Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Evazick    20/05/2012    1 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XV. La curiosità uccide il gatto?
 

 


Era una sensazione strana, ballare. Scivolava sul pavimento come se non avesse mai fatto nient’altro in tutta la sua vita, quando in realtà… bè, non lo sapeva. Poteva essere così, ma non aveva nessuna certezza.
Per Alois quel discorso non valeva: si muoveva in modo disinvolto sulla pista, come se ballare per lui fosse naturale, e la trascinava su e giù seguendo il ritmo della musica. All’inizio Lena pensò che avrebbe preferito rimanere in un angolo per non rendersi ridicola, ma dopo un po’ le era iniziato a venire naturale stare al centro dell’attenzione, nonostante non si sentisse a suo agio. Era divertente osservare tutte le persone che ricambiavano le sue occhiate mentre il ragazzo le mormorava all’orecchio i loro segreti più intimi ridendo – di o con lei, non le importava, era uno dei suoi rari momenti di pura felicità e nessun pensiero del genere l’avrebbe rovinato. Con la coda dell’occhio notò un’ombra azzurra sulla parete più vicina, e quando si voltò in quella direzione vide che il ragazzo con la benda sull’occhio la stava osservando insistentemente. Accanto a lui c’era l’uomo con cui lei aveva parlato poco prima e che adesso gli stava dicendo qualcosa in tono calmo. Provò a leggere il suo labiale, ma non era abbastanza vicino e le uniche parole che riuscì a capire erano irrilevanti e inutili. Rivolse un’ultima occhiata al giovane conte prima che il suo cavaliere ridesse lievemente. “Non riesci proprio a staccargli gli occhi di dosso, eh?”
Casomai è il contrario, pensò senza lasciar trapelare nulla sul suo volto e riportando il suo sguardo su Alois. Mentre ballavano i suoi pensieri correvano liberi a briglia sciolta nella sua mente, aggiungendo tessere ad un enigma che si faceva sempre più grande: ormai era certa che quel Sebastian fosse il misterioso ladro di qualche notte prima – altrimenti perché le avrebbe fatto cenno di rimanere in silenzio? – ma non capiva che ruolo avesse quel ragazzino in tutta quella faccenda. Era stato lui il committente del furto? A prima vista non sembrava, non aveva esattamente l’aria di un criminale, ma dopo giorni passati a convivere con Alois aveva imparato che le apparenze ingannavano più di quanto si credesse. Dietro la sua benda nera si dovevano nascondere segreti inquietanti e raccapriccianti come i brividi che le erano scesi lungo la schiena quando il maggiordomo le aveva sorriso per l’ultima volta. “Perché hai detto che sono ospiti speciali?” chiese al ragazzo.
Lui ridacchiò. “Bè, non sono decisamente come le altre persone in sala, no?” La sua espressione si fece improvvisamente seria e lui mormorò in un tono che le fece venire la pelle d’oca: “Lui mi ha portato via qualcosa, anni fa, e io sto per fare la stessa cosa. Vedremo se anche quelli della sua specie riescono a provare dolore.” Strinse con forza la mano della ragazza, incanalando tutta la sua rabbia in quel gesto.
Lena sentì un brivido risalirle lungo la nuca, ma si costrinse a controllare i tremiti e il dolore della sua mano che pulsava e gli chiese: “Parli di quel ragazzo? Di…” Si interruppe per ricordare il suo nome. “Ciel Phantomhive?”
Il ragazzo la guardò confuso, come se non capisse di cosa stesse parlando, poi sulle sue labbra si disegnò una smorfia sadica e cattiva che lei gli aveva visto in faccia poche volte. “Fuochino.” Avvicinò la sua bocca all’orecchio di lei e le sussurrò, senza che nessun altro potesse sentirlo: “Non fidarti mai di loro due, Lena, mai. È il peggiore errore che potresti fare.”
