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Autore: SunriseNina    21/05/2012    2 recensioni
« OLIVIER ARMSTRONG x SCAR »
«Qualche volta vieni a far visita a Briggs. Sei un esempio che i miei uomini potrebbero seguire.»
«Mi farebbe piacere. Sul serio.» Scar si guardò intorno, come in imbarazzo «A questo punto qui le cose stanno migliorando parecchio. Forse tra qualche mese verrò a farvi visita.»
La donna annuì, soddisfatta.
«Spero di rivederti. Bada a te stesso, Uomo Cicatrice.»
[Da:"Burning ice."]
«Non so minimamente cosa voglio. Sentivo solo il bisogno di dirti che, quando sono con te, è come se tutto sparisse e si facesse più nitido allo stesso tempo. Tu alteri la mia realtà, Olivier. E non so come affrontare questo genere di situazione. »
Lasciarono che il silenzio colmasse quei lunghi istanti; Olivier sentiva accanto a sé il petto di Scar palpitare, ne sentiva il respiro tiepido tra i capelli.
Lui le scostò con indicibile delicatezza una ciocca fuori posto per poter meglio ammirare il suo viso, i suoi tratti nordici, le lunghe ciglia e le deliziose labbra: il complesso, incorniciato da quella fluente chioma color dell’oro, risultava così bello da parere inumano.
«Scar?» lo interpellò nuovamente «Sai che tutto ciò è sbagliato, vero? Sai che né io né te possiamo abbandonare i nostri ruoli per dei miseri sentimenti?»
«Ne sono più che consapevole.» disse lui, ma non smise di abbracciarla. Accostò il capo al suo orecchio, e le mormorò: «Vorrei solo che quest’attimo durasse un’eternità. Vorrei non dovermi più alzar da qui, anche a costo di congelarmi, perché so che una volta che torneremo indietro tutto questo non sarà mai accaduto, e dovrò nuovamente portarmi queste sensazioni nel petto, farle tacere in un modo o nell’altro. So anche che non ti rivedrò chissà per quanto tempo, e comunque se mai ancora ci rivedremo nulla cambierà: io sarò sempre un sacerdote, tu sempre un generale. »
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Olivier Milla Armstrong, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Scar si sedette in terra, a gambe incrociate; con la massima indifferenza al vento che lo schiaffeggiava e al nevischio che gli si impigliava nei capelli, iniziò la sua preghiera.
Nell’aria l’ululato del vento trasportava le sue parole mormorate, portava alla sommità del cielo le sue invocazioni al Fondatore.
Tra i pendii innevati scorgeva le città, l’enorme barricata di Briggs, l’orizzonte velato di nubi che rendeva vago il distacco tra terra e cielo: un enorme limbo coperto dai candidi fiocchi e piegato dal vento.
Dei passi, attutiti dalla neve, giunsero alle sue spalle.
Non si voltò, aspettò che fosse l’altra ad avvicinarsi: infatti lei, dopo aver sostato irritata qualche secondo dietro di lui, gli si sedette accanto.
«Grazie di essere qui.»
Lei digrignò i denti, e Scar decise che lasciasse sbollire rabbia ed orgoglio prima di iniziare una conversazione.
 
 
La donna si portò alle labbra la tazzina, gustando compostamente il suo tè.
Miles la osservava, impettito; non osava aprir bocca, ma il suo sguardo diceva più di mille parole. Olivier se ne era resa conto, e la lentezza di quei sorsi era dovuta proprio al fatto che cercava di evitare una conversazione di qualsiasi tipo.
«Generale.»
Lei sospirò: non aveva funzionato fingere indifferenza. Si voltò verso di lui: «Sì, Miles?»
«Non pensa che dovrebbe…»
«No, affatto.» voltò il viso, perché l’altro non potesse intravedere alcun genere di emozioni da esso.
«Non cercherò di convincerla, generale. La conosco abbastanza bene per sapere che è impossibile.»
«Bene.»
«…Ma, mi conceda di osservare, che sicuramente prima o poi lo farà. Lo sa lei meglio di me. Buona giornata.» si congedò con un saluto militare ed uscì dalla stanzetta.
Olivier strinse i pugni sul tavolo, osservando la tazzina e il vago fondo di tè rimasto in essa: si sentiva esattamente come quel piccolo oggettino di ceramica. Fragile.
