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Autore: Dernier Orage    21/05/2012    0 recensioni
Frammenti di vetro o lomografie di vita quotidiana.
* Geometrie Umane (1987)
* What I Need (1999)
* I Soldati che Restano (2037)
* I'm a stranger here (1997)
* Whatever happens, I love you (1990)
* Rappelle-toi (1978)
* Altrove (2027)
* Il tatto nell'audacia (1981)
* Quanto può essere profonda una persona? (1982)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Novembre 1981.
Ismael in quel tardo pomeriggio di fine Novembre, il cielo scuro e nuvoloso, si ritrovò a chiudere i libri di scuola e i quaderni ed a rileggere per la millesima volta uno degli articoli nella bacheca di sughero dietro la scrivania.
6 Ottobre 1976 – bomba su un aereo della Cubana de Aviacion, 73 morti tra i quali l'intera squadra giovanile di scherma cubana.
Lo ricordava bene per la fugacità della notizia, insabbiata pragmaticamente dai telegiornali e riassunta in un misero trafiletto in un’unica edizione di un giornale, per l’aver considerato i giovani come colleghi e aver immaginato un duello e soprattutto l’attesa di un duello, in un palazzetto dello sport anonimo, tra gli spalti e le bottiglie di vetro dei succhi di frutta, i borsoni dei vestiti e mille lingue diverse. Spagnolo, russo, francese, italiano, inglese, tedesco, portoghese, ungherese.
Altri ritagli verbosi di giornali autogestiti d’ispirazione marxista sul crollo della dittatura dei Somoza, sottolineati con foga e stropicciati. Ormai li conosceva a memoria, come il drappeggio della bandiera rossa e nera del Frente Sandinista de Liberación Nacional, le ombre, le onde impolverate e l’alone sbiadito. Il parquet graffiato sotto la sedia, il volume preciso del mangianastri per coprire il cigolio del letto quando facevano l’amore, l’odore di legno e stoffe ruvide, raramente di incenso. Gli stati di calma indotti, il sonno languido.
Suo padre sceso dal taxi, comparso davanti alla porta di casa. Ismael titubante aveva provato a porgergli la mano destra, erano tre anni che non lo vedeva.
Jean Jacques l’aveva stretta e se lo era tirato contro per abbracciarlo.
- Sei cresciuto, ti sei tagliato i capelli… come stai Mael?- Gli aveva chiesto tra i capelli, riempiendogli i vestiti dell’odore dei sigari, della pipa e quello chimico dei solventi per l’inchiostro.
- Sto bene.- Ismael rimase immobile nell’abbraccio. Non coinvolgendosi, non fremendo per scappare. Non era soffocante, era sconosciuto.
- Sono stato a Johannesburg questi mesi.- Mormorò a mo’ di scusa Jean Jacques, richiamando un linguaggio familiare, un gioco del passato.
Johannesburg era il luogo segreto, inviolabile. Non era una bugia, era una scusa.
- Non me lo puoi dire?- Chiese conferma Ismael, guardandolo severo.
- Non posso.- Confermò il padre allargando le braccia in segno di resa.
- Sono stati anni, non mesi.- Lo accusò Ismael, temendo di pentirsene dopo poco, ma non avvenne. Il fratellino di Ismael comparve dal corridoio e vide il padre, gli corse incontro, abbracciandolo.
- Papà! Sei tornato!- Esclamò Neven, felice di poter vantarsi il giorno dopo con i compagni di classe del ritorno del padre, quel padre moderno, non violento e non padrone, quasi amico e spesso assente. Era come se non fosse mai cresciuto, come se Neven fosse rimasto un bambino libero di fare i capricci, di ricevere doni, battute, in cambio dei lunghi periodi di lavoro all’estero.
Jean Jacques da sopra la testa del figlio minore seguì le espressioni nel viso di Ismael, lo sguardo deluso e carico di recriminazioni.
Un rapporto scucito.

Toc toc.
- E’ aperto.- Urlò Ismael non curandosi dell’ora tarda.
- Ciao, cosa leggi?- Accennò il padre muovendo qualche passo nella camera da letto del figlio, tra la polvere sulle bandiere e sulle medaglie dei campionati regionali di scherma. Ismael chiuse con uno schiocco un libro e gli allungò una pila di due volumi. Jean Jacques si rigirò tra le mani la copertina bianca e gialla di Nuit Glacée di Ba Jin e quella di cartoncino beige di Les Enfants Terribles di Jean Cocteau, distrutti anni prima dalla furia del parrocchetto alessandrino di suo suocero.- Li hai portati in legatoria?-
- Ho fatto da me.- Mormorò Ismael appoggiando i gomiti sul materasso e lasciandosi sprofondare tra le coperte.
- Sei bravo.- Si complimentò il padre, chiedendosi quali materiali avesse utilizzato il figlio per rilegare quei libri, notando degli aloni pallidi dove il solvente aveva cancellato le macchie rugginose lasciate dal filo, i bordi delle costole completamente ricostruiti. Un lavoro accurato.
- Non devi dirlo per forza.- Brontolò Ismael abbassando le palpebre.- Piuttosto, per il réveillon de la Saint-Sylvestre posso andare alla casa di campagna con degli amici?-
- Stephane?- Domandò Jean Jacques posando i libri sulla scrivania e sollevando dei ritagli di giornale per leggere quelli sotto.- Charlotte? E’ ancora la tua fidanzatina?-
- Sì, lo è. Verranno entrambi e anche Maurice. E no, non disturberemo la vicina, non utilizzeremo il trattore, non andremo sul lago ghiacciato, non metterò incinta Charlotte.- Rispose Ismael infastidito, rimanendo immobile sul letto.
- Andate pure. Mi fido.- Acconsentì leggermente il padre.
- Solo perché ti senti in colpa, papà.- Sentenziò Ismael per avere l’ultima parola e rigirare idealmente il coltello, lentamente, in un movimento asciutto e pieno d’attrito.



Il tatto nell'audacia, è sapere fino a che punto ci si può spingere troppo avanti.
(Jean Cocteau)










   
 
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