Lei non capì fino in fondo quelle parole e fu sul punto di tornare alla carica con un’altra domanda, ma in quel momento la musica finì e loro due si fermarono nel centro della sala, pochi centimetri l’uno dall’altra, di nuovo separati. Non rimaneva più niente di quel contatto che avevano avuto mentre ballavano e Lena avrebbe dato il mondo intero pur di ritrovarsi di nuovo tra le braccia dell’unica persona di cui si fidava; quando fece un passo avanti mentre l’orchestra si preparava per un nuovo ballo, però, qualcuno li raggiunse e chiese ad Alois in tono forzatamente gentile: “Conte Trancy, potrei rubare la vostra dama per un ballo?”
Il biondo si voltò verso il nuovo arrivato e, non appena lo riconobbe, sorrise di nuovo in quel modo sadico e fece un passo indietro teatralmente. “È tutta vostra. Non pensate di tenerla per voi per tutta la sera, vado a sistemare una cosa e torno subito. Trattatela bene, mi raccomando.” Alla ragazza non sfuggirono le parole nascoste sotto quelle frasi e lo sguardo inquietante che il ragazzo lanciò all’altro, ma lui non si accorse che lei li aveva notati. Si limitò a guardarla e a sorridere furbo, poi si fece largo tra la folla diretto all’altro capo della sala, lasciandola da sola con il conte Phantomhive. La ragazza si sentiva in imbarazzo ad essere sul punto di ballare con uno sconosciuto – se così si poteva chiamare, dopo tutto quello che Alois le aveva detto di lui – ma lui non sembrava più il ragazzo scontroso di poco prima: c’era ancora un’ombra nera e fredda nel suo occhio, ma sul suo volto aleggiava un sorriso divertito e la sua espressione era più tranquilla. Le tese una mano, che lei afferrò titubante, e, mentre i musicisti imbracciavano di nuovo gli strumenti, le confidò: “Non sono un grande ballerino, signorina, accontentatevi di quello che so fare.”
Lei ridacchiò imbarazzata. “Potrei dire la stessa cosa, conte Phantomhive.”
Il suo volto si congelò di nuovo. “Immagino che il vostro cavaliere vi abbia già parlato di me, se conoscete il mio nome,” disse freddo mentre iniziavano a ballare. Non gli sfuggì l’occhiata che la ragazza lanciò verso la parete vicino a cui si trovava Sebastian poco prima, e si affrettò a dire: “Ah, giusto, dovevo immaginarlo. Avete conosciuto il mio maggiordomo dopo il nostro incontro.”
‘Scontro’ sarebbe più appropriato. “Già. E se non ve lo avesse detto, sappiate che ho accettato le vostre scuse.”
“Sì, me l’ha detto, ma non è quello il motivo per cui vi ho rubato al conte Trancy.” Fece una smorfia impercettibile quando pronunciò il suo nome e Lena non se la lasciò scappare, ma doveva avere un’espressione strana sul suo volto in quel momento, perché Ciel continuò: “Non voglio corteggiarvi o infastidirvi in alcun modo, signorina Lena. Sono già fidanzato e non ho tempo di fare il cascamorto con altre ragazze alle feste.”
La ragazza rimase spiazzata per un momento, poi si riprese e replicò: “E allora cosa ci fate qui?”
“Se vi riferite alla festa sono stato solamente invitato, ma se invece parlate della mia presenza davanti a voi… bè, non è altro che mera curiosità. Non vi siete sbottonata molto col mio maggiordomo e volevo conoscervi meglio.”
C’era qualcosa che le sfuggiva, qualcosa che il conte Phantomhive non le aveva detto. Non le aveva mentito, no: aveva semplicemente omesso qualcosa, il suo secondo fine. Si rifiutava di credere che avesse chiesto il permesso di ballare con lei solo per poterla ‘conoscere meglio’, tuttavia decise di stare al gioco e rischiare come un funambolo su una corda sospesa. “Fantastico!” esclamò cercando di nascondere il suo nervosismo. Forse quella conversazione poteva aiutarla a scoprire perché Alois considerasse ‘speciale’ quel ragazzo? “Chiedete pure, sono a vostra disposizione.”
Il gioco era iniziato, ed entrambi lo sapevano.
