorno signore»
Damon varcò la soglia della cucina, inclinando leggermente il capo in segno di saluto e occupando come sempre la seconda sedia alla destra del tavolo – la sua postazione.
Stirò il braccio così da raggiungere e agguantare il quotidiano spiegazzato posto sopra la cesta da cui solitamente traboccavano fette biscottate e biscotti e da cui invece quel giorno si vedevano solo briciole e il triste candore del tovagliolo.
Le lunghe ciglia della vampira mora di alzarono leggermente giusto per dare il tempo agli occhi di osservare l’umore del Salvatore quella mattina.
«Come siamo di buon’umore oggi» cinguettò lasciva allontanando il bicchiere mezzo vuoto di sangue e facendo diventare il disturbare il vampiro di fronte a lei la sua unica occupazione.
La fronte di Damon si stropicciò così come gli angoli della sua bocca sebbene gli occhi azzurri rimanevano incollati alle minuscole lettere nere e grigie del giornale.
«Ogni giorno la tua capacità di capire esattamente l’opposto di ciò che sono mi stupisce sempre di più. E’ un dono che non tutti hanno»
Il sorriso sornione e sfacciato di Damon fu sufficiente per far si che l’espressione della vampira dai vaporosi riccioli scuri mutasse da un allegro e sbarazzino sorriso a un broncio ostile e accusatore.
Solo questioni di minuti e il tavolo della cucina, così finemente intarsiato e sul quale erano appoggiati i gomiti del maggiore dei Salvatore, sarebbe stato scaraventato contro le pareti malridotte della povera pensione.
Solo questione di minuti.
Lexi aveva già incominciato il conto alla rovescia.
Non era un semplice litigio quello di quella mattina, ma a parere di Damon quella sceneggiata si susseguiva ogni giorno con una periodicità di sei ore e che portava inevitabilmente alla distruzione di qualche oggetto della casa, di qualunque genere – frigorifero, lampadario, televisore, specchio.

Questo a parere di Damon.
Secondo Lexi invece quello era la nuova attività fedelmente di appartenenza del Salvatore per far trascorrere velocemente il tempo, nella speranza che non sopraggiungesse la noia.
Ma la verità era che a tutti in quella casa mancava Stefan, e Katherine questo lo sapeva, lo sapeva eccome.
«Potresti essere più gentile, dopotutto sono ancora le nove di mattina e lei ancora non è scesa» latrò la vampira dagli occhi nocciola, picchiettando le unghie contro la superficie legnosa e affogando facilmente l’impeto di sferrargli un pugno, impedendo così che si compisse il rituale litigio mattutino.
Gli occhi azzurri di Damon si screziarono di rosso giusto il tempo di scoccare un’occhiata assassina alla suddetta vampira per poi spostarsi alla ricerca del volto alquanto rabbuiato di Lexi.
«Lei dov’è?» chiese e senza accorgersene aveva inserito nel suo tono di voce più preoccupazione di quanto effettivamente voleva far trasparire.
La bionda si rifiutò di rispondere e al contrario si torturò il labbro inferiore, lasciando che il silenzio inghiottisse vivi i presenti in quella sala.
Il Salvatore socchiuse maggiormente gli occhi e inarcò un folto sopracciglio nero lasciando che una vena pulsasse vivacemente sulla tempia sinistra.
«Dimmelo, Lexi» ordinò nuovamente, questa volta mostrando un po’ più di contegno.
A Katherine sfuggì un sorriso per quello sforzo effettuato dal Salvatore.
Lexi sospirò, allacciando le braccia al petto e sentendo lo sguardo furente del vampiro di fronte a lei farsi sempre più insistente ed irritato.
«Nella sua stanza» annunciò e vide un leggero tentennamento nell’espressione arcigna di Damon.
«Come ieri del resto» aggiunse Kate puntualizzando la situazione.
Il vampiro si tamponò la fronte con le dita, si umettò le labbra e incrociò le caviglie sfiorando appena il duro anello in ottone che aveva sull’indice sinistro.
«Sta bene, vero?» chiese guardandola di sottecchi e ignorando i commenti poco opportuni di Katherine che nonostante tutto non aveva abbandonato la sua postazione, quasi come se quella scena così delicata fosse così importante da prenderne parte.
Lexi cominciò a sudare freddo.
«E’ malata, Damon» disse stringendosi nelle spalle e puntando i suoi occhi verdi oliva in quelli del vampiro, profondamente scosso da quella costatazione.
«No, ti sbagli. E’ solo triste -» pronunciò prima di bloccare la mano a mezz’aria e rendersi conto della veridicità delle proprie parole «- beh, non che sia meglio di una malattia, sempre meglio del cancro comunque» concluse inarcando un sopracciglio e scoccando un’occhiata alquanto perplessa alla vampira dai lunghi capelli biondi.
Un boato sopraggiunse dal piano superiore e le pareti tremarono a tal punto che dal soffitto poco stabile cadde qualche calcinaccio frantumandosi inevitabilmente sulle mattonelle scheggiate del pavimento.
Il Salvatore roteò gli occhi e con un gesto stanco avvicinò a se il bicchiere ancora colmo di sangue rifiutato precedentemente da Katherine.
Un altro rumore metallico e questa volta anche rumore di vetri rotti – quanti altri specchi avrebbe potuto rompere?
Un’occhiata eloquente di Damon bastò a Lexi per capire che anche quella volta sarebbe toccato a lei risolvere la situazione.
«Vado io. Per questa volta» borbottò mentre si dirigeva a passo spedito verso le ampie scale secondarie che l’avrebbero condotta più velocemente alla stanza di Care – sempre se fosse stata ancora nella sua stanza.
La cucina adesso sembrava un luogo ancora più solitario solo con Damon e Katherine.
«Adesso puoi anche permetterti di essere un po’ più gentile» ammiccò la vampira sgusciando tra le sedie posizionandosi sempre più vicino al Salvatore.
La sua risposta fu l’alone di caffè che si formò sulla parete bianca al seguito del lancio della caffettiera bollente da parte del vampiro furibondo.
 

