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Autore: Dont_Cry_Kla    21/05/2012    4 recensioni
Non sempre l'amore basta, non tutte le storie sono belle. Ma questo non significa necessariamente che non ci possa essere un lieto fine, anche se non è quello che ci si aspetta, anche se non è quello perfetto però è quello giusto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GUARDA IL SOLE

 

Eri bello Luca, quando eravamo al liceo, con un viso da bambino su un corpo da adulto. Facevi canottaggio ed eri il più bravo della tua squadra, ma non per questo eri montato o presuntuoso, al contrario, eri ciò che di più semplice e genuino potesse esistere.

Ma non eri solo bello, la tua intelligenza era proverbiale. La tua acutezza metteva a tacere tutti, esponevi le tue idee senza che nessuno potesse impedirtelo. Eri il ragazzo perfetto, ma eri triste. Stanco di dover portare il peso di tutte le aspettative che gli altri avevano su di te, terrorizzato di poter deludere anche uno solo di loro. Solo a me, che ero il tuo migliore amico, hai raccontato il tuo disagio, solo io conoscevo tutti i tuoi segreti e solo tu conoscevi i miei. Ci fidavamo l’uno dell’altro come non era mai capitato ad anima viva.

Ne abbiamo passate tante insieme: ricordi quando, per puro spirito di ribellione, ti ubriacasti alla festa di Elisa Battagli e crollasti esausto sul divano del soggiorno di casa mia dopo aver vomitato anche l’anima sull’amato parquet di mia madre? Oppure quella volta, durante il viaggio in Inghilterra, che persi il cellulare su un prato a Bristol e iniziammo a cercarlo come due pazzi, chiedendo a chiunque con un inglese molto improvvisato? Ti arrabbiasti come un pazzo quanto mi accorsi che lo avevo semplicemente messo nello zaino. Mi viene spontaneo ridere ripensando ad episodi come questi, ripensando al rapporto che ci univa.

“Guarda il Sole, che, nonostante  il marcio del mondo, continua a sorgere ogni giorno, anche se è coperto da un mare di nuvole sappiamo tutti che lui è sempre presente. Ecco così sarò io per te, anche se non mi vedrai ti proteggerò sempre” Mi dicesti quando mia madre scappò con il mio insegnante di piano lasciando soli me e mio padre. Fu un duro colpo per me ed è stato solo grazie at che sono riuscito a superarlo.

Non mi ci è voluto molto per rendermi conto di essere innamorato di te, ed ho aspettato tanto prima di scoprire che mi ricambiavi. Purtroppo, però, la tua situazione era molto più complicata della mia: eri cresciuto in una famiglia vecchio stampo, molto religiosa e soprattutto particolarmente omofoba. A causa di ciò non riuscivi ad accettare questo sentimento ed eri in forte conflitto con te stesso. Sempre per colpa di quella tua malsana idea di essere perfetto.

Così, con le lacrime agli occhi, mi dicesti che nostra amicizia doveva finire e posso dire senza esagerare che quello fu il momento più brutto della mia vita, il pensiero che non volessi più vedermi spezzava in tanti piccoli pezzi quello che restava del mio cuore.

Dopo un po’ venni a sapere che ti vedevi con una certa Ginevra Campagna del IV G: vi vedevo seduti sul muretto in modo che tutti potessero vedervi, così da zittire le voci che c’erano su di te e sulla tua presunta omosessualità. Vi abbracciavate, vi baciavate, assomigliavate ad una di quelle vecchie coppie del cinema che si scambiavano effusioni solo in presenza di una telecamera pronta a riprenderli. Sembravi coinvolto, ma solo io potevo sapere quanto in realtà soffrissi; ogni volta che i tuoi occhi incontravano i miei vi leggevo una grande malinconia.

Mi mancavi, mi mancavi da togliere il fiato. Per colpa tua non mangiavo, non dormivo, non studiavo nemmeno più, infatti ripetei due volte il secondo anno, ma non preoccuparti. riuscii  riprendermi anche senza di te.

Come dice una canzone che mi facevi ascoltare spesso: “…E la vita continua anche senza di noi che siamo lontani ormai…”. Passo dopo passo, andai avanti: feci nuove amicizie, ebbi nuovi amori, finii il liceo con ottimi voti. Tuttavia, in silenzio, senza pretendere troppo, continuavo ad aspettarti e tu non tardasti ad arrivare: era l’anno in cui dovevo compiere ventun’anni, pioveva ed io ero chino sui libri a studiare nel minuscolo appartamento che avevo affittato nel periodo dell’università, ad un tratto, nascosto dal cupo rumore di un tuono, sentii il campanello suonare. Sorpreso per l’orario, insolito per una visita, prima di aprire diedi uno sguardo dallo spioncino. Appena scorsi la tua figura aprii e finalmente dopo più di un anno che non ti vedevo ti avevo davanti. Sembravi un pulcino bagnato dalla testa ai piedi, con il cappuccio della felpa alzato nell’inutile tentativo di ripararsi dalla pioggia torrenziale che infuriava da più di un ora.

