Duecentoottanta
Ti dicevo, quando sarò grande, sceglierò tra vivere e capire
Bello sei nato e
bello sei dannato
E il nostro amore
sarà lì
Tremante, brillante,
così
(Vattene Amore, Amedeo Minghi & Mietta)
Liverpool, 24 Dicembre
1834
Principe azzurro,
amami
O vai al diavolo
Principe azzurro,
trovami...
(Principe azzurro,
Gianna Nannini)
Si chiamava Melissa.
Melissa Marvin-Stone.
Che nome del cavolo.
Aveva i capelli scuri e gli occhi
color prato d’inverno.
Verde scuro, grandi
e luminosi.
Era graziosa, ma non si chiamava
Natal’ja.
Ho cercato di farlo presente a
George.
Ho cercato di uccidere George.
Non so quale delle due cose abbia
avuto più successo.
Spero entrambe, davvero.
Quella strega mi ha buttato in
mare, e poi ha baciato il mio fidanzato, accarezzandogli languidamente la
schiena nuda.
Aveva ventiquattro anni ed era
l’amante di John.
Ed io chi ero?
La ragazza di Gee.
Contavo qualcosa, forse?
-Ti ricordi di me?- gli sussurrò
Melissa, soave.
Le avrei sparato, ma dalle acque
grigio-blu del Mare del Nord potevo avanzare ben poche pretese.
Gee, più bastardo che mai, esclamò
un altrettanto appassionato: “Mel!”, quasi nostalgico.
Dove diavolo l’aveva conosciuta?
Possibile che John lo portasse con
sé ai suoi incontri notturni?
Quando realizzò
che forse era il caso di recuperarmi, e fui di nuovo sul molo, bagnata e
infuriata come si è raramente nella vita, mi spiegò tutto:
-Qualche volta ci scambiamo le
amanti, io e pa’-
Non ci potevo credere.
Dio, il mio fidanzato faceva
schifo.
Per fortuna ch’ero l’unica, per fortuna
ch’ero il suo sogno, il suo tesoro.
Per fortuna che ci credevo.
Ora ce l’avevo,
una ragione per odiarlo.
Ma non mi andava più.
Era per questo ch’eravamo corsi al Porto così presto?
Perché Gee doveva salutare la sua...la sua...sgualdrina?
E dire ch’ero io, a passar sempre
per la sgualdrina del bel Gibson.
E non avevo nemmeno l’esclusiva?
Almeno quella mi spettava di
diritto, che diamine.
Se no a cosa era servito, gettare
al vento la mia reputazione?
Gli avevo regalato i miei primi ventisette baci.
Ma se li era meritati, lui?
Qualcosa dentro di me rispondeva
ancora di sì.
C’era qualcosa che non quadrava...
E fu allora che decisi di fare una
scenata da feuilleton.
Una crisi di pianto di quelle
feroci, che ti devastano gli occhi di lacrime e sembrano volerteli strappare.
E sono scappata via, come una
povera disgraziata umiliata a morte.
Da first lady di Brian George Gibson ero passata ad ex favorita.
Come ai tempi, nemmeno tanto
lontani, di Re Sole.
Proprio un bel salto di qualità.
Volevo morire.
No, non era vero.
Natal’ja, ovvero la favolosa
sottoscritta, amava la vita quasi più di Brian George.
Quel grandissimo infame del mio
fidanzato greco troppo bello e con troppe amanti.
Lui e suo padre se le scambiavano.
Lui aveva tredici anni, John
trentaquattro.
Cielo, era terribile.
Diceva che mi avrebbe sposato.
Ho dormito con lui.
In camera sua, nel suo letto.
Gli ho promesso la mia prima
volta, quando avrò tredici anni e lui diciassette, nel 1838.
E adesso lo odio.
Ho le mie buone ragioni.
Vorrei non averne così tante,
però.
Vorrei poterlo perdonare.
Vorrei non essere così innamorata.
Impossibile, con lui.
Al diavolo.
Dove potevo andare?
Avevo solo attraversato la strada.
Non ne sapevo poi tanto, delle vie
di Liverpool.
Conoscevo a memoria la periferia,
e poi niente.
Solo qualche traversa del Porto, i nomi dei moli.
Uno si chiama George’s Dock.
Chi è l’idiota che l’ha chiamato
così?
Lui, proprio come in quei romanzi
cretini, gridava il mio nome, mi pregava di fermarmi.
E son finita sotto una carrozza.
E adesso muori di sensi di colpa,
Gee.
Lo sai, vero, che ti odio?
Sono svenuta, ovviamente.
Sanguinavo da far paura.
Ed era solo colpa sua.
Maledetto Gee, maledetto...
Sei cento volte più bello di qualsiasi principe azzurro, ma anche più crudele.
Il più crudele di tutti, sai?
Io non voglio morire.
Lo dicevo per dire, per provar a
identificarmi nelle eroine dei feuilletons.
Mio Dio, non voglio morire.
Sparati, Gee.
Sparati con la tua Melissa.
Io stavo con te, non con tuo
padre.
Solo con te.
Amavo te, Gee!
Chi se ne importa, se ho solo nove
anni?
Mi hanno costretta a crescere, e
adesso non va più bene?
Non è giusto, Gee.
Qui a Liverpool sei l’unico a cui
importi qualcosa di me.
Vienimi a prendere, gli altri mi
lasceranno qui.
Sono solo una sgualdrina russa,
sono solo Natal’ja.
Sono troppo bionda perché non mi
vedano...