Signor Salvatore dovete prendermi se volete vincere al gioco
Era più che raro per Stefan sognare, per di più negli ultimi mesi era diventato quasi impossibile a causa dei pesanti sensi di colpa che gravavano sulle sue spalle, tenendolo insonne per parecchie notti sotto il tetto incurante del pensionato.
Eppure la sua mente stava vagando in un remoto passato senza una ragione alcuna.

“Non è consono per una signorina bella come voi correre e sciuparsi il vestito”
Katherine arrestò i suoi passi e con le guance leggermente rosate appoggiò le dita sottili sulla corteccia ruvida della quercia che aveva di fronte. Un sorriso leggero e sbarazzino a spiegazzarle il viso.
“E’ così bello il vostro giardino” disse accompagnando le parole con un ampio gesto della mano destra mentre con la sinistra lisciava le pieghe della gonna di seta blu.
Stefan sorrise obliquamente e avanzò con le mani intrecciate dietro la schiena, scansando con gli stivali i mucchi di foglie gialle che erano rimaste incastrate tra le spesse radici dell’imponente albero.

“Vi confesso che sono lieto che mio padre abbia deciso di prendersi più cura di questa parte dei nostri possedimenti. Un giardino pulito è sinonimo di bellezza e raffinatezza”
Il Salvatore tese la mano munita di un soffice guanto bianco e sfiorò la superficie legnosa e si beò del tepore che la pianta emanava, quasi come se fosse propria di vita.
E nella profondità dei suoi occhi Katherine vi si immerse, beandosi dopo secoli di quella brezza autunnale che le solleticò la nuca resa libera dai riccioli raccolti e cascanti sulla spalla destra.
Stefan sollevò lo sguardo e puntò gli occhi color giada su quelli della vampira che rispose a quell’attenzione con un sorriso genuino, prima di continuare il suo discorso.

“Ma non solo di questo, signor Salvatore. Un giardino ben curato è anche lo specchio della nobiltà di una persona, della purezza, della sua stessa anima”
La fronte di Stefan si corrugò impercettibilmente, ma di questo Katherine non se ne accorse, troppo intenta a rimirare i finissimi nodi che si intrecciavano nel corpo curvilineo dell’albero.
“Se fosse così, questo giardino sarebbe il suo. Solo lei può avere un’anima candida, e pura, e bella quanto lo è questo prato” sussurrò lieve e con l’indice le sfiorò le labbra fino a ricongiungersi con il mento e sollevare i suoi occhi color nocciola dal tappeto di foglie rosse e gialle sottostanti.
“Mi credete solo degna di questo giardino? Ma la vostra casa e il vostro giardino sono due luoghi troppo distanti. Come le nostre due anime, in fondo”
Katherine portò le due dita a cingere le pieghe del vestito e con l’altra si aggrappò al braccio del suo accompagnatore implicitamente invitandolo ad incamminarsi sulla via del ritorno.
“Non dovete pensarla così, signorina Pierce” la ammonì Stefan con tono quasi paterno, volgendo lo sguardo più sul profilo di Kate che al terreno impervio sul quale camminavano.
“Casa Salvatore è un luogo chiuso, austero, tenebroso. Non si addice a uno spirito libero come il vostro. Voi avete bisogno dell’aria, del vento, di spazi aperti per poter sopravvivere. Lo sapete, Katherine.”
Un lieve senso di vertigine si impossessò della vampira tanto da farle aumentare la stretta attorno al braccio del Salvatore.
C’era un qualcosa nei modi di fare di quell’individuo, nei gesti semplici e nobiliari, da vero gentiluomo del Sud, che facevano vacillare l’animo di per se oscuro di Katherine.
Non si trattava di debolezza dovuta alla sete di sangue, ma di un senso di benessere che sgorgava dal suo essere, solo ed esclusivamente quando era accanto a Stefan.
Lo aveva represso più volte, aveva premuto l’interruttore così da rinchiudere quel sentimento nascente, ma a volte lo lasciava facilmente perforarle la pelle e attraversarle quel che ne era rimasto della sua anima. Ma Katherine non era fatta per ricevere amore, questo l’avrebbe solo uccisa.

