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Autore: Alchbel    20/05/2012    8 recensioni
La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti... Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto. Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE: Eh sì, questa volta vi rompo le scatole anche qui! =) Allora, questo è il penultimo capitolo di Klaine Songs 1, soprattutto è l’ultimo capitolo scritto da me… In questi giorni mi sta davvero piangendo il cuore, e ho un’ansia addosso per la fine di Glee che davvero scoppio a piangere ogni due per tre! Forse è per questo che non è stato facile scrivere questo capitolo… Ma comunque, per quanto riguarda il capitolo vi rimando alle NdA in fondo – giuro che saranno brevi!

Qui però volevo in qualche modo giustificare la scelta di questa canzone. Questa storia si basava sul principio di: usiamo solo le canzoni che cantano o Kurt o Blaine e alle quali l’altro è presente. Diciamo che questo principio si è un po’… elasticizzato (e lo si vedrà soprattutto in Klaine Songs 2, ma di questo ne parleremo più avanti xD). Anyway, per quanto riguarda questa scelta… beh, ci è sembrata la più adatta. L’idea di finire con questa canzone ci è piaciuta e abbiamo deciso di sfruttarla! =)

Perciò… enjoy!

 

 

 

 

 

31°_ Dancing Queen ~ Kurt

~ Quando puoi solo lasciarti andare ~

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Aahhh

Aahhh

Ohhh yeeah

 

 

Le voci di Mercedes e Santana si levano alte e cristalline, mentre le note di Dancing Queen degli ABBA cominciano a risuonare. Vorrei soffermarmi a pensare a quanto questa canzone sia assolutamente perfetta per una situazione del genere, ma in questo contesto non fa che essere ancora più umiliante.

 

Tuttavia ora non ho tempo per considerare l’idea di nascondermi da qualche parte, o urlare parole velenose alle persone che ci circondano; e lo farei anche, ma non voglio mostrarmi debole ai loro occhi. Voglio che assistano alla mia più completa e totale indifferenza.

 

In realtà ringrazio di non essere solo. Vero, forse avrei preferito avesse vinto qualcun altro, come Puck o Finn; certo, ballare con loro sarebbe stato imbarazzante, ma almeno sono degli amici e mi avrebbero protetto. Tuttavia, meglio David che qualsiasi altro giocatore di football; per lo meno David mi capisce, anche se non so ancora cosa voglia fare. E l’assurdità di questo pensiero mi colpisce come un pugno: è come se io ora mi fidassi di lui e questo mi lascia assolutamente basito.

 

Mi volto verso di lui e alzo il mento, aspettando che lui faccia qualcosa. Io e David ci guardiamo negli occhi, e io prendo un grosso sospiro, alzando e abbassando le spalle, quasi come se mi stessi tuffando in un oceano oscuro che non conosco; e difatti è così: è un salto a occhi chiusi quello che stiamo per fare. E guardando l’espressione di David, mi rendo conto che forse sarò il solo a farlo.

 

Il ragazzo davanti a me non ha più nulla del giocatore di football che mi spingeva contro gli armadietti solamente l’anno prima; l’ho visto strafottente, arrabbiato, confuso e triste, ma mai spaventato. O almeno non come adesso. David è completamente terrorizzato.

 

«Non posso» mi dice con un’espressione dispiaciuta in volto prima di passarmi vicino e andarsene via velocemente.

 

Io non posso trattenermi dal girarmi verso di lui, quasi come se lo volessi chiamare e farlo tornare indietro. In questo momento c’è solo un pensiero nella mia testa: Non abbandonarmi, non lasciarmi qui da solo.

 

Non so se ce la faccio a continuare con la sceneggiata del “sono forte e perciò me ne infischio di voi e dei vostri pregiudizi”, non da solo. Per lo meno prima c’era David con me. E non sarò solo sfottuto a vita per essere stato eletto reginetta, ma anche per essere stato abbandonato dal suo re. Quasi come a voler dimostrare che sono io quello sbagliato, che un ragazzo non può ballare con un altro ragazzo, perché è contro natura.

 

Rimango girato, senza sapere cosa fare. Mi sembra che questa sia stata davvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso; non riesco a respirare e sento un improvviso freddo glaciale avvolgermi. Non capisco come sia possibile dal momento che in questa palestra si muore di caldo, ma poi mi rendo conto che è un freddo interiore: sono da solo, sono più vulnerabile che mai.

 

Dio, ho un disperato bisogno di Blaine in questo momento.

 

Ed è proprio in quell’istante, proprio nel momento in cui l’immagine di Blaine e di tutte le nostre occhiate, conversazioni, litigate, riappacificazioni e baci mi riempiono la mente, proprio nello stesso istante in cui mi chiedo se quel ragazzo tanto coraggioso avrebbe la forza di volontà di venire da me adesso, a sostenermi, è qui che sento una voce alle mie spalle.

 

«Scusami,» dice la voce, ed è la voce più bella e dolce che io abbia mai sentito in vita mia. Io amo quella voce, me ne sono innamorato non appena l’ho sentita per la prima volta, e mai smetterò di farlo.

 

Mi volto e vedo Blaine dritto di fronte a me. Riesco a leggere benissimo la sua espressione: c’è paura nei suoi occhi, i lineamenti sono tirati e quasi sull’attenti; ma non c’è solo questo. La paura è nascosta da qualcos’altro, qualcosa che non riesco a capire bene ma che allo stesso tempo mi sembra dannatamente familiare. Blaine mi sorride appena e mi rendo conto che lui, ora, è me. Le rughe del suo viso si distendono; è spaventato ma pronto ad affrontare tutto quanto, qualsiasi cosa pur di stare al mio fianco. E io sono uguale a lui, perché solo ora che lui è qui sono certo di potercela fare.

 

Blaine mi tende la mano dopo aver detto, «Posso avere l’onore di questo ballo?»

 

 

You can dance, you can jive 
Having the time of your life
 
Ooh see that girl, watch that scene
 
Dig in the dancing queen
 

 

 

Blaine, il mio cavaliere per il ballo, il mio ragazzo è qui davanti a delle persone omofobe, perfide e cattive che mi hanno appena umiliato, che ci hanno appena umiliato, e mi sta chiedendo di ballare. E ora come ora non mi importa più di niente, perché tutto questo sembra così dannatamente giusto, proprio come ho sempre desiderato che fosse il mio ballo scolastico, proprio come nei miei sogni, che non esito neanche un attimo nel rispondergli, «Sì. Sì, puoi.»

 

Blaine mi prende tra le sue braccia, mettendomi una mano dietro la schiena e afferrando l’altra mia mano, in una stretta salda e decisa, di certo rassicurante. Io stringo le dita tra le sue e gli poso l’altra mano sulla spalla, avvicinandomi a lui quanto più possibile.