Si alzò di scatto, e camminò a grandi passi verso la cima della barricata, da dove si poteva scorgere il paesaggio attraverso le feritoie: aveva quell’abitudine di coprire la voce della sua mente con il movimento, soffocandola nel camminare o nel gesticolare. Purtroppo, quei pensieri le trapassavano la mente e il petto, instancabili, torturandola fisicamente e psicologicamente.
Si immobilizzò davanti alla minuscola finestrella: la bufera sembrava essersi vagamente attenuata, ma non c’erano sicurezze che essa si sarebbe affievolita –anzi, Olivier conosceva abbastanza bene la sua patria per sapere che sarebbero solo aumentata-.
«AAARGH!» tirò un pugno alla parete, le nocche pressate contro il muro «Quello stupido!» afferrò la giacca, la indossò frettolosamente  e si gettò fuori dalla stanza, diretta verso il portone principale «Quello stupidissimo monaco Ishvariano!»
 
 
«Come sapeva dell’esistenza di questo rudere?» alluse Olivier alla macilenta costruzione di legno simile a una tettoia senza pareti sotto cui erano seduti.
«Non la conoscevo affatto. Diciamo che mi ci sono ritrovato vagando.»
«Ha avuto molta fortuna, è vicina alla città. Anche Briggs in realtà non dista molto da qui.»
«E lei, come mi ha trovato?»
«Briggs ha occhi su tutte le innevate cime di questi monti, dalla sua altezza ogni singolo anfratto è visibile con i mezzi adatti. Inoltre non si è allontanato troppo.»
«Bene.»
Un silenzio insopportabile calò tra i due. Scar voleva sapere, Olivier voleva spiegare, ma nessuno osava fare il primo passo –per timore e per orgoglio-.
Avrebbero forse preferito rimanere lì in sacrosanto silenzio, godendo della vicinanza dell’altro, senza interrompere il vociare continuo della bufera del Nord?
«Olivier. Posso chiamarti così?»
Lei assottigliò gli occhi, chiedendosi da dove arrivasse quell’irriverenza; ma non voleva risultare immediatamente chiusa ad un dibattito, quindi annuì: «Certo, Scar.»
«Olivier.» si interruppe, come assaporando quel nome sulle sue labbra «Mi scuso nuovamente per averti recato fastidio. Sono stato sgarbato ad origliare la tua musica. Ti prego di perdonarmi.»
«Scuse accettate.»
«Mi permetto di… farti i complimenti. Sei una pianista davvero eccellente.»
Lei sbuffò, sentendo le viscere aggrovigliarsi; voltandosi però verso il monaco, realizzò vedendo il suo viso sincero che lui non poteva capire cos’era successo. Non sapeva nulla del fatto che fosse un segreto, né della notte in cui sua madre la aveva scoperta, né del trasporto del pianoforte in quell’angolo remoto di Briggs. Non capiva il perché delle sue lacrime, tantomeno della sua ira, ma si ostinava comunque a chiedere umilmente scusa.
«Scar, perdonami tu per come ti ho trattato.» non credeva che avrebbe mai proferito una frase simile; lo stesso interlocutore sembrò sgomento, ma si riprese velocemente.
«Mi è concesso sapere perché stavi… Piangendo?»
Lei inspirò profondamente:«…Certo.»
Gli raccontò per filo e per segno di quella notte, le parole fluivano dalle sue carnose labbra finalmente libere, alleggerendole il petto; Scar ascoltava, vedeva come in sogno l’enorme stanza, un’infante Olivier in una camicia da notte dai colori pastello, le guance colme di lacrime, la musica che si diramava per la sala da ballo, la luna che formava strane ombre sul pavimento, la fioca luce dei candelabri.
«Da quel giorno, ogni volta che sento qualcosa pesarmi dentro suono, e inevitabilmente piango. Anche grazie a questo sfogarmi sono la donna forte che sono.»
«Perché allora nascondersi?»
«È una debolezza. Voglio risultare invincibile al mio nemico, chiunque esso sia: se si vedesse anche solo una minuscola crepa in me, potrebbero farmi crollare. Non posso permettere che nulla di ciò accada.»
«Io trovo invece che questo potrebbe renderti più umana. Esserlo non è un difetto, né una debolezza. Ti dona un fascino diverso.»
