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Autore: taemotional    19/05/2012    2 recensioni
[Seguito di "the 13th call - wasurenai kara"]
"Un brivido.
Alzo di colpo il viso dal giornale e aggrotto le sopracciglia.
Cosa c’è? Sento improvvisamente un brusio nella testa, qualcosa che mi collega al passato, ma non riesco a capire cosa."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jin, Junnosuke, Tatsuya
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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Non so dove sono. Non so come ho fatto ad entrare nel backstage.
So solo che il filo è più agitato che mai, e io non faccio altro che lasciarmi guidare da esso. Non annaspo più, la via è certa.
Poggio la mano sulla maniglia di questa porta ma il cuore batte all’impazzata. Non ce la posso fare, chiudo gli occhi. Devo tornare a casa.
 
Nel momento stesso in cui le mie dita si staccano dal ferro, la porta si apre di colpo e Jin mi viene quasi addosso. Le espressioni indecifrabili, ci guardiamo come paralizzati. Leggo qualcosa nei suoi occhi che iniziano ad impazzire sul mio volto. Qualcosa che mi fa stare ancora più male. Nemmeno lui mi ha dimenticato. Resta in silenzio. Mi afferra per un braccio e mi trascina lungo il corridoio, verso l’uscita sul retro. Durante il percorso si volta indietro più volte, come per assicurarsi che io fossi ancora lì, senza rendersi conto che poteva testare la mia presenza solo per il fatto che stringeva saldamente la mia mano. Una volta fuori, l’aria notturna di Tokyo mi travolge di colpo, come il risveglio dopo un lungo sogno. Ma lui non è là. Il sogno non è la realtà.
 
Apro gli occhi di colpo. La porta è ancora davanti a me, chiusa, e un sorriso amaro mi sfigura il volto.
Ma trovo la forza non so dove ed entro.
La luce è spenta, il camerino vuoto. Ovvio. La realtà non è il sogno. Mi pizzicano gli occhi, ma provo a non pensarci.
Mi muovo a tentoni fino a trovare l’interruttore della luce.
Sono solo in quella piccola stanza. Sono di nuovo solo. Mi guardo intorno. Quello è il suo camerino, quella è la sua giacca, quello è lo specchio in cui i suoi occhi si sono riflessi. Mi avvicino.
Il vuoto che leggo sul mio volto è qualcosa che avevo dimenticato, che credevo non sarebbe più tornato. E invece, perché?
Afferro uno spartito abbandonato sul tavolinetto. Lo vedo, ma non riesco a leggerlo. Ancora una volta, i nostri mondi sono così distanti.
-Non ti ho dimenticato.-
Scrivo queste piccole parole su un bordo, e abbandono quel luogo contaminato dalla sua presenza.
 
“Tacchan?” la voce di Junnosuke mi accoglie in casa.
Poggio la giacca sul divano e mi dirigo nella nostra camera. Lui è sotto le coperte e ha gli occhi mezzi socchiusi, probabilmente per via della luce della abatjour. Ti eri già addormentato? Mi avvicino al bordo del letto ed inizio a spogliarmi.
Sento lo sguardo di Junnosuke trafiggermi la schiena, ma io non so cosa dire. Nel momento in cui mi distendo al suo fianco, lui spegne la luce e mi tira a sé. Quindi poggia le labbra sulla mia fronte e inizia a passarmi le dita tra i capelli.
Annuso il suo odore. Così diverso eppure così uguale a quello di Jin. E chiudo gli occhi.
“Tra una settimana precisa ci sarà lo spettacolo,” commenta come se stesse riprendendo un discorso da poco interrotto. Ma non dice altro, e il silenzio è spezzato solo dai nostri respiri regolari. Allungo un braccio e lo passo attorno alla sua vita. Mi stringo un po’ più a lui.
Perché sono finito con te? I pensieri più remoti nella mia mente iniziano a riaffiorare alla mia coscienza, come un relitto che, dal fondale del mare, torna ad emergere sul pelo dell’acqua. Non posso non farmi queste domande. Perché mi sono innamorato di un attore? Sei sempre sincero con me? I sorrisi che mi rivolgi sono reali? Quanta di questa felicità che mi mostri esiste davvero? Cosa mi stai nascondendo?
E io, sono davvero innamorato di te? Iniziare un nuovo ciclo con te non sarà stato solo un pretesto per troncare quello mai chiuso con Jin? Come posso capire se i miei sentimenti siano autentici?
“Dormiamo?” mi chiede in un sussurro.
Sì, dormiamo. Non voglio più pensare. Annuisco impercettibilmente e lascio che il sonno prenda il sopravvento. E forse una lacrima mi bagna una guancia. O forse è stato solo un altro sogno.
 