 

Non posso fare a meno di guardarmi attorno, di osservare i volti delle persone che ci circondano, alla ricerca di un qualche segno di disgusto alla vista di due ragazzi che ballano insieme. Al contrario invece, Blaine non guarda nessun altro a parte me, e inizia a muoversi a ritmo di musica, sorridendo, probabilmente cercando di scacciare via la tensione e la paura.

 

Mi chiedo come faccia, vorrei essere in grado di lasciarmi andare anch’io. Lo guardo attentamente in viso, come se il segreto fosse nascosto lì, da qualche parte, e del tutto inaspettatamente lo trovo.

 

Blaine mi sta guardando, mi sta semplicemente guardando. Guarda me e non le altre persone, si limita a sorridere felice per il semplice fatto di poter ballare con me. Io non posso fare a meno di lasciarmi andare, seguendo il suo esempio e perdendomi del tutto nei suoi occhi caramellati, che mi catturano come una calamita. Brillano come non mai quando si rende conto che ormai sono totalmente preso da lui, incurante di ciò che ci circonda.

 

Ed è in quel momento, quando chiudo tutti i problemi fuori, che tutti quanti spariscono. Siamo solo noi, semplicemente io e Blaine, che mi tiene stretto fra le sue braccia, spingendomi appena contro di sé con la mano che ha dietro la mia schiena. Ora mi sento protetto, al sicuro, solo ora che sono tra le sue braccia.

 

Blaine è riuscito a rendere un momento umiliante e imbarazzante, assolutamente perfetto. Sembra mi stia dicendo Lasciati andare, Kurt!  

 


Friday night and the lights are low
 
Looking out for a place to go
 
Where they play the right music, getting in the swing
 
You come in to look for a king
 

 

Quasi non faccio caso agli altri studenti che si uniscono a noi, Rachel per prima; sono troppo impegnato a chiedermi quanto sia stata dura per Blaine affrontare tutto questo. Le esperienze dei suoi balli scolastici sono certamente pessime, però ha deciso di avere coraggio e affiancarmi, prendermi per mano e non lasciarla andare mai, tenendomi al sicuro.

 

Non che mi aspettassi altro dal ragazzo che, senza conoscermi, mi aveva stretto la mano tra la sua per condurmi a vedere l’esibizione del suo Glee Club. Anche allora aveva dimostrato coraggio; certo, sapeva che nessuno dei ragazzi attorno a lui lo avrebbe sbattuto contro il muro per fargli del male o lo avrebbe insultato, ma ha lo stesso avuto coraggio. E in realtà lo ha dimostrato tante altre volte. Come quando mi ha difeso con David la sera dei negletti, o quando ha cantato per me Somewhere only we know.

 

Sono così fiero di lui. Aveva tutti i diritti di questo mondo per essere spaventato, ma è lo stesso qui, con me. Non mi ha ancora abbandonato; e da come mi sta stringendo, non credo che lo farà tanto presto.

 

Mi sorride e mi allontana; io seguo i suoi suggerimenti e mi ritrovo a girare e ridere di cuore, dimentico di chi ci sta intorno. Dopo avermi fatto fare un paio di giravolte, Blaine mi riavvicina a sé, e io lo stringo forte, guardandolo negli occhi. Non gli dico nulla, so che lui riuscirà a leggere il Grazie sulla superficie di essi.

 

La luce improvvisa di un flash fa strizzare gli occhi a entrambi; giriamo la testa, senza tuttavia staccarci, e vediamo Sam e Rachel salutarci con la mano, mentre il ragazzo ripone nella tasca della giacca una macchina fotografica.

 


And when you get the chance
 
You are the dancing queen
 
Young and sweet, only seventeen
 
Dancing queen, feel the beat
 
From the tambourine, oh yeah
 

 

Io e Blaine ci guardiamo, sorridendo, e decidiamo di lasciarci completamente andare alla musica e alla gioia del momento, godendo semplicemente della presenza l’uno dell’altro e del fatto che, anche se in uno strano contesto, stiamo vivendo una semplice esperienza da ballo scolastico. Balliamo vicini, a volte sfiorandoci le mani e altre volte abbracciandoci proprio, non curanti di chi ci circonda; e questa volta, sembra che anche a loro non importi nulla di noi. Si stanno tutti divertendo, danzando in giro per la palestra.

 

Non avrei mai immaginato che il mio ballo potesse essere così; certo, è stato umiliante, e così lo ricorderò. Però ricorderò anche che il mio ragazzo ha avuto il coraggio di non abbandonarmi e mi è stato vicino. Sorrido al pensiero che solo pochi mesi prima, solo poche settimane prima di conoscere Blaine, mi lamentavo con mio padre del fatto che io non potessi avere la vita di un adolescente normale, la storia d’amore di un adolescente normale: non avrei mai potuto stringere la sua mano nel corridoio della scuola, né avrei potuto danzare con lui al ballo. E invece eccomi qui, a ballare con Blaine, privo di qualsiasi turbamento: basta non pensare al peso della corona sulla mia testa.

 

In un anno, le cose sono davvero cambiate per me. Solo un anno prima pensavo che non avrei mai avuto nessun ballo, che non sarei mai stato in grado di essere coraggioso, che non avrei mai avuto qualcuno che mi stringesse come mi sta stringendo Blaine in questo istante, negli occhi un scintillio che riesco a riconoscere. È lo stesso che sento di avere nei miei occhi quando parlo di Blaine, lo sguardo innamorato che ho rivolto sempre e solo a lui. Non sono mai stato innamorato prima di Blaine – le cotte per Finn e Sam non sono neanche da prendere in considerazione.

 

Durante tutto quest’anno, sono cresciuto e maturato, e tutto questo è accaduto con Blaine. Ci sono stati dei momenti in cui davvero non credevo ce l’avrei fatta, dei momenti in cui quasi non volevo più trovarmi qui. Poi però penso a tutte le belle esperienze avute quest’anno e a quelle che ancora ci saranno – le Nazionali sono sempre più vicine, New York ci sta aspettando – e in tutte queste esperienze riesco a vedere Blaine. Devo ammettere che gran parte delle cose belle successe finora sono soprattutto merito suo.

 

Mi ritornano di nuovo alla mente tutto ciò che abbiamo dovuto passare per trovarci a questo punto. È come se riavvolgessi il nastro, così che le cose scorrano in senso inverso. E quindi passo dalla morte di Pavarotti, alla lite sul sesso – e oh, ora che ci penso forse l’idea di per sé non mi fa più così schifo, ma solo spavento per qualcosa che non conosco – e poi arrivo alla stupida cotta di Blaine per Rachel e Jeremiah, giungo infine al Natale e alla figuraccia dei regali, e per ultimo, mi torna in mente la voce di Puck che praticamente mi ordinava di andare a spiare i Warblers. Credo dovrò fare un regalo a Puck, prima o poi.