Fu Ciel il primo ad iniziare con una domanda apparentemente casuale. “Vivete qui? Dentro la villa, intendo.”
“Sì. E… ah.” Fece un cenno noncurante con la testa, mostrando una sicurezza che non aveva. “È una storia lunga e complicata, non riuscirei a raccontarvela tutta in poco tempo.”
“Almeno il motivo?”
Sapeva ottenere quello che voleva senza essere invadente, doveva concederglielo. Con il cuore che le batteva a mille sotto il corsetto che iniziava a soffocarla, sul confine tra verità e bugia, alla fine rispose: “Il conte Trancy mi ha aiutata molto in questi giorni. Vorrei potervi dire di più, ma non posso.” Come avrebbe potuto spiegargli tutto quello che le era successo, una valanga di avvenimenti che oscillavano tra il sogno e la realtà?
Il ragazzo aggrottò la fronte, insoddisfatto di quella risposta, ma quando aprì bocca per continuare con le sue domande la musica si interruppe, e con essa il tempo che gli era stato concesso. Imprecò tra sé e sé e si voltò verso la parete dietro di lui, cercando Sebastian con lo sguardo, ma sia lui che il maggiordomo Trancy erano spariti. Si chiese dove fosse andato quel maledetto demone, senza nemmeno avvisarlo, ma prima che potesse pensare a un motivo valido un ticchettio di tacchi raggiunse lui e Lena insieme a un sorriso smagliante. “Ho fatto abbastanza in fretta? Spero di non aver interrotto nulla,” disse Alois continuando a sorridere, senza nemmeno preoccuparsi della sparizione del suo maggiordomo. Ciel capì che lui aveva a che fare in qualche modo con l’improvvisa scomparsa di Sebastian, ma non poteva fare nulla: doveva stare al suo gioco, vedere cosa voleva veramente da lui, aspettare. Non era un tipo paziente, ma a mali estremi estremi rimedi.
Il conte Trancy si avvicinò a Lena e le sfiorò la benda sulla sua guancia, come se volesse sottolineare il fatto che lei era di sua proprietà. Davanti agli occhi dell’altro ragazzo la sicurezza che lei aveva mostrato fino a quel momento crollò, lasciando spazio a una ragazzina spaventata e confusa; Alois aveva più potere su di lei di quanto Ciel aveva immaginato in precedenza, e si chiese quanto potesse manipolarla e se potesse usarla per fargli del male. Aveva una brutta sensazione da quando aveva ricevuto l’invito per quella festa, una nube nera carica di pioggia e fulmini pronta ad esplodere da un momento all’altro, e teneva gli occhi aperti da ore in attesa dell’inevitabile. Ma a quanto pare i suoi sforzi non dovevano essere bastati, perché l’inevitabile l’aveva scovato proprio nel momento in cui era più solo e vulnerabile; non era ancora sotto scacco matto, ma aveva un’unica pedina da giocare con attenzione e da muovere una casella alla volta.
Alois sospirò annoiato e si passò una mano tra i capelli, rimanendo sempre vicino a Lena. “Questa festa sta diventando un mortorio, sto iniziando ad annoiarmi.” Lanciò uno sguardo pieno di sottintesi al conte Phantomhive. “Stasera siete un mio ospite di riguardo, non voglio che vi annoiate come tutti gli altri. Avete voglia di unirvi a me per fare qualcosa di più divertente?”
Merda. Non ancora scacco matto, ma ci andava vicino. Rispondere di no sarebbe stato scortese, rispondere di sì un pericolo. Si diede un’altra occhiata in giro, ma Sebastian era ancora scomparso nel nulla, non aveva nessuno che potesse proteggerlo se le cose avessero preso una brutta piega. Tuttavia decise di stare a quel gioco e rispose a denti stretti: “Mi sembra una buona idea.”
