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Autore: Katpatz    20/05/2012    1 recensioni
 
“ Non mi sembra di essere accorsa qui di mia spontanea volontà, o sbaglio? “ Il suo volto si adombrò per qualche istante, per poi fare un sorriso smagliante.
 
“ Beh, mia cara America. Non è colpa mia se sei stata una dei prescelti “ continuò sorridendo.
 
“ Prescelta per cosa? “ diedi un veloce sguardo intorno a me, e capii che comunque non avevo via di scampo. Non sapevo chi fossero quegli esseri con gli occhi color sangue che ci circondavano, non sapevo cosa stesse succedendo, ma avevo una sola certezza: comunque sia, ero spacciata.
 
“ Per combattere nella gabbia della morte “.
 
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buon pomeriggio ragazze.

Dopo aver passato gli ultimi dieci minuti a giocare con una margherita a " pubblico, non pubblico", ho deciso di pubblicare la mia prima storia.

Ammetto di aver preso spunto un pò dal film " The Hunger Games", ma giusto qualcosina.

 

Posto questo piccolo capitolo per tastare un pò il campo, per vedere se vi piace o meno la storia, sarete voi a scegliere se io debba continuare, o no.

Confido nella vostra clemenza.

Baci, Kat.

 

 

Personaggi: Bella-Edward\ un pò tutti\ nuovi personaggi

Genere: Romantico\ Avventura

Contesto: Nessun libro\ film

Avvertimenti : AU

 

 


Capitolo 1.

 

 

 

 

 

 

 

 

Soffocai uno sbadiglio con la mano, e riportai la mia attenzione alla lavagna che in quel momento era piena di formule matematiche. Banner si stava dilettando a spiegare gli integrali, che a suo parere, erano la cosa più bella che avesse mai studiato.

 

Pazzo, come si possono definire “ belli” ?

 

Soffocai l’ennesimo sbadiglio e rivolsi la mia attenzione al parcheggio scolastico, completamente vuoto. In quei giorni c’era qualcosa di strano nell’aria, da circa una settimana, avevo una strana sensazione che mi chiudeva la bocca dello stomaco, ma ancora non avevo capito di cosa potesse trattarsi. Sospirai e mi diedi mentalmente della stupida. Sicuramente lo stress mi stava giocando qualche brutto scherzo.

 

“ Signorina Swan, ha capito cosa ho appena detto? O il parcheggio è più interessante della mia spiegazione? “ Mi ritrovai Banner davanti, sussultai e gli rivolsi un sorriso di circostanza.

 

“ Mi scusi professor Banner, mi ero distratta un secondo ma ho ascoltato… Fattore finito e fattore derivato, certo. “ lui sospirò e si mise una mano tra i capelli frustrato.

 

“ Non so come faccia a distrarsi e a stare attenta allo stesso tempo, ma la prego di non distrarsi, siamo alla fine dell’anno Isabella. “ Annuii e Banner tornò alla lavagna.

 

Non so come ci riuscivo, ma nella mia assurda distrazione riuscivo sempre a captare cosa dicessero i professori: talento naturale, mi aveva detto il professor Miller dopo che gli ripetei tutto ciò che aveva spiegato negli ultimi dieci minuti.

 

Guardai la lavagna e mi decisi a prendere appunti, per fare contento Banner. Per quanto riuscissi ad ascoltare la lezione, la matematica non era davvero il mio forte.

 

Stanca di restare a scuola, mi feci un permesso per tornare a casa, volevo solo tornare nel mio letto e dormire, mi sarei drogata di camomilla e valeriana, e avrei stretto il cuscino mentre dormivo. Sì, era un programma allettante, soprattutto per me che in questo ultimo periodo soffrivo d’insonnia. Sì, quella strana sensazione, la notte si trasformava in angoscia, il mio cuore iniziava a battere talmente forte che sentivo le palpitazioni persino nelle orecchie. Ero strana, lo so.

 

Entrai nel mio monolocale e chiusi la porta a chiave. I miei genitori erano morti qualche mese fa, lasciandomi una grande fortuna. Secondo Jessica Stanley ero “ maledettamente fortunata”, lei avrebbe dato qualsiasi cosa per restare da sola, senza i genitori tra le scatole, con un sacco di soldi. Beh, non me lo aveva detto personalmente, ma l’avevo sentita mentre borbottava con Lauren, una sua amica.

 

In quel momento avevo pensato solo ad una parola che le si addicesse: stupida.