 

Io e Blaine ne abbiamo davvero passate tante, troppe. A volte ho pensato che non ce l’avremmo fatta, ma alla fine ciò che proviamo l’uno per l’altro ha avuto il sopravvento; guarda caso, riesce sempre ad avere il sopravvento, qualunque difficoltà ci si pari davanti. E credo di poter dare un nome a ciò che proviamo io e Blaine: amore. Dobbiamo solo avere il coraggio di dircelo. E so che ci arriveremo, pian piano e nel momento giusto.

 


You can dance, you can jive
 
Having the time of your life
 
Ooh see that girl, watch that scene
 
Dig in the dancing queen
 
Dancing dancing queen
 
Dig in the dancing queen

 

Blaine attira la mia attenzione, staccandosi da me e facendo finta di cantare a squarciagola la canzone; io mi riprendo dai miei pensieri e lo imito, muovendomi a ritmo di musica. In quel momento, dall’aria piovono un centinaio di palloncini colorati, che cadono sulle nostre teste. Cominciamo tutti a fare a gara a chi ne colpisce di più, facendo sì che continuino a volare.

 

Sono così preso da un palloncino giallo che mi vola davanti al viso e che colpisco con attenzione, che non mi accorgo di un altro che arriva dritto sulla mia faccia, spuntato da chissà dove. Non riesco a fermarlo, ormai è troppo tardi, e sono già pronto a farmelo arrivare addosso, quando però la mano di Blaine compare davanti alla mia visuale e colpisce il palloncino. Poi mi sorride e continua a ballare, saltellando su e giù e facendo l’idiota; quando si comporta in maniera così infantile, mi ricordo che è più piccolo di me di un anno.

 

Tuttavia ora non ci penso; penso all’emerita sciocchezza che mi è appena venuta in mente. So che è una cavolata, perché davvero, quel palloncino non mi avrebbe certamente fatto male se mi fosse arrivato in faccia, però mi trovo a chiedermi se Blaine non mi avrebbe “salvato” anche se fosse stata un’altra cosa. Mi basta guardarlo negli occhi per rendermi conto che sì, lo farebbe.

 

Mi avvicino a lui, con l’improvviso bisogno di sentirlo vicino, il più possibile. Blaine mi mette le mani intorno alla vita e inizia a farci girare in tondo; io stringo forte la sua spalla e con l’altra tengo la corona che rischia di scivolare. I miei occhi si legano a quelli di Blaine mentre continuiamo a girare, e li lasciano soltanto quando siamo costretti a fermarci, e solo per scivolare dai suoi occhi alle sue labbra.

 

Improvvisamente mi sembra quasi che le sue mani siano pesanti sui miei fianchi e dietro la mia schiena; riesco quasi a sentirne il calore attraverso la stoffa. I miei occhi si soffermano ad analizzare ogni piega delle sue labbra e scivolano giù, fino alla curva della sua mascella, fino a che non risalgono ai suoi riccioli catturati dal gel. Deglutisco, stringendomi di più a lui senza neanche rendermene conto.

 

Dancing Queen è appena finita, Santana e Mercedes scendono dal palco dopo aver posato i microfoni, e Blaine cerca di attirare la mia attenzione, con un’espressione incuriosita sul volto: non capisce perché io sia diventato serio all’improvviso. Quando incrocio i suoi occhi non posso evitare di arrossire, mentre il pensiero delle sue mani, che prima scorrevano sull’asta del microfono e che ora sono appoggiate sulla mia schiena, mi fa stringere lo stomaco in una morsa.

 

Mi allontano velocemente da lui e gli sorrido, deglutendo di nuovo e cercando di non fissare con insistenza le sue mani. Ma Blaine ha davvero delle mani bellissime, grandi e calde; sono lisce e le vorrei così tanto su di me che…

 

Aspetta! Cosa?

 

Se possibile, arrossisco ancora di più dopo quest’ultimo pensiero. Che cosa credo di fare? Io ho una paura tremenda, ma questa sera non mi pare proprio il caso di mettere altra carne al fuoco. Però ho davvero bisogno di un po’ di coccole da Blaine, ho bisogno di stare da solo con lui, lasciando che mi curi le ferite. Non mi rendo conto di essere diventato di nuovo serio, così, soprattutto per non far preoccupare Blaine, sorrido e gli dico, «Prima di andarcene dobbiamo fare la foto.»

 

Lui annuisce e mi sorride, prendendomi la mano e trascinandomi via. E io ne approfitto per stringere forte le sue dita e perdermi nella morbidezza del suo tocco e nel calore che mi avvolge la mano.

 

 

~ ∞ ~

 

 

Sono solo le undici e un quarto quando Blaine posteggia la macchina sotto casa mia. Si volta a guardarmi, prendendomi la mano che avevo tenuta stretta ai pantaloni; la sua espressione è chiaramente interrogativa. Si starà domandando che cosa diamine mi prenda.

 

Il problema è che non lo so neanche io. Da dopo quel nostro “avvicinamento” proprio in questa macchina qualche settimana fa, non è più successo niente tra di noi; non c’è stato tempo, e soprattutto io non sapevo che cosa avrei voluto fare. Quello che è successo in macchina, nel posteggio buio del cinema, è stato un momento di pura follia; non avevo intenzione di fare quello che ho fatto. So solo che avevo sentito il desiderio di sentirlo vicino, tanto vicino, e che poi il mio cervello si era letteralmente spento, facendo sì che non fosse la mia parte razionale ad agire.

 

Tutto questo mi ha spaventato. Il non poter avere il totale controllo sul proprio cervello, la difficoltà nel riuscire a fermarsi e rimanere concentrati, senza lasciarsi portare via dalle sensazioni, dal calore e dalla bellezza del momento. Perché sì, è stato dannatamente bello. Solo che ora non so cosa fare; senza contare che ho anche paura che venga fuori una cosa programmata e scontata.

 

Non so come affrontare tutto questo, sono spaventato a morte. Però, se c’è una cosa che so, è che ora come ora l’idea di separarmi da Blaine mi terrorizza terribilmente; ho quasi paura di non riuscire a respirare se si allontanasse troppo da me. Ho ancora bisogno di lui, probabilmente ne avrò sempre, ma in questo momento non voglio assolutamente separarmi da lui. Voglio stare con Blaine, anche solo tenerlo abbracciato e addormentarci così, semplicemente. Lo vorrei davvero tanto.

 

Cosa c’era scritto sugli opuscoli che mi aveva dato mio padre? Procedere a piccoli passi. Perfetto, allora credo che comincerò a chiedergli di salire su a casa.

 

Mi volto verso Blaine, che mi sta guardando con la stessa espressione interrogativa di prima. Gli sorrido e gli accarezzo il viso, mentre lui si protende verso di me, puntando direttamente alle mie labbra; io però mi scanso e lo abbraccio.