L’altro ragazzo sorrise cattivo, poi si rivolse a Lena. “Vieni anche tu, non mi fido a lasciarti qui tutta da sola,” le disse, sfiorandole di nuovo la benda e facendola rabbrividire. Ciel la osservò meglio e vide che era impallidita e il suo respiro era irregolare; si ritrovò a sperare che svenisse, almeno avrebbe avuto il tempo necessario per scappare in un posto deserto e chiamare Sebastian, ma lei sembrò resistere e lasciò che il padrone di casa la guidasse insieme all’altro ragazzo verso la porta del salone.
 

***

 
“Da questa parte.”
L’oscurità dei corridoi del pianterreno era rotta solo da alcuni candelabri appesi alle pareti e da quello che Alois portava in mano per rischiarare il buio davanti a loro. Dava le spalle agli altri due, e nessuno di loro potè notare il sorriso sadico e soddisfatto sul suo volto. Ancora non riusciva a credere di avercela fatta, di essere così vicino al compimento della sua vendetta, a quello che aspettava da anni e che lo aveva costretto a dannare la sua anima per l’eternità. Lanciò una veloce occhiata con la coda dell’occhio al conte Phantomhive, pochi passi dietro di lui, e il suo sorriso si allargò al pensiero di quello che avrebbe fatto con lui. Aspettava quel momento da troppo tempo, adesso voleva giocare con il suo nuovo pupazzo il più a lungo possibile.
Sentì dei passi incespicare dietro di lui, si voltò per un istante e vide Lena inciampare nel bordo di un tappeto e ritrovare l’equilibrio un istante prima di cadere sul pavimento. Notò che lui la stava osservando e distolse i suoi occhi verdi dal suo volto, imbarazzata. Il ragazzo sorrise ancora e riportò il suo sguardo sul corridoio davanti a loro mentre continuava a pensare: quella ragazza lo interessava quasi più dell’altro ospite, con il suo passato immerso nella nebbia e il suo carattere debole. L’aveva affascinato fin da quando l’aveva vista la prima volta, mentre correva sotto la pioggia nel giardino, e la sua amnesia lo stuzzicava in modo quasi malato: voleva sapere tutto di lei, era per quello che continuava ancora ad abitare insieme a lui. Tuttavia… eh, un tuttavia c’era. Non sapeva ancora quali fossero i suoi sentimenti verso di lei, o meglio, non tutti: c’erano quelli che doveva tenere a freno sempre più spesso per impedirsi di farle del male, di far scorrere il suo sangue per qualcosa di cui non aveva colpa, e poi c’era quella cosa che gli faceva desiderare la sua compagnia ogni volta che era da solo. Non era di certo amore – che sciocchezza! – ma forse qualcosa di più simile all’affetto, anche se non ne era sicuro. Erano anni che il suo cuore si era chiuso a sentimenti così estremi e si era scordato come provarli, e il fatto di non riuscire a capire cosa la ragazza gli stesse facendo lo rendeva furioso. Provava sentimenti contrastanti verso Lena, come se lei riuscisse a far uscire allo scoperto sia la sua parte più visibile che quella che cercava di tenere nascosto nel suo animo.
Mentre pensava, raggiunsero la porta della biblioteca, immersa nel buio semitotale come il resto del corridoio. Alois afferrò la maniglia e aprì la porta, facendo entrare i suoi ospiti nella stanza. Posò il candelabro e il suo cappello su un tavolino e si voltò di nuovo verso la soglia della stanza, e fu stupito di vedere Lena ancora lì, più pallida che mai e col respiro affannato; non aveva l’aria di sentirsi molto bene, nonostante cercasse di tornare a respirare normalmente. Il suo sguardo incontrò quello del ragazzo e mormorò un quasi inudibile “Devo andare” prima di sparire di nuovo nel corridoio. I due conti rimasero un attimo immobili, poi anche Ciel si avviò verso la porta, ma l’altro fu più veloce e la chiuse prima che potesse raggiungerla, intrappolandolo insieme a lui nella stanza. Il conte Phantomhive gli lanciò uno sguardo di sfida e rabbia, ma Alois fece finta di non notarlo e si limitò a sorridere cattivo. “Direi che è ora di smetterla di trattarci formalmente e di iniziare a darci del tu, non trovi?”