«Devo sentirmi lusingata da questo assurdo apprezzamento?» chiese sorridendo ironicamente.
«Ne sarei felicissimo.»
Scar guardò il cielo, indeciso sul proferire o no quelle parole: «Olivier, io… Vorrei che si chiarisse una situazione che si sta creando tra noi. Volevo però prima accertarmi che anche tu la percepissi, perché in caso contrario la classificherei come una mia idea completamente sbagliata.»
La donna sentì il cuore dimenarsi nel petto; cercando di non dare a vedere alcun cambiamento emotivo, disse con tono imperioso: «Spiegami, allora. Di che stai parlando?»
Scar resse con le sopracciglia aggrottate il suo sguardo inquisitore: «Sto parlando di me e te, Olivier. Mi permetto di esprimere, contro qualsiasi concetto morale della mia fede religiosa, che non ho mai sentito un’affinità così lampante con un’altra persona. »
«E cosa vuoi che ti risponda? Vuoi forse sapere se il tuo sentimento è ricambiato?» chiese lei, arrogante, in realtà desiderosa della risposta.
«Non lo so. Non so minimamente cosa voglio. Sentivo solo il bisogno di dirti che, quando sono con te, è come se tutto sparisse e si facesse più nitido allo stesso tempo. Tu alteri la mia realtà, Olivier. E non so come affrontare questo genere di situazione. »
La donna sentì un caos crescente rapirla, e rispose sgarbatamente: «Sembra un bambino ancora incapace di gestire sé stesso…»
«La conoscenza di sé può arrivare a qualsiasi età, anzi, sono dell’opinione che spesso non la si raggiunga mai.» rispose lui, guardandola con aria accusatrice «E ho anche l’impressione che tu stia semplicemente sviando il discorso, additandomi come il debole della situazione. Se non altro, io sto avendo il coraggio di espormi, al contrario di te che ti riduci all’occultare tutte le tue emozioni fin da quando eri bambina.»
«Chi sei tu per insultarmi in questa maniera?! » già gli si stava avventando contro con rabbia, ma lui le frenò i polsi: «Sono qualcuno che realmente si interessa di te e di come stai. Qualcuno che vuole che non solo il forte generale Armstrong stia bene, ma anche la fragile Olivier.»
Il petto della donna si alzava e si abbassava velocemente, stringeva i pugni inguantati mentre le vene del polso palpitavano sotto il palmo di Scar. I loro sguardi si mescolavano, si combattevano e si abbracciavano dolcemente, come fiere che prima si attaccano con gli artigli e poi si curano le ferite a vicenda.
Era quello il loro destino? Un’infinita lotta e passione tra le loro differenti anime, una continua danza tra i loro spiriti di ghiaccio e fiamma come le loro iridi, azzurre e vermiglie?
«Scar, ti ordino di lasciarmi andare…» lui rafforzò la morsa delle mani, ma quando capì che non aveva alcuna intenzione di attaccarlo lasciò scivolar via le sue braccia.
La donna di accovacciò, stringendosi le ginocchia al petto: «Le ho detto cosa mi disse mia madre, prima che io scappassi via da lei quella notte?»
Scar scosse il capo.
«Mi disse che avrei trovato qualcuno che mi avrebbe fatto provare così tante emozioni…» si voltò verso di lui, gli occhi bagnati da un pianto copioso «Che non sarei più riuscita a nasconderle. »
Nel largo petto di Scar il suo cuore iniziò a battere fuori controllo: senza nemmeno comprendere cosa stesse facendo, si avvicinò alla donna e le cinse le spalle con le forzute braccia, lasciando che i suoi singhiozzi simili a sussurri si acquietassero.
«Scar, promettimi che nulla di quel che sta succedendo ora arriverà ad orecchie estranee.» disse lei.
«Lo giuro.»
Lasciarono che il silenzio colmasse quei lunghi istanti; Olivier sentiva accanto a sé il petto di Scar palpitare, ne sentiva il respiro tiepido tra i capelli.
Lui le scostò con indicibile delicatezza una ciocca fuori posto per poter meglio ammirare il suo viso, i suoi tratti nordici, le lunghe ciglia e le deliziose labbra: il complesso, incorniciato da quella fluente chioma color dell’oro, risultava così bello da parere inumano.