 

Lo sento irrigidirsi, spiazzato dalla mia reazione, ma non gli lascio nemmeno il tempo di interrogarsi sul mio comportamento e farsi un sacco di paranoie che, ormai ho imparato, si fa, che dico: «Ti va di salire su da me?»

 

Non appena le parole mi escono di bocca, mi rendo conto che la mia domanda può essere altamente fraintendibile. Mi allontano di scatto dall’abbraccio e inizio a balbettare parole senza senso, sentendomi arrossire.

 

«N-no, non è come… come credi! Cioè, i-io… io e te… noi… no! Però…»

 

Fortunatamente Blaine mi zittisce, posandomi un dito sulle labbra; non posso evitare di lasciarmi sfuggire un sospiro sentendo la pressione del suo dito sulla mia bocca. Che cosa diamine mi sta prendendo?!

 

«Kurt, stai tranquillo! Non c’è bisogno di agitarsi, davvero.» Mi sorride e mi posa un bacio sulla guancia, lasciandomi poi andare.

 

Io mi sento un emerito idiota, così, totalmente impacciato, scendo dalla macchina, lasciandomi alle spalle quell’imbarazzo che si era venuto a creare. Blaine mi segue e mi affianca subito mentre percorriamo il vialetto di casa mia, e forse per spezzare un po’ la tensione mi dice, «Sono curioso di vedere come sta Finn…»

 

Io ne approfitto al volo e rispondo, «Già, anche io.»

 

Blaine mi sorride e mi prende per mano, di nuovo; sembra proprio che stasera non faccia altro. Non che me ne lamenti, anzi. Ma forse in fondo il mio desiderio non è poi tanto diverso dal suo.

 

Arrivati davanti alla porta di casa, mi permetto di suonare; ci sono ancora un po’ di luci accese, segno che Carole e papà non sono ancora andati a dormire. Non appena la porta si apre, ci troviamo davanti tutti e tre i membri della mia famiglia; non faccio in tempo a chiedermi il motivo per quel comitato di accoglienza, che mio padre mi abbraccia, costringendomi a lasciare la mano di Blaine.

 

«Papà?» chiedo, basito. Vero che ho ancora la corona in testa, quindi non è difficile capire che la sua reazione è collegata a quello, ma mi sembrava che sapesse qualcosa fin da prima.

 

«Oh Kurt, sono così felice che tu sia tornato!» dice mio padre, per poi lasciarmi andare, tossendo leggermente e cercando di ridarsi un contegno quando si rende conto del suo gesto.

 

«Papà, tranquillo. Sto bene.»

 

Dico solo questo; non gli spiego la rabbia verso me stesso, la delusione, l’umiliazione che ho dovuto patire questa sera. Non gli rivelo che sono di nuovo scappato, né che poi ho deciso di tornare indietro. Non gli dico che se non ci fosse stato Blaine non avrei saputo che fare, che la sua sola presenza mi ha dato il coraggio necessario per reagire a quell’ingiustizia. Non gli dico niente, perché intanto so benissimo che mio padre capirà; non voglio parlarne adesso, ci sarà tempo domani per farlo. Ora voglio solo rilassarmi un po’ e lasciarmi coccolare dal mio ragazzo, senza alcun intoppo e senza aver paura di spingermi troppo oltre e poter essere visto.

 

Ed è proprio in quanto mio padre mi capisce che non fa obiezioni quando gli chiedo, «Blaine può entrare un attimo? Io…» non so se continuare, se ammettere questa debolezza davanti a lui, a tutti gli altri e soprattutto a Blaine, ma lo faccio, «… ho bisogno di stare un po’ da solo con Blaine

 

E guardo dritto negli occhi di mio padre, perché così come lui è capace di interpretare i miei pensieri, io sono in grado di interpretare i suoi. Perciò so benissimo cosa starà pensando in questo istante, ma io voglio che capisca che può fidarsi di me. Gli ho chiesto il permesso di portare Blaine in camera mia, solo per un po’; avrei potuto fare tutto di nascosto, o peggio, avremmo potuto fermarci in macchina, e lui lo sa bene. Forse è per questo che ci lascia passare, facendo un piccolo segno di assenso con la testa.

 

«Grazie,» dico soltanto, prendendo di nuovo la mano di Blaine e tirandomelo dentro casa. Non oso alzare lo sguardo su di lui per vedere come ha reagito alla mia affermazione di prima.

 

Prima di salire le scale, mi volto verso Finn, che ha uno sguardo dispiaciuto sul volto; ricambia il mio sguardo e fa un passo verso di me, sospirando e abbassando poi gli occhi.

 

«Mi dispiace, Kurt. Sarei dovuto essere presente, non avrei dovuto farmi cacciare dal ballo; dovevo cercare di restare lì e proteggerti,» rivela con un tono di voce particolarmente basso.

 

Rimango colpito dalle sue parole e quasi non riesco a deglutire a causa del magone che mi si è formato in gola; ma non voglio piangere, mi sembra di aver già sprecato fin troppe lacrime questa sera.

 

«Non preoccuparti. Piuttosto, vedi di chiamare Quinn e chiedile scusa; e forse dovresti fare lo stesso con Rachel,» gli dico.

 

Poi rivolgo l’attenzione a Carole e papà. «Non staremo su tanto; Blaine deve tornare alla Dalton, quindi non preoccupatevi per l’orario.» Blaine non dice niente, si limita a stringermi un po’ di più la mano.

 

Carole a quel punto, stupendo un po’ tutti quanti, commenta: «Non credo sia il caso che Blaine guidi a quest’ora di notte. È venerdì sera… magari può dormire qui. Intanto domani mattina non ha lezione, giusto Blaine

 

Blaine mi guarda un attimo, stupito, e poi sposta lo sguardo su Carole. «Sì, non ho lezione domattina. Ma davvero, non vorrei disturbare e…» Ma non fa in tempo a finire la frase che è mio padre a prendere la parola.

 

«Nessun disturbo; abbiamo la stanza degli ospiti che non vede l’ora di essere utilizzata da qualcuno.»

 

Un sorriso spontaneo mi esce sulle labbra: Blaine dormirà qui. Tutti quanti mi stanno fissando ora, guardano il mio sorriso e li sento rilasciare un basso sospiro di sollievo; forse avevano paura che dessi di matto o simili. O, molto più probabilmente, sono solo felici di vedermi sorridere.

 

Vorrei tanto ringraziarli, ma non riesco a dire niente. Così è Blaine a prendere la parola, ringraziando tutti quanti per la disponibilità, ma dicendo che non ha niente con sé. Finn si offre subito di prestargli una maglia, Carole corre a prendergli un nuovo spazzolino da denti che avevamo di riserva e io gli dico che gli impresterò un paio di pantaloni.