Non ricordo la mia parte.
Me ne sto immobile, sul palco, mentre la platea è al buio e l’unico faro è proiettato su di me. C’è silenzio. Non sento alcun rumore. Nemmeno il mio cuore sembra battere. E’ tutto così calmo. Vorrei che tutto fosse sempre così calmo.
Faccio un respiro profondo.
“Perché la mia esistenza è solo sofferenza?” grido. Il regista, che si era iniziato ad agitare dietro le quinte trattiene il fiato. Mi muovo sulla scena e il fruscio del kimono che indosso diviene ora l’unico suono percepibile.
Non ricordo la mia parte. Ma abbiamo fatto così tante prove che non c’è bisogno che ricordi. Le parole sono impresse nella mia mente come fossero parte di me stesso. Non capisco come possa essere possibile e la cosa mi fa un po’ paura. Sto perdendo il controllo della mia mente? Delle mie emozioni?
Continuo a recitare, ma non so quello che dico. I miei pensieri sono altrove.
Junnosuke entra in scena.
 
“Ueda, sei stato fantastico!” il regista è nel mio camerino, io sono seduto e mi sto guardando allo specchio.
“Come?” mi volto e lo noto solo in quel momento. Lo spettacolo è finito? Com’è possibile? Un secondo fa ero sul palco, fasciato da strati di seta e illuminato da un fascio di luce bianca. Aggrotto le sopracciglia.
“L’emozione che hai messo nelle tue battute ha fatto piangere decine di persone in platea! Abbiamo pure dovuto accompagnare una ragazza fuori dalla sala perché non riusciva a smettere! Sei stato fantastico!”
“Ah, davvero...?”
“Come fai a far sembrare tutto così reale?”
“Non è reale. Il teatro, come il sogno, non ha niente di reale.”
Il regista resta un secondo in silenzio, poi sorride. “Come scusa? Non ho capito.”
“Niente, la ringrazio,” concludo io e torno a guardarmi allo specchio. Cosa mi sta succedendo? Perché ultimamente la mia vita va avanti a flash? Come se mi perdessi pezzi di tempo. E mi dimentico ciò che accade in quei momenti di transizione.
 
“Sembri stanco.”
Siamo sul retro del teatro. Junnosuke, con un mazzo di fiori in mano, è al mio fianco. Stiamo aspettando il nostro autista, credo.
“Sì, sbrighiamoci a tornare a casa,” dico io guardando verso la strada, dove il flusso delle auto è inarrestabile. Come i ricordi, che non tornano indietro. Possiamo solo dimenticare.
 
E' come se tentassi di tenere stretto a me un ricordo, ma non riesco ad afferrarlo. Mi dimeno, nuoto inutilmente per raggiungere la mia riva almeno con la vista. Ma rimango ancorato nello stesso luogo. Forse sto solo aspettando che qualcuno mi venga a prendere e resto qui ad aspettare, senza nemmeno avvertire le onde che mi cullano.
 
Appena mettiamo piede nel nostro appartamento mi fiondo in camera. Apro il cassetto del mio comodino e tiro fuori un quaderno rosso un po’ sgualcito. Lo apro. L’ultimo paragrafo risale a parecchie settimana fa.
“Scrivi sul diario?” mi domanda Junnosuke entrando anche lui in camera e recuperando la giacca che avevo lasciato sulle lenzuola.
Annuisco. Mi siedo sul letto e inizio a scrivere. Descrivo il concerto dei WK in ogni minimo dettaglio, quello lo ricordo bene. Poi passo allo spettacolo di teatro. E lì i ricordi si fanno sfocati, sebbene non fosse finito nemmeno da un’ora.
“Junno, il tuo vestito nel terzo atto di che colore era?”
“Blu.”
“Mentre la luce nella seconda battuta dell’atto finale?”
“Rossa.”
Junnosuke non dice altro. Sento il fruscio delle coperte e capisco che si è coricato. Finisco di scrivere ancora qualche altro dettaglio sullo spettacolo, quindi chiudo il diario con un sospiro.
“Era parecchio che non scrivevi.”
Annuisco. Era parecchio che la mia mente non fosse così offuscata. Realtà, sogno, finzione, ricordi, passato, presente. Non capisco più il limite che li separa. Sento il bisogno di rinchiudermi di nuovo in un piccolo mondo. Isolato. Solo io e i miei pensieri, per mettere ordine tra di essi e vivere una vita più facile.
 
“Tacchan?”
“Eh?”
“Stai piangendo?”
“No, Junno, tranquillo, è solo l’ennesimo sogno. Ora dormiamo.”
“Senti... devo dirti una cosa... allo spettacolo...”
“Cosa?”
“No, niente, dimentica quello che ho detto.”
Va bene, non è difficile. Dimenticare è così facile.
 