 

Di certo in un paesino sperduto come Forks, non c’erano problemi a vivere da sola, ci conoscevamo tutti uno ad uno. Fantastico, vero?

 

Afferrai la scatola di camomilla e preparai una tazza, mettendoci dentro quattro filtri. Sospirai, non sarebbero bastati nemmeno per chiudere gli occhi.

 

Versai l’acqua, che avevo messo a riscaldare qualche minuto prima sul gas nella tazza, tolsi le foglie di alloro che avevo fatto bollire con l’acqua e ci misi tre cucchiaini di zucchero.

 

Iniziai a girare il liquido giallognolo  e lo portai alle labbra.

 

“ Merda “ mi ero scottata la lingua, come una stupida mi ero dimenticata di soffiare la camomilla per farla raffreddare.

 

Presi la tazza, la confezione di valeriana, e andai in camera da letto; posai tutto sul comodino e andai a chiudere le tende. Come sempre a Forks, il sole era un optional.

 

Tornai indietro, mi sedetti sul letto e sorseggiai con calma la camomilla, quando ne rimase solo qualche sorso, ingoiai la pillola di valeriana e la mandai già gli ultimi sorsi di camomilla.

 

Mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi.

 

Il cuore iniziò a battere più forte, era come se mi volesse uscire dal petto, e il solito senso di angoscia, anche se più forte, mi colpì come un pugno. Nel silenzio surreale della casa, sentii un rumore di passi, sbarrai gli occhi e accesi l’abatjour che era sul comodino, presi la mazza da baseball che era di fianco al letto,  che tenevo lì per ogni evenienza, e con lentezza aprii la porta.

L’unica cosa che vidi, erano due occhi rossi iniettati di sangue, poi il buio.

 

--

Mi svegliai di soprassalto.

 

Era tutto un sogno.

 

Aprii gli occhi e  una luce abbagliante mi ferì gli occhi, cercai di caprirli con le mani. Da quando c’era il sole a Forks? Alzai lo sguardo e mi guardai intorno: quella non era la mia camera. Corsi verso la porta, che si aprì in un secondo, rivelando la figura di una ragazza  coperta da un mantello nero sul quale faceva spicco una grande V in oro massiccio, la ragazza aveva  i capelli neri e gli occhi rossi.

 

Proprio come quelli che avevo visto prima di svenire.

 

“ Ti sei svegliata finalmente, muoviti, non abbiamo tempo da perdere. “ mormorò infastidita, facendomi cenno di seguirla.

 

Impaurita la seguii, in quello che sembrava un corridoio.

 

Le pareti e il pavimento erano in marmo bianco, con qualche decorazione nera.

 

Bella, ti sembra il momento di guardare l’arredamento?

 

Riportai  lo sguardo davanti a me e vidi un sacco di persone con un mantello nero, il cappuccio e lo stesso stemma della donna che mi stava portando non so dove.

 

Qualcuno mi spinse davanti tre sedie enormi, sul quale erano seduti tre tizi strani, vicino a me invece, c’erano altri ragazzi come me, che si guardavano intorno spaesati e impauriti.

 

“ Bene, signori e signore, vi ringrazio per essere accorsi qui “ mormorò con un grande sorriso mentre ci fissava uno ad uno.

 

“ Direi piuttosto portati con la forza “ bisbigliai a denti stretti.

 

Lui si voltò di scatto verso di me e si avvicinò.

 

“ Puoi ripetere ? “ Mi aveva sentita? Eppure era lontano da me circa una decina di metri!

 

“ Non mi sembra di essere accorsa qui di mia spontanea volontà, o sbaglio? “ Il suo volto si adombrò per qualche istante, per poi fare un sorriso smagliante.

 

“ Beh, mia cara America. Non è colpa mia se sei stata una dei prescelti “ continuò sorridendo.

 

“ Prescelta per cosa? “ diedi un veloce sguardo intorno a me, e capii che comunque non avevo via di scampo. Non sapevo chi fossero quegli esseri con gli occhi color sangue che ci circondavano, non sapevo cosa stesse succedendo, ma avevo una sola certezza: comunque sia, ero spacciata.

 

“ Per combattere nella gabbia della morte “.

 

--

Vorrei poter scrivere qualcosa su quello che è successo ieri e oggi , ma credo che le parole in avvenimenti come questi, non bastano ad esprimere ciò che proviamo.

  
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