“E se lo volessi, Stefan? Se desiderassi con tutto il mio cuore di non essere un giardino ma di essere una casa - la vostra casa - mi portereste con voi?”
Stefan piantò gli stivali sul terreno ricoperto di foglie autunnali e Kate sciolse morbidamente la mano dall’incavo del braccio del suo accompagnatore.
Dagli occhi del Salvatore, Katherine poté già gustare sulla punta della lingua il sapore dolce della vittoria premeditata e già ottenuta.

“Vi giuro Katherine, sulla mia vita, che quella casa sarà vostra, e solo vostra” puntualizzò Stefan allungando il braccio per solleticare la pelle della guancia leggermente olivastra della vampira la quale, nonostante la fiducia sconfinata che riponeva in lui, aguzzò gli occhi color cioccolato desiderosa di avere conferma dal suo interlocutore. Dopotutto più che un giuramento, quello suonava essere un accordo.
“State attento, signor Salvatore. Una promessa si mantiene, un accordo si rispetta. E io non intendo rammaricarmi per una vostra dimenticanza” annunciò Katherine con una punta di finta arroganza sebbene sapesse che niente avrebbe potuto intralciare i suoi piani.
Non che Katherine avesse realmente il desiderio di dimorare presso casa Salvatore per sempre, semplicemente il capriccio di intrufolarsi all’interno delle loro vite era così grande a tal punto da escogitare quella richiesta.
In fondo, una casa le sarebbe sempre tornata utile in futuro.
“Non potrei accogliere nessun altro a parte voi” concluse il minore dei Salvatore allargando il sorriso così da ottenere un’espressione serena e rilassata, la cui durata però non fu delle migliori.
D’un tratto il giallo e l’arancione delle foglie si tramutò in rosso scarlatto, delineando una scia macabra la quale gli occhi del Salvatore furono costretti a tracciare, aumentando il disgusto e il ribrezzo laddove il sangue si addensava maggiormente.

“Vi amo, Stefan. Ricordatelo”
Il sussurro di Katherine divenne sottile, ovattato, quasi come se la sua immagine stesse scomparendo, quasi come se non fosse fatta altro che di fumi e nebbia.
Come un dipinto ad acquerello, i colori del giardino cominciarono a mescolarsi, la linea rossa a farsi sempre più marcata, l’aria a tappezzarsi di pietre grigie e il prato a irrigidirsi al di sotto dei piedi del Salvatore attonito.
E fu quasi come se a Stefan avessero strappato via la felicità senza mai più ritrovarla.
Si sentiva in gabbia - e non era l’unico.

“Voglio tornare a casa”
I singhiozzi dell’esile figura che chiudeva il suo campo visivo gli penetrarono in testa solcando rughe profonde sulla sua fronte.
Le guance rigonfie della bambina dai capelli biondi e disfatti erano violacee e rigate da copiose lacrime.