 

Quando Blaine ha in mano lo spazzolino da denti e la maglietta di Finn, faccio per voltarmi e trascinarmelo in camera, ma mio padre ci ferma.

 

«Ragazzi… A mezzanotte vi voglio ciascuno nella propria stanza. Chiaro?» Ha un sopracciglio sollevato, quasi come se ci stesse mettendo alla prova; ed effettivamente, credo proprio sia così: se rispettiamo le sue regole, Blaine potrà stare qui quanto vuole. Perciò ho intenzione di rispettarle.

 

«Certo,» dice Blaine che, forse molto più di me, non vuole deludere la fiducia di Burt.

 

Poi, finalmente, siamo liberi di salire le scale, varcare la soglia di camera mia e chiuderci la porta alle spalle. E non appena sentiamo il “click” dietro di noi, non esitiamo un attimo: ci fiondiamo l’uno tra le braccia dell’altro, stringendoci forte come se fosse l’ultima volta che potessimo farlo. Lascio cadere a terra lo scettro che tenevo ancora in mano e strappo via la corona dalla mia testa, mentre Blaine lancia letteralmente la maglia di Finn e lo spazzolino sulla poltrona vicina al mio letto.

 

Io affondo la testa nel collo di Blaine, incastrando una mano alla base del suo collo e aggrappandomi quasi con disperazione ai suoi capelli. Il mio ragazzo mi afferra forte i fianchi, appoggiando la bocca sulla mia clavicola e inspirando forte. Quasi senza pensarci inizio a strusciare il naso sul suo collo, respirando piano e facendo rabbrividire Blaine, che mi stringe un po’ più forte; ho davvero bisogno di sentirlo vicino e allo stesso tempo vorrei smetterla di pensare, anche se non farlo mi spaventa.

 

Non so se ho il coraggio di lasciarmi andare con Blaine. Sono terrorizzato, ma allo stesso tempo vorrei davvero sentirlo vicino, proprio come è successo in macchina qualche settimana fa; e come possono coesistere questi due pensieri nella mia testa? Uno mi dice di baciare il fantastico ragazzo che mi trovo tra le braccia, spegnere ogni remora o dubbio persistenti nel mio cervello e lasciarmi completamente andare a ciò che mi dice il cuore, mentre l’altro pensiero mi trattiene, spaventato dall’idea di non riuscire a fermarmi in tempo, paura dell’incognito, di qualcosa per cui non mi sento ancora pronto e che mi dice di staccarmi subito e mandare Blaine a dormire.

 

Nell’indecisione, decido di stare fermo. Resto immobile a respirare nel collo di Blaine, facendomi stringere e accarezzare appena dalle sue mani gentili, senza reagire, senza osare muovermi. I miei respiri si fanno tuttavia più profondi, mentre inspiro a pieni polmoni il profumo di Blaine, un insieme di gel per capelli, Dior Homme e, se non sbaglio, pino selvatico; è un odore così maschio, così in contrasto con il mio, e mi piace da impazzire. Continuo a prendere dei respiri profondi, come se ne andasse della mia sopravvivenza, e continuo a disegnare piccoli ghirigori con la punta del naso sul suo collo, sempre senza pensare affatto. 

 

«Kurt…» sussurra Blaine. La sua voce è roca, sembra quasi affaticata.

 

Mi stacco da lui, preoccupato che sia sull’orlo delle lacrime, troppo sconvolto per ciò che è successo, mentre probabilmente brutti ricordi stanno affiorando. E invece, quello che mi trovo davanti mi lascia del tutto a bocca aperta: gli occhi dorati di Blaine non sono pieni di lacrime, come avevo immaginato. Probabilmente i suoi occhi non sono nemmeno più dorati, perché la pupilla si è così dilatata, da mangiare quasi tutta l’iride, che si è ridotta a una piccola strisciolina di contorno.

 

Non faccio in tempo a realizzare che forse le mie attenzioni non potevano sembrare del tutto innocenti e a chiedermi come diavolo dovrei reagire, che la bocca di Blaine è sulla mia, la sua lingua è nella mia bocca e le sue mani sono salite a incorniciarmi il viso.

 

Sobbalzo, sorpreso dalla sua reazione, ma rispondo al bacio. Che altro potrei fare? E poi non posso mentire: non vedevo l’ora di baciarlo da quando eravamo al ballo. Così, solo per un attimo, zittisco le mie paure e affogo dentro il bacio di Blaine, dentro il calore delle sue mani sul mio viso e del suo corpo premuto contro il mio.

 

Sono così preso da tutto ciò che è Blaine, i suoi denti, la sua lingua, i suoi capelli tra le dita, il suo naso, le sue ciglia che solleticano il mio viso, che mi accorgo che siamo finiti sul letto solo quando la mia schiena si scontra con il materasso, accompagnata da un dolce movimento da parte di Blaine, che mi si stende accanto.

 

Ed è in questo momento, quando mi rendo conto che la mia parte razionale mi aveva di nuovo abbandonato e che sento il sangue affluire verso il basso che, non so come, riprendo completa coscienza di me e totale controllo sulle mie azioni. E, insieme ad essi, torna anche la paura.

 

Mi stacco da Blaine, scivolando via dalla sua stretta e andando ad accucciarmi quasi dall’altro lato del letto, il più lontano possibile da Blaine. Lui rimane basito a fissarmi, e nei suoi occhi così chiari e limpidi per me, riesco a leggerci dentro tutte le emozioni che lo attraversano: sorpresa, un pizzico di delusione, consapevolezza e infine, pentimento.

 

«Oddio Kurt, scusami!» inizia lui, scusandosi e coprendosi la bocca con le mani. «E’ che tu eri… così… Sei così bello che io non ho potuto…» Ora si copre tutto il viso con le mani, e mi accorgo del suo rossore solo dalle sue orecchie bordeaux lasciate scoperte.

 

Io vorrei tanto dire qualcosa, tranquillizzarlo, dirgli che lo capisco, ma mi ritrovo improvvisamente impossibilitato a parlare. Rimango soltanto a fissarlo, senza muovermi e quasi senza respirare. Spero solo che nessuno sia fuori dalla porta a origliare; anche se non credo, altrimenti a questo punto la mia stanza sarebbe già stata invasa da agenti della CIA armati ingaggiati da mio padre.

 

Forse è questo pensiero a scuotermi, o forse sono gli occhi di Blaine che mi osservano da in mezzo alle sue dita. Comunque, sciolgo la mia posizione e mi avvicino lentamente a Blaine, allungando una mano che lui subito stringe con delicatezza e dita tremanti.

 

«N-non scusarti,» dico guardando Blaine dritto negli occhi. Lui non ha nessuna colpa; anzi in realtà è piuttosto confortante notare quanto il mio ragazzo mi desideri. Il problema sono io. «E’ colpa mia.»