Il primo paragrafo che ho scritto sul diario risale al giorno in cui tornai dall’America. Sei anni fa. -Non dimenticherò- e non potevo dimenticare. Dovevo preservare i ricordi, li avrei scritti, nero su bianco. Quello era un legame indimenticabile. WK. “Buonasera! Noi siamo i WK, Wasurenai Kizuna, perché i legami che stabiliamo su questo mondo, non importa quando distanti possano essere, noi non possiamo lasciare che la nostra mente li dimentichi!” così si era aperto il concerto. La sua voce non l’avevo dimenticata, era bellissima, proprio come la ricordavo.
 
“Basta!” grido svegliandomi.
Junnosuke al mio fianco si tira su di colpo e mi guarda sconvolto.
“Tatsuya...?”
Me ne resto disteso, il corpo scoperto e sudato. Respiro con affanno.
“E’ stato solo un incubo,” mi rassicura, scansandomi con le dita i capelli appiccicati sulle guancie. Ha un’espressione tranquilla sul viso, e continua a carezzarmi la pelle con apprensione.
Perché continui a sorridermi facendo finta che vada tutto bene? Non va tutto bene, lo sai bene. Al concerto, quel giorno che ormai sembra appartenere ad un passato remoto, mi hai visto. Hai visto il mio corpo scosso da tremiti, e le lacrime. Non so come mai non stia piangendo nemmeno ora. Mi sento distrutto, dentro e fuori. Perché smettendo di allenarmi con la boxe ho persino perso la mia tanto amata forza fisica.
Non mi resta più nulla.
“Non ce la faccio più...” mormoro guardandolo negli occhi. Lo vedo agitarsi per un millesimo di secondo, poi il sorriso torna sulle labbra.
“Andrà tutto bene.”
“No! Non andrà tutto bene!” grido. La fronte aggrottata per la rabbia e gli occhi socchiusi. Ora il turbamento nel suo viso si fa permanente, non più un’ombra falsa e momentanea.
Tento di calmarmi e prendo a respirare con regolarità. Ispirazione, espirazione. Come quando sei sul ring e, nel momento in cui avverti la sconfitta vicina, provi a ritrovare quella lucidità che speri ti porterà alla vittoria.
“Junno,” continuo tirandomi su seduto, “Non volevo tirarti dentro questa faccenda... ma io sono al limite, e tu in qualche modo ci sei stato dentro fin dall’inizio.”
“Tatsuya...”
“Non ce la faccio più a vivere in questo modo. Sto perdendo il contatto con la realtà, ormai vivo solamente nella mia testa. Come sei anni fa, quando ancora...” ma non riesco ad andare avanti. Quel discorso non l’avevo mai affrontato seriamente con lui. Ero sempre stato molto vago. Dopotutto perché riportare a galla paure e problemi ormai superati? O perlomeno, al tempo, credevo che lo fossero.   
“Tatsuya,” dice con fermezza, e mi afferra un braccio. “Io avrei tanto voluto che tu mi avessi parlato di te sin dall’inizio. Quello che eri prima di andare in America, quello che eri diventato una volta tornato. Quello che avevi passato negli anni prima di diventare un attore, e anche quello che, dopo il nostro incontro, saresti voluto diventare. Volevo sapere tutto di te. Perché vedo che con me non sei felice.”
“Io, con te, sono feli-”
“No, Tatsuya, non come lo sei quando pensi ad Akanishi.”
Sbarro gli occhi.
“Tu... che ne sai...” mormoro. Lui mi afferra con entrambe le mani costringendomi a rimanere immobile e ad ascoltarlo.
“Io... tu non mi hai mai parlato di tutto questo. Ma io volevo conoscere il tuo passato, sapere ogni minimo dettaglio di te. Perché non mi hai mai reso partecipe di tutto questo? Potevo aiutarti, darti quello di cui avevi bisogno per vivere felicemente. Avrei potuto fare di tutto per te. Ma non conoscevo niente di te. Solo le apparenze che mi mostravi. E io... volevo sapere... quindi...”
Non riesce ad andare avanti, vedo i suoi occhi in difficoltà. Cercano un appiglio sul mio viso. Ma io avevo capito. E’ scivoloso, vero? Come quando provi ad aggrapparti agli scogli mentre intorno a te esplode la tempesta.
“Tu hai letto,” dico solamente. Improvvisamente le sue mani sulle braccia diventano insopportabili. Ma non faccio in tempo a fare nulla che lui le stacca, di colpo, come fossero di fuoco. E si inginocchia sul letto, il viso contro le lenzuola.
“Mi dispiace...!”