“Posso venire a casa con te?” chiese e gli occhi color giada della Caroline bambina rubarono solo per un secondo l’attenzione del Salvatore.
C’era una strana sensazione che gli pervadeva il corpo - e non era solo nel sogno.
Il terreno sembrava trasudare quel siero, imbrattando di rosso tutto ciò che incontrava.
C’era un pregnante odore di ruggine tra le pareti di casa Salvatore, sui vestiti candidi di Stefan.
C’era del sangue sul collo niveo di Caroline, tanto sangue sulle labbra a mezza luna di una Katherine moderna.
E poi c’era il mostro e con esso anche la fame – di lei.
E con quell’immagine raccapricciante il Salvatore aprì gli occhi in quella mattina piovosa, speranzoso di risvegliarsi nella sua camera alla pensione, ma tutto ciò che sentì sotto il peso del suo corpo fu la fredda brandina e le lenzuola ruvide e marce dell’appartamento squallido che ormai da tre giorni era diventato la sua dimora.
Per quanto avesse cercato di allontanarsi da Mystic Falls, di fuggire in altri paesi – Georgia, Messico, Maine – c’era qualcosa che lo sospingeva sempre più a nord, sempre più vicino a casa.
Stefan si tamponò la fronte madida di sudore e boccheggiò l’aria malsana di quella mattina, strizzando gli occhi cerulei e cercando di placare il tremore delle mani.
Stava lottando con il suo istinto di ritornare alla pensione, di presentarsi di fronte alla porta di una casa in cui non era più il benvenuto.
Nonostante la consapevolezza che quello fosse solo un incubo, in cuor suo il Salvatore nutriva un’incondizionata paura: che il cattivo in fin dei conti non fosse solo Katherine.

 

Con abile maestria Damon fece entrare l’ultimo bottone all’interno dell’asola della sua camicia nera.
Un sorriso soddisfatto a dipingergli il viso nonostante i turbamenti che gli flagellavano l’anima.
«Fuori piove. Dove hai intenzione di andare?» chiese Katherine frizionandosi i capelli con un morbido asciugamano del medesimo colore di quello che le fasciava il corpo sinuoso.
«A comprare le sigarette» rispose in maniera sarcastica roteando gli occhi fino a incrociarli con il soffitto.
«Non vorrei che qualcuno entrasse e ci trovasse in condizioni come dire indecenti» cercò di spiegare il maggiore dei Salvatore indicando il sottile strato di cotone che rivestiva la pelle della vampira e inarcando leggermente un sopracciglio.
Kate emise un risolino che più che una risata sembrava uno sbuffo.
«Oh Damon. Non cambi mai» mugolò con un’aria di superiorità la vampira che scomparì nuovamente oltre la porta del bagno.
«Potrei dire la stessa cosa di te» borbottò il vampiro a voce bassa.
Non che a Damon facesse piacere quella malsana relazione che aveva riallacciato con la vampira centenaria, semplicemente gli eventi dell’ultimo mese lo avevano talmente irritato da decidere di abbandonare i suoi sani principi e di ripercorrere la strada della perdizione che, non aveva detto a nessuno, ma tanto gli era mancata.
Perché Damon Salvatore non poteva permettersi il lusso di apparire buono quando in lui di buono non ce n’era molto.
«Vado da lei»
La frase spezzò il silenzio spettrale che si era venuto a creare tra le pareti della stanza del Salvatore e solo il rumore ovattato dell’asciugacapelli oltre la porta del bagno sembrava consolarlo di non essere da solo ma in compagnia.
Che quelle parole che aveva appena pronunciato suonassero come già dette in passato, questo Damon se ne rese conto solo dopo una manciata di secondi.
Non a caso il sorriso amaro che gli stropicciò le labbra era proprio legato a questo. Ricordava il tono preoccupato ma stanco con cui il fratello soleva informarlo la sera prima di andare a dormire, quando le tenebre scendevano su casa Salvatore e il pericolo di una sua crisi si faceva più imminente.
Damon a quel tempo era solito roteare gli occhi al cielo, apostrofare il fratello con qualche battuta sarcastica, o semplicemente annuire incurante, come se la questione non gli riguardasse.
A distanza di mesi adesso era lui a pronunciare quelle parole e se avesse potuto si sarebbe preso a calci da solo tanta era la rabbia verso se stesso.
Non era da lui quel comportamento, non era da lui e basta. Ma qualcuno doveva pur farlo.
«Non penso sia una buona idea» annunciò Kate, roteando il pomello della porta del bagno e dirigendosi verso l’armadio in cerca dei suoi vestiti.
Damon fece per andarsene quando il rielaborare quella frase lo fece desistere dall’idea di abbandonare la stanza.
«Da quando ti preoccupi della mia vita?» ribatté con tono non troppo meravigliato, inarcando spazientito un sopracciglio e inchiodando lo sguardo sulle spalle nude e ricurve della vampira.
Katherine si alzò, facendo ciondolare i boccoli setosi e che profumavano ancora di bagnoschiuma.
«E’ pericolosa, Damon. E’ un aborto della natura»
Il tono tagliente con cui la vampira aveva sputato quelle parole non intimorì Damon né lo fece vacillare. Kate continuò.
«Ho fatto in modo che Stefan se ne andasse. Ora è al sicuro. Tu, no»
«A te è sempre importato solo di Stefan. Perché dovrei credere che questa volta sia diverso?» abbaiò Damon avvicinandosi lentamente alla vampira il cui volto era anch’esso segnato da un profondo cipiglio.
«Sta soffrendo. E’ pazza, malata, pericolosa. Il suo esistere ti creerà solo problemi».
Gli occhi color nocciola della vampira di ridussero a due fessure quasi come se volessero incidere maggiormente quelle parole sulla mente del vampiro di fronte a lei.
Non a caso Katherine aveva utilizzato quelle parole. Damon ricordava che un tempo erano state sulla sua stessa bocca, che quel pensiero gli aveva tarlato la mente diventando una sorta di chiodo fisso, una faccenda in sospeso che da troppo tempo doveva concludere.
Damon allargò le braccia in un gesto di esasperazione alzando gli occhi al soffitto mentre una roco risolino sembrava solleticargli la gola.
«E cosa vuoi che faccia, che la uccida?» latrò ironico inclinando il capo e indirizzando alla vampira un’occhiata che manifestava tutta l’impossibilità dell’idea che per un attimo gli aveva sfiorato il cervello.
Katherine non rideva, il viso di granito non lasciava trasparire alcun accenno di ilarità ne di risposta al sarcasmo adottato poco prima dal vampiro. C’era in lei una smoderata convinzione di non agire male.
Per quanto Damon volesse rigirare e rigirare la frittata, sapeva che non c’era soluzione migliore di quella avanzata dalla vampira.
E che lui, a suo malgrado, condivideva.