 

«No, non dire così, non è –» inizia a dire Blaine, ma io lo interrompo subito.

 

«Sì invece; è più che chiaro che tu sia pronto a fare… qualcosa di più. Mentre io invece sono ancora terrorizzato a morte, proprio come ti ho detto mesi fa proprio in questa stanza. Tu sei quello preparato dei due, ma soprattutto sei pronto; io invece no. E non è solo la paura del sesso che mi paralizza, ma anche quella di non essere all’altezza delle persone che possono avermi preceduto; e questo comporterebbe una perdita di interesse nei miei confronti da parte tua. Ma allo stesso tempo, anche se noi non… facciamo niente, tu potresti stufarti di aspettarmi e lasciarmi. Perciò mi ritrovo in una fase di stallo da cui non so come uscire. E non dovrei fare certi pensieri proprio questa sera, perché diavolo, dovrei essere disperato per l’umiliazione che ho subito a scuola; ma l’unica cosa a cui riesco a pensare sono le tue mani che scorrono sull’asta del microfono e su di me e i tuoi occhi, le tue labbra e tutto ciò che sei tu. Riesco solo a pensare a te e non so cosa fare!»

 

Le parole che mi escono dalla bocca lasciano spiazzato me altrettanto quanto lasciano spiazzato Blaine. Non sapevo di pensare tutte queste cose finché non sono diventate reali, lasciando il mio cervello e scivolando sulla mia lingua, fino ad arrivare a Blaine. Ora sì che mi sento in imbarazzo.

 

Blaine deglutisce e lascia la mia mano, per passarsela poi sul viso, senza che l’espressione sconvolta lasci il suo volto. Aggrotta le sopracciglia, senza smetterla un attimo di guardarmi; sembra quasi che stia pensando a cosa dire, e forse è proprio così. Devo averlo davvero sorpreso con tutte quelle parole.

 

«Kurt,» inizia lui e il solo sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce, pronunciato in quel modo dalla sua voce, come se fosse il più bel suono che potesse pronunciare, fa sì che inizi a respirare un po’ più tranquillamente.

 

«Io non potrei mai stancarmi di te, capito? Sei la persona più coraggiosa, buona e stupefacente che abbia mai avuto il privilegio di incontrare. Tu mi incanti, Kurt. E non ti libererai di me tanto facilmente, soprattutto non per una cosa del genere.»

 

Blaine si china verso di me e riprende la mia mano, limitandosi a posare la sua sulla mia, mentre con l’altra mi sfiora il viso in una carezza delicata.

 

«Inoltre, non devi preoccuparti per quanto riguarda il sesso.» Mi sorride, facendomi l’occhiolino, tentando forse di tranquillizzarmi. «Io non ho mai… beh, sono vergine. Che cosa nelle mie parole “non sono mai stato il fidanzato di nessuno” non ti era chiaro?» chiede, riferendosi alla nostra vecchia conversazione avvenuta al Lima Bean dopo San Valentino, quando gli rivelai dei miei sentimenti per lui.

 

Arrossisco, vergognandomi per ciò che ho pensato. «Io… hai ragione, scusami. Però ne parlavi come se te ne intendessi dell’argomento, ecco tutto.»

 

Abbasso lo sguardo, ma la sua mano scivola subito dalla mia guancia al mio mento, costringendomi a rialzare il viso e fissarlo negli occhi, che mi catturano subito, impedendomi di lasciarli. Capisco che quello che sta per dire è importante.

 

«Non sei l’unico qui ad avere paura e a non sapere cosa fare. Sarei un bugiardo se dicessi che non sento il desiderio di baciarti, di stringerti e di… scoprirti. Ma vorrei farlo con tutta la calma dovuta, certamente non stasera, di fretta e con i tuoi genitori nell’altra stanza.» Si ferma e mi sorride, arrossendo. «Però sì, mi piacerebbe fare l’amore con te. Un giorno, quando saremo entrambi pronti. Sempre se vorrai concedermi quest’onore.»

 

Le sue parole riescono del tutto a calmarmi, il modo in cui ha detto di voler fare l’amore – non sesso – con me, i suoi occhi, il suo parlare come se avermi sarebbe la cosa più bella che potesse capitargli. Tutto questo mi fa letteralmente sciogliere, le farfalle nel mio stomaco si moltiplicano, sfarfallando veloci e facendomi rabbrividire. Non so cosa dire. Potrei dirgli che anche io un giorno vorrei non essere così spaventato dal consentirmi di fare l’amore con lui, che sono innamorato di lui, che vorrei passare tutto il resto della mia vita con lui, che mi ha regalato l’anno più magico della mia vita, ma non dico nulla. Mi limito a gettarmi tra le sue braccia, lasciandomi avvolgere stretto e riprendendo a baciarlo.

 

Sempre senza staccarci l’uno dall’altro, scivoliamo in centro al letto, i corpi vicini come quando dormivamo stretti nello stesso letto della Dalton. Quasi non ci sembra vero di ritrovarci stesi, l’uno vicino all’altro, con la possibilità di guardarci negli occhi senza nessun altro intorno e con la testa appoggiata sui cuscini. Amo questa nostra posizione, perché siamo così vicini che riesco a specchiarmi nei suoi occhi; e so che lui la ama per il mio stesso motivo.

 

Ci stacchiamo, i nasi vicini, le mani strette in una morsa tra i nostri petti; i nostri occhi non si lasciano un secondo. Respiriamo l’uno sulla bocca dell’altro, dicendoci tutto e niente con i nostri soli sguardi. Poi, dopo quelle che paiono ore, Blaine parla.

 

«Mi chiedevo… posso aiutarti a metterti la maglia del pigiama?»

 

So cosa significa tutto questo. Significa che mi dovrò spogliare davanti a lui; o meglio, che lui dovrà spogliare me. Sento di nuovo tornare la paura, che mi assale violenta: non sono pronto, mi vergogno! Lui ha un corpo perfetto, o almeno così sembra con addosso i vestiti; per non parlare dei suoi addominali appena scolpiti che ho avuto l’onore di poter toccare. Io non ho niente di tutto questo: sono pallido e piatto.

 

Blaine sembra capire precisamente che cosa mi sta passando per la testa in questo momento, perché mi accarezza i capelli e mi guarda con sguardo sicuro, quasi come se mi stesse dicendo che non devo preoccuparmi. E io non posso fare a meno di fidarmi dei suoi occhi, di fidarmi di Blaine, mettendomi totalmente nelle sue mani.

 

Quando la sua mano scende a slacciare i bottoni della mia giacca nera, non penso al fatto che dovremmo farci una doccia prima di metterci il pigiama, né che dovremmo fermarci. Ma anzi, proprio per quanto detto prima, so che non devo avere paura. E il pensiero che avevo avuto prima alla festa, che quando sono con Blaine non devo avere paura di nulla, torna a farsi prepotente nella mia testa.