Ma fanno finta,
quei bastardi.
Ti prego, non farlo anche tu...
Sei con Mel, ma
Mel non è finita sotto una carrozza.
Io sì.
Per te.
Dove sei, Gee?
Non ti odio più...
Non ti amo più...
Non lo so.
Sono la tua sciocca fidanzatina
slava, la numero millecento.
Bello e dannato, a cosa pensi?
Ricordati di me, ogni tanto.
Sei sempre stata
piccola
Io ti perdevo e mi sentivo vincente
Non c'è mai stato verso di cambiarti con niente
(Milady, Roberto
Vecchioni)
-John tradisce Anasthàsja?- fu la
prima cosa che riuscii a chiedergli.
Georgij era con me.
-Da anni- mi rispose lui, con un
sorriso triste.
-Perché?-
-Non lo so...-
Era sincero, il mio Gee.
Anche se forse aveva tradito anche
lui.
-Tu perché lo fai?-
-Io lo facevo prima! Prima di
conoscerti, quando non stavamo insieme... Non era un tradimento, prima-
-E Mel?-
Lui rise, ed era meraviglioso.
Ma io lo odiavo.
-Mel non la sopportavo neanche
prima!-
-Davvero?-
-Certo. L’hai vista, no? Non è
come te... Non è così dolce e diabolica e bellissima... E non è mai entrata in
camera mia. Non ci è mai entrata nessuna. Solo tu. Io, quindici figli, li farei
soltanto con te-
-Sono tanti, quindici...-
-Forse-
-Cos’è successo, con Mel?-
-Ci sono quasi andato a letto, ma
a casa sua. Cioè, a casa di quelle come lei... Hai capito, no?-
Certo che avevo capito.
Era proprio un cattivo ragazzo,
Brian George.
Ma non lo odiavo più.
Lo amavo di più.
Ero semplicemente troppo
frastornata, e gli feci l’unica domanda ch’ero riuscita a formulare in quel momento.
-In che senso quasi?-
-Insomma...-
Lui fece un vago gesto con la
mano, un po’ imbarazzato.
Oh, Santo Cielo.
Era stata una buona idea,
promettere la mia prima volta ad uno come lui?
-Harold la ama, maman...- cambiai argomento, e lui ne fu felice.
-Certo-
-Non ci credi, vero?-
-Lo spero,
Lys-
-Mi dispiace per tua madre anche se lei mi odia-
-Sei dolcissima-
-Non è vero, lo sai.
-Non importa-
-Gee...-
-Mi dispiace per prima-
-Voglio tornare a casa... A casa
tua. In camera tua. A sentir la storia del Trattato di Adrianopoli... A
mangiare i biscotti di grano saraceno e sbriciolare tra le lenzuola-
-Ci andiamo subito, Lys-
-Come sono ridotta?-
-Sanguini, ma passerà-
-Grazie, eh!-
-Ti amo-
Non sapevo più cosa dire.
Mi limitai a guardarlo adorante, e
lui mi portò a casa in braccio, ripetendo quelle due parole fino ad invertirne
l’ordine quasi senza accorgersene.
-Amo ti...-
sussurrò infatti, baciandomi sulla punta del naso.
Poi rifletté su quello che aveva
detto, confuso.
Io ridevo, e più ridevo più mi
faceva male tutto, mi avevano investita proprio alla perfezione...
Avrei dovuto aspettarmelo: non era
mica l’unico bastardo del mondo, il mio Gee.
Forse era uno dei peggiori, ma non
l’unico.
Ma che importava?
Lo amavo anch’io.
Ma dopo ogni notte
riapro e richiudo la porta
E fuori è già l'alba, non c'eri e non c'è nessun'altra
Eri la sola
E cammina, cammina,
solo per i tuoi occhi
Li vedevo vicini, ma era un gioco di specchi
Ma forse era in sogno, forse fu in sogno
O forse era vero, quello che sognavo
(Parigi, Roberto Vecchioni)
-Tra quattro anni, quasi tre, tu
verrai in Grecia. Io ti sposerò. Giuro che ti sposerò-
Io gli
credetti, e da quel giorno lo amai soltanto, più di quanto il mio cuore mi
concedesse, ma sempre meno di quanto avrei voluto, sperando che a lui bastasse.
Qualunque cosa fosse successa,
eravamo Achille e Briseide.
Ma nessuno mi avrebbe mai portata
via dalla tenda mezza distrutta di quel ragazzino un po’ eroe, un po’ dio, un
po’ filosofo e un po’ principe azzurro...
Sempre e solo a modo suo.
Sempre e solo per me.
Tu credi che oramai
Io sia la tua
ragazza sempre
E sei sicuro, ma
Sicuro, ma ci pensi sempre
Ma lasciati andare
Segui il tuo cuore, arrivando alle stelle
Prova a prendere quelle
Nessuna è più bella di me
(La tua ragazza sempre, Irene Grandi)
Note
Ti
dicevo, quando sarò grande, sceglierò tra vivere e capire: Il violinista sul
tetto, Roberto Vecchioni.
Bello sei
nato e bello sei dannato: Lamento, Gianna Nannini.
Secondo
punto di vista di Natalys, al Porto.
Vigilia
di Natale, 1834.
Diciamo
che il comportamento di Gee non è proprio esemplare, e già a tredici anni era
il solito mascalzone...
E Lys era
la solita biondina sciroccata ;)
Il
prossimo capitolo sarà quello del 25 Dicembre...
A presto!
;)
Marty