 

Caroline osservò la chiazza di sangue che giaceva rappresa sul tappeto del bagno color giallo ocra mentre la bocca le si riempiva dell’ennesimo grumo di sangue che il suo stomaco tentava invano di rigettare.
Gemette, artigliando ferocemente il porta asciugamani alla sua destra, frenando i tremiti che come spilli le pervadevano la colonna vertebrale.
Tossì osservando i fili scarlatti che si depositavano sul fondo del water e strizzando gli occhi dal disgusto.
Si portò due dita a raccogliere dietro l’orecchio le ciocche dorate che le cascavano sulle guance e preso un ultimo respiro profondo tirò lo sciacquone, segno che anche quell’ennesima crisi era finalmente giunta al termine.
Che Caroline fosse stata sempre un po’ testarda questo ne era consapevole, tuttavia per quanto ci avesse provato a nutrirsi di sangue – poco importava se umano o di animale – il suo corpo si rifiutava di accogliere quel siero dentro di lui, corrodendole le viscere e permettendo alla sua mente malata di perdere il controllo.
Eppure non poteva far altro che ritentare.
Lexi le portava giornalmente una o due sacche di sangue che sistematicamente rifiutava di bere, facendo perdere il più delle volte la pazienza alla povera vampira. E così gonfiate le guance di stizza, Lexi gettava la spugna e si richiudeva la porta dietro di se furiosa e avvilita, lasciando le sacche di sangue in balia della pura mente contorta della vampira dai boccoli biondi.
Caroline storse il naso alla vista della sacca di sangue quasi del tutto vuota.
Ma lei era pur un vampiro e il sangue era la sua sirena che giammai avrebbe dovuto ascoltare.
Si portò due dita sporche di rosso sulle labbra rosee e soffrì in silenzio al ripiegamento innaturale della pelle attorno alle sue cavità oculari.
Avrebbe riprovato di nuovo. Un po’ alla volta.
Il sangue le penetrò in bocca mischiandosi con la saliva e in un battito di ciglia il malessere di poco prima tornò a farsi sentire più irruento che mai.
In un moto di rabbia Caroline cacciò un urlo disintegrando la sottile sacca e scaraventandola contro la finestra rompendone un vetro.
Un grido profondo le uscì dal petto tanto da farle tremare la gabbia toracica, e le mani artigliarono subito gli occhi e il viso impedendo alle lacrime di attraversare il loro corso naturale.
Sarebbe scivolata giù, sempre più giù se non avessero trovato un rimedio a questa malattia.
Sarebbe morta un po’ alla volta – lei che morta lo era già.