«Scar?» lo interpellò nuovamente «Sai che tutto ciò è sbagliato, vero? Sai che né io né te possiamo abbandonare i nostri ruoli per dei miseri sentimenti?»
«Ne sono più che consapevole.» disse lui, ma non smise di abbracciarla. Accostò il capo al suo orecchio, e le mormorò: «Vorrei solo che quest’attimo durasse un’eternità. Vorrei non dovermi più alzar da qui, anche a costo di congelarmi, perché so che una volta che torneremo indietro tutto questo non sarà mai accaduto, e dovrò nuovamente portarmi queste sensazioni nel petto, farle tacere in un modo o nell’altro. So anche che non ti rivedrò chissà per quanto tempo, e comunque se mai ancora ci rivedremo nulla cambierà: io sarò sempre un sacerdote, tu sempre un generale. »
Lei annuì. Nulla poteva essere più doloroso e al contempo più vero. Non c’era speranza, per loro.
«Capisci che non voglio smettere di essere quel che sono, vero? Non potrei mai abbandonare i miei soldati, la mia gente, il mio paese. Il mio cuore vive qui, tra le cime di queste montagne. »
«Lo capisco e lo condivido. Anche il mio cuore risiede da sempre nella terra arida e nel sole rovente di Ishval. Speravo solo che in qualche modo si potessero incastrare le nostre esistenze con questi sentimenti, ma… »
«… è una fantasia impossibile.» completò lei la frase.
«Olivier, il mio cuore non vive solo ad Ishval. Il mio cuore vive anche con te. Non so come potrò a lungo portare indifferenza a ciò.»
«Possiamo riuscirci, Scar. Siamo persone forti e mature. Ce la caveremo.»
Lui accostò le labbra a lei, facendole annodare la gola; si fermò a pochi centimetri dal suo viso arrossato dal freddo per sussurrare: «Sono di nuovo il benvenuto a Briggs?»
Lei ridacchiò: «Ovviamente, Gran Sacerdote.»
Si incamminarono nella neve, i passi simili, le mani che si sfioravano ondeggiando una accanto all’altra.
Con grande sorpresa di tutta Briggs, la bufera aveva lasciato il posto ad un vento privo di neve, e i raggi del sole filtravano attraverso le nuvole candide: un’imprevedibile serenità atmosferica, che certo non si rifletteva nei loro cuori.
 
«Eccoci. Il suo treno partirà tra qualche ora, io e Miles la riaccompagneremo.» la donna alzò lo sguardo verso l'imponente barricata di Briggs che si stagliava davanti a loro.
Si voltarono uno verso l'altro, guardandosi per alcuni lunghi attimi. I loro vestiti erano scossi dal vento gelido, i capelli color dell'oro della donna ondeggiavano nel vento.
«Olivier...»
Lei aggrottò le sopracciglia, inspirando profondamente: «Ora sono il Generale Armstrong, ricorda.»
Scar allungò la mano verso il suo viso, bloccandola a mezz'aria; strinse il pugno, e il braccio ricadde rassegnato lungo il corpo: «Certo, Generale.»
Si squadravano, desiderosi di toccarsi. Olivier lasciava correre gli occhi sul petto dell'altro, sul suo viso dai tratti virili che sembravano scolpiti nel legno; Scar le osservava le gote rosee, le labbra carnose con brama inimmaginabile.
 
I due rientrarono in assoluto silenzio, senza proferir parola con nessuno. Stupiti, si tormentavano chiedendosi come avevano potuto i sentimenti plasmare le loro anime incrollabili: avevano sopportato ferite fisiche e psicologiche ben peggiori, eppure bastava una sola persona a distruggere la loro forza d’animo come un castello di carte.
Sarebbero davvero riusciti a nascondere tutto ciò?
Quanto avrebbero resistito le loro anime?
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Aaaaaallora. Spero vi sia piaciuto il capitolo :3
Questo si potrebbe definire un po’ il fulcro di questa mini-long: i sentimenti dei due vengono finalmente a galla, ma come decideranno di affrontarli?
Aspettate l’ultimo mini-capitolo, che chiuderà in bellezza (?) questa breve (dis)avventura sentimentale di Olivier e Scar u.u
 Ah, scusate se l'ho dipinto così, ma io ADORO Scar tutto puccipucci ghghghgh quanto sono carini Q_____Q <3 *fangirla*
 
Nina.
   
 
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