Non sembrò molto attratto da quella prospettiva. “Fammi uscire da qui,” gli ringhiò contro con l’occhio blu che gli brillava.
“Così presto? No, no, io ti ho portato qui per parlare, non ti lascerò andare così facilmente.”
L’espressione di Ciel si indurì: voleva che quel gioco terminasse in quel momento, ma il suo avversario sembrava avere tutte altre intenzioni. Mosse la sua pedina con cautela una casella avanti. “Cosa vuoi da me?”
Il suo sorriso si allargò. “Te stesso. Ti sto cercando da anni e finalmente sei mio, Ciel Phantomhive!” La scintilla che brillava nei suoi occhi era inquietante, e l’altro ragazzo fece un passo indietro per tenersi a distanza da lui. Il biondo però riuscì a intrappolarlo tra il suo corpo e la porta senza mai togliergli gli occhi di dosso. Allungò una mano e l’avvicinò alla sua benda, seguendo il filo con il dito fino a trovare il nodo dietro la sua testa. Ciel cercò di allontanarlo, ma fu tutto inutile e presto la sua benda cadde per terra tra loro due, rivelando il suo occhio viola con il contratto. Alois sorrise soddisfatto e gli tolse una ciocca di capelli dal volto per osservare meglio la stella a cinque punte. “Non siamo poi così diversi, allora.” Prima che l’altro ragazzo potesse capire a cosa si stesse riferendo, aprì la bocca e tirò fuori la lingua, mostrandogli la stella gialla a cinque punte inscritta in un cerchio, la stessa che Lena aveva disegnato sul suo quaderno per poi cancellarla. Lentamente, avvicinò la sua bocca al lobo del conte Phantomhive e glielo leccò con fare complice senza mai smettere di sorridere.
Questo fu decisamente troppo per Ciel. Approfittando di un attimo di distrazione di Alois, lo spinse lontano da lui con tutta la forza che aveva, facendolo rovinare sorpreso sul pavimento. Non perse nemmeno un attimo di tempo, spalancò la porta e iniziò a correre lungo il corridoio nella prima direzione che vide, mentre l’altro ragazzo gli urlava: “Non puoi scapparmi per sempre, Ciel! Prima o poi riuscirò a prenderti, e allora sarai mio!”
Continuò a correre cercando di non ripensare alle parole dell’altro conte, ma la sua vista andava e veniva, in preda ad allucinazioni che non sapeva da dove venissero, e corse finchè non trovò una porta e si catapultò fuori, nel giardino. Riprese fiato per un attimo, indeciso sul da farsi, e non si accorse nemmeno di essere passato davanti alla stanza in cui si era nascosta Lena pochi minuti prima, spaventata e col cuore che le batteva a mille nel petto.
 

***

 
Lena scappò via dalla biblioteca mentre la sua vista iniziava ad annebbiarsi e il suo respiro a farsi ancora più affannato. Cercò a tentoni il nodo dietro la sua schiena che le chiudeva il corsetto, ma non riuscì a trovarlo finchè non raggiunse l’angolo in fondo al corridoio. Si inginocchiò sfinita davanti al muro e provò a sfare il nodo che la stava uccidendo e le impediva di respirare; ci riuscì molti tentativi dopo, quando ormai pensava che sarebbe svenuta in mezzo all’oscurità, e gemette di sollievo quando la presa che le stringeva i polmoni si allentò. Ritornò finalmente a respirare normalmente da quando aveva iniziato a ballare, dicendosi ancora una volta che quell’aggeggio infernale l’avrebbe uccisa in breve tempo. Rimase immobile per qualche minuto, il tempo necessario per riprendersi del tutto, poi si alzò in piedi e pronta a tornare da Alois. Si incamminò lungo il corridoio e il pensiero che si sarebbe presentata davanti ai due ragazzi con il corsetto mezzo aperto le attraversò la testa solo a metà del suo tragitto, ma in quel momento la sua attenzione era già stata attirata da una porta semichiusa da cui filtravano due voci familiari e una luce soffusa. Rimase ferma in mezzo al corridoio, cercando di riconoscere chi stesse parlando, e il cuore le si gelò quando si rese conto che le persone a pochi metri da lei erano Claude e Sebastian, il maggiordomo del conte Phantomhive. Incuriosita, si avvicinò in silenzio alla porta e sbirciò dalla fessura quello che stava succedendo. In seguito si sarebbe detta che tutto quello che era successo in seguito era partito proprio da lì, da quello che aveva visto dietro quella porta e che le aveva gelato il sangue nelle vene.