I nostri occhi rimasero incastrati per quella che mi sembrò un eternità. Non c’era bisogno di futili parole, sapevo perché eri lì: eri tornato da me.

D’impulso, senza realmente sapere cosa stessi facendo, ti baciai come non avevo mai baciato nessuno , il mio cuore scoppiava nel petto e sentivo che anche il tuo batteva forte. Non hai mai smesso di sorridere mentre facevamo l’amore, un’immagine eterea, al pari delle più belle madonne del seicento.

Ti addormentasti con i capelli ancora umidi ed il giorno dopo avevi la febbre alta, sbuffavi ogni  volta che provavo a darti la medicina, come un bambino incazzato, eri buffo.

Durante tutto il periodo in cui siamo stati insieme evitasti il più possibile il contatto diretto con i tuoi, non riuscivi a parlargli di noi per paura di non essere accettato, per paura di deluderli.

In tutti quegli anni non eri cambiato affatto, ero sempre io a lottare per entrambi, ma mi stava bene così, almeno fino a che restavi con me.

Vivevamo il nostro amore con tutta l’anima, con me forse solo noi sapevamo fare, ma, ahimè, come tutte le cose troppo belle, era destinata a durare troppo poco: tuo padre si era stancato di parlarti solo per telefono ed aveva deciso di venire a vedere come te la cavavi in città. Con l’intento di farti una sorpresa ti cercò al tuo appartamento ed i tuoi coinquilini dissero, ingenuamente voglio sperare, che eri da me. Quando ci vide insieme, per quanto ci sforzassimo di apparire normali, non ci volle molto perché capisse che non eravamo semplici amici d’infanzia. Lo sguardo che ci indirizzò prima di uscire, sbattendo la porta, mi gelò il sangue nelle vene, tanto era pieno d’odio e disprezzo. Tu sbiancasti di botto, avevi gli occhi lucidi: tutte le tue paure si erano materializzate sull’uscio dal quale era appena uscito tuo padre. Non dicesti una parola, eri come in trance, uscisti di casa per andare chissà dove, o forse lo sapevo ma non ho avuto il coraggio di fermarti.

Due giorni dopo ti trovò per caso una vecchietta, all’alba, steso su una panchina. Senza vita.

Non ce l’hai fatta a sopportare quella situazione e così hai preso un numero spropositato di sonniferi ed hai aspettato che Sorella Morte ti venisse a prendere.

Chiamarono me per il riconoscimento, quei bastardi dei tuoi genitori non ne volevano sapere, vidi il tuo viso senza espressione, la pelle di un bianco innaturale. Sorrisi amaramente quando annuii: finalmente eri libero.

Ora me ne sto qui, davanti ad una lapide di marmo a fissare la tua fotografia, che ho scelto io stesso, e a ricordare. So che non ti vengo a trovare spesso, ma non ho molto tempo, sai, tra lavoro e famiglia. Non fraintendere, non ti ho dimenticato, ma con Chiara sto bene, mi ama ed a modo mio anche io la amo. Naturalmente non sa nulla di te, è un segreto che custodisco gelosamente.

Scusami ma devo proprio andare, ho promesso a mio figlio che avremmo preso un gelato insieme. Si chiama Luca, proprio come te, e farò di tutto perché sia sempre libero di fare ciò che sente.

Addio Luca, forse un giorno ci rivedremo, per ora guardo il sole e so che sei con me.    


spazio senzaunqualsiasinomeinteressanteofigo


ci ho messo quasi un anno per decidere di postare questa shot che giudicavo, e continuo a giudicare troppo personale riguardo certi argomenti, tranquilli nessuno si è suicidato! 

Quando ho scritto la prima frase, mentre la mia professoressa di latino spiegava Sallustio, non avevo idea di che piega avrebbe preso poi l'intera storia, per una volta è stato solo l'istinto a guidarmi, spero di aver fatto bene a fidarmi di una cosa così volubile xD. 

Comunque la canzone di cui parlo è Anima fragile di Vasco Rossi, vi consiglio di ascoltarla, è spettacolare e se non vi piace il cantante c'è anche la versione di Laura Pausini.

spero che questo piccolo delirio dovuto all'esagerata chiacchiera della mia prof non sia stato del tutto deludente. Spero di sentire il vostro parere e con questo vi saluto! =)

  
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