 

Non che bastasse soltanto un po’ di sangue freddo per uccidere la coinquilina con cui si è vissuti insieme per circa sette mesi – e che più volte aveva ribadito il fatto di essere una famiglia – semplicemente Damon credeva che questo fosse l’unico modo per risolvere i suoi malesseri.
In fondo l’avrebbe aiutata, glielo doveva.
Damon percorse il corridoio dal quale solo qualche ora prima provenivano urla acute e pianti isterici. Adesso solo il silenzio sembrava regnare sovrano.
Damon arrestò i suoi passi e il paletto in legno di noce sembrò diventare enormemente pesante alla vista della stanza semiaperta, abbandonata dal fratello, entro la quale Stefan non avrebbe più fatto ritorno.
Scosse il capo quasi come a scrollarsi di dosso i rimproveri che il minore dei Salvatore gli avrebbe fatto se solo fosse stato presente in quel momento.
Nessun rumore proveniva dalla stanza di lei, solo il suo respiro stanco e irregolare sembrava essere unico segno della sua presenza.
Gli occhi di Damon balzarono sulla figura minuta e ricurva che con le gambe incrociate giaceva sul letto disfatto.
Le iridi chiare della vampira dai capelli biondi osservavano la parete di fonte a se con sguardo vacuo e assorto.
La posizione innaturale tenuta dalla bionda fece vacillare un tenero sorriso sulle labbra di Damon, memore delle idee pazzoidi della coinquilina tra le quali vi era stato il pretesto di imparare yoga con tanto di rifiuto da parte di Stefan e derisione da parte del maggiore dei Salvatore.
Le spalle spigolose sembravano essere troppo minute per la maglietta rosa che indossava così come i pantaloni della tuta, troppo larghi, nei quali si perdevano le due sottilissime gambe.
Di fronte a quello spettacolo Damon non sembrava essere più convinto di quanto lo fosse stato dieci minuti prima.
Il vampiro si umettò le labbra e si schiarì la voce.
«Ciao raggio di luna» salutò e la vampira sobbalzò interrompendo il contatto visivo con la parete e rivolgendo gli occhi cupi al Salvatore.
Il viso, prima smunto e grigiastro sembrò illuminarsi di nuovo dopo tanto tempo.
«Ah, Damon, sei tu» sussurrò Caroline la cui voce uscì limpida e cristallina e al miglioramento del colorito del viso si associò anche la vitalità che riprese a danzare vivamente nei suoi occhi.
«Sembri sorpresa. Se vuoi me ne vado» ribatté Damon con fare sarcastico mentre si stringeva per le spalle in segno di andarsene.
Caroline rise e quasi la sua gola non ne risentì a causa dell’incendio che stava dilagando al suo interno.
«Coraggio, entra. Siedi un po’ con me» tintinnò la vampira tamburellando la mano sulla porzione intatta di piumoncino color verde mela.
Damon non se lo fece ripetere due volte e assicuratosi di aver chiuso accuratamente la porta si sedette sul morbido materasso.
La vampira in un gesto del tutto innaturale allacciò le mani a quelle del Salvatore che offrì la sua spalla come ottimo cuscino sul quale accoccolare la cascata di boccoli dorati – ma che purtroppo risentivano dello stress e dell’insana pazzia.
«Perché non sei venuto prima a trovarmi?» gracchiò Caroline sfiorando con la punta delle dita i finissimi disegni tratteggiati sull’anello di Damon, concentrandosi affondo affinché non incrociasse lo sguardo del vampiro.
«Potrei farti la stessa domanda. Perché non sei voluta più scendere?»
Il rimprovero di Damon sembrò mettere in difficoltà la bionda la quale desistette per qualche secondo prima di rispondere al quesito del vampiro.
«Io non volevo che lui se ne andasse»
La vampira sussultò appena e il sospiro di Damon arrivò perfettamente alle sue orecchie poggiate sopra la gabbia toracica del Salvatore.
«Sai com’è Stefan. Quando si sente di troppo preferisce levare le tende. Non sei stata tu, Caroline» cercò di spiegare Damon ma nella sua mente continuava a persistere quell’idea che l’aveva spinto a raggiungere la camera della vampira bionda.
Il paletto sembrò farsi incredibilmente ingombrante sotto la manica destra della camicia un po’ troppo larga che quel giorno Damon indossava.
Caroline roteò gli occhi e sbuffò stizzita dall’asserzione del vampiro accanto a lei e in un moto di impazienza si alzò dal letto ponendosi di fronte ad un Damon alquanto sconcertato.
«Ero io quella che se ne doveva andare, non lui. Questo non è affatto il mio posto. Io…»
Le guance della vampira cominciarono a tingersi di una strana tonalità violacea mentre lacrime di nervosismo tentavano di pungerle gli occhi rossi e cerchiate da occhiaie.
Il Salvatore le bloccò le mani tremanti e i polsi ossuti e Caroline aggrottò la fronte, colpita da quel gesto.
Damon fece leva sulle sue ginocchia e tese una mano ad accarezzare il viso della bionda e a spostare le finissime ciocche dagli occhi lucidi.
«Ehi, se vuoi puoi lasciare questa casa, va bene basta che me lo chieda» disse inarcando un sopracciglio e piegando le labbra in un sorriso che nonostante la fronte corrugata fece rilassare la vampira, animandola di antico entusiasmo.
«Ma mi servirà un nuovo nome, dei nuovi documenti. Potremo vivere a New York o a Boston, lontano da qui. Io e te»
Le labbra della vampira si muovevano troppo velocemente e il panico misto alla curiosità straripava dai suoi occhi ancora incredibilmente impauriti e debilitati.
«Frena, Magellana. Non ho detto che andremo insieme»
Gli occhi della vampira si strabuzzarono nel sentire il mancato sarcasmo nelle parole del Salvatore tanto che una scia di sudore freddo sembrò scenderle lungo le spalle.
Inarcò un sopracciglio e inclinò la testa e Damon poté leggervi tutta la confusione che in quel momento albergava nella sua mente.