Sentire le parole che i due maggiordomi si stavano scambiando sarebbe bastato a far venire i brividi a chiunque. Lena li sentì parlare in tono solenne di anime, di vendette e di altre cose che per lei non avevano senso ma che la spaventavano. Si disse più di una volta di andarsene da lì, ma i suoi piedi sembravano incollati al pavimento ed era come ipnotizzata da quello che stava vedendo. Pensava che sarebbe riuscita a resistere fino alla fine del loro colloquio, o almeno, fu quello che pensò finchè entrambi non si tolsero il guanto destro, mostrandole quello che avevano tatuato sulla loro pelle. La ragazza osservò incuriosita le loro stelle a cinque punte, cercando di capire a cosa servissero e perché fossero lì. Il simbolo del maggiordomo Phantomhive era viola e molto dettagliata, mentre quella di Claude…
Il mondo intorno a lei si disintegrò in migliaia di frammenti non appena vide il suo simbolo. Si portò una mano alla bocca per non iniziare a urlare, ma questo non le impedì di continuare a vedere quella stella dorata, la stessa che aveva visto sulla lingua di Alois qualche giorno prima e che l’aveva spaventata. Subito dopo notò anche che gli occhi di entrambi i maggiordomi avevano cambiato colore ed erano diventati di un fucsia intenso, e che le loro pupille si erano trasformate in due fessure nere come pozzi senza fondo. Fece un passo indietro mentre alcune tessere di quel mistero si incastravano l’una con l’altra per formare un’immagine spaventosa, ma nella fretta urtò un tavolino lì vicino, facendo oscillare il vaso che si trovava lì sopra. L’oggetto per fortuna non cadde, ma le due persone dentro la stanza sentirono il rumore e la ragazza trattenne il respiro, sperando che non uscissero e la trovassero. Li sentì scambiare qualche parola tra loro, poi andarono avanti con quello che stavano facendo senza uscire dalla stanza. Lena sospirò di sollievo, poi fece un altro passo indietro e si allontanò lungo il corridoio in punta di piedi in direzione della biblioteca. Una volta svoltato l’angolo, però, entrò nella prima stanza vuota che trovò e si chiuse la porta alle spalle, sedendosi poi con la schiena contro di essa come se non volesse far entrare nessuno. Si portò le gambe al petto, spaventata a morte, e urlò a lungo negli strati di stoffa della gonna per attutire l’orrore e la paura che provava. Non pianse una sola lacrima mentre tutti i tasselli finivano al loro posto.
Ecco perché Alois era così legato a Claude. Ecco perché il maggiordomo le faceva correre i brividi lungo la schiena ogni volta che si incontravano e riusciva a muoversi velocemente come nessun altro. Ecco spiegato cosa intendeva Alois quando aveva detto che Claude non poteva rompere il contratto che c’era tra loro due. Ecco spiegato il simbolo sulla lingua del ragazzo e la benda sull’occhio di Ciel Phantomhive. Era impossibile, incredibile, spaventoso, ma era la verità.
Rimase a lungo immobile, incapace di formulare un pensiero corretto e lineare, e non si accorse dei passi affrettati che passarono davanti alla porta della stanza in cui era nascosta. Riuscì a reagire solo qualche minuto dopo, guardando la sua collana come in cerca di qualche risposta, senza però trovarne. Dove sono finita?