“Sai, Taguchi, ci sono cose che non importa quanto le si voglia conoscere, devono rimanere sul fondale dell’oceano, come i relitti. Solo i pirati potrebbero agognare una cosa simile, affamati di ricchezze... in quel diario, tra quelle pagine, ho scritto tutto di me. Ogni mio minimo pensiero o desiderio... i miei problemi, tutte le mie paure... quello che sono, quello che ero stato e quello che vorrò essere. E tu hai letto tutto.”
“Perdonami... volevo solo farti tornare felice... ora come posso...”
“Voglio solo stare da solo ora,” dico. Dentro di me non provo niente, né vergogna, né rabbia, né risentimento. Voglio solo stare da solo. Mi alzo dal letto e inizio a vestirmi.
“Tatsuya...?” Junnosuke alza il viso dalle lenzuola. Nella fioca luce del chiaro di luna vedo per la prima volta le lacrime rigargli le guancie. Ed esito.
“E’ inutile, vero? Andarmene ora,” dico. Chissà quante altre volte avrai pianto, pensando a quelle parole nel diario. Come deve essere amare qualcuno e sapere che, dall’altra parte, il sentimento non è affatto ricambiato allo stesso modo? Ma Junno... non è così.
Mi avvicino inginocchiandomi sul letto. Gli avvolgo il corpo con le braccia e porto la sua fronte contro il mio petto.
“Nel diario... non hai trovato pressoché nulla su di te... non è così?”
Riesco a percepire la sorpresa nei suoi gesti. Se ne sta immobile, ma sono certo che può sentire il battito del mio cuore attraverso la stoffa sottile della maglia.
“Sai... il diario era il modo che avevo per tenere separate la realtà dai miei pensieri e ricordi. Lo hai letto, no? Della promessa che ci eravamo fatti. Io non potevo dimenticare il mio passato, non potevo dimenticare lui... ma allo stesso tempo non volevo certo trascorrere il presente pensando a quegli anni. Così ho deciso che, per poter vivere il presente al massimo, avrei dovuto imprimere sulla carta tutti i ricordi che avevo. Come fotografie,” presi a carezzargli la testa, proprio come era solito fare lui con me. “La mia mente al tempo era così fragile... temevo di dimenticare... capisci? Poi, mano a mano, iniziai a sentire che questo problema stesse scomparendo del tutto... ero molto più forte. Grazie al teatro, mi ero rafforzato interiormente. E mi ero innamorato di nuovo. Credevo di non aver più bisogno di scrivere. Riaprivo il diario solo per aggiungere ricordi sparsi qua e là, man mano che mi tornavano in mente. Sai, non è vero che dimentichiamo il passato... ci vuole solo tempo e pazienza per ricordare. E ti ringrazio per questo, se sono riuscito a raccogliere quelle memorie è soprattutto per merito tuo,” sorrisi, Junno aveva smesso di piangere. “Ti capisco sai... deve essere stato difficile stare con una persona apparentemente senza passato. Per questo io posso perdonarti... ma capisci che sto tornando nell’abisso? Ho ricominciato a dimenticare, mi sono indebolito e ho avuto il bisogno di riprendere a scrivere. Ho paura... di tornare a rinchiudermi in una bolla sospesa nella dimensione in cui il tempo non passa.”
Junnosuke alza la testa dal mio petto e io smetto di parlare. I suoi occhi sono gonfi ma l’espressione è tornata a distendersi. Sento lo stomaco chiudersi, se penso che quelle lacrime hanno sfigurato il tuo sorriso per colpa mia.
“Quando prima ti ho detto che andrà tutto bene ero serio. So che sarà così,” la sua voce era troppo roca, non sembrava appartenere a lui.
“Ti prego, Junno, torna a ridere.”
Sorride, “Va da lui.”
“Eh...?”
Si allunga e afferra un pezzo di carta dal cassetto del proprio comodino. Me lo porge.
“E’ l’indirizzo di Akanishi. Devi sistemare questa cosa. E quando tornerai, io accetterò qualsiasi decisione tu avrai preso.”

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Commento: Ebbene, mi scuso per il ritardo e per il capitolo che è un po' piatto... non accade molto e per la maggior parte è solo dialogo... ma mi serviva capire un po' quello che pensano tatsuya e junno prima di far ritornare Jin sulla scena ^^ (cosa che ancora mi preoccupa xD) Man mano che vado avanti cambio idea sul finale per diecimila volte... tatsuya torna con jin, oppure resta con junno? E altre tremila versioni diverse xD voi che dite? Bo, chissà come andrà a finire ^^ Spero che continuiate a leggere! Al prossimo capitolo! 
   
 
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