Meglio pensò se ne sarebbe andata senza capirlo veramente.
Che poi da quando Damon Salvatore si preoccupava di come uccidere una persona?
«Cosa significa?» snocciolò la vampira bionda assottigliando gli occhi e corrucciando sempre più le finissime sopracciglia cercando di ritrovare un barlume di allegria tra i vividi occhi azzurri del Salvatore di fronte a lei.
Damon si umettò le labbra e un sorriso tra lo sbruffone e l’amaro gli si dipinse in viso inarcando volutamente le sopracciglia.
«Significa che questo è un addio, Care» mormorò e gli occhi della bionda si ingigantirono ancora colmi di perplessità, ma se c’era una cosa che Caroline aveva capito è che da quello – che avesse creduto realmente alle sue parole o meno - non poteva scaturire niente di buono.
Damon distese il braccio fino ad artigliare le spalle morbide della bionda al cui contatto sussultò portandosi le mani sulle labbra quasi come a volerne placare il tremore.
Che Caroline fosse particolarmente ingenua, i Salvatore lo avevano capito già da tempo. Tuttavia non erano del tutto sicuri se quello fosse il comportamento naturale della vampira dalle mille idee e dai messaggi subliminali che più volte nascondeva sotto una risata cristallina o in mezzo ai boccoli dorati. Di tutto i fratelli avrebbero potuto dubitare meno della sua, evidente o meno, dose di furbizia che tanto la caratterizzava.
Ma il punto era che a Care l’amore l’aveva resa cieca e non ci sono occhi che tengono a confronto.
L’animo di Care fu mosso da una speranza sconfinata di non agire male, di abbracciare il vampiro che aveva di fronte.
Ma fu solo una svista a far desistere la vampira dal compiere quel suo gesto.
Con abile maestria Damon estrasse dalla manica il paletto di legno e con un veloce movimento del polso lo impugnò quasi come se fosse stato un pugnale.
Gli occhi, seppur afflitti, puntavano dritti al cuore.
Un affondo, deciso, lento segnò la fine di battiti ancora per lui sconosciuti.
Il Salvatore premette ancora più affondo e non fu soddisfatto fino a che non sentì il legno solleticare la parete del cuore della sua vittima fino a trafiggerla del tutto.
Eppure c’era un qualcosa che non andava e a Damon quella consapevolezza non piacque affatto.
Al posto di due splendidi occhi giada, due scintille verde oliva sembravano graffiare quelli del vampiro  i quali si sbarrarono per l’amara sorpresa.
Alzò gli occhi appena un po’ sopra la sua visuale per ricongiungersi con la minuta figura di Caroline che con sua meraviglia risultava essere perfettamente integra ma scioccata dal delitto commesso.
«Sei solo un bastardo» gorgogliò la fine voce della vampira dalla lunga treccia bionda sui cui zigomi incominciavano ad apparire evidenti le rigide increspature così come le labbra carnose sfiorivano lasciando posto ad una innaturale fuliggine tra le pupille quasi bianche.
Il corpo di Lexi si fece incredibilmente pesante e Damon non riuscì a reggerne il peso.
Cadde a terra con un sordo tonfo contro le assi del parquet inclinando la testa obliquamente in modo tale che Caroline potesse sentirsi osservata dalla vampira esanime la quale aveva sacrificato la sua vita per salvarla – da cosa, Caroline lo doveva ancora digerire.
La vampira mimò qualcosa con le labbra mentre gli occhi ancora sbarrati si riempivano di paura e orrore per il triste avvenimento.
Si portò una manica a tamponare la bocca, tentando di diminuirne il tremore e il mugolio insistente che le gorgogliava in petto scosso da sussulti.
Poi guardò Damon e vide la sua immagine riflessa nei suoi stessi occhi.
Il Salvatore osservò l’amica del fratello distesa a terra assottigliando gli occhi nella regione del cuore in cui aveva conficcato il paletto.
Strabuzzò gli occhi e la fronte gli si riempì di impercettibili rughe mentre digrignando i denti imprecava per il suo errore fatale.
Poi guardò Caroline e un barlume di lucidità sembrò squarciargli la mente.
«Corri, Caroline» disse piegandosi per estrarre l’arma dal petto della giovane vampira.
La bionda indietreggiò di un passo.
«Corri» sillabò il Salvatore dai cui occhi azzurri straripava tutta la voglia e l’adrenalina che per tanto tempo gli erano mancate.
Un altro passo indietro e Caroline era già in corsa verso una meta sconosciuta.
Damon sorrise al lieve fastidio dovuto al pulsare del sangue intorno alle palpebre.
Per dirla alla Katherine, a occhio e croce, la caccia era iniziata.