 

***

 
Trascorsero altre due lunghe ore prima che la festa finisse e gli invitati se ne andassero. Lena le trascorse seduta in un angolo per tutto il tempo, osservando la folla che ballava senza vederla veramente, persa nei suoi pensieri e nei ricordi di quello che aveva visto. Quando vide Claude rientrare nel salone non disse niente, ma ebbe una contrazione simile a un tremito trattenuto. Lui le rivolse un’occhiata veloce prima di tornare a fissare la folla.
Né Sebastian Michaelis né Ciel Phantomhive erano ricomparsi, ma Alois non sembrava preoccuparsene più di tanto. Aveva un’aria abbastanza soddisfatta e passò il resto della serata accanto alla ragazza, parlandole di tutto quello che gli passava per la testa, ma senza mai riuscire a farla reagire. A lui non sembrava importare di quello che faceva lei, però, parlava solo per sfogare la rabbia e in parte anche la gioia dentro di lui. La costrinse ad alzarsi solo quando fu il momento di salutare gli ospiti, e lei lo seguì docile, ancora incapace di credere a quello che aveva visto: aveva la sensazione che le brutte notizie non fossero finite, e che da quella sera tutto sarebbe solo peggiorato. L’istinto le diceva che quello che era avvenuto in quella stanza avrebbe portato solo guai, finendo per travolgere anche lei in una tempesta in cui non avrebbe dovuto trovarsi. Voleva avvisare Alois in qualche modo, voleva dirgli di non fidarsi troppo di Claude, ma lui era troppo impegnato a congedare i suoi ospiti per poterla ascoltare. L’occasione giusta si presentò quando loro due rimasero da soli nell’atrio vuoto insieme al maggiordomo. Il ragazzo stirò le braccia e sbadigliò. “Sarà ora che vada a letto, o domattina non riuscirò nemmeno ad alzarmi. Buonanotte, Lena,” le disse, voltandole poi le spalle e dirigendosi verso la scalinata di marmo, seguito da Claude. La ragazza fece un passo avanti per dirgli di fermarsi per potergli parlare, ma il maggiordomo si voltò verso di lei senza che il biondo se ne accorgesse e le lanciò un lungo sguardo. Lena sentì i brividi scenderle lungo la schiena quando i suoi occhi dorati diventarono del loro vero colore per poi tornare normali pochi secondi dopo. Rimase immobile in mezzo all’atrio, spaventata, e realizzò quanto fosse nei guai non appena i due furono spariti al piano di sopra.
Alois non era più l’unico ad essere in pericolo, ora. Claude sapeva che lei sapeva, e quello sguardo era un avvertimento anche troppo chiaro: Parla di quello che hai visto e vedrai quanto dolore posso farti provare.


















Innanzitutto voglio esprimere tutto il mio sostegno verso le famiglie sfollate del terremoto e quelle dei ragazzi del liceo di Brindisi. Spero che il colpevole venga trovato il più presto possibile e abbia una morte lunga e dolorosa.
La fangirl che c'è in me ha iniziato a buttare sangue dal naso non appena ho iniziato a scrivere la scena tra Alois e Ciel. La vista della mia OTP completamente da sola ha rischiato di farmi trasformare questo capitolo in uno yaoi, ma alla fine mi sono trattenuta. Per quello ho un'altra fanfiction in cantiere ù_ù
Se vi può interessare, la colonna sonora di questo capitolo è "Hysteria" dei Muse. Non so perchè, ma la trovo particolarmente adatta per Alois. Sarà per quel "Give me your heart and your soul" *pensieri sulla propria OTP*
MadLucy: tranquilla, ti capisco, in questo periodo la scuola sta distruggendo pure me. Quando arriverà l'estate? D: (Beninteso, io amo l'estate solo per la grande libertà che ho e per fare il bagno in mare. Per il resto, odio prendere il sole e stare in spiaggia). Aah, l'identità di Lena... dovrai aspettare gli ultimi (ultimi... ç^ç) capitoli di questa storia per capirci qualcosa. Sì, adoro far star male i miei lettori. Certi capitoli di altre mie storie sono finiti anche peggio.

xoxo
Eva
  
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