 

Così lascio che Blaine mi sfili la giacca e inizi a sbottonarmi i bottoni della camicia, scoprendo man mano sempre più pelle. I suoi occhi lasciano i miei per poter osservare con attenzione ogni lembo di pelle che si svela sotto la camicia; mi sembra di essere sotto esame, ma non mi muovo. Quando anche l’ultimo bottone della camicia è sbottonato, Blaine mi guarda di nuovo in viso e mi prende per mano; si mette seduto, facendo sì che io sia costretto a seguirlo.

 

Ci ritroviamo seduti l’uno di fronte all’altro, e ci prendiamo tutto il tempo per osservarci. Le sue pupille sono dilatate, ma il suo respiro è calmo, quasi come se si stesse trattenendo; i suoi capelli stanno lentamente lottando contro il gel per essere lasciati liberi di arricciarsi come preferiscono, le sue guance sono rosse e sembra che i suoi occhi brillino. È bellissimo, bello da togliermi il fiato.

 

Quando le sue mani scorrono piano sulla camicia, sfilandomela, rilascio un piccolo sospiro. E rimango a petto nudo di fronte a Blaine i suoi occhi che mi scrutano, mi scannerizzano, come se volesse imprimersi sulla retina ogni parte di me che riesce a vedere.

 

«Sei bellissimo,» sussurra. Io vorrei contestare, dire che è lui a essere bellissimo, ma non riesco a parlare.

 

Blaine deglutisce e alza una mano tremante, avvicinandola a me; l’altra stringe forte la coperta. Non so se sono più spaventato di avere le sue dita su di me, proprio come desidero da tutta la sera, senza alcuna stoffa tra di noi a nascondere il tutto e rendere meno reale ciò che sta succedendo, o se elettrizzato e impaziente.

 

Mi sfiora il collo con un dito, che scende lentamente giù verso il mio petto, facendomi rabbrividire; la sua corsa continua, risalendo e seguendo il profilo sporgente della mia clavicola, scivolando giù fino all’ombelico, che aggira, e risalendo di nuovo, finché mi accarezza piano un capezzolo.

 

Questa volta sospiro più profondamente e chiudo gli occhi, lasciandomi completamente andare alle carezze di Blaine. Pian piano, le dita diventano due e disegnano sul mio petto intrecci immaginari; io devo solo ricordarmi di respirare e mantenere la calma. Riapro gli occhi solo quando sento la sua mano premere sul mio petto, all’altezza del mio cuore che sta battendo furiosamente. Blaine mi guarda e fa un po’ di pressione con la sua mano, invitandomi a sdraiarmi, ma io oppongo resistenza.

 

Afferro delicatamente il suo polso e lo allontano dal mio petto. Poi, senza soffermarmi sulla sua espressione interrogativa, avvicino una mano alla sua giacca e sbottono velocemente i bottoni. Voglio vederlo. È questo l’unico desiderio che ho al momento. Voglio vederlo come lui fa con me, anche perché mi sento un po’ a disagio ad averlo così vestito di fronte a me; e poi sono un egoista: muoio dalla voglia di vederlo.

 

Le mie dita scivolano precise su ogni asola, finendo per sbottonargli e togliergli la camicia molto più velocemente di quanto lui abbia fatto con me; almeno non ho avuto il tempo di ripensarci. E vengo ripagato con la visione del corpo di Blaine. Non so come descriverlo: bellissimo sembra riduttivo. Perfetto forse ci si avvicina.

 

Il petto di Blaine è ricoperto da una leggera peluria, non troppa, solo poca che lo rende ancora più attraente ai miei occhi; i suoi addominali sono ben definiti, anche se non troppo pompati. E infine, ha due lunghi solchi a formare una V che sparisce nei pantaloni.

 

Mi sento mancare l’aria e sono costretto ad aprire la bocca per riuscire a respirare decentemente. Allungo una mano per andare a saggiare i suoi addominali, ma scivola subito sui due solchi, un’altra parte di Blaine di cui innamorarsi. Lui non chiude gli occhi, ma osserva ogni mia reazione. Quando premo con un pollice su uno suo capezzolo, rabbrividisce e mi afferra la mano.

 

Dovrei dire qualcosa, fare qualcosa, ma rimango immobile, totalmente ancorato al suo sguardo, dentro i quali sprofondo. Blaine si fa sempre più vicino, finché riesco a contare le pagliuzze verdi nei suoi occhi; a quel punto, chiudiamo contemporaneamente gli occhi e ci sfioriamo lentamente le labbra, quasi come se fosse la prima volta che ci baciamo.

 

Le nostre labbra sono delicate le une sulle altre, e Blaine aspetta che sia io a fare la prossima mossa, forse per lasciarmi la libertà di fermarmi. Ma non è quello che voglio. Ciò che voglio ora, è sentirlo vicino, sempre più vicino.

 

«Voglio sentirti vicino,» dico staccandomi dalle sue labbra. Ed è un desiderio così illogico dal momento che siamo già vicini, che quasi me ne vergogno. Ma a Blaine non sembra importare, perché esaudisce il mio desiderio.

 

Mi abbraccia. E wow, questa è una cosa del tutto nuova, stupenda e così… totalizzante. Le nostre pelli sono a contatto ora, e non capisco quale sia fredda e quale sia calda: è come se fossimo una cosa sola ora. Mi aggrappo a Blaine e lo tiro giù con me, sdraiandomi sui cuscini, senza lasciarlo andare.

 

Sento Blaine irrigidirsi tra le mie braccia, probabilmente sorpreso dalla mia intraprendenza, ma non dice niente; si gode il momento, proprio come sto facendo io. Le sue mani si staccano dalle mie spalle per tornare a posarsi sul mio cuore, e solo allora io mi sento in dovere di scivolare con una mano sulle sue ossa sporgenti che spariscono oltre il bordo dei pantaloni. Le accarezzo in su e in giù, mentre Blaine mi respira sul collo.

 

Quasi non mi accorgo di quando la bocca di Blaine inizia a baciarmi sul collo, nel punto di incontro tra collo e clavicola; i suoi baci sono prima delicati, poi sempre più umidi e famelici. Blaine sta letteralmente succhiando la mia pelle, regalandomi il mio primo succhiotto, credo.

 

Abbandono la testa all’indietro, lasciandogli tutto lo spazio necessario, mentre con una mano mi stringo ai suoi fianchi e con l’altra continuo ad accarezzargli gli addominali e la sua piccola V. Non riesco più a controllare i miei respiri, che si fanno sempre più profondi, finché non sento nascere un piccolo gemito in fondo alla gola, che non riesco a trattenere.