***

Salve popolo di Efp,
non sono morta o finita in coma tranquillizzatevi, semplicemente avevo perso la mia ispirazione riguardo questa storia o forse ad essere sinceri non sapevo affatto come continuare questo capitolo che è dal mese di febbraio che è rimasto fermo al terzo rigo. Ma adesso tra un impegno e l'altro mi sono messa di impegno e finalmente riesco a pubblicarlo.
Prima di iniziare tengo a informarti che ho aperto un account su facebook Dreem L. Efp per cui chi volesse aggiungermi per sapere novità suelle mie storie può anche farlo.
Dunque, dove eravamo rimasti? Giusto Stefan che abbandona la pensione Salvatore e che Caroline è ancora in balia del mostro. In questo capitolo vediamo come si è evoluta la situazione nell'arco di una settimana: casa Salvatore ormai è ridotta quasi in rovina, almeno all'interno, e i suoi abitandi desidererebbero uccidersi a vicenda ma reprimono i loro istinti e continuano semplicemente a vivere. La tensione è alle stelle specialmente tra Damon e Katherine che all'insaputa di tutti hanno instaurato una relazione. Questo avvicinamento di Damon verso Kate non deve essere visto come un qualcosa di serio, semplicemente il bel vampiro dagli occhi azzurri è ancora attratto dal fascino di Katherine (più o meno il Damon sella prima stagione) e sta cercando di darle una seconda possibilità, e poi è Damon! Caroline è ancora alle prese con i suoi mutamenti di umore e le sue crisi insistenti che la stanno divorando dall'interno. Sta diventando pericolosa e irascibile tanto che Katherine mette la pulce nell'orecchio di Damon e lo convince che l'unica soluzione è quella di ucciderla. Anche Damon è d'accordo visto che all'inizio della loro pseudoconvivenza aveva pensato di abbandonarla o addirittura ucciderla quindi questa idea, nonostante il legame che ha instaurato con la bionda, sembra allettarlo, spinto dal pensiero di farle solo del bene. Damon cerca di non ammetterlo a se stesso ma è profondamente addolorato per ciò che deve compiere e questo suo dolore è manifestato dai tristi ricordi della vampira durante la loro convivenza. Il momento Daroline è uno dei miei preferiti perchè sembra essersi instaurato il legame fraterno, nonostante comunque ciò che compirà successivamente il vampiro. Infatti Damon raccoglie il suo coraggio ed è pronto ad uccidere Caroline ma qualcosa va storto e a lasciarci la vite è in realtà Lexi che era accorsa in suo aiuto. E così Caroline è costretta a correre, a nascondersi da Damon al fine di non diventare la preda di questa caccia ideata dai due vampiri. Tengo a sottolineare che Damon non è stato affatto pilotato da Katherine ma è sempre stata una sua idea sin dal principio, un'idea che adesso gli sembrerà sbagliata. Altra situazione è quella di Stefan e del sogno-ricordo! Nel prossimo capitolo vedremo come Caroline cercherà di sfuggire a Damon e come si evolveranno le cose all'interno dell'ormai in rovina casa Salvatore. E Caroline capirà chi è realmente il nemico che deve combattere.
Spero di poter aggiornare presto, in fondo la scuola sta finendo e presto tornerò a postare nuove cose sul sito.
Grazie a tutti coloro che si sono ricordati che tra tutte queste storie c'è anche la mia,
un bacio,
Sil

   
 
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