 

Blaine si ferma, staccando la sua lingua dalla mia pelle. «Shh,» dice, soffiando sopra la mia pelle bagnata e facendomi rabbrividire. Ringrazio il fatto che Blaine non sia a cavalcioni su di me, perché credo si renderebbe conto che ho un qualche problema alle parti basse; e dai suoi respiri credo abbia il mio stesso problema.

 

Poi Blaine torna a succhiare di nuovo il mio collo, mentre io mi mordo le labbra a sangue e mi stringo a lui con entrambe le mani, per avere un’ancora a cui aggrapparmi. Solo pochi minuti dopo Blaine sembra soddisfatto del suo lavoro e lascia il mio collo, risalendo con il viso fino a trovarsi all’altezza del mio. Ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati e le pupille dilatate. Infine, delicate come una farfalla, le sue labbra si posano sulla mia fronte, mentre con la mano cerca a tentoni sotto il mio cuscino la maglia del mio pigiama. Già, la maglia. È per questo che è cominciato tutto.

 

Mi siedo per aiutarlo a mettermela; è una maglia con i bottoni, ma Blaine si limita a sbottonare i primi due per poi farmela passare dalla testa. Io alzo le braccia, docile, permettendogli di vestirmi. Prima di chiudere i due bottoni che aveva aperto, passa un dito sul punto che prima stava leccando e mordendo; il suo dito a contatto con la pelle sensibile in quel punto mi fa emettere un piccolo gemito. Chiudo gli occhi e cerco di respirare profondamente, mentre una piccola parte di me prega che nessuno abbia sentito niente.

 

Mi costringo a riaprire gli occhi e a cercare la maglietta di Finn da mettere a Blaine; e mentre gliela infilo, mi rendo conto della difficoltà con cui sto coprendo questo spettacolo. Perciò, prima che la maglietta possa coprire del tutto il suo corpo, mi chino in avanti e gli lascio un bacio sul petto, all’altezza del suo cuore, accarezzandogli gli addominali un’ultima volta.

 

Quando rialzo lo sguardo, Blaine ha gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta, come se stesse cercando di respirare. Non resisto e mi tuffo sulla sua bocca, infilando la lingua nelle sue labbra aperte. Blaine risponde subito al bacio e mi stringe a sé; e io mi lascio di nuovo andare, mentre una fame insolita mi prende alla bocca dello stomaco. Sembra quasi che Blaine voglia spingermi di nuovo a stendermi quando si stacca dalle mie labbra, senza però allontanarsi da me; con le fronti premute l’una contro l’altra, i suoi occhi nei miei, e il suo respiro sulle mie labbra, quasi non mi rendo conto delle parole che gli escono dalla gola.

 

«Devo andare,» dice prima di baciarmi un’altra volta.

 

Lentamente, lo lascio andare. Mezzanotte è arrivata, e Blaine deve andare nella stanza degli ospiti; non so se dispiacermene o esserne felice, perché al momento mi ritrovo con un bel po’ di problemi da risolvere. Non riesco a pensare con lui così vicino.

 

Blaine si alza in piedi e lascia la mia mano, avvicinandosi alla porta della mia stanza. Quando la sua mano afferra la maniglia, mi alzo in piedi e corro verso di lui, stringendolo in un abbraccio mozzafiato. Non so perché mi sto comportando così, d’altronde lo vedrò domani mattina; ma forse è perché non ne ho ancora avuto abbastanza di lui. E forse mai ne avrò.

 

A spezzare l’atmosfera onirica in cui sembravamo essere caduti, ci pensa il lieve bussare alla porta e la voce di mio padre al di là di essa che invita Blaine ad andare a dormire.

 

Blaine si separa da me, accarezzandomi una guancia e regalandomi un sorriso luminoso. Io gli sorrido di rimando, provando di nuovo il desiderio di dirgli che lo amo. Ma prima ancora che possa aprire bocca, è lui a parlare.

 

«Buonanotte.»

 

Non posso dirglielo adesso, non è ancora il momento giusto; e poi non voglio che pensi che lo faccio per quanto accaduto poco prima. Così mi limito ad augurargli la buonanotte anch’io. Mi avvicino all’armadio e afferro il primo paio di pantaloni di un pigiama che trovo e glieli do. Poi apro la porta, dietro la quale c’è mio padre che osserva Blaine finché non sparisce nella stanza degli ospiti; prima di chiudersi la porta alle spalle però, mi guarda ancora una volta e mi sorride.

 

Io sospiro davanti alla porta chiusa di fronte alla mia. Gli occhi indagatori di mio padre fissi su di me mi ricordano che non sono solo. Lo guardo e lascio che mi esamini; poi apre la bocca per parlare e quasi penso abbia capito che è successo qualcosa di nuovo poco prima, tra me e Blaine, e che voglia sgridarmi o chiedermi qualcosa. Per fortuna non capita niente di tutto ciò.

 

«Lo ami, vero?» mi chiede con un luccichio strano negli occhi.

 

«Sì,» dico assolutamente convinto.

 

Mio padre sta in silenzio per un altro po’, poi fa una domanda totalmente sconnessa da quella di prima: «Sai che prima o poi dovrai spiegarmi cosa è successo stasera al ballo, vero? Anche perché non ci credo che stai bene.»

 

Sospiro e alzo gli occhi al cielo, sovrappensiero. Effettivamente non lo so come mi sento; l’umiliazione subita è ancora lì a premere, nel profondo, ma è coperta da un sentimento molto più potente: l’amore che provo per Blaine.

 

«Hai ragione papà, non è stato bello. Ma per fortuna avevo Blaine; e ho avuto il mio ballo,» dico a mio padre, sapendo che lui capirà. E difatti lo fa, lo capisco da come mi sorride.

 

«Sai, credo proprio che quest’anno non sia stato un totale disastro,» mi dice lui facendomi l’occhiolino, prima di dirigersi verso la porta poco più in là rispetto a quella di Blaine e chiudercisi dentro.

 

No, non è stato un anno affatto male, penso prima di chiudere la porta.

 

 

 

 

 

NdA:

Gh ç____ç Allora, questo capitolo è stato un parto! Giuro, ero terrorizzata, manco fossi io Kurt! Avevo troppa paura di rendere il personaggio OOC, soprattutto dopo l’ultima volta. Ho fatto del mio meglio per renderlo il più simile al Kurt che noi conosciamo.

Infine ho “approfittato” del capitolo per inserire qua e là dei vari riferimenti alla Season 3… vediamo se riuscite a indovinarli tutti!! =)


Detto questo, io volevo ringraziarvi… Poi lo faremo per bene io e la collega nell’ultimo capitolo, ma ora sono io a voler ringraziare voi lettori. Mi avete davvero dato tanto, e io vi adoro tutti! ♥ Grazie mille per aver letto e commentato e fatto sapere la vostra opinione!

 

Baci,

pachelbel90

 

 